My Weird Drive-In – Il teschio maledetto

MY WEIRD DRIVE-IN
(Re)Visioni di Capolavori del Fantastico

Ho sempre considerato Il teschio maledetto, tratto dallo splendido racconto di uno dei miei autori “weird” preferiti (alias Robert Bloch), una sorta di manifesto dell’horror british Anni 60: incipit notturno e tipicamente gothic/ottocentesco in un cimitero dotato di tutto il classico armamentario sonoro (richiami di gufi e di cani randagi), ed un impeccabile gentiluomo che preleva un misterioso teschio da una tomba e successivo balzo in avanti in una Londra contemporanea, nel bel mezzo di un’asta di rari oggetti stregoneschi. Chi può mai parteciparvi se non il professor Christopher Maitland (Peter Cushing) e Sir Matthew Phillips (Christopher Lee), due collezionisti di tutto quanto fa Occulto e Soprannaturale?

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Le visioni di Laura 11 – Attrice del tempo passato di Gordiano Lupi

Sono stata una grande attrice tanti anni fa. E adesso la sola cosa che mi tiene in vita è il ricordo del passato, la mia scuola di recitazione e la compagnia di giovani ragazze che spesso chiedono quello che nessuno può insegnare. Il talento non si trasmette, care mie. Il talento è un dono che va coltivato con fatica e passione, ma nessuno ve lo può dare. Io posso solo dirvi come affrontare un palcoscenico e l’occhio della macchina da presa, insegnare la tecnica ma niente di più. Il talento è come la bellezza: lo devi avere. Ed è pure più giusto, perché non scompare con gli anni, non si affievolisce, ma si affina e migliora, come un buon vino. Questa pelle rugosa, le pieghe del volto, i segni della vecchiaia, invece non si fermano. Una grande attrice è costretta a farsi da parte per colpa del tempo che passa e può solo insegnare alle altre, preparare il futuro a chi adesso è giovane e bella. Ma non è giusto. No davvero. Non è giusto…

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L’occhio sinistro di Horus 13° episodio di Gloria Barberi

“Il Times non può negarmi il suo sostegno. Perché quei documenti non sono stati pubblicati?”

Arthur Merton si strinse nelle spalle, un gesto di noncuranza in completo contrasto con il tono della sua risposta.

“Stanno cominciando ad avere paura. Dovete capire.”

“Capire? Al diavolo!” Tirai un calcio a un ciottolo che rimbalzò lontano con un rumore secco. “Lacau non vi ha forse scritto ingiungendovi di abbandonare la Valle? Non vi ha minacciato?”

“Mi ha chiesto di andarmene, sì.”

“Ve l’ha ordinato! Ed è giusto che il pubblico venga informato del modo in cui lui e Suleiman Pascià trattano i miei collaboratori.”

Merton annuì, ma sembrava a disagio. Probabilmente non gli sarebbe dispiaciuto seguire il “consiglio” di Lacau.

<Io posso anche essere d’accordo con voi, Carter, dopotutto questa cosa mi tocca da vicino. Ma stavolta il Times non vi appoggerà. Non pubblicherà quella roba.”

“Perché? È la prova più lampante della disonestà del governo egiziano e della Sovrintendenza. Ripetute minacce, richieste assurde che vìolano i termini della concessione di scavo… Siamo praticamente in balìa dei capricci di politicanti e burocrati, ogni giorno se ne inventano una nuova. Adesso ogni visitatore straniero ammesso nella tomba dovrebbe avere il loro benestare, ma pascià e ministri egiziani devono poter andare e venire a loro piacimento.”

“Il fatto è che il Times sta già ricevendo troppi attacchi, e i membri del consiglio d’amministrazione pensano…”

“Che vadano a farsi fottere!”

“ … pensano che stiate esagerando.

“Sarebbe a dire?”

La vampa del tramonto colorava il viso di Merton con un rossore da scolaretto colto in fallo, ma intuivo che sotto la patina di quell’insolito belletto, in realtà, era pallido. Lo vidi abbassare lo sguardo sulle proprie scarpe, le mani ficcate nelle tasche della giacca si mossero come se le stesse aprendo e chiudendo a pugno più volte, nervosamente.

“Sarebbe a dire che secondo loro la tensione alla quale siete sottoposto vi impedisce di… ehm… vedere le cose nella giusta luce.”

Ridacchiai del suo imbarazzo.

“Insomma, pensano che stia cominciando a dare i numeri.”

Merton scosse la testa un po’ troppo affrettatamente.

“Sono sicuro che loro non intendono…”

“Oh sì, invece.”

Ne ero divertito in maniera feroce e dolorosa, e il sogghigno che mi sentivo sulle labbra era più che altro una contrazione dei muscoli: doveva darmi un’aria piuttosto stupida.

“Bradstreet ha registrato con sollecitudine tutti i miei “vaffanculo” alla stampa e ai rappresentanti del governo e ha fatto risultare che fossi stato io ad attaccare per primo. E bene, i venditori di chiacchiere cadono nella rete dei pettegolezzi di un concorrente!”

“No, non è certo per questo” continuò Merton. “C’è anche la faccenda di Mecham. Hanno dei sospetti, pensano che foste d’accordo con lui fin dall’inizio per agire contro di loro e Carnarvon.”

“Mecham non è più un problema.”

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Le visioni di Laura 10 – Il mistero del vecchio supermercato di Gordiano Lupi

Fine delle vacanze. Si torna alla solita vita. Porto Fabbrica è il luogo delle mie abitudini, dove soffia vento di mare, tra gesti quotidiani e ricordi che fanno soffrire. Come ogni giorno rivedo il volto di Marina e ascolto parole lontane che giungono con il vento della sera.

“Staremo sempre insieme, vero Laura?”

Illusioni di ragazzine che sognano il futuro senza fare i conti con la vita e i suoi sgambetti improvvisi. I sogni non si realizzano sempre, purtroppo. In sottofondo una vecchia canzone di Jannacci e Gaber mi fa pensare al sorriso di mio padre in poltrona, giornale tra le mani e stereo acceso che diffonde musica.

Una fetta di limone, una fetta di limone, nel tè…

Mi ritrovo sola con le mie illusioni che si confondono nel vento d’una giornata d’autunno. Poso lo sguardo sul cielo nero che fa cadere lacrime di pioggia nel pomeriggio di scirocco. Un gabbiano plana sulla preda lasciata incustodita dai pescatori sul piccolo molo. Marina è soltanto un ricordo che diventa flebile voce nella sera. Non ce la faccio a sopportare la sua paura, uno sguardo tremante, le parole angosciose dei suoi ultimi istanti tra le mani di un folle.

“Staremo sempre insieme, vero Laura?”

“Purtroppo no, sorella mia. Purtroppo no…” sospiro.

Mi pare che la sua anima inquieta implori una risposta diversa, sento le sue mani aggrappate alla piega della mia gonna, come per dire che tutto potrebbe essere stato diverso.

“Staremo sempre insieme, Marina. Staremo sempre insieme”.

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Al crepuscolo di Stephen King

Quinta antologia di racconti brevi (senza considerare le raccolte di novelle, quali Stagioni Diverse e Quattro Dopo Mezzanotte) firmata da Stephen King, con ogni probabilità la meno riuscita della sua intera produzione. Edita nel 2008 col titolo di Just After Sunset, si tratta di una raccolta di tredici testi, molti dei quali ascrivibili al rango di esercizi di stile. È un King meno geniale del solito, pur se formalmente attento e stilisticamente sempre interessante, così da rendere scorrevole la lettura e intrattenere il lettore.
I soggetti brillano di rado di originalità, addirittura tendono a orientarsi sul thrilling e sull’azione piuttosto che sul fantastico. Molte sono le autocitazioni che lo scrittore del Maine si concede, quasi a giustificare un bisogno di scrivere dettato da richieste commerciali piuttosto che da stimoli interni.

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