Chi sarà il prossimo?

Lo hanno portato ieri notte. Un ragazzo così non può venire che da Venere. Il pianeta dell’amore. Non avrà più di undici o dodici anni. È bellissimo. Di primo acchito l’ho scambiato per un terrestre. Aveva gli occhi dall’iride verde smeraldo, la pelle color rame e i capelli biondi. Ma, quando stamattina gli ho portato la colazione, i suoi occhi baluginavano rossi; la pelle aveva assunto una sfumatura verde oliva e i capelli erano più castani che biondi. Non so se i mutamenti cromatici dipendono da cause esterne, come la temperatura, o interne, come stato d’animo e reazioni emotive. Sappiamo così poco dei venusiani. Gli ho lasciato la colazione sul tavolo e sono uscito dalla stanza seminterrata. Ho chiuso la porta a chiave. Franco mi ha detto di fare così. Che almeno all’inizio sarebbe stato meglio non farlo uscire troppo dalla stanza. In modo che si abituasse gradualmente alla situazione.

Lo so che segregare un ragazzino non è una bella cosa da fare. Soprattutto tenendo conto di quello che gli faranno. Ma Franco mi ha spiegato che il piccolo venusiano è consenziente. Insomma per quelli della sua razza il sesso è qualcosa di estremamente naturale. Iniziano da giovanissimi. E non c’è distinzione tra uomo e donna, maschi e femmine. Sono bisessuali e incestuosi fin dalla nascita. E poi c’è quell’altra cosa che adesso non ricordo più se me l’ha detta Franco o se l’ho letta chissà dove. Ma che comunque è una cosa davvero allucinante: nascono tutti maschi e durante l’adolescenza diventano transessuali! All’inizio sono dei bei ragazzini, come questo qui che devo custodire, e poi diventano delle splendide donne con l’uccello. Il loro sistema di riproduzione è un mistero.

Franco è il mio pusher. Fa l’infermiere. E quindi riesce a procurarsi facilmente quello che mi serve. Lexotan, Roipnol, Sensatil, Xarax. Qualsiasi tipo di psicofarmaco. Sono anni che le ricette del mio medico non mi bastano più.

I soldi, ereditati dai miei genitori, stanno finendo. È da parecchio che ho dovuto vendere la casa in città. Da dieci anni ormai mi sono ritirato in questo villino in campagna, unica proprietà rimastami. E che sta andando giù a pezzi. Ci vorrebbe un mutuo per ristrutturarlo. Ma immaginate una banca che concede un mutuo a me?

Sono Vanni Ramarro, disoccupato da sempre.

Figlio di Gianni ed Elena Ramarro. I miei sono morti per avvelenamento da funghi. Avevo tredici anni. Ricordo tutto.

Mia madre che porta a tavola il risotto. Mia madre che brontola sempre con mio padre che va a raccogliere i funghi perché, sostiene lei, è uno spreco comprare quello che si può avere gratis. Mio padre che vanta competenza micologica per tre-quattro libri che si è letto. Mia madre che brontola perché è pericoloso ma poi i funghi, che mio padre raccoglie, li mangia lo stesso per farlo contento. Io no. A me fanno schifo. Mi hanno sempre disgustato. Mio padre dice; “il signorino è troppo schizzinoso.” Mia madre mi dice di mangiare il formaggio con il pane o il prosciutto. I miei litigano. Approfittano della minima occasione per alzare la voce e rinfacciarsi qualsiasi cosa. E io allora vado in camera mia. Chiudo a chiave. Indosso le cuffie dello stereo e metto il primo disco dei Paradise Lost a volume altissimo. Infilo un pornazzo nel lettore dvd col volume del televisore azzerato e mi masturbo a mille.

Mi addormento.

Poi torno in cucina e li vedo tutti e due.

Hanno gli occhi strabuzzati e iniettati di sangue. Le bocche spalancate sporche di vomito. Le mani ad artiglio all’altezza della gola e del cuore. All’inizio rido perché sono buffi. Poi grido e li chiamo. Li scuoto e piango. Il resto non lo ricordo. È arrivata l’ambulanza. Non rammento se l’ho chiamata io o se sono andato a suonare ai vicini di casa. Ricordo che loro cercavano di consolarmi, mentre mi accompagnavano in ospedale.

Poi c’è stato l’istituto, dato che non c’era alcun parente che mi prendesse con sé.  Mia madre era figlia unica e mio padre aveva interrotto i rapporti con la sua famiglia da molto tempo. All’istituto ho tentato di uccidermi due volte. Questo diario è un’idea della psicologa che mi seguiva in quel periodo. Una superbona con le gambe sempre accavallate a mostrare le cosce. All’inizio scrivevo le date. Poi ho smesso.

Dopo che ho lasciato l’istituto, la mia occupazione principale è consistita nel guardare video porno e ascoltare musica. E prendere medicine. E bottiglie, ovviamente. Perché le pillole da sole ti fanno solo addormentare, ma se le mischi con rum, brandy o quello che ti pare allora ti sballi forte. E con medicina e alcool in corpo e black metal ad alto volume e un porno sullo schermo da 40 pollici e il cazzo in mano è questo il mio paradiso.

È stato Franco a propormi di fare da balia al venusiano quando gli ho detto che tra poco non avrei potuto più nemmeno pagare le bollette.

Oggi è venuto il grassone con la barba. È il cliente più assiduo. Questi uomini sono sempre preceduti da due amici di Franco: un uomo e una donna. Portano il ragazzo di sopra e gli fanno fare una doccia. Poi lo vestono da femmina (e lui diventa una femmina bellissima) e lo chiudono dentro la stanza con il letto matrimoniale. Sento i rumori, gli ansiti da dietro la porta. Una volta ho spiato dal buco della serratura.

Oggi è venuto il medico. Puntuale un paio di volte a settimana. Fa al ragazzo delle iniezioni ai pettorali per facilitare la trasformazione.

Stamattina quando gli ho portato la colazione e le medicine, il venusiano mi ha rivolto la parola per la prima volta. Ovviamente non ho capito niente. Non parlo la sua lingua. Ho capito che voleva che rimanessi con lui per un po’. Abbiamo guardato insieme i cartoni animati. Poi lui si è addormentato. È normale per i venusiani dormire la maggior parte del giorno.

Oggi Vito ed Elena sono venuti di mattina presto. Insieme a loro c’era una terza persona che non avevo mai visto prima. Aveva con sé una videocamera digitale. La solita preparazione del ragazzo. Poi sono arrivati tre uomini. Si sono chiusi tutti dentro la stanza e ci sono rimasti molte ore. Quando sono usciti, il venusiano faceva fatica a reggersi in piedi. Aveva un’espressione sconvolta: un misto di paura e stordimento.

Poi un brutto giorno, un anno circa dopo, questa storia finì. Franco portò via il venusiano senza darmi nessuna spiegazione,  dopo avermi dato gli ultimi soldi che mi spettavano.

Adesso è trascorso qualche anno. Dieci o dodici. Sono in cura al Centro di Igiene Mentale con una nuova psichiatra, dopo che ho dato di matto in mezzo alla strada con un coltello da cucina in mano.

Non so cosa mi è preso quel giorno. Ero disperato. Avevo finito i soldi e non sapevo come pagare l’affitto. La vecchia casa l’avevo venduta.

Il Comune mi ha dato un lavoro da bidello in una scuola elementare. Lo stipendio non è granché, ma anche il lavoro è poco impegnativo. Ho chiuso con alcol e pasticche. Adesso assumo solo le medicine che mi prescrive la dottoressa. Ho una fidanzata incontrata nella sala d’attesa del Cim. Ognuno di noi due ha avuto i suoi problemi e ne parliamo insieme. Continuo a tenere il mio diario, ma mi riservo di scrivere solo quello che mi colpisce di più, mi spaventa o solo mi impressiona.

Oggi è successo qualcosa che devo descrivere. Non so perché mi colpisce così intensamente, ma so che devo annotarlo.

Consultavo un sito di notizie, quando ha attirato la mia attenzione un articolo di cronaca nera. Un uomo, un certo Franco Marnieri, di professione infermiere, è stato ammazzato con un rasoio  da barbiere. Un taglio alla gola netto, si vedeva dalla foto del cadavere. L’uomo aveva dei precedenti per sfruttamento della prostituzione minorile e produzione di materiale pedopornografico. Avevo l’impressione di aver conosciuto quell’uomo in quello che la dottoressa chiama il mio “periodo oscuro”.

Qualche giorno dopo, avevo appena finito il giro delle classi con la circolare del preside quando ho notato un titolo sul quotidiano (Quotidiano di Brrindisi, 20-11.2001) che stava leggendo il collega seduto nel gabbiotto. Il tempo di mangiare un panino e il giornale era lì sulla piccola scrivania. Lo preso e ho letto l’articolo alla pagina di cronaca.

Una donna, Elena Santoro, era stata ammazzata con la stessa modalità dell’infermiere. La foto della vittima, quando era ancora viva, illustrava il testo: una donna sulla cinquantina, il viso spigoloso e i capelli biondi e voluminosi, che mi rammentava qualcosa del mio passato. Il giornalista spiegava che si ignorava il movente dell’omicidio. Gli inquirenti non avevano trovato niente di losco nella vita della donna: un’insegnante divorziata dalla vita monotona: lavoro e casa.

È trascorso qualche giorno. Sto guardando, distratto come sempre, il telegiornale. Un servizio cattura la mia attenzione. Un uomo con precedenti per pedofilia è stato trovato ammazzato. Intanto nuove rivelazioni sulla donna: si chiama Elena Santoro. Una decina di anni prima era stata accusata di favoreggiamento della prostituzione minorile. Ma era stata assolta per non aver commesso il fatto. Gli organi inquirenti avanzano ora l’ipotesi di un assassino seriale che ha preso di mira uomini e donne coinvolti nello sfruttamento della prostituzione e nella produzione di pornografia minorile.

Il giorno dopo sul quotidiano ci sono altre novità. Dei testimoni hanno visto allontanarsi una figura dalla scena degli omicidi. Le testimonianze combaciano: una donna alta con capelli biondi e lineamenti molto belli. La carnagione ramata. Quindi, come un’ispirazione, mi sono ricordato del piccolo venusiano.

Era veramente consenziente come mi diceva Franco? Davvero i Venusiani diventano naturalmente transessuali? Veniva davvero da Venere?

Riguardo agli omicidi, invece, la domanda più importante che tutti i media si pongono (e anche io): chi sarà il prossimo?

L’AUTORE
Luca Bonatesta è nato a Brindisi il 1972. Collaboratore per 12 anni della Agenzia News, cogestore dal 2019 al 2021 del Portale Club GHoST e del blog Planet Ghost, è ora giornalista freelance. Collabora con il blog Planet Ghost, il portale Club GHoST e la rivista on line Giornale Pop come recensore di libri e fumetti. È anche scrittore e disegnatore. Numerosi suoi racconti sono presenti on line e su pubblicazioni cartacee con il suo nome o con i nickname Darren Frei o Dar Frei. Piazzatosi tra i finalisti nei premi Lovecraft, Morteerotica, Hypnos. Ha pubblicato, tra l’altro, l’ebook “L’angelo e il vampiro” per Edizioni Hypnos.
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Illustrazione di Luca Bonatesta; elaborazione grafica: Max Ferrara.

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Gli scrittori dei Racconti di Dracula – Puntata 4

La Redazione GHoST presenta il nuovo video targato ClubGHoST & Ipnotica sugli scrittori dei Racconti di Dracula. Si tratta della quarta puntata, dedicata a Morton Sidney, di un programma di Max Ferrara e Sergio Bissoli.

Il video è stato caricato sul nuovo canale You Tube ufficiale del Club GHoST:
https://youtube.com/@clubghost1994
che prossimamente ospiterà altre innumerevoli iniziative.
Per non perdere tutte le novità a riguardo quindi vi invitiamo a iscrivervi al canale attivando la campanella per le notifiche.

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La notte cala come un sipario di Luca Cesare Foffano

Luca Cesare Foffano, nel suo saggio La notte cala come un sipario: Temi lovecraftiani, sadismo ed incubi genetici in “Island of Lost Souls”, propone un’analisi affascinante e complessa della trasposizione cinematografica del 1932 de L’isola del dottor Moreau di H.G. Wells, nota come Island of Lost Souls. L’autore riesce, attraverso un approccio multidisciplinare, a intrecciare influenze letterarie e filosofiche di Lovecraft e del Marchese de Sade, fornendo uno sguardo critico sulle tematiche orrorifiche e sadiche che il film esplora. Foffano non si limita a contestualizzare il film come adattamento, ma lo eleva a una riflessione più ampia sulla mostruosità, la degenerazione e il sadismo in chiave moderna.

Il saggio si apre con un’idea intrigante: l’accostamento del film Island of Lost Souls a due influenze letterarie apparentemente distanti, ma entrambe cruciali per comprendere la natura dell’orrore e del degrado umano. Da una parte, Lovecraft, con il suo apprezzamento per il film e il suo interesse per il senso di terrore cosmico e di estraneità; dall’altra, Sade, simbolo del sadismo e del controllo crudele. Foffano analizza come Island of Lost Souls non solo adatti il romanzo di Wells, ma lo rielabori enfatizzando elementi di regressione, sopraffazione e ambiguità morale, aspetti che Lovecraft e Sade avevano esplorato ciascuno a modo proprio.

Un punto di partenza cruciale per Foffano è il giudizio positivo che H.P. Lovecraft espresse riguardo Island of Lost Souls, definendolo un’opera unica nel trasmettere un orrore inquietante e genuino. Questo consenso da parte di un maestro dell’horror ha spinto Foffano a indagare come il film abbia saputo espandere la mostruosità insita negli esperimenti del dottor Moreau, superando perfino quanto descritto nel romanzo. La visione di Foffano descrive una mostruosità che si esprime attraverso la creazione di un microcosmo in cui l’evoluzione è regressiva, il progresso degenerativo e le forze colonialiste si fondono in un perverso dominio. Island of Lost Souls diventa così una metafora della potenza brutale, incarnata nel dottor Moreau, che spinge al limite il corpo e la volontà umana.

Foffano esplora in profondità i temi del colonialismo e del sadismo, sottolineando come il dottor Moreau non sia solo uno scienziato folle, ma rappresenti anche un simbolo della megalomania imperialista e del controllo spietato sulle sue creature. Il sadismo, ispirato alla filosofia di Sade, si mescola con un erotismo crudele, creando un’atmosfera in cui il corpo diventa un campo di battaglia per il dominio. Island of Lost Souls quindi non è solo un horror fisico, ma anche psicologico, portando alla luce questioni morali sulla sopraffazione e sull’alienazione. Il film, come sostiene Foffano, amplifica questi temi per portare a galla l’orrore di un’identità “ibrida” e confusa, in cui umano e animale si fondono senza alcuna armonia, ma in una brutalità che aliena e distrugge.

Un altro aspetto su cui Foffano si sofferma è la tecnica narrativa e visiva del film, che sposta continuamente il punto di vista, disorientando lo spettatore e mettendo in crisi il linguaggio cinematografico convenzionale. Secondo Foffano, Island of Lost Souls è radicale proprio perché mette in discussione la coerenza narrativa e il punto di vista umano come centro stabile. Questa dislocazione è funzionale a rappresentare l’identità destabilizzata e in continua mutazione delle creature di Moreau, che vivono una condizione ibrida e incerta. Il risultato è una crisi del linguaggio cinematografico che sembra riflettere l’orrore psicologico di una realtà disumanizzante.

Interessante è anche l’ampliamento dell’analisi attraverso il confronto con altri film coevi, in particolare Murders in the Zoo (1933) e Murders in the Rue Morgue (1932). Murders in the Zoo riprende temi simili di sadismo e depravazione, rappresentando un’altra riflessione sulla violenza come espressione di un potere corrotto e maligno. Foffano suggerisce che entrambi i film condividono un’estetica e una sensibilità che li rende quasi “parenti” per tematiche e intenti. Anche Murders in the Rue Morgue affronta questioni di ibridazione uomo-animale e degenerazione, ma in un contesto pseudo-scientifico che si interroga sull’evoluzione distorta. Questi confronti permettono di vedere Island of Lost Souls come parte di una più ampia tendenza culturale dell’epoca a esplorare i limiti della natura umana e le derive violente di un evoluzionismo mal concepito.

“La notte cala come un sipario” è un saggio profondo e stimolante che aggiunge una nuova dimensione alla comprensione di Island of Lost Souls e del suo contesto culturale. Foffano, con un approccio che combina letteratura, cinema e filosofia, offre una lettura innovativa di un classico del cinema horror, enfatizzando i suoi rimandi filosofici e la sua capacità di affrontare temi universali come il controllo, la mostruosità e la degenerazione morale. Per gli appassionati di horror, Lovecraft e Sade, così come per gli studiosi di cinema, questo saggio rappresenta un contributo significativo, capace di rivelare nuovi significati e di aprire prospettive interpretative inedite.

L’AUTORE
Luca Cesare Foffano (Milano, 1969) è cresciuto attraverso gli sconvolgimenti di Sade, del surrealismo e dei Fratelli Marx. Ha quasi sempre riposto assai scarsa fiducia nel futuro e si illude di non aver avuto, almeno in questo, completamente torto.
Una lunga fedeltà lo ha indotto a raccogliere alcuni scritti nel volume “Essere giusti con Lovecraft” (Lulu, 2020).

La notte cala come un sipario
(La notte cala come un sipario: Temi lovecraftiani, sadismo ed incubi genetici in “Island of Lost Souls”)
Autore: Luca Cesare Foffano
Editore: Lulu
Anno: 2022
Pagine: 266
ISBN: 9781471664106
Costo: 16.00 € cartaceo

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Intervista ai Noirnoise

1. Ciao ragazzi, presentatevi in poche parole ai nostri lettori.
I Noirnoise nascono nel 2009, ma la maggior parte dei componenti suonano insieme dalla fine degli anni 90, passando per altre band. Abbiamo una formazione molto essenziale (chitarra, basso e batteria). Credo che, in fondo, i Noirnoise siano un branco di musicisti arrabbiati che non si stancano di urlare ciò che pensano della vita.

2. Come definireste il vostro sound e quali sono i vostri punti di riferimento?
Le esperienze ed i gusti musicali dei singoli elementi si sono fusi creando un’alchimia che ci piace davvero molto. E’ un alchimia in cui ogni strumento non perde la propria identità che viene, invece, amplificata. In questo modo riusciamo a fondere diversi generi cercando di creare un sound personale, passando dalla psichedelia all’hard rock, dal garage ad un grunge molto anni 90. E’ indiscutibile che gruppi come Nirvana, Soundgarden, The Doors, The Cure, Killing joke, ma anche lo stesso David Bowie, abbiano avuto più di un’influenza nella musica che proponiamo.

3. Com’è nato il vostro debutto “Noirnoise”?
Il nostro EP nasce grazie a Francesco Palumbo ed alla sua Disco Inferno Ent. che ha ascoltato i nostri pezzi… E’ nata, così, questa collaborazione di cui andiamo immensamente fieri. Trovare una persona come lui, che ha creduto in noi, ci ha aperto una porta per la quale non smetteremo mai di ringraziarlo.

4. Pensate di esprimervi meglio in studio o live? E perchè?
Siamo convinti che la nostra dimensione naturale sia quella live. La nostra versione dal vivo è quella che più ci piace perché ci consente di vibrare insieme, creando una sintonia con il pubblico. E quando questo succede, il concerto diventa un’esperienza extrasensoriale pazzesca, convolgente.

5. Avete già stabilito una ipotetica data per il vostro primo full-length?
Ci stiamo ragionando molto seriamente. Crediamo sia il logico passo successivo all’uscita dell’EP. Stiamo ragionando sui brani da scegliere, su come costruirlo… Godiamoci l’EP… crediamo che il resto avverrà in modo molto naturale. E’ una cosa che ci eccita molto.

6. Come è stato accolto fino ad ora “Noirnoise”? Siete soddisfatti in generale?
Le recensioni dell’EP sono state molto positive. E’ bellissimo come le persone vedano in noi influenze, a volte, molto diverse ma, in ogni caso, molto rappresentative di quello che sentiamo di essere. Abbiamo avuto conferme che ci fanno molto piacere. Si, siamo decisamente soddisfatti del nostro lavoro e di quello di Francesco, instancabile nel promuoverci.

7. Dove volete arrivare con questa band e qual è la vostra più grande ambizione?
Sembrerà una banalità, ma per i Noirnoise il viaggio è molto più importante della meta. Vogliamo andare più avanti possibile, senza mai perderci il piacere del viaggio, dell’”adesso”. Quindi godiamoci l’uscita dell’EP e guardiamo alla tappa successiva con l’uscita del nostro nuovo album, ma senza ansia o fretta…

8. Pescate anche dal rock alternativo degli anni Novanta. Qualcuno di voi ha vissuto quegli anni molto importanti per la storia di questo genere musicale?
Beh… anagraficamente tutti noi abbiamo vissuto quella meravigliosa epoca che, partendo da Seattle, Manchester, Londra è arrivata in Italia dove realtà come Torino o Bologna sono diventate le capitali italiane dell’alternative e dove un’etichetta come la Mezcal ha trasformato la scena musicale rendendola un vulcano in eruzione. Quel periodo ci ha segnato profondamente.

9. Ok abbiamo finito, concludete come volete. Un saluto da parte nostra.
Non vediamo l’ora di esprimerci suonando dal vivo, incontrando più persone possibile. Vi ringraziamo immensamente per l’opportunità che ci avete dato con questa intervista. Aspettando un nostro album vi diamo appuntamento ai nostri concerti. Un abbraccio a tutti.

Qui la recensione del loro album di debutto:
https://www.clubghost.it/cg/2024/07/10/album-di-debutto-per-i-noirnoise/

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Weird 4

Con il quarto numero di Weird, la rivista si conferma una delle pubblicazioni più significative per gli appassionati di narrativa fantastica e weird, grazie a un perfetto equilibrio tra scoperte letterarie, omaggi ai grandi maestri del passato e spazio per le nuove voci italiane del genere.

Il racconto di apertura è un vero e proprio evento editoriale: Gibbet Hill. La Collina degli Impiccati, un’opera perduta di Bram Stoker, scoperta solo recentemente e pubblicata in anteprima mondiale sulle pagine di questa rivista. La traduzione di Emilio Patavini riesce a catturare la potenza evocativa della scrittura di Stoker, restituendo intatta l’atmosfera inquietante e stratificata del racconto. Ambientato su una collina carica di storia e leggende macabre, il racconto esplora il sottile confine tra realtà e immaginazione, bellezza e crudeltà, attraverso la vicenda di un narratore che, incontrando tre misteriosi bambini, precipita in un incubo dai toni folk horror. L’abilità di Stoker nel fondere descrizioni naturalistiche quasi liriche con una tensione psicologica crescente e un finale disturbante rende questa storia una gemma imperdibile, degna di essere annoverata tra le migliori opere brevi dell’autore di Dracula.

Ma Weird 4 non si esaurisce certo qui. Il numero offre un ampio ventaglio di racconti, ciascuno capace di lasciare un segno per stile, tematiche o atmosfera. Tra i contributi internazionali, spicca Gli Occhi di Lina di Clemente Palma, un racconto che mescola ossessione e macabro con una raffinatezza degna di Edgar Allan Poe, mentre Jane de La Vaudère firma l’inquietante Lussuria Rossa, un’opera decadente e intrisa di sensualità che si inserisce perfettamente nel solco del weird francese della Belle Époque. Non è da meno La Palude delle Tre Streghe di Sabine Baring-Gould, che con il suo approccio folk horror conferma il talento visionario del “sacerdote dei licantropi”. Chiude questa rassegna di autori storici il racconto La Stanza della Vecchia Signora di John Vernon Shea, una ghost story che dimostra perché l’autore fu amico e sodale di Lovecraft.

Il numero si arricchisce ulteriormente con i contributi di autori italiani, che si distinguono per originalità e qualità narrativa. Pozzi di Paco Silvestri si rivela un vero gioiello della moderna narrativa lovecraftiana, capace di evocare atmosfere di profonda angoscia cosmica e di competere con i nomi più illustri dell’antologia. L’Abitatore del Bosco di Maurizio Bianciotto, invece, unisce la tradizione mannara a un’ambientazione storica ricca di dettagli, dando vita a una storia che unisce folklore e introspezione.

Non solo racconti, però: come sempre, Weird include preziosi approfondimenti. Le schede biografiche e critiche degli autori offrono una prospettiva unica sul contesto culturale e storico delle opere presentate, arricchendo l’esperienza del lettore e trasformando ogni numero in una vera guida al genere.

Weird 4 è una pubblicazione che non delude le aspettative. Se il racconto perduto di Stoker rappresenta il culmine per importanza storica e qualità letteraria, l’intera selezione di racconti è curata con tale attenzione e varietà da soddisfare sia il lettore appassionato che lo studioso del genere. Una vera festa per chi ama esplorare i confini tra realtà e immaginazione, alla scoperta del lato più oscuro e affascinante della narrativa fantastica.

Weird 4
Autori vari
Editore: Dagon Press
Codice ISBN: 9798344459264
Pag. 166
Prezzo: 12,90 €

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