Il falso re di Massimo Junior D’auria

[…] Nessuno ha mai visto un re assiro piangere, e non succederà neanche oggi. Non posso transigere su questo. Io, figlio di Assurbanipal, il sovrano più grande che il mondo ricordi, io, Re dell’universo, Re dei Quattro Angoli del mondo, io, prescelto di Assur… ridotto a questo: capovillaggio di un insediamento di pastori. […]

Il falso re di Massimo Junior D’auria, edito dalla Delos Digital per la collana Fantasy Tales al numero 108, a cura di Monica Serra.

La storia è ambientata negli ultimi giorni del declino dell’Impero assiro, seguendo Assur-uballit II mentre affronta la caduta della sua civiltà. Ridotto a governare un villaggio di pastori, il protagonista è costretto a prendere decisioni moralmente ambigue per preservare quel poco che rimane del suo dominio. Tra rimorsi, rituali sacrificali e un rapporto enigmatico con il suo consigliere Rashad, la trama esplora il senso di colpa, la decadenza e la lotta contro un destino apparentemente ineluttabile. L’introduzione di un rituale per deviare la sventura scatena una pestilenza devastante, che funge da catalizzatore per l’inevitabile disfacimento personale e politico del protagonista.

D’Auria utilizza uno stile evocativo e ricco di introspezione. I dialoghi sono funzionali a svelare i conflitti interni del protagonista e il mondo narrativo viene dipinto con descrizioni vivide e un linguaggio che richiama il tono epico. Lo stile riflette un equilibrio tra narrazione storica e tensione emotiva, con una certa tendenza al lirismo. Tuttavia, alcune parti risultano ripetitive, con riflessioni che talvolta rallentano il ritmo. Sebbene la conclusione sia coerente con il tono generale, manca un qualcosa che avrebbe potuto rendere il tutto più performante.

Comunque, L’autore riesce a trasmettere con efficacia il senso di disfacimento e fatalismo che permea l’intera opera, offrendo una visione convincente della caduta di un grande impero, affrontando argomenti come la perdita, il tradimento degli ideali e la lotta contro il destino, rendendolo rilevante oltre il contesto storico.

 

L’AUTORE:

Massimo Junior D’Auria è nato a Napoli il 6 novembre 1989, è laureato in Lettere moderne alla Federico II e diplomato alla Scuola italiana di comics in sceneggiatura e storytelling. Ha scritto e pubblicato opere di narrativa e a fumetti con diverse realtà. Si è occupato anche della traduzione di alcune storie di personaggi iconici dei comics. Ha curato collane editoriali di genere (horror, noir e thriller) per piccoli editori. Attualmente si occupa di social media e servizi editoriali come libero professionista. Sui suoi profili social parla di libri e dà consigli ad autori e aspiranti tali. Cura per Delos Digital la collana Folclore Oscuro.

Il falso re
Autore: Massimo J. D’auria
Editore: Delos Digital
Collana: Fantasy Tales
Pagine: 53
ISBN: 9788825430646
Costo: ebook 1,99 €

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Nostra Signora del Martirio di Nicola Lombardi

La Redazione GHoST presenta Nostra Signora del Martirio, la nuova antologia horror edita da Weird Book. Dodici incubi che portano la firma di Nicola Lombardi con la cover visionaria di Giorgio Finamore e la prefazione di Claudio Vergnani.

Gli Angeli del Supplizio si immolano per evocare una sanguinaria, antichissima divinità. Un’impossibile intrusione sconvolge la registrazione di un talk-show televisivo. Un ragazzo vuole a tutti i costi sperimentare il demoniaco Rito della Necrogenesi. In un piccolo negozio di periferia si possono acquistare fantasmi. Disperati bisognosi di denaro si affidano a un altolocato circolo di cannibali…

Dodici racconti scritti da Nicola Lombardi, dodici incubi a occhi aperti per farci assaporare il morboso fascino dell’orrore, inchiodando il lettore fino all’ultima pagina…

SCHEDA TECNICA
Titolo: Nostra Signora del Martirio
Autore:  Nicola Lombardi
Editore: Weird Book
Collana: I narratori del buio
Genere: Antologia
Pagine: 188
Prezzo: 18,90 €
Formato: 15 x 22 cm
ISBN: 979-12-81603-22-6

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Horror Rurale di Christian Sartirana

Horror Rurale – Quattro incubi ruspanti, di Christian Sartirana

È il nome della raccolta di quattro storie ad opera di Sartirana e distribuite in formato audio da Vizi Editore.

Quest’ultima è una giovane realtà che dal 2019 si affaccia nel mondo dell’editoria digitale. Realizzano Audio documentari, Audiolibri e Audiodrammi originali oppure riproponendo grandi classici con l’ausilio di professionisti del settore.

Le storie di cui andrò a narrarvi sono state lette e interpretate da

Librinpillole e Elisa Giorgio. Dico interpretate non a caso, in quanto vi è una vera e propria messa in scena con tanto di musica ad hoc ed effetti sonori realizzati ad arte che vi permette di immergervi completamente all’interno della narrazione, portandovi un livello oltre la semplice esperienza.

Tutte le storie sono narrate in prima persona, divise in cinque capitoli, con il protagonista che si rivolge direttamente a un interlocutore, spiegando gli eventi che ha vissuto. Lo stile di Sartirana si caratterizza per un linguaggio crudo e tagliente, spesso venato di gergo locale, ma capace di virare verso un registro aulico e ricercato quando richiesto dalla narrazione o dall’atmosfera.

L’ambientazione è radicata nella campagna piemontese, elemento centrale di tutte le storie, che intrecciano i temi del folclore locale con quelli dell’orrore rurale. La natura, nella sua dimensione più aspra e incontaminata, è protagonista e al contempo antagonista, rappresentando una forza indomita e primordiale che sovrasta l’uomo e le sue costruzioni.

Una dicotomia che emerge è quella tra natura e cemento: da un lato, la ruralità con i suoi ritmi lenti, i misteri e i legami con un passato arcaico; dall’altro, la modernità urbana, vista con un certo scetticismo o addirittura con ostilità. Il male che serpeggia nelle storie sembra essere saldamente ancorato a un passato arretrato, mentre l’evoluzione della cultura umana appare come un elemento distante, quasi inefficace nel contrastarlo. Questa tensione sottolinea una visione in cui il progresso non cancella i demoni del passato, ma li nasconde o li trasforma, lasciandoli pronti a riaffiorare.

Adesso passiamo ai racconti:

Nella vigna della durata di 33,21 minuti è la storia di un campagnolo fermo ad una mentalità arcaica, si presenta subito con un racconto che già dai primi minuti ti fa percepire che saremo trascinati in un orrore folcloristico. Racconta la storia di questo ragazzo che si trova a passare vicino a questa vigna la cui famiglia gestore ha un passato alquanto strano. Già il nome La vigna dei masoero viene sottolineato dal narratore e l’abile voce narrante ci fa già percepire qualcosa. Vengono citati alcuni luoghi che tutt’oggi rappresentano leggende e miti locali.

Nella pancia della scrofa, della durata di 78,82 minuti, racconta la storia di un nonno che, durante una sessione di ricerca del tartufo in compagnia del nipote, inizia a narrargli una storia di paura. Si tratta della vicenda di Fulvio Mossi, il classico tipo di città che decide di trasferirsi a vivere in campagna. Un uomo strano, che sviluppa una particolare ossessione per il modo in cui trascorrere il tempo, e che finirà per incrociare il suo destino con una macabra leggenda locale.

Il nido della masca, della durata di 64,66 minuti inizia ricordandomi la Dichiarazione di Randolph Carter di HPL, ma con vibes decisamente più moderne. Incomincia con un interrogatorio da parte di uno psicologo al prigioniero su alcuni fatti avvenuti. Il protagonista ovviamente è il carcerato, che fa la sua confessione in cui viene sviluppato il mito della Masca; il termine che indica la strega del folclore piemontese. Il finale decisamente inaspettato.

Il Mostro, della durata di 81,59 minuti invece tratta la storia di un contadino che parla ad uno sfascia carrozze della sua storia tragica e collegata a questo trattore che, a suo dire, è posseduto da uno spirito maligno. In questo racconto invece ho avuto delle forti vibes Kingiane e fino all’ultimo mi ha tenuto attaccato e curioso di scoprire come sarebbe finita.

In conclusione il connubio tra buona scrittura, sapienza del narrare vocalmente e l’utilizzo di ottimi effetti possono, specie su racconti brevi, trascinare l’ascoltatore in un vortice di orrore vivido e intenso.

Ampiamente consigliato.

L’AUTORE:

Christian Sartirana è nato a Casale Monferrato, in Piemonte, nel 1983, ma è cresciuto nell’entroterra siciliano. Dopo aver lavorato a lungo come commerciante di libri antichi e restauratore, dal 2020 si dedica all’editoria a tempo pieno. Autore di narrativa, podcast e sceneggiature, nonché curatore ed editor specializzato in horror fiction, è una delle voci più apprezzate della corrente letteraria del Gotico piemontese.

Horror Rurale: 4 incubi ruspanti
Autore: Christian Sartirana
Editore: Vizi Editore
Minutaggio: 4 ore e 7 minuti
SKU: 9791255300052
Costo: 9,99  – Accessibile da Gplay o Audible

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La stanza buia di Leonard Cline

La stanza buia, pubblicato nel 1927 e celebrato da autori del calibro di H.P. Lovecraft e Clark Ashton Smith, è un’opera che si inscrive nel pantheon dei romanzi gotici e visionari del primo Novecento. Il suo fascino si sprigiona dalla perfetta sintesi tra la poetica decadente e una narrazione che oscilla tra il delirio sensoriale e il rigore scientifico della memoria. Leonard Cline, con questo romanzo, ha saputo esplorare un tema fondamentale della letteratura e della psiche umana: l’ossessione per la memoria e la folle corsa alla riconquista del tempo perduto.

Il protagonista Richard Pride, aristocratico settantenne rinchiuso nella decadente Mordance Hall, incarna l’archetipo del “byroniano” che tenta di sfidare i limiti dell’umano, addentrandosi nel territorio sconosciuto della memoria ancestrale. La sua convinzione che, attraverso la stimolazione sensoriale e musicale, sia possibile richiamare ogni attimo vissuto, lo trasforma in una sorta di Prometeo moderno, che cerca di rubare il fuoco dell’immortalità alla sua stessa mente. La scelta di situare la vicenda in una vecchia dimora dalle atmosfere gotiche, sulle rive del fiume Hudson, non è casuale: Mordance Hall diventa una metafora della mente stessa, un labirinto di ricordi, sensazioni e traumi, dove ogni angolo nasconde un enigma irrisolto.

L’incontro tra Pride e il giovane musicista Oscar Fitzalan è il punto di svolta del romanzo. Fitzalan, inizialmente coinvolto per aiutare Pride nella sua “ricerca scientifica”, si trova presto invischiato in un intrigo di passioni sotterranee e desideri proibiti. Cline è magistrale nel tratteggiare i rapporti ambigui tra Oscar, Janet e Miriam, facendo emergere una tensione costante che aleggia tra gli abitanti di Mordance Hall. Questa sottile rete di relazioni intrecciate, che mescola eros e potere, contribuisce a rendere il romanzo un’opera di grande intensità psicologica, dove ogni personaggio sembra riflettere un frammento dell’anima frammentata di Pride.

Un altro elemento che conferisce a La stanza buia un’aura profetica è la sua capacità di anticipare temi che solo il cinema degli anni ’70 avrebbe esplorato con film come Stati di allucinazione di Ken Russell, basato sul romanzo di Paddy Chayefsky. La manipolazione della mente, la ricerca della verità attraverso stati alterati di coscienza e l’ossessione per la memoria sono tutte tematiche che Cline tratta con un acume e una visione che lo rendono straordinariamente moderno. È facile comprendere perché critici come R.S. Hadji abbiano riconosciuto il romanzo come un’opera “ingiustamente trascurata”, e perché Neil Barron lo abbia definito “intrigante”, ponendolo in dialogo con le opere più audaci del tardo Novecento.

La prosa di Cline, talvolta definita turgida e oscura da critici come E.F. Bleiler, è in realtà una parte integrante del fascino del romanzo. Il suo stile ricercato, denso di immagini suggestive e simbolismi, amplifica l’effetto straniante della narrazione. Ogni descrizione di Mordance Hall, dei suoi inquietanti abitanti e delle misteriose ricerche di Pride, è intrisa di una sottile inquietudine che si insinua nel lettore, trascinandolo in un’atmosfera satura di angoscia e fascinazione. Scott Connors ha giustamente sottolineato come il “puro piacere dello stile” di Cline sia uno dei motivi principali per leggere questo romanzo.

La stanza buia è un’opera complessa e poliedrica, che sfida il lettore a confrontarsi con le zone più oscure della psiche e della memoria. Cline ci regala una discesa negli abissi della mente umana, un viaggio che, come quello di Richard Pride, si rivela tanto affascinante quanto pericoloso. Lungi dall’essere un semplice esercizio di stile, questo romanzo è un’avventura intellettuale e sensoriale, che ci spinge a riflettere sui limiti della nostra coscienza e sul desiderio irrefrenabile di riappropriarci del passato. È un peccato che il tempo lo abbia quasi dimenticato, ma per chiunque abbia il coraggio di affrontare la sua lettura, La stanza buia si rivela un’esperienza indimenticabile.

La stanza buia
Autore: Leonard Cline
Traduzione: Lucio Besana
Editore: Arcoiris Edizioni
Collana: La
Biblioteca di Lovecraft
Pagine: 240
ISBN-13: ‎ 978-8899877880
Costo: Cartaceo 14,00€

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Piove di Paolo Strippoli

Piove (Italia, 2022)
Regia: Paolo Strippoli. Soggetto e Sceneggiatura: Paolo Strippoli, Jacopo Del Giudice, Gustavo Hernandez. Fotografia: Cristiano Di Nicola. Montaggio: Marco Spoletini. Musiche: Raf Keunen. Scenografia: Nello Giorgetti. Costumi: Nicoletta Taranta. Produttori: Mattia Oddone, Joseph Rouschop, Gabriele Pacitto, Jean-Yves Roubin, Isabella Orsini. Produttori Esecutivi: Maria Alessandra Marzotto, Annick Mahnert. Case di Produzione: Propaganda Italia, Gap Busters, MEDIA, Lazio Cinema International, Wallimage, Shelter Prod, Polifemo, Ministero della Cultura (MIC). Distribuzione (Italia): Fandango.  Lingua: Italiano. Paesi di Produzione: Belgio, Italia (2022). Durata: 95’. Genere: Horror. Interpreti: Fabrizio Rongione (Thomas), Cristiana Dell’Anna (Cristina), Francesco Gheghi (Enrico), Leon de la Vallée (Gianluca), Ondina Quadri (Alice), Orso Maria Guerrini (sig. Ferrini), Elena Di Cioccio (Marta), Nicolò Galasso (Giacomo), Federigo Ceci (Leonardo), Pietro Bontempo (padre di Giacomo), Aurora Menenti (Barbara).

Piove è un film horror italiano molto originale, che si fa perdonare alcuni piccoli difetti, perché la sceneggiatura di Jacopo Del Giudice è davvero ben scritta (vince il Premio Solinas), miscela soprannaturale e realismo in dosi adeguate, tenendo lo spettatore in tensione fino all’ultima sequenza. Vediamo in breve la trama. Siamo a Roma dove due operai del comune – padre e figlio – stanno riparando un guasto all’impianto fognario, il problema è che nella capitale (quando piove) dai tombini esce una sorta di fango grigiastro che emana un vapore denso e azzurrognolo. Va da sé che non si sa da dove provenga, ma chi entra in contatto con questo vapore diventa portatore di una rabbia repressa che sfoga sulle persone più care, mettendo in luce sentimenti reconditi e paure ancestrali. La prima terribile sequenza di morte vede una resa di conti tra padre e figlio. Non vado oltre con la trama, che va assaporata in presa diretta, un puro concentrato di orrore e tensione. Film vietato in un primo tempo ai minori di anni 18, poi derubricato ai minori di anni 14, soprattutto perché presenta soltanto personaggi negativi, anche se nel finale è l’amore che trionfa, portando un soffio di speranza. Fotografia (Di Nicola) cupa e spettrale di una Roma piovosa e notturna che si alterna a gelidi pomeriggi di sole, oltre a un’intensa colorazione rosso e verde per alcuni interni che profuma di Mario Bava; montaggio sincopato di Spoletini, davvero ricco di tensione narrativa, capace di contenere in 95’ la durata della pellicola; sceneggiatura oliata alla perfezione; musiche claustrofobiche e angoscianti di Keunen, introdotte da un suggestivo brano di Sergio Endrigo che scorre sui titoli di testa; scenografia curata a dovere da Giorgetti. La regia del (per me) sconosciuto Paolo Strippoli (autore di A Classic Horror Story disponibile su Netflix) è ottima, sia come direzione di attori che come tecnica di ripresa, molte le citazioni contenute nel film, dalle soggettive alla Mario Bava e Argento, per finire con brevi inquadrature di un volto femminile che ricorda Smile e l’atmosfera inquietante dell’intera pellicola che riporta a Macchie solari di Crispino. Interpreti molto preparati, dal protagonista Fabrizio Rongione al giovane Francesco Gheghi, senza dimenticare la diligente Cristiana Dell’Anna, infine una breve apparizione di Orso Maria Guerrini ed Elena Di Cioccio nei panni di Marta. Suono in presa diretta che troppo spesso penalizza la chiarezza del dialogo. Piove è un film di genere che dimostra la vitalità del cinema italiano quando viene fatto da autori che hanno inventiva, oltre a conoscere la miglior cinematografia del passato. Il messaggio contro la violenza diffusa nelle nostre periferie è palpabile, il regista punta l’indice anche contro certi programmi televisivi pomeridiani che sono capaci soltanto di fare audience mostrando orrore e violenza. Visto su Rai 4 in Prima TV. Reperibile su Rai Play. Da vedere, se amate il cinema horror e il thriller.

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