Il bazar dei brutti sogni di Stephen King

Stephen King, nel corso della sua pluridecennale carriera, ha scritto romanzi e racconti dai vari registri narrativi: horror, fantasy, realismo mainstream, fantascienza e thriller. Ma, dato che il successo di critica e di pubblico è arrivato con romanzi esplicitamente horror come Le notti di Salem, It, Pet Sematary e altri, è considerato solo uno scrittore horror, anzi il re degli scrittori horror. Ma King ha sempre dichiarato di non amare questa etichetta.
Le raccolte di racconti di questo autore sono una dimostrazione di quanto appena detto, in quanto contengono sempre racconti dai registri narrativi più vari.
Non fa eccezione Il bazar dei brutti sogni, che non è certo la migliore raccolta di racconti di King, ma merita una lettura. I racconti sono in parte inediti, in parte già apparsi su riviste, anche in Italia.
In questa recensione parlerò solo di quelli a mio avviso riusciti, almeno la metà, ignorando gli altri.
Iniziamo con Premium Harmony che si ispira, come dichiara lo stesso King nell’introduzione al racconto, allo scrittore americano Raymond Carver. In effetti la descrizione, al tempo presente, di un tranche de vie di due coniugi fa pensare al realismo minimalista carveriano. Si aggiungono però l’umorismo nero e il senso del grottesco tipici di King.

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Nella coda del caimano 2° episodio di Gordiano Lupi

25 aprile 1998

Ieri pomeriggio era di nuovo il mio turno di andare sul fiume e la cosa non mi è dispiaciuta perché in casa c’è bisogno di tutto e senza dollari non si riescono a trovare sapone o vestiti. Ho un paio di scarpe sfondate che mio padre risuola da mesi e spesso vado in giro scalzo perché un po’ mi vergogno di farmi vedere così. L’unico vestito che possiedo, un paio di pantaloni e una maglietta di cotone, ha più rammendi che stoffa.
I dollari che avrei racimolato sarebbero serviti a comprare qualcosa di nuovo per me e per i miei fratelli. Il babbo e la mamma dicono che non hanno bisogno di niente. Lui lavora soltanto, lei passa il tempo tra la casa e il fiume e l’unica occasione di svago sono le chiacchiere con le altre donne del villaggio. Per mio padre c’è solo la caffetteria e la bottiglia di rum costa pochi pesos.
Ho accompagnato un gruppo di francesi. Una comitiva di una decina di persone che proveniva da Baracoa, dove ci sono alberghi e attrezzature per i turisti. Da noi invece c’è solo questo fiume e uno straniero non dormirebbe neppure una notte in una delle nostre case di legno e terra.
Spesso qualcuno me lo chiede: “Ma come fate a vivere così?”.
Io sorrido e rispondo: “Lo facciamo da sempre”.
Durante la gita al fiume è accaduta una cosa inconsueta.
I turisti si sono fermati e hanno cominciato a mangiare tutti insieme il pranzo che qualcuno di noi aveva preparato. Poi uno ha tirato fuori una bottiglia di colore verde. “Champagne!” ha esclamato.
Mi hanno spiegato che era il compleanno di uno del gruppo e mi hanno invitato a partecipare alla festa versandomi un bicchiere di quel vino.
Io ho accettato, ma poi quando hanno cominciato a intonare in coro “tanti auguri a te” mi sono ammutolito. Io quella canzone non la so cantare. Non l’ho mai cantata. Ho spiegato che l’unico regalo che a volte mi fa mia madre è un dolce di cocco a forma di cono che mi piace tanto, il cocorucho. Però non ho mai festeggiato un compleanno, anzi, a dire il vero non rammento neppure il giorno che sono nato. Ho letto la meraviglia nei loro volti e anche un po’ d’incredulità. Non avevano mai sentito una storia simile. A Yumurí è cosa normale. Non è che non si facciano feste, ma non abbiamo denaro per regali o cose di questo tipo.
Si fa festa quando si può, quando uno di noi rimedia qualche bottiglia di rum, della birra e qualcosa da mangiare. Poi serve poco altro. Ragazze e musica accendono da sole la voglia di divertirsi.
Le nostre feste sono in riva al mare o dietro casa, davanti a un fuoco acceso ad arrostire un maiale e poi a berci dietro un po’ di birra gelata, mentre le donne ballano movendo i fianchi a ritmo di salsa.
Però ho partecipato volentieri al compleanno del francese che ha detto di chiamarsi Paul e ho bevuto quel vino che mi offrivano. Pare che costasse cinquanta dollari la bottiglia. Non ho potuto fare a meno di pensare che se solo avessi avuto la metà di quei soldi avrei comprato vestiti nuovi per tutta la mia famiglia. Loro invece se li bevevano in quel vino con tutte quelle bollicine frizzanti. Avrei preferito una birra ma non volevo offenderli.

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Sabato 14 Settembre #NotToday al DAGDA LIVE CLUB !

Dagda Live Club in collaborazione con Orion Agency e Sheretan Recording/Promotions/Productions

 Presentano

NOT TODAY

Sabato 14 Settembre al Dagda Live Club di Retorbido si terrà il NOT TODAY/NON OGGI.

“Che cosa diciamo noi alle avversità? NON OGGi!”

#NotToday perché si va avanti.

#NotToday perché siamo vivi, siamo qui e siamo forti.

#Not Today perché la forza per ripartire è arrivata da chi il Dagda lo ha vissuto non solo come un locale.

Ricominciamo così, con una data per celebrare tutti noi, appassionati di musica, con l’aiuto di chi ha deciso di partecipare attivamente.

Con la passione che ci porta a gridare #NotToday!

Sul palco con noi avremo:

Stolen Dream

Dyanonymous

Drabik

Turbosauro (Special Guest)

Sabato 14 Settembre 2019Dagda Live Club , 22, S.P.1 Bressana Salice, 27050, Retorbido

Apertura porte ore 20.30, inizio live ore 21.30

Ingresso  libero

Maggiori Info TBA

Link all’evento

https://www.facebook.com/musiciscoming/photos/gm.407298579900285/1431842513620290/?type=3




Stasera il release party dei Bullet of NOISE al TRAFFIC LIVE di ROMA!

Stasera, 12 Settembre, si terrà al Traffic Live di Roma il release party dei Bullet of NOISE!

La band suonerà i brani estratti dal primo album intitolato “Rome is Burning” e uscito via Volcano Records & Promotion il 6 Settembre.

Sul palco con loro ci saranno i Mia Wallace!

Non Mancate!

Giovedì 12 Settembre 2019Traffic Live, Via Prenestina 738, 00155, Roma

Inizio live ore 21.00

Link all’evento

https://www.facebook.com/bulletofnoise/photos/gm.348153169451556/881464972223609/?type=3




Nella coda del caimano 1° episodio di Gordiano Lupi

Nota dell’autore

È lo stesso Mainer (il protagonista) che nelle prime pagine del romanzo spiega come va intesa l’espressione “Nella coda del caimano” che a prima vista potrebbe sembrare un errore. È vero che geograficamente la testa di Cuba è l’oriente e la coda l’occidente. Però Yumurí è situato in una zona povera e abbandonata, poco servita dai mezzi di comunicazione. È in questo senso che nel racconto si descrive sempre L’Avana come la testa (il fulcro politico e sociale del paese) e Yumurí la coda (un’estrema propaggine dimenticata dal mondo).
In definitiva è ciò che ogni cubano sente, a prescindere dalla geografia.

Prologo – La scoperta del diario

Perché pubblicare i ricordi di un uomo che solo il caso ha affidato alle mie mani? È quello che mi sono chiesto a lungo prima di iniziare la stesura di questa storia. Quando ho cominciato a scrivere ho appallottolato pagine e pagine, gettandole nel cesto della carta straccia. Ho impostato i primi capitoli d’un romanzo e poi l’ho abbandonato.
Il mio mestiere è scrivere e ho sempre inventato storie con grande lavoro di fantasia. A volte mi sono ispirato alla vita degli altri ed è vero che qualche amico mi ha tolto il saluto quando si è riconosciuto in un personaggio, altri comunque si sono offesi o lusingati, altri ancora hanno comprato i miei libri solo per ritrovarsi. Io dicevo che il personaggio in questione poteva anche avere qualcosa di persone reali, ma era lì per rappresentare un tipo umano universale. È una buona spiegazione che convince e affascina e uno si sente anche un po’ importante a riceverla.
Ma questa volta il problema era diverso. Qui si trattava di copiare di sana pianta, senza inventare niente e non sapevo se sarebbe stato giusto farlo. Dopo lunghi ripensamenti mi sono detto che scrivere era da sempre il mio compito e in quell’occasione lo sarebbe stato ancora di più. Ho abbandonato ogni remora, copiando quel diario ingiallito e sporco, traducendo con fatica dallo spagnolo, adattando le situazioni solo dove il linguaggio era scorretto. Giuro che non ho fatto altro che eliminare errori e problemi di sintassi, poi ho tradotto, quasi alla lettera, il racconto di due anni di vita e un’avventura in riva a un fiume che si getta nel mare, nella parte più selvaggia e sconosciuta di Cuba.
Ero venuto a Cuba in cerca d’ispirazione, come faccio da anni, per cercare una storia, magari un racconto che ricordasse vecchie leggende o rituali santéri. È sempre stata la mia specialità. E invece mi hanno consegnato una storia già scritta al Cementerio Colon dell’Avana, un racconto che non aveva bisogno di aggiunte fantasiose e personaggi surreali. L’ho trovato come un regalo inatteso una sera d’inverno, proprio dietro la statua della Milagrosa.

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