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Lo hanno portato ieri notte. Un ragazzo così non può venire che da Venere. Il pianeta dell’amore. Non avrà più di undici o dodici anni. È bellissimo. Di primo acchito l’ho scambiato per un terrestre. Aveva gli occhi dall’iride verde smeraldo, la pelle color rame e i capelli biondi. Ma, quando stamattina gli ho portato la colazione, i suoi occhi baluginavano rossi; la pelle aveva assunto una sfumatura verde oliva e i capelli erano più castani che biondi. Non so se i mutamenti cromatici dipendono da cause esterne, come la temperatura, o interne, come stato d’animo e reazioni emotive. Sappiamo così poco dei venusiani. Gli ho lasciato la colazione sul tavolo e sono uscito dalla stanza seminterrata. Ho chiuso la porta a chiave. Franco mi ha detto di fare così. Che almeno all’inizio sarebbe stato meglio non farlo uscire troppo dalla stanza. In modo che si abituasse gradualmente alla situazione.
Lo so che segregare un ragazzino non è una bella cosa da fare. Soprattutto tenendo conto di quello che gli faranno. Ma Franco mi ha spiegato che il piccolo venusiano è consenziente. Insomma per quelli della sua razza il sesso è qualcosa di estremamente naturale. Iniziano da giovanissimi. E non c’è distinzione tra uomo e donna, maschi e femmine. Sono bisessuali e incestuosi fin dalla nascita. E poi c’è quell’altra cosa che adesso non ricordo più se me l’ha detta Franco o se l’ho letta chissà dove. Ma che comunque è una cosa davvero allucinante: nascono tutti maschi e durante l’adolescenza diventano transessuali! All’inizio sono dei bei ragazzini, come questo qui che devo custodire, e poi diventano delle splendide donne con l’uccello. Il loro sistema di riproduzione è un mistero.
Franco è il mio pusher. Fa l’infermiere. E quindi riesce a procurarsi facilmente quello che mi serve. Lexotan, Roipnol, Sensatil, Xarax. Qualsiasi tipo di psicofarmaco. Sono anni che le ricette del mio medico non mi bastano più.
I soldi, ereditati dai miei genitori, stanno finendo. È da parecchio che ho dovuto vendere la casa in città. Da dieci anni ormai mi sono ritirato in questo villino in campagna, unica proprietà rimastami. E che sta andando giù a pezzi. Ci vorrebbe un mutuo per ristrutturarlo. Ma immaginate una banca che concede un mutuo a me?
Sono Vanni Ramarro, disoccupato da sempre.
Figlio di Gianni ed Elena Ramarro. I miei sono morti per avvelenamento da funghi. Avevo tredici anni. Ricordo tutto.
Mia madre che porta a tavola il risotto. Mia madre che brontola sempre con mio padre che va a raccogliere i funghi perché, sostiene lei, è uno spreco comprare quello che si può avere gratis. Mio padre che vanta competenza micologica per tre-quattro libri che si è letto. Mia madre che brontola perché è pericoloso ma poi i funghi, che mio padre raccoglie, li mangia lo stesso per farlo contento. Io no. A me fanno schifo. Mi hanno sempre disgustato. Mio padre dice; “il signorino è troppo schizzinoso.” Mia madre mi dice di mangiare il formaggio con il pane o il prosciutto. I miei litigano. Approfittano della minima occasione per alzare la voce e rinfacciarsi qualsiasi cosa. E io allora vado in camera mia. Chiudo a chiave. Indosso le cuffie dello stereo e metto il primo disco dei Paradise Lost a volume altissimo. Infilo un pornazzo nel lettore dvd col volume del televisore azzerato e mi masturbo a mille.
Mi addormento.
Poi torno in cucina e li vedo tutti e due.
Hanno gli occhi strabuzzati e iniettati di sangue. Le bocche spalancate sporche di vomito. Le mani ad artiglio all’altezza della gola e del cuore. All’inizio rido perché sono buffi. Poi grido e li chiamo. Li scuoto e piango. Il resto non lo ricordo. È arrivata l’ambulanza. Non rammento se l’ho chiamata io o se sono andato a suonare ai vicini di casa. Ricordo che loro cercavano di consolarmi, mentre mi accompagnavano in ospedale.
Poi c’è stato l’istituto, dato che non c’era alcun parente che mi prendesse con sé. Mia madre era figlia unica e mio padre aveva interrotto i rapporti con la sua famiglia da molto tempo. All’istituto ho tentato di uccidermi due volte. Questo diario è un’idea della psicologa che mi seguiva in quel periodo. Una superbona con le gambe sempre accavallate a mostrare le cosce. All’inizio scrivevo le date. Poi ho smesso.
Dopo che ho lasciato l’istituto, la mia occupazione principale è consistita nel guardare video porno e ascoltare musica. E prendere medicine. E bottiglie, ovviamente. Perché le pillole da sole ti fanno solo addormentare, ma se le mischi con rum, brandy o quello che ti pare allora ti sballi forte. E con medicina e alcool in corpo e black metal ad alto volume e un porno sullo schermo da 40 pollici e il cazzo in mano è questo il mio paradiso.
È stato Franco a propormi di fare da balia al venusiano quando gli ho detto che tra poco non avrei potuto più nemmeno pagare le bollette.
Oggi è venuto il grassone con la barba. È il cliente più assiduo. Questi uomini sono sempre preceduti da due amici di Franco: un uomo e una donna. Portano il ragazzo di sopra e gli fanno fare una doccia. Poi lo vestono da femmina (e lui diventa una femmina bellissima) e lo chiudono dentro la stanza con il letto matrimoniale. Sento i rumori, gli ansiti da dietro la porta. Una volta ho spiato dal buco della serratura.
Oggi è venuto il medico. Puntuale un paio di volte a settimana. Fa al ragazzo delle iniezioni ai pettorali per facilitare la trasformazione.
Stamattina quando gli ho portato la colazione e le medicine, il venusiano mi ha rivolto la parola per la prima volta. Ovviamente non ho capito niente. Non parlo la sua lingua. Ho capito che voleva che rimanessi con lui per un po’. Abbiamo guardato insieme i cartoni animati. Poi lui si è addormentato. È normale per i venusiani dormire la maggior parte del giorno.
Oggi Vito ed Elena sono venuti di mattina presto. Insieme a loro c’era una terza persona che non avevo mai visto prima. Aveva con sé una videocamera digitale. La solita preparazione del ragazzo. Poi sono arrivati tre uomini. Si sono chiusi tutti dentro la stanza e ci sono rimasti molte ore. Quando sono usciti, il venusiano faceva fatica a reggersi in piedi. Aveva un’espressione sconvolta: un misto di paura e stordimento.
Poi un brutto giorno, un anno circa dopo, questa storia finì. Franco portò via il venusiano senza darmi nessuna spiegazione, dopo avermi dato gli ultimi soldi che mi spettavano.
Adesso è trascorso qualche anno. Dieci o dodici. Sono in cura al Centro di Igiene Mentale con una nuova psichiatra, dopo che ho dato di matto in mezzo alla strada con un coltello da cucina in mano.
Non so cosa mi è preso quel giorno. Ero disperato. Avevo finito i soldi e non sapevo come pagare l’affitto. La vecchia casa l’avevo venduta.
Il Comune mi ha dato un lavoro da bidello in una scuola elementare. Lo stipendio non è granché, ma anche il lavoro è poco impegnativo. Ho chiuso con alcol e pasticche. Adesso assumo solo le medicine che mi prescrive la dottoressa. Ho una fidanzata incontrata nella sala d’attesa del Cim. Ognuno di noi due ha avuto i suoi problemi e ne parliamo insieme. Continuo a tenere il mio diario, ma mi riservo di scrivere solo quello che mi colpisce di più, mi spaventa o solo mi impressiona.
Oggi è successo qualcosa che devo descrivere. Non so perché mi colpisce così intensamente, ma so che devo annotarlo.
Consultavo un sito di notizie, quando ha attirato la mia attenzione un articolo di cronaca nera. Un uomo, un certo Franco Marnieri, di professione infermiere, è stato ammazzato con un rasoio da barbiere. Un taglio alla gola netto, si vedeva dalla foto del cadavere. L’uomo aveva dei precedenti per sfruttamento della prostituzione minorile e produzione di materiale pedopornografico. Avevo l’impressione di aver conosciuto quell’uomo in quello che la dottoressa chiama il mio “periodo oscuro”.
Qualche giorno dopo, avevo appena finito il giro delle classi con la circolare del preside quando ho notato un titolo sul quotidiano (Quotidiano di Brrindisi, 20-11.2001) che stava leggendo il collega seduto nel gabbiotto. Il tempo di mangiare un panino e il giornale era lì sulla piccola scrivania. Lo preso e ho letto l’articolo alla pagina di cronaca.
Una donna, Elena Santoro, era stata ammazzata con la stessa modalità dell’infermiere. La foto della vittima, quando era ancora viva, illustrava il testo: una donna sulla cinquantina, il viso spigoloso e i capelli biondi e voluminosi, che mi rammentava qualcosa del mio passato. Il giornalista spiegava che si ignorava il movente dell’omicidio. Gli inquirenti non avevano trovato niente di losco nella vita della donna: un’insegnante divorziata dalla vita monotona: lavoro e casa.
È trascorso qualche giorno. Sto guardando, distratto come sempre, il telegiornale. Un servizio cattura la mia attenzione. Un uomo con precedenti per pedofilia è stato trovato ammazzato. Intanto nuove rivelazioni sulla donna: si chiama Elena Santoro. Una decina di anni prima era stata accusata di favoreggiamento della prostituzione minorile. Ma era stata assolta per non aver commesso il fatto. Gli organi inquirenti avanzano ora l’ipotesi di un assassino seriale che ha preso di mira uomini e donne coinvolti nello sfruttamento della prostituzione e nella produzione di pornografia minorile.
Il giorno dopo sul quotidiano ci sono altre novità. Dei testimoni hanno visto allontanarsi una figura dalla scena degli omicidi. Le testimonianze combaciano: una donna alta con capelli biondi e lineamenti molto belli. La carnagione ramata. Quindi, come un’ispirazione, mi sono ricordato del piccolo venusiano.
Era veramente consenziente come mi diceva Franco? Davvero i Venusiani diventano naturalmente transessuali? Veniva davvero da Venere?
Riguardo agli omicidi, invece, la domanda più importante che tutti i media si pongono (e anche io): chi sarà il prossimo?
L’AUTORE
Luca Bonatesta è nato a Brindisi il 1972. Collaboratore per 12 anni della Agenzia News, cogestore dal 2019 al 2021 del Portale Club GHoST e del blog Planet Ghost, è ora giornalista freelance. Collabora con il blog Planet Ghost, il portale Club GHoST e la rivista on line Giornale Pop come recensore di libri e fumetti. È anche scrittore e disegnatore. Numerosi suoi racconti sono presenti on line e su pubblicazioni cartacee con il suo nome o con i nickname Darren Frei o Dar Frei. Piazzatosi tra i finalisti nei premi Lovecraft, Morteerotica, Hypnos. Ha pubblicato, tra l’altro, l’ebook “L’angelo e il vampiro” per Edizioni Hypnos.
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Illustrazione di Luca Bonatesta; elaborazione grafica: Max Ferrara.
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