Visions Of Freedom dei Twilight Zone

In trent’anni di carriera i Twilight Zone non hanno realizzato molti dischi, infatti questo “Visions Of Freedom” è il loro secondo album in totale, ma la qualità di certo non manca a questa metal band a tutto tondo. Un metal classico venato di hard rock (anch’esso molto classico) è ciò che la band propone, e lo fa in modo del tutto convincente e con una buona cura dei suoni che fa emergere tutti gli strumenti dell’album in maniera adeguata. 

La voce di Van Shieldon rimarca che il metal qui è di casa, accennando anche acuti alla Michael Kiske negli episodi più power-oriented (“The Laws Of Denial”) e che poi sa modularsi man mano che il disco prosegue, visto anche il fatto che la velocità in questo album non è il fattore primario. Abbiamo una buona ispirazione da parte della band, che infatti va poi a sfociare in un lotto di brani diversi tra loro, alcuni più pesanti e altri dove la band si butta sia nell’epicità tipica di band come Manowar e Virgin Steele (“Reminiscence”, “Soul Reaper”). 

All’interno del disco sono presenti anche almeno tre episodi che potremmo definire ballad o semi-ballad che perlomeno cercano di variare un po’ il discorso metal tout-court, ma che non alzano di molto la qualità del disco, che probabilmente se fosse stato “tirato” o comunque prettamente metal dall’inizio alla fine sarebbe stato ancora più incisivo. In virtù di quanto detto, “Visions Of Freedom” è un disco buono ma non imprescindibile, ma che comunque sa intrattenere a dovere l’ascoltatore, ma con qualche caduta di tono di troppo. 

Sicuramente l’unico superstite dagli albori, ovvero Stefano “SG” Giusti (basso/backing vocals), ha saputo scegliere bene i suoi compagni nel tempo, e due musicisti come Cristian Angelini (chitarra) e Pierluigi Salvatori (batteria) alzano il livello del disco anche nelle tracce meno convincenti. Tutto sommato, un disco discreto/buono.

TWILIGHT ZONE “Visions Of Freedom” (2022, Diamonds Prod)




Il mostro della cripta di Daniele Misischia

Giò è un giovane ragazzo nerd residente a Bobbio in provincia di Piacenza. Adora i film horror e a tal proposito si sta improvvisando regista girando uno slasher amatoriale con i suoi amici. L’altra sua passione sono i fumetti, nello specifico Squadra 666 del quale acquista l’ultimo numero uscito in edicola intitolato Il Mostro della Cripta. Ma nella lettura del fumetto nota che nelle vignette sono raffigurati luoghi del suo paese, tra cui la chiesa con una probabile cripta contenente il sarcofago con il mostro. Giò allora convince il suo amico Alberino ad accompagnarlo per vedere se tale luogo esiste davvero. Con loro stupore la trovano, ed anche il sarcofago con tanto di combinazione per aprirlo proprio come indicato nel fumetto…solo che non uscirà fuori nessun mostro. Intanto strane morti e sparizioni avvengono in paese e pare siano coinvolti i Valmont, una strana famiglia che vive in un casolare di campagna poco fuori dal paese. Giò vuole vederci chiaro, e raduna tutti i suoi amici per smascherare i Valmont affidandosi anche a Fabienne, una donna pazza con un passato legato ai Valmont, e ad un aiuto esterno….Diego Busivirici, ovvero il disegnatore di Squadra 666.

Nato da un’idea dei Manetti Bros., il film verrà poi diretto da Daniele Misischia (The End? L’Inferno Fuori) nel 2021. Dopo una breve intro i cui avvenimenti andranno poi a collegarsi nel finale, lo spettatore si vede proiettato negli anni ’80 omaggiando quell’epoca che era florida per i film horror e di fantascienza, e lo fa attraverso poster e videocassette (ben visibili nelle camerette di alcuni dei personaggi) ma anche in citazioni e situazioni. L’atmosfera anni ’80 è ben resa tale anche dagli usi e costumi, i veicoli che circolano per strada, la tecnologia fatta di videocamere rudimentali, tv a tubo catodico e videoregistratori e soprattutto le giornate passate nella spensieratezza giovanile. Il cast ci regala una performance recitativa molto convincente calandosi molto bene nei loro panni tra cui si segnala la presenza di Chiara Caselli (Nonhosonno, Il Signor Diavolo) nel ruolo di Fabienne, Pasquale Petrolo in arte Lillo nel ruolo di Diego Busivirici, Giovanni Calcagno e Gisella Burinato nei rispettivi ruoli del Vice Commissario Valmont e Madre Valmont, ma anche lo stesso Misischia si è ritagliato un ruolo vestendo i panni del parroco del paese. Menzione particolare va anche ai curatissimi effetti speciali per la cui realizzazione ha partecipato un maestro del calibro di Sergio Stivaletti. Il ritmo è abbastanza costante senza mai cadere né nella lentezza né nella frenesia ma soprattutto, grazie ad una ambiziosa e solida sceneggiatura, non cade mai nella prevedibilità sorprendendo sempre lo spettatore concedendogli anche qualche risata (si tratta pur sempre di una commedia) accompagnandolo in un finale inaspettato e dal sapore nostalgico.

Un prodotto pensato e fatto per i nostalgici, che ben si presta anche a spettatori di nuova generazione che magari non hanno vissuto quegli anni in cui sono state sfornate perle rimaste impresse nella storia del cinema, in particolare quello horror. Non troppo impegnativo, leggero e gradevole nella visione, una chicca che merita di essere recuperata tenendo presente una cosa: la legge del “Non Incrociare i Flussi” è ancora valida!

Il mostro della cripta
di Daniele Misischia
Italia (2021)
Con Tobia De Angelis, Pasquale Petrolo, Chiara Caselli, Giovanni Calcagno, Gisella Burinato.




Ritorno ad Amtara di Valentina Ferranti

Ritorno ad Amtara, scritto da Valentina Ferranti prima del febbraio 2020 e pubblicato nel 2021 da Edizioni NPE, è un fantasy che presenta anche elementi tipici del genere fantascientifico.

Il romanzo, primo capitolo di una saga, è ambientato in un futuro distopico dove il pianeta Terra risulta incompatibile con la vita per colpa dello sfruttamento sregolato delle risorse naturali e dei disastri ambientali causati dai Destinati alla Grande Eternità Scura, casta eletta che da secoli governa il mondo. Questa ha soggiogato l’umanità inconsapevole e l’ha reclusa in delle aree abitabili di natura artificiale.

Al di fuori di queste comunità, esiste un’altra fazione che vive nelle viscere della Terra: i Ribelli della Linea Bianca da sempre in lotta con i Destinati. A questo gruppo appartiene la protagonista del romanzo, Telesa, una giovane dotata di un enorme potere, che durante una missione viene tratta in salvo e portata nella città di Amtara, il luogo più sacro del pianeta con a capo le sette donne del Supremo Concilio. Queste possiedono straordinarie facoltà extrasensoriali, come la telepatia e la chiaroveggenza, e guideranno l’audace Telesa verso il suo destino.

Nel frattempo, Adam, compagno di lotta e di vita di Telesa, con la quale è collegato telepaticamente, viene catturato e condotto nell’area ZM66, dove verrà affidato alle cure del Dottor Vasani.

Il romanzo è incentrato sul dualismo tra bene e male, ovvero tra luce e oscurità, rappresentate rispettivamente dai Ribelli e dai Destinati. La storia, molto originale e coinvolgente, è presentata da un narratore onnisciente. I capitoli rispecchiano la contrapposizione tra i due schieramenti: infatti, si alternano vicende incentrate ad Amtara o nel sottosuolo ed episodi ambientati nell’area ZM66. Valentina Ferranti costruisce quasi due trame parallele che si intrecciano e congiungono per dare vita a una narrazione davvero avvincente.

Il libro presenta molti personaggi per entrambe le fazioni. I nomi sono spesso complicati, a volte quasi impronunciabili, ma con il progredire della lettura si assimilano senza grosse difficoltà. I protagonisti presentano un’evoluzione ben sviluppata nel corso della trama. In alcuni casi, arrivano anche a rivalutare le proprie posizioni e convinzioni e ad abbandonare lo schieramento di appartenenza per quello rivale.

L’ambientazione è molto interessante: abbiamo un pianeta pressocché deserto dove la popolazione sopravvissuta vive o nel sottosuolo o in delle strutture artificiali in cui sono conservati anche diversi tipi di piante. La Terra è, quindi, inospitale e per muoversi sulla sua superficie gli esseri umani sono costretti ad utilizzare particolari tute protettive.

Purtroppo, manca una cartina a inizio o a fine libro per visualizzare l’ubicazione delle diverse aree in cui avvengono le vicende narrate.

L’editore dovrebbe fare più attenzione alla qualità dell’editing: sono presenti un po’ troppi refusi che, però, non intaccano la qualità del testo.

Bella la cover firmata da Nino Cammarata e davvero magnifiche le illustrazioni interne di Riccardo Galante.

Valentina Ferranti ci presenta l’area ZM66 come una società che ha smarrito la propria umanità ed è governata da figure del tutto prive di emozioni. Una popolazione inconsapevole accanto alla quale troviamo inquietanti individui al servizio dei Destinati, i cosiddetti mrtani: uomini che a seguito di uno specifico trattamento risultano privi di volontà e, quindi, incapaci di qualsiasi forma di ribellione. Eppure, c’è chi tra l’indifferenza di una parte del popolo non smette di affrontare il potere e si ribella alla sua volontà. È evidente che la società frutto della fantasia dell’autrice sia una rappresentazione allegorica della nostra realtà, dove la maggior parte delle persone vive nell’apatia, e spesso proprio coloro che si battono per il bene collettivo vengono etichettati come i cattivi di turno.

Un libro che invita a ben più di qualche semplice riflessione sul nostro presente: lettura consigliata!