L’ultima moneta cade nella scatola di cartone. Come so che è l’ultima? Dal suono.
L’ultima ha sempre un suono particolare. È come una voce che mi dice che per oggi devo accontentarmi.
Devono essere le nove di sera, ormai. All’incirca. Non c’è più nessuno in strada. È ora di alzarmi, raccogliere tutte le monetine e andarmene. Per oggi basta elemosina. Ho abbastanza soldi per comprarmi una bottiglia di vino.
Di quello scadente, che sale subito alla testa e non mi fa pensare a tutto quello che avrei potuto fare nella mia vita, invece di finire a quarant’anni sulla strada.
Cammino. Li ho notati da almeno un quarto d’ora. Continuo a camminare.
Quando bevo non perdo la mia lucidità, anzi. Cioè: i pensieri diventano confusi e non riesco a concentrarmi su niente per più di un minuto, il che è una cosa buona perché i ricordi si allontanano, ma i miei sensi si affinano.

L’udito e l’olfatto soprattutto.
Ed è così che avverto l’odore di hashish e sento le loro risate sommesse e lo scambio di battute.
Sono tre, sui vent’anni. E ce l’hanno con me.
Indossano giacche di cuoio nero e jeans scoloriti o strappati. Portano capelli tagliati molto corti, alcuni a zero.
Ghignano.
Ridono.
Uno di loro mi colpisce con una catena arrugginita.
Un altro usa un’asse di legno staccata da una panchina.
Il terzo mi prende a calci quando sono ormai a terra.
Gli ultimi suoni che sento in questa vita di merda sono urla e risate idiote…

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