Inferno di Dario Argento

Inferno di Dario ArgentoInferno di Dario Argento.

Inferno di Dario Argento, un film fantasmagorico che ha il respiro di una sinfonia e l’impatto visivo di un’opera d’arte.

Inferno di Dario Argento, rappresenta uno dei vertici espressivi raggiunti dal regista romano. È da considerarsi il secondo capitolo di una trilogia sulle Tre Madri degli Inferi (Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum, Mater Lacrimarum): Suspiria, del 1977, è il primo, La terza madre, uscito nel 2007, lo completa. Rispetto a Suspiria, ambientato quasi tutto in una scuola di danza situata a Friburgo, Inferno si sposta da New York a Roma, le altre due città dove sarebbero state costruite dall’architetto Varelli le residenze delle Madri, almeno stando a ciò che è scritto in un misterioso libro, acquistato dalla giovane poetessa Rose. Da qui si dipana una vicenda allucinante che coinvolgerà altri personaggi. Mark, il fratello di Rose che frequenta il Conservatorio di Roma, la sua amica Sara, eccetera. Grazie al direttore della fotografia Romano Albani, al musicista Keith Emerson e alle splendide scenografie di Giuseppe Bassan (ma anche al “Va’ pensiero”, dal “Nabucco” di Verdi), Argento crea un film fantasmagorico che ha il respiro di una sinfonia e l’impatto visivo di un’opera d’arte. Luci, colori, tagli d’inquadratura, movimenti di macchina, dettagli, tutto contribuisce a creare un’atmosfera onirica, delirante eppure geometrica nelle sue prospettive e logica nei suoi sviluppi. Basti pensare a un particolare come quello dell’odore dolciastro che si respira intorno alla bottega dell’ambiguo Kazanian, che l’antiquario attribuisce alla vicinanza con la fabbrica di biscotti. Il regista non rinuncia a un clima quasi fiabesco, perché sa che non c’è nulla di più spaventoso di una fiaba crudele; e la crudeltà in Inferno viene sparsa a piene mani, anche se gli eccessi gore sono, nonostante tutto, limitati. Scioccante, bizzarra e beffardamente sorprendente la sequenza in cui Kazanian elimina i gatti annegandoli e viene poi divorato dai topi. Alle sue grida accorre un macellaio che, invece d’aiutarlo, lo finisce, spingendo poi il cadavere verso l’imbocco della fognatura. Inferno è un film in cui Argento ha riversato materiale in eccedenza, riuscendo però a comprimerlo con maestria. Dall’eclissi di luna alle citazioni colte (lo scrittore De Quincey e Gurdjieff), dalle leggende diaboliche alla raffigurazione della Morte in persona (effetto speciale curato da Mario Bava). Ma, ripetiamo, ciò che colpisce di più sono le sequenze di maggior impatto visivo e spettacolare: la discesa nella cantina allagata e l’incontro di Sara con un misterioso e gigantesco orco che quasi la affoga in un pentolone pieno di un liquame bollente, dall’assassinio della stessa Sara e di un suo malcapitato conoscente, con il corpo di lei che sfonda una tenda, sino all’apparizione della Morte e all’incendio finale. Inferno stordisce con la potenza di un racconto dell’orrore del tutto visivo che influenzerà molti registi, da Paul Schrader a Jean-Jacques Beineix. Come ha scritto Roberto Pugliese nel saggio su Dario Argento edito da La Nuova Italia (Il Castoro Cinema n°126, 1986), “décor e delitto si abbelliscono l’uno con l’altro, si vanificano l’uno nell’altro.”

INFERNO
Regia di Dario Argento.
Con Irene Miracle, Eleonora Giorgi, Leigh McCloskey, Gabriele Lavia, Sacha Pitoeff, Daria Nicolodi, Alida Valli, Veronica Lazar.
Titolo originale: Inferno.
Horror, durata 106 min. – Italia, Usa 1980

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