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NPE Nicola Pesce Edizioni ha ristampato in un volume unico le due storie di Nick Raider realizzate dal grande disegnatore e autore completo Sergio Toppi.
Sono Tracce di sangue e Senza respiro.
Nonostante adotti la griglia narrativa bonelliana, Toppi non rinuncia alla propria personalità. Echeggiano, dal suo passato di Autore, tra le tre sequenze di due vignette ciascuna, il gusto per la composizione ardita della tavola, il senso dell’inquadratura insolita, la deformazione grottesca delle fisionomie, che è possibile solo a chi possiede ampiamente le basi del disegno classico, delle anatomie. Un’aspetto tipicamente toppiano è la raffigurazione del movimento delle figure di carta in un tempo surrealisticamente cristallizzato.
Il bianco abbacinante e il nero fondo come la notte entrano in comunione sotto l’egida del tratteggio, sottili linee che si intersecano a formare un viso, un corpo, un albero o un auto.
L’ottima sceneggiatura del grande narratore Gino D’Antonio è rispettata e al tempo stesso interpretata da Toppi. Il ritmo serrato del montaggio che rallenta e accelera, a seconda della situazione rappresentata, sono in vitale e produttivo contrasto con la tendenza di Toppi a fissare i propri personaggi nello spazio e nel tempo.
Nick Raider è, come Tex Willer (l’inventore di Raider, Cladio Nizzi, è anche sceneggiatore di lungo corso delle avventure del ranger), ricercatore implacabile della giustizia, poliziotto integerrimo disposto a tutto, nell’ambito del rispetto della legge di cui è garante per trovare i colpevoli
Veniamo alla trama della prima storia, Senza respiro, pubblicata per la prima volta nel 1997 su «Nick Raider» n. 114, Sergio Bonelli Editore.
Greed, delinquente sotto protezione, viene aggredito nella sua casa da sicari inviati da una famiglia mafiosa per cui precedentemente lavorava. Così Raider ipotizza che sia stato Don Zarro, contro cui Greed avrebbe dovuto testimoniare, a mandare i due killer. Greco riesce a scappare ed è ricercato sia dalla polizia che non vuole rinunciare alla sua importante testimonianza sia dai sicari di Don Zarro che vuole invece chiudere per sempre la bocca del testimone scomodo
Le inquadrature si distinguono per una accentuata profondità di campo e una distanza quasi irreale tra soggetto in primo piano e figure in seconda o sullo sfondo. Il Nick Raider di Toppi è sulla soglia della narazzione fantastica. Elementi di grottesco ce ne sono sicuramente.
Toppi utilizza tutte le possibili inquadrature (primi e primissimi piani, piani americani, piani medi, dall’alto dal basso) armonizzando il tutto in un montaggio perfetto
Raider ha la stessa insofferenza di Tex verso gli alti papaveri (sindaco e procuratore distrettuale in questo caso) che pensano solo a visibilità mediatica e stipendio.
Il carattere “anarchico” e texano di Nick Raider lo porta ad andare direttamente a parlare con Don Zarro, il boss che ha, dal suo eremo, ha ordinato l’esecuzione di Greed, causando così la morte dei poliziotti di sorveglianza.
Don Zarro è, in realtà, una figura tragica. Vecchio e con poco tempo da vivere, non ha figli ma come unico erede un nipote che vuole risolvere goffamente a colpi di mitra i problemi mentre Zarro, mafioso della vecchia guardia, ha sempre preferito risolvere le qestioni tessendo accordi con gli altri boss.
Il poliziotto d’azione Martin e il poliziotto nerd esperto di informatica Jimmy coadiuvano Nik Raider nella sua indagine.
L’intera trama si basa sulla ricerca di Dread prima che lo trovi chi vuole ammazzarlo per chiudergli la bocca.
I personaggi (poliziotti e delinquenti) si muovono in una metropoli che è ricavata da tanti romanzi gialli e film americani ma non per questo meno realistica, caratterizzata da un cupo senso di oppressione e precarietà, una città dove basta poco per essere vittima e i carnefici scorrazzano a loro piacimento.
Zarro dice al nipote che Greed non sa niente e quindi non costituisce un pericolo ma il nipote, troppo impulsivo e poco intelligente, preferisce mandare killer in giro senza la pur minima strategia.
Come nel miglior poliziesco anni 70, non mancano sparatorie sincopate e vorticose corse in auto.
I personaggi, protagonisti e comprimari, sono narratologicamente ottimamente scolpiti da D’Antonio e raffigurati secondo principi fisiognomici da Toppi.
Le onomatope dinamiche inducono il lettore a sentire realisticamente i suoni e i rumori, dal driin di un campanello al crash di un vetro che si infrange, dallo skreee di una frenata, al sock di un pugno, dal crack di un fucile al flop di una pistola con silenziatore.
Sottolineiamo altresì il gusto per l’eccesso nell’inquadratura dove le mani e i visi o le figure intere in primo piano risaltano tridimensionali nel loro porsi al confine o talvolta sconfinare dai bordi della vignetta come ad invitare il lettore ad entrare nel mondo scuro e degradato offerto narrativamente da Gino D’Antonio e Sergio Toppi la cui capacità d’invenzione grafico-narrativa non viene sminuita dall’adozione necessaria del montaggio bonelliano di cui l’artista sonda e sforza i limiti producendo opere che possono senz’altro essere messe accanto alle storie de Il collezionista o a quelle realizzate per Un uomo un avventura della Cepim (etichetta della Bonelli) ma perché no anche delle sue storie autoconclusive che uscivano negli anni ottanta su Corto Maltese piuttosto che su L’eternauta o, su Alter Alter.
Le scene di violenza sono di una bellezza cristallina.
D’Antonio costruisce con sapienza una trama che alterna i punti di vista dei poliziotti a quello dei criminali, usando fluidi passaggi da un’ambientazione all’altra (da un distretto di polizia a un appartamento in un quartiere malfamato, dalle strade metropolitane agli interni lussuosi della villa di un capomafia), flash back esplicativi delle motivazioni dei personaggi e costruisce una trama resistente senza la minima sfilacciatura. Non ci sono cadute di tono. Il ritmo accelera e rallenta coinvolgendo il lettore nello scontro tra i due poli opposti della scacchiera in cui si muovono personaggi, protagonisti o comprimari, ottimamente caratterizzati. Non ci sono figure bidimensionali nella sceneggiatura di D’Antonio come non c’erano nella serie Storia del West o quella sulla Seconda guerra mondiale, pubblicata sulla rivista per ragazzi Il Giornalino, edita dalla Editrice Paoline. Dalle serie lunghe a quelle brevi fino ai racconti autoconclusivi, usciti per Il corriere dei ragazzi o per Supergulp, D’Antonio ha sempre, con le sue sceneggiature, dimostrato che ogni personaggio ha diritto a una sua personalità.
Nelle vignette ombre e luci sono in perfetta armonia come nel simbolo del Tao. Criminali e poliziotti, diseredati e altolocati, bene e male in una rappresentazione equilibrata del reale.
Le scene di violenza hanno l’eleganza formale di un dipinto di un pittore giapponese.
Troviamo anche inquadrature “sbilenche” secondo studiate angolazioni che Toppi controlla totalmente racchiudendo situazioni di disarmonia o violenza in perfette costruzioni grafiche elaborate.
Tutto in Toppi è perfezione: dalla forma del balloon all’onomatopea passando per tuto il resto niente ê lasciato improvvisazione.
Praticamente tutte le considerazioni fatte finora per la storia precedente sull’arte di Toppi e l’abilità di narratore di D’Antonio valgono anche per la seconda storia del volume, Tracce di sangue, pubblicata per la prima volta nel 2001 su Almanacco del Giallo n. 9, Sergio Bonelli Editore.
Si inizia con un omicidio e sembrerebbe che il colpevole sia Jacky, ragazza adolescente che uccide la sorella maggiore Pearl, prostituta, che vuole indurla a vendersi. Jackie l’avrebbe fatto per fuggire da un ambiente degradato e retto dalle regole della delinquenza. Per fuggire porta con sé del denaro che Levasseur, un malavitoso protettore della donna uccisa, reclama come suo. Questo è ciò che sembra accadere ma la scelta particolare del montaggio interno ed esterno, unita alle ombre che oscurano il viso di Jackie, mettono già in guardia il lettore: forse non e stata lei.
Dalla palude passiamo al Greenwich village di New York dove Nick Raider viene svegliato da Jim che gli ricorda che deve fare il turno di notte.
Jackie si mostra dapprima in una vignetta avvolta da ombre. Poi, in un primo piano in piena luce, appare. Pallida come un fantasma. Jackie racconta la sua versione: lei e innocente e non sa chi ha ucciso sua sorella. Nick Raider decide di credergli. Inziano così le investigazioni di Raider.
Anche qui il disegno di Sergio Toppi raggiunge vette insondabili di qualità.
I visi e le figure risaltano come immagini tridimensionali sullo scenario “dipinto” con la china. Immagini come la vignetta iniziale a doppia striscia che racconta l’habitat paludoso della Louisana in cui inizia l’episodio o l’incendio della casa di Jackie restano indelebili nella mente di chi legge.
Assistiamo alla bravura di Toppi che anche qui si “adatta” al formato Bonelli e l’incontro tra lo stile del Toppi D’autore con il formato a tre strisce di sei vignette dà a vita a un modo nuovo di concepire la nona arte, che purtroppo non sempre è servito come lezione per altri autori di Bonelli o altri editori. Mettere insieme ricerca e sperimentazione non è facile. Toppi e D’Antonio ci sono riusciti.
GLI AUTORI
La storia artistica di Sergio Toppi (Milano, 11.10.1932 – Milano, 21.08.2012) rappresenta certamente una tappa imprescindibile per la nascita del fumetto d’autore in Italia. Insieme a Dino Battaglia e Hugo Pratt è uno dei personaggi-chiave della Nona Arte italiana.
Il suo stile inconfondibile, che insieme a quello di Battaglia influenzerà generazioni intere di fumettisti, culminerà nel riconoscimento come miglior disegnatore italiano con il premio Yellow Kid, vinto nel 1975 durante il Salone del fumetto di Lucca.
Nonostante le sue numerose collaborazioni con i più noti editori dell’epoca (fra tutte quella con Sergio Bonelli nella collana Un uomo, un’avventura) e con le più prestigiose riviste di fumetto d’autore (L’Eternauta, Comic Art, Orient Express e Corto Maltese su tutte) il suo tratto si esprimerà al meglio nelle storie realizzate completamente da solo, che assumeranno negli anni sempre di più ambientazioni oniriche e tematiche fantastiche (era nota, ad esempio, la sua grande passione per lo scrittore Dino Buzzati), dopo i primi passaggi in storie di ambientazione storica e avventurosa.
La libertà nell’impaginazione, l’accentuata verticalità delle vignette, l’uso personalissimo dei colori e l’equilibrio fra verosimiglianza storica ed elaborazione fantastica, sono gli elementi che rendono la sua produzione più vicina alla sfera dell’arte che a quella del fumetto in senso lato.
Con il suo uso rivoluzionario della tavola “verticale”, la pagina di Toppi diventa spazio unitario, in cui le immagini si distendono appieno, superando la rigidità della “griglia”. Famoso anche per un uso anticonvenzionale dei colori, dalle tonalità spesso elettriche, e dall’uso del bianco e del nero, predominanti nella sua opera, che assumono una valenza non solo stilistica ma anche simbolica, come contrapposizione tra pieno e vuoto.
Sharaz-de, Blues, Bestiario, Naugatuck 1757, Chapungo, Ogoniok, Il dossier Kokombo, Dio minore, Krull, Il collezionista, Colt Frontier, sono solo alcuni dei titoli riproposti nella collana di Edizioni NPE dedicata al maestro.
Gino D’Antonio (Milano 1927-2006), tra i maggiori autori di fumetto italiano, è uno dei pochi a vantare una formazione completa. Abile tanto nella scrittura quanto nel disegno, ha debuttato a vent’anni realizzando la serie Jess Dakota per approdare successivamente al settimanale Il Vittorioso. Ha lavorato per Il Giornalino, di cui è divenuto responsabile del settore fumetti, dando vita a numerosi personaggi come Jim Lacy, Soldato Cascella e Susanna. Ha anche collaborato sin dall’inizio con la prestigiosa collana Un uomo un’avventura della Cepim (Bonelli), per la quale ha realizzato soprattutto, con la collaborazione di disegnatori come Renato Polese, Sergio Tarquinio e Renzo Calegari, la mitica serie Storia del West che anticipa le tematiche sviluppate poi da Berardi e Milazzo con Ken Parker e la serie Bella e Bronco. Negli ultimi anni si è dedicato soprattutto alla sceneggiatura, confermandosi un autore completo e un maestro del fumetto.
Nick Raider – Senza respiro / Tracce di sangue
Testi: Gino D’Antonio
Disegni: Sergio Toppi
Collana: Sergio Toppi
Numero in collana 23
Formatovolume 21×29,7 cm, cartonato b/n
Pag. 200
Codice ISBN: 9788836272532
Prezzo: 29,90 €
Il volume è stampato in sole 2.000 copie, tutte numerate a mano.
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