Weird 4

Con il quarto numero di Weird, la rivista si conferma una delle pubblicazioni più significative per gli appassionati di narrativa fantastica e weird, grazie a un perfetto equilibrio tra scoperte letterarie, omaggi ai grandi maestri del passato e spazio per le nuove voci italiane del genere.

Il racconto di apertura è un vero e proprio evento editoriale: Gibbet Hill. La Collina degli Impiccati, un’opera perduta di Bram Stoker, scoperta solo recentemente e pubblicata in anteprima mondiale sulle pagine di questa rivista. La traduzione di Emilio Patavini riesce a catturare la potenza evocativa della scrittura di Stoker, restituendo intatta l’atmosfera inquietante e stratificata del racconto. Ambientato su una collina carica di storia e leggende macabre, il racconto esplora il sottile confine tra realtà e immaginazione, bellezza e crudeltà, attraverso la vicenda di un narratore che, incontrando tre misteriosi bambini, precipita in un incubo dai toni folk horror. L’abilità di Stoker nel fondere descrizioni naturalistiche quasi liriche con una tensione psicologica crescente e un finale disturbante rende questa storia una gemma imperdibile, degna di essere annoverata tra le migliori opere brevi dell’autore di Dracula.

Ma Weird 4 non si esaurisce certo qui. Il numero offre un ampio ventaglio di racconti, ciascuno capace di lasciare un segno per stile, tematiche o atmosfera. Tra i contributi internazionali, spicca Gli Occhi di Lina di Clemente Palma, un racconto che mescola ossessione e macabro con una raffinatezza degna di Edgar Allan Poe, mentre Jane de La Vaudère firma l’inquietante Lussuria Rossa, un’opera decadente e intrisa di sensualità che si inserisce perfettamente nel solco del weird francese della Belle Époque. Non è da meno La Palude delle Tre Streghe di Sabine Baring-Gould, che con il suo approccio folk horror conferma il talento visionario del “sacerdote dei licantropi”. Chiude questa rassegna di autori storici il racconto La Stanza della Vecchia Signora di John Vernon Shea, una ghost story che dimostra perché l’autore fu amico e sodale di Lovecraft.

Il numero si arricchisce ulteriormente con i contributi di autori italiani, che si distinguono per originalità e qualità narrativa. Pozzi di Paco Silvestri si rivela un vero gioiello della moderna narrativa lovecraftiana, capace di evocare atmosfere di profonda angoscia cosmica e di competere con i nomi più illustri dell’antologia. L’Abitatore del Bosco di Maurizio Bianciotto, invece, unisce la tradizione mannara a un’ambientazione storica ricca di dettagli, dando vita a una storia che unisce folklore e introspezione.

Non solo racconti, però: come sempre, Weird include preziosi approfondimenti. Le schede biografiche e critiche degli autori offrono una prospettiva unica sul contesto culturale e storico delle opere presentate, arricchendo l’esperienza del lettore e trasformando ogni numero in una vera guida al genere.

Weird 4 è una pubblicazione che non delude le aspettative. Se il racconto perduto di Stoker rappresenta il culmine per importanza storica e qualità letteraria, l’intera selezione di racconti è curata con tale attenzione e varietà da soddisfare sia il lettore appassionato che lo studioso del genere. Una vera festa per chi ama esplorare i confini tra realtà e immaginazione, alla scoperta del lato più oscuro e affascinante della narrativa fantastica.

Weird 4
Autori vari
Editore: Dagon Press
Codice ISBN: 9798344459264
Pag. 166
Prezzo: 12,90 €

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Alieni cattivi di Autori Vari

[…]«Più in basso. Lì dovrebbe trovarsi il cuore.»
La lama tremula affondò nella carne aliena, accolta da un sbordo di liquame verdastro. L’essere si lasciò sfuggire un gemito, era il primo verso che emetteva. Orazio trasalì. Si trattava di un lamento di dolore?[…]

Alieni Cattivi è un’antologia di venti storie nere pubblicata da Scheletri Ebook di Alessandro Balestra (che firma anche tutte le vignette e la copertina dell’opera).

Il tema appunto è Alieni cattivi, difatti troverete tutte opere legate a modo loro alla tematica principale. Questa antologia

raccoglie il meglio delle novelle che hanno partecipato alla 12esima edizione del Premio Scheletri: 20 storie di alieni made in italy e ogni singolo racconto, per citare dalla prefazione: cattivo a modo suo.

Adesso passiamo ai racconti:

Silenzio Cosmico di Riccardo Rossi ci trasporta nella suggestiva cornice di Roma. La storia segue Irene, una scienziata alle prese con un progetto ambizioso: svelare i misteri della materia oscura. L’atmosfera è densa di echi lovecraftiani, con riferimenti sottili ma potenti ai Mito di Cthulhu, che si intrecciano con la ricerca scientifica. L’autore dimostra una grande maestria nel creare un’atmosfera inquietante e affascinante, senza mai svelare esplicitamente i suoi riferimenti letterari. Questo rende la lettura un’esperienza coinvolgente e stimolante, sia per i lettori appassionati del Sognatore di Providence che per coloro che sono alla scoperta di nuovi mondi. Questo è il racconto vincitore di questa edizione, chapeau.

I buoni affari di Andrea Dado narra la storia di un giovane truffatore che tenta di raggirare un’anziana signora. Quando scopre di aver fallito, non per una sua leggerezza ma perché non era lui il predatore di questa storia. Lo stile di Dado, semplice e lineare, conduce il lettore dritto al cuore della vicenda, suscitando un profondo senso di inquietudine senza ricorrere a descrizioni cruente. Il finale, in particolare, è in perfetta sintonia con le riflessioni che ciascuno di noi potrebbe fare di fronte a simili situazioni.

La forma della nebbia di Sara Ronco crea un’atmosfera progressivamente angosciante. La narrazione in prima persona immerge il lettore nei pensieri del protagonista, accentuando il contrasto tra la sua personalità di “fighetto” e la durezza del gruppo con cui si accompagna. La descrizione dettagliata dei luoghi e delle condizioni fisiche (come la nebbia opprimente e il gelo) enfatizza un senso di decadenza, che culmina in scene di violenza e orrore psicologico. L’uso di un linguaggio colloquiale e ironico rende credibili i personaggi e mantiene un buon ritmo, spostando il testo dal tono di un racconto di avventura a un incubo viscerale.

Sicut in Caelo di Cassandra Usher (pseudonimo) immerge il lettore in un’atmosfera sacrale e fin dal principio si percepisce qualcosa che non va.  Ambientato in un antico monastero italiano dove il soprannaturale e l’insolito si mescolano a rituali religiosi ambigui. Il racconto costruisce una tensione crescente attraverso descrizioni e sottili accenni a un culto oscuro, con personaggi apparentemente innocui che rivelano lentamente un lato sinistro. Lo stile di Usher è evocativo e ben calibrato, creando un’ambientazione che cattura e tiene il lettore con il fiato sospeso fino alla fine.

I Sostituti di Ramsis D. Bentivoglio è un racconto che esplora il tema dell’alienazione e della paranoia con elementi horror e di critica sociale. La narrazione segue Roberto, dall’infanzia all’età adulta, tormentato dalla convinzione che alcuni individui siano sostituti disumani tra gli umani. Questo sospetto, alimentato da incontri inquietanti, segna un percorso discendente che conduce il protagonista all’isolamento, all’autodistruzione e alla disperazione. Il testo è efficace nel tratteggiare un crescendo di tensione psicologica e riflette un senso di allarme e disillusione, mentre Roberto si scontra con l’incomprensione degli altri e la lotta per la propria sanità.

Un Posto Sbagliato di Max Cromaz è un thriller avvincente e inquietante, che si muove tra l’azione militare e il soprannaturale. La storia segue il maggiore Valeria Rea e la sua squadra delle forze speciali, inviati a investigare su un’anomalia satellitare. La missione, che si svolge in un casale isolato vicino a Volterra, rapidamente sfocia in orrore quando il gruppo si imbatte in dettagli agghiaccianti e macabri, rivelando che nulla è come sembra. Lo stile è incisivo e ritmato, capace di creare suspense e senso di pericolo con descrizioni vivide e dettagli disturbanti, ideali per gli amanti del genere horror-militare.

CATÌVO di Daniele Treu è un racconto che mescola abilmente elementi grotteschi e surreali con un vivido ritratto della cultura rurale veneta. La storia si apre su un quadro familiare e tradizionale, legato ai pranzi dominicali e ai riti culinari della signora Elga, per poi sfociare in un’atmosfera orrorifica quando il vedovo Egidio, sconvolto dal lutto, scambia una misteriosa creatura ibrida per un dono postumo della moglie. La narrazione scava nel legame tra il cibo e le radici culturali, arricchendosi di una tensione che culmina in un finale a metà tra il disgusto e la tenerezza, dove persino un brodo diventa l’ultimo segno di amore e di appartenenza.

Quello che bisogna fare di Tommaso Colussi è un racconto intrigante che esplora il confine tra realtà e follia. Il protagonista, il signor Guerini, è convinto che la sua anziana moglie sia stata sostituita da un’entità aliena, e Colussi sviluppa questa paranoia con una scrittura che mescola tensione e melanconia. La narrazione si alterna tra la prospettiva di Guerini e quella dell’ispettore Beretta, offrendo un contrasto tra l’angoscia privata e il distacco razionale della polizia. La storia riflette sull’isolamento e sulla fragilità della mente umana, e il ritmo crescente delle azioni culmina in un finale forte e drammatico.

Maledetta Felicità di Alessandro Marinelli inizia come il racconto di una vita perfetta e colma di piaceri estetici, sportivi e artistici, portata avanti da un protagonista benestante. La scrittura, scorrevole e ricca di dettagli, delinea un’esistenza ordinata, ritualistica, scandita da attività come la corsa, la pittura, e il ballo, che danno l’illusione di una felicità completa. Tuttavia, la narrazione prende una svolta perturbante quando entra in gioco un elemento fantascientifico e grottesco, rivelando un retroscena oscuro in cui il protagonista è in realtà vittima inconsapevole di esseri alieni. Questi alieni, mascherati da persone a lui vicine, lo manipolano per estrarre le sue endorfine, usate per nutrire i loro cuccioli. L’opera riesce così a trasformare un racconto di perfezione quotidiana in un incubo surreale, con un forte contrasto tra apparenza e orrore sotterraneo. La critica implicita alla ricerca esasperata della felicità e al narcisismo viene amplificata dal colpo di scena finale, che ribalta completamente il significato del titolo, rendendolo quasi ironico.

I Nuovi Vicini di L. Filippo Santaniello è un racconto che mescola abilmente tensione psicologica e terrore in un contesto domestico apparentemente tranquillo. Il testo parte da una serata normale tra amici per poi trasformarsi gradualmente in un incubo claustrofobico, in cui piccoli dettagli inquietanti aumentano la suspense e l’angoscia. L’arrivo della misteriosa babysitter Carlotta e la presenza di un bambino peculiare trasformano la situazione in un crescendo di paura. Lo stile scorrevole cattura il lettore e lo trascina in un’atmosfera di costante tensione, fino al finale enigmatico e angosciante.

Gli anticorpi del cosmo di Demis Zampelli si distingue per una narrazione vivida che affonda nel soprannaturale con dettagli bizzarri e una tensione crescente. Il protagonista, fin da bambino, esperisce visioni macabre che diventano presagi; da adulto, vive un ritorno di questi episodi, culminando in un’invasione aliena. L’abilità di Zampelli nel mescolare elementi della vita quotidiana con visioni disturbanti e oscure contribuisce a creare un’atmosfera claustrofobica, mentre il ritmo serrato del racconto e l’incalzare di eventi catastrofici rendono la lettura avvincente e suggestiva per chi ama l’horror e il mistero cosmico

Desideri Sbagliati di Luca Girolfi cattura la realtà adolescenziale con uno sguardo autentico e crudo, raccontando le esperienze di Beniamino, un ragazzo di dodici anni alle prese con il desiderio di crescere e con il dolore per la perdita della madre. La narrazione, leggera e ironica, si alterna a momenti di malinconia e dolcezza, evidenziando la complessità dei sentimenti giovanili. Il linguaggio è diretto e vivace, immerso in un contesto montano che dona una cornice quasi onirica alla ricerca dell’ignoto e dell’impossibile, rappresentato dall’avvistamento misterioso.

21/5/2024. INVASIONE? di Roberto Risso offre una visione cupa e straniante di un’invasione aliena descritta attraverso la voce personale di un sopravvissuto. La narrazione, intensa e quasi cronachistica, segue le tappe di una distruzione lenta ma totale dell’umanità, scandita da fasi ben definite e caratterizzata da un uso dei media da parte degli invasori per dominare psicologicamente i terrestri. La prospettiva è opprimente e riporta le riflessioni intime dell’autore, mescolando paura, incredulità e un oscuro senso di soddisfazione nel caos. Lo stile è particolare, costruendo un senso di alienazione e impotenza che rende la lettura disturbante e ben impressa.

“Io sono in me, la paura è fuori di me” di Adelaide Rossi è un thriller avvincente che immerge il lettore in un’atmosfera peculiare. La protagonista, Floriana D’Amico, è una giornalista determinata che si trova a indagare su una serie di suicidi e presunti abusi nell’istituto psichiatrico San Bartolomeo. La narrazione evoca un senso di angoscia crescente, enfatizzato da svariati piccoli dettagli.

Uncanny Valley di Giacomo Mininni ci trascina immediatamente in un’atmosfera disturbante, dove il familiare diventa improvvisamente alieno. La storia si apre con Ray, protagonista confuso e malridotto, che si sveglia accanto a una figura familiare, sua nonna. Tuttavia, la nonna sembra alterata, quasi una parodia di sé stessa, con atteggiamenti rigidi e una strana immobilità. Il testo sfrutta con maestria il progressivo degrado della realtà percepita da Ray. Il crescendo di tensione culmina in una sensazione di claustrofobia emotiva, lasciando il lettore a riflettere sul confine tra umano e artificiale.

Vestiti Nuovi di Davide Camparsi è un racconto che unisce una forte tensione psicologica con elementi di sci-fi e body horror. Ambientato in una situazione di campeggio spensierato tra giovani amici, il testo sfrutta l’ambientazione montana isolata e una costruzione narrativa dettagliata per creare una progressiva atmosfera di terrore. L’autore descrive con precisione il deteriorarsi delle dinamiche tra i personaggi, come se un male estraneo e sinistro si stesse insinuando tra loro. Lo stile è immersivo e fortemente visuale, avvicinando il lettore a una situazione estrema di paura e perdita di controllo, con scene violente che evocano un crescendo di orrore cosmico.

Lui di Michele Nanni è un racconto intenso e inquietante che mescola romanticismo e suspense con una psicologia dei personaggi ricca di ambiguità e tormento. Il testo ci porta nella mente di Giulia, giovane donna in fuga, sospesa tra il desiderio di libertà e il peso di un passato oppressivo incarnato dalla figura della madre. La relazione con “Lui” è magnetica ma sinistra, intrisa di una dipendenza tanto emotiva quanto fisica. Il tono onirico e angoscioso crea un’atmosfera interessante, arricchita da una prosa ricca, che trascina il lettore nella discesa vertiginosa di Giulia verso il pericolo e la vulnerabilità.

Tesi di Laurea di Giuliano Cannoletta combina elementi di fantascienza in un contesto accademico, creando una narrazione vivida e allarmante. Il protagonista, Orazio Schivi, è trascinato con i suoi compagni in un esperimento eticamente discutibile e al limite del terrore, condotto dal bizzarro professor Teodoro Marrocci. La tensione cresce rapidamente quando il gruppo si ritrova davanti a un essere alieno, vittima dell’eccentricità e dell’ambizione scientifica del professore. Con un tono cupo e descrizioni forti, il testo esplora il confine tra curiosità scientifica e crudeltà, coinvolgendo il lettore e spingendolo a interrogarsi sui limiti della ricerca.

Nel Profondo di Andy dei Fiori è un racconto che esplora la discesa di un giovane uomo, Francesco, in un incubo di sofferenza fisica e psicologica dopo una vacanza apparentemente innocua al lago di Bolsena. La narrazione inizia in modo leggero, quasi spensierato, ma presto si trasforma in un’esperienza disturbante mentre Francesco sviluppa strani sintomi fisici e un crescente disagio. Il racconto si inserisce efficacemente nel genere del body horror, con un sottotesto che parla di fragilità e di angosce universali legate alla malattia e alla perdita di controllo sul proprio corpo.

La Casa sull’Argine di Rossella Romano è un racconto suggestivo e inquietante che mescola elementi di fantascienza e horror in un’ambientazione rurale italiana. L’autrice introduce una Creatura ancestrale che, dopo millenni di sonno, viene risvegliata da un’alluvione, trovandosi nella misteriosa “casa della strega.” Attraverso le avventure di due giovani amici, Davide e Tommaso, Romano esplora l’attrazione morbosa verso il pericolo e il fascino dell’ignoto che attrae i ragazzi verso la vecchia dimora. L’atmosfera è ben costruita e la narrazione riesce a instillare un senso di minaccia incombente che accompagna il lettore fino alla fine.

Se siete arrivati fino alla fine di questa recensione, concludo affermando quanto avevo già detto in una precedente recensione: Lunga vita alle raccolte di racconti brevi. 

Alieni Cattivi

Autore: AA.VV.

Editore: Scheletri Ebook

Pagine: 202

ASIN: ‎ B0DJJTHTJ2

Costo: 2,99 € Ebook; 9.90 € cartaceo

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Darkest Matter concorso di fantascienza a sfondo horror

La Redazione GHoST segnala Darkest Matter, il concorso di fantascienza a sfondo horror indetto da Nero Press Edizioni.

Di seguito la presentazione della casa editrice:

Negli ultimi tempi si è parlato molto della fantascienza italiana e di come, secondo alcuni, stia vivendo una fase di crisi. Una crisi non nuova nel mercato editoriale, ma che torna ciclicamente a infiammare il dibattito sullo stato di salute di questo genere letterario nel nostro Paese.

Il confronto si è riacceso di recente e l’occasione che ha riportato l’argomento in auge è stato l’annuncio, dato durante uno degli eventi di Stranimondi – la fiera del libro fantastico che si tiene annualmente a Milano – secondo cui Mondadori non pubblicherà più romanzi di autori italiani nella sua collana di fantascienza Urania a eccezione dei vincitori dell’omonimo premio.

La notizia ha smosso cuori e menti di molti autori e appassionati del genere e tra video su youtube, articoli sui blog e discussioni social, non si è parlato d’altro.

Da parte nostra, siamo convinti che la crisi riguardi la commerciabilità della fantascienza, il trattamento che i grandi marchi riservano a un genere ritenuto – non a torto – di nicchia e quindi poco fruibile dal grande pubblico. Quello di cui non si tiene conto, almeno secondo noi, è che ogni nicchia è un bacino di utenza da coltivare con cura se si vuole che il terreno su cui si trova diventi verde e rigoglioso.

E la fantascienza italiana può esserlo, perché di lettori del genere e di case editrici che pubblicano libri sci-fi scritti da autori nostrani ve ne sono, eccome! Stranimondi stessa, ad esempio, dimostra ogni anno di essere un’occasione importante per scoprirne sempre di nuovi.

Forti di questa convinzione, di recente noi di Nero Press Edizioni abbiamo aperto il catalogo alla fantascienza con il romanzo cyberpunk Terraluna, di Daniele Picciuti, in modo che facesse da apripista ad altri titoli. Infatti abbiamo stabilito di aggiungere la “dark sci-fi” ai generi di riferimento nella nostra finestra di valutazione, la Black Window, in programma nei prossimi mesi. In attesa della Black Window 2025, però, abbiamo deciso di dare una risposta più immediata al “flame” delle ultime settimane, rinvigorendo la fantascienza made in Italy a modo nostro.

Siamo perciò lieti di annunciare l’apertura di un bando per racconti di fantascienza a sfondo horror – che è un po’ il nostro tratto distintivo – denominato Darkest Matter, che andrà a comporre l’omonima antologia. L’obiettivo è la pubblicazione della raccolta nella seconda metà del 2025 e, chissà, magari la presentazione proprio al prossimo Stranimondi.

Per tutte le specifiche vi rimandiamo al regolamento che trovate alla pagina dedicata a questo link. Aggiungiamo soltanto che la scadenza per l’invio degli scritti è il 31 marzo 2025.

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Il veliero di pietra

Il veliero di pietra si è arenato al centro del giardino. Robuste catene di rampicanti lo condannano a una ingloriosa morte per muffa e abbandono. Povero simulacro che mai ha solcato l’oceano! Eppure, qualche lembo di pietra libera dalla corrosione biancheggia qua e là simile a incrostazioni di sale; così non è difficile immaginare che questa grande carcassa immota sia stata un tempo regina dei mari, e soltanto la rabbia di un tifone l’abbia strappata al suo elemento naturale, scaraventandola a miglia e miglia dalla costa, come per dispetto. Il giocattolo infranto del Gigante Verde ora giace qui, senza vita, senza suono. Niente vento a destare voce di sirene tra gli alberi smozzicati e nudi; lungo le sue fiancate niente correnti in carezze liquide a cui rispondere con sospiri e gemiti di voluttà del fasciame.

Il veliero morto tace. Per sempre. Ma ha mai parlato? Ha mai cantato, insieme al vento? Ha mai respirato al ritmo della marea? Ha mai avuto vita?

*

– Sono qui, sono qui! – gridò Petra picchiando i pugni contro la porta chiusa. – Ehi! Sono qui!

Le voci l’avevano strappata da un torbido dormiveglia… non dormiva mai un vero sonno su quella branda… e da principio aveva pensato che lui stesse dando qualche festa, che avesse degli ospiti. E si era rannicchiata ancor di più su quella branda, tirandosi le lenzuola sul capo.

Poi l’avevano raggiunta i richiami, il rumore dei passi; e dal tono delle voci aveva capito: era salva.

*

Tutta la mia vita è come questo veliero di pietra. Forse, un tempo, quand’era appena stato scolpito, e le intemperie e l’edera non l’avevano ancora storpiato, poteva apparire quasi reale. Una vera nave pronta a salpare. Ma come farsi illusioni sulle vele? Non ne ha mai possedute. Ha sempre teso al cielo alberi nudi.

Così la mia vita. Senza il vento a darle voce. Non ha mai preso il largo. Si corrode, giorno per giorno immota, in un giardino di pietra.

*

– Se vuoi, posso trovarti un interprete che parli polacco.

Petra scosse la testa. – Non c’è bisogno. – Una scintilla di sorriso animò per un istante il suo pallore. – Conosco tante lingue, sa? Ho fatto gli studi per il turismo.

La donna in tailleur grigio, che stava seduta accanto al letto, piegò la testa in un cenno d’assenso, senza scomporre una sola ciocca dei capelli color miele.

– Te la senti di raccontarmi com’è andata?

Petra si guardò le mani, le unghie rose nell’angoscia di tante settimane. – Sì – rispose. – Certo. Ero appena uscita di casa, andavo al lavoro…

*

Nel mio sogno stavano tutti in fila. Silenziosi, compunti e pallidi.

Bambini. Ce n’erano forse un centinaio. La fila iniziava dal cancello del parco e arrivava fino alla nave. E si muoveva. Adagio, un passo alla volta. L’andatura di uno stupido bruco remissivo. Su per una passerella di marmo bianco.

I bambini salivano in silenzio. Sui loro volti non c’era sgomento. Ma neppure curiosità e aspettativa. Eppure sapevano che si stavano imbarcando per un viaggio meraviglioso ai confini del mondo… E sarebbe stata la loro voce, a guidarli! Al levar della luna, si sarebbe levato anche il loro canto. Note aeree e vibranti, una brezza che avrebbe gonfiato le vele.

Il capitano stava a prua, in piedi, le braccia conserte sul petto. Immagine della solidità e della calma. La sua divisa era bianca come il marmo della passerella lungo la quale salivano i bambini, e su di essa rilucevano galloni d’oro.

Aveva un volto vagamente familiare, il capitano. Pensavo fosse mio padre. Mio padre lontano da così tanto tempo, ormai, che per sostituirlo mi ero scolpito mille nebulosi simulacri con milioni di differenti espressioni, e abiti, e sguardi. Ma quest’uomo! Gli occhi limpidi e ardenti, come certe gemme in cui ancora pulsa il fuoco sotterraneo che le ha modellate; la fronte appena increspata, come un mare in bonaccia; la voce… udivo i suoi ordini fluire con la cadenza di una leggenda raccontata attorno a un fuoco… Doveva essere lui. Il padre mai conosciuto.

Ma adesso che sono cresciuto, so la verità.

Ero io. Sono io, il capitano.

*

– È stato per il mio… aspetto, si dice così?

La donna in grigio annuì. – Sì. Ma cosa vuoi dire?

Petra si sporse verso di lei, stringendo tra i pugni il crocchiante cotone di quelle lenzuola d’ospedale, gualcendolo. – I miei vestiti! I calzettoni, soprattutto. E le scarpe senza tacco…

*

Stiamo salpando. Sento il fremito della pietra sotto alle piante dei miei piedi nudi. Un capitano dalla divisa bianca e oro, e scalzo!

Cerco con lo sguardo le vele. So che ci sono! Ma non riesco a vederle. C’è troppa luce, e l’azzurro fulgido del cielo mi si riversa negli occhi come metallo fuso. Ma le vele devono esserci. Altrimenti non potremmo salpare.

Le vele che io ho creato! E le gonfia il canto di cento limpide voci.

Il lungo stridore delle catene, come il grido di un rapace che spicca il volo dalla roccia più alta.

Salpiamo!

*

– I clienti ci vanno pazzi, capisce. Anche se ho diciassette anni, a loro pare che ne ho di meno. Tredici… Dodici. Anche perché sono magra, con poche tette. Credono che sia piccola. Una bambina.

*

Mi sono sentito tirare per la manica. Era il mozzo: corpo di un bambino di dieci anni, volto di centenario.

– Capitano, venga a vedere cosa abbiamo pescato!

Lo seguo. A poppa.

– Un tesoro, capitano!

La rete avvolge la creatura in una trina d’argento, e alla prima occhiata ho pensato si trattasse di una bambola. Una stupenda bambola alla deriva, una polena scampata a un naufragio.

Ma c’è questo scintillio d’oro che l’avvolge dai fianchi in giù… Squame: delicate come il disegno rishi su un sarcofago egizio. E la pinna è ventaglio di geisha.

Respira. È viva.

I seni, appena accennati in un biancore rosato tra le onde azzurre dei capelli, fremono all’alito della vita.

Mi chino su di lei, la libero dalla rete con mani tremanti per l’impazienza, goffe per la cautela che m’impongo. È così delicata…

I suoi capelli dilagano come acqua sulla pietra grigia del ponte. Folti come le alghe degli Abissi!

Il viso ha la perfezione di un cameo scolpito nel corallo bianco. Labbra di madreperla.

Per svegliarla, le canto un’antica canzone che parla di isole lontane.

Lei schiude le palpebre, fini come ali di falena.

I suoi occhi!

Sono neri.

*

– Mi ha presa alle spalle. Ho sentito un rumore, come quello che fa una bomboletta di deodorante… Qualcosa sulla faccia. Un odore… Non ho capito più niente. Poi mi sono svegliata in quella stanza orribile…

*

Non parla. Si limita a fissarmi con quegli occhi notturni. Il suo sguardo è ali di pipistrello e pleniluni invernali.

Con la lingua, ho cercato perle tra le sue labbra. Qualcuno mi ha raccontato, tanto tempo fa, che sono lacrime degli dèi.

Ma lei è rimasta immota, come se non le importasse.

Ho accarezzato quei suoi seni di madreperla. Nessun fremito, quasi che in quell’istante anche il respiro si fosse fermato.

E lei ha continuato a guardarmi. Nessun indizio d’alba nelle sue pupille.

Se soltanto mi dicesse come strappare via quelle preziose eppure orride squame, e rivelare le sue gambe di danzatrice! L’accompagnerei in un lungo valzer su questo ponte di pietra.

Se mi dicesse…

Scenderei negli Abissi, per lei. Affronterei la strega e le porterei il filtro magico che opererebbe il miracolo.

Sirenetta, questa volta non sarai costretta a rinunciare alla tua voce, per il privilegio di danzare tra gli uomini. Sarò io a vendere per te il mio respiro, il mio sangue, il mio nome.

Soltanto per vederti danzare.

*

– Non c’erano finestre, mi sentivo soffocare. Quando ho cercato di muovermi, mi sono accorta di essere incatenata al letto. E poi ho visto tutte quelle cose intorno a me… I ferri nel muro, le corde che pendevano dal soffitto… e le fotografie! Anche ritagliate dai giornali. Fotografie di bambini.

 *

Di nuovo, mi sono sentito tirare per una manica.

Era sempre lui, il mozzo con il corpo decenne e il volto centenario.

– Non ci ha pensato, capitano? Forse lei ha già venduto la propria voce. L’ha venduta per trasformarsi in sirena!

*

– Quando si è accorto che non ero vergine, che non ero una bambina… Adesso mi ammazza, ho pensato. Sì, lo avrebbe fatto comunque, se ne sentono tante, oggi, su questi porci… Ma capisce, anche questo… Si sentirà preso in giro, mi sono detta. Mi guardava in un modo così strano…

*

È vero che hai venduto la tua voce per l’oro di queste squame? Non posso crederti così venale.

Dev’essere stato per amore del mare. Certamente.

Ma tu non rispondi, e i tuoi occhi notturni non si stancano di rovesciarmi addosso oscurità e silenzio. Il tuo silenzio! Non basta, a soffocarlo, il canto delle piccole voci che sale dalla stiva.

Alzo lo sguardo. La luna deride il mio desiderio. Sul suo biancore si disegna, nera, la nudità dell’albero maestro.

*

– Dopo qualche giorno, mi ha portato un televisore, e un lettore DVD. E mi ha costretta… per ore!… a guardare quelle scene orribili. Diceva che dovevo vederle, così l’avrei aiutato a capire dove aveva sbagliato. Pensava, mi ha detto, che l’innocenza dei bambini l’avrebbe purificato dal… peccato della sua nascita. Quando ne avesse raccolta abbastanza… Diceva che era come tuffarsi in un mare di latte, o nel vento. Il vento è puro.

*

Il vento è puro. E canta.

*

L’uomo entrò senza bussare. La sua divisa giustificava la scortesia.

La donna in grigio si volse, gli scoccò uno sguardo interrogativo.

– Ancora niente – rispose l’uomo. – Non siamo neppure riusciti a scoprire chi ha fatto la telefonata. – Guardò brevemente Petra. – Hai avuto fortuna – disse, e suonava quasi come un rimprovero.

– I vicini? – chiese la donna in grigio.

– Non sanno niente, come c’era da aspettarsi. Lo hanno descritto come il solito tipo insignificante, solitario. Nemmeno nell’ufficio dove lavorava sanno gran che di lui. Ma sembrano sinceri. No, chi ha fatto la telefonata doveva essere uno che conosceva bene quella casa, sapeva della cantina e della stanza dietro la finta parete.

– E i corpi dei bambini?

– Niente, per ora.

– Chissà dove può averli nascosti… Magari li ha bruciati.

Due paia d’occhi (castani quelli dell’uomo, grigi quelli della donna) fissarono Petra. Lei scosse la testa.

– No, io non so niente di questo, non me ne ha mai parlato. Anzi, si comportava come se lui, a quei bambini, gli avesse… fatto del bene. Li ho liberati, diceva. Ho liberato le loro… le loro voci.

*

Mia madre mi ha sempre detto di stare attento alle sirene. Fin da quand’ero bambino. Me le additava, mentre al crepuscolo nuotavano seguendo le risonanti correnti dei viali periferici, s’immergevano sotto le volte sotterranee dei metrò, si spiaggiavano attorno ai piazzali delle stazioni.

Tornavamo verso casa, rinchiusi nell’auto come in una conchiglia di metallo. Protetti. O prigionieri?

Con me era l’odore di polistirolo e plastilina dell’aula scolastica. Lei odorava del sudore di una giornata spesa a pulire le case degli altri.

E a casa nostra ci aspettava odore di chiuso e cibi freddi. Mentre là fuori… Profumo di vento tra le cime degli alberi, salmastro dei lontani oceani tra i capelli delle sirene.

Guardati da loro! Ricordalo sempre. Il loro amore è letale. È per una di loro che tuo padre s’è perduto, lontano, imprigionato nella barriera corallina delle sue labbra.

E io promettevo, obbediente e remissivo come un bravo bambino dev’essere.

Ma sognavo la voce del mare.

*

– Mi diceva delle cose così strane… Che mi amava. Era il suo destino. Aveva fatto di tutto per evitarlo, ma era scritto nel… nel suo sangue. Mi amava. E mi avrebbe portata con lui a fare un viaggio… su una barca…

La donna in grigio inarcò le sopracciglia bionde. – Una barca?

L’uomo in divisa scosse la testa. – Non ci risulta, ma potrebbe anche essere. Certo che, se ha tagliato la corda stamattina, a quest’ora sarà già in Riviera.

Petra alzò le mani, piccole mani bianche dalle unghie consumate, a implorare attenzione. – No, no. Non credo che parlasse di una barca vera. Mi diceva che non poteva navigare, perché … perché era di pietra.

*

Sognavo…

la voce…

del mare…

*

– Villa Solari! – esclamò l’uomo in divisa.

Le sopracciglia della donna in grigio guizzarono nell’aggrottarsi della fronte. – Ma è chiusa da anni.

– Non è difficile entrare nel parco, la recinzione è sfondata in parecchi punti. E quel parco è l’unico posto, in città, dove si può trovare una nave di pietra.

*

In paese dicevano che eri pazzo, Cavalier Solari. Un vecchio eccentrico come un Ulisse che non abbia saputo ritrovare la rotta per Itaca; e perciò ti eri costruito questo veliero di pietra in giardino. Potevi goderti i tuoi soldi su una vera barca, girare il mondo intero… Ma non ti muovesti mai di qua. Dicevi che la città, con i suoi veleni, ti era penetrata dentro inavvertitamente, e ormai le tue ossa erano cemento, nelle vene ti scorreva lo smog. L’unico viaggio volevi compierlo su questo simulacro. Doveva essere la tua tomba. Ma i parenti-serpenti ti hanno tradito. Alla tua morte ti hanno sbattuto nel cimitero comunale, sotto una lapide come ce ne sono tante, e si sono divisi quanto restava della tua fortuna. Della casa e del parco non sapevano che farsene. Troppo grandi, l’una e l’altro, con troppi angoli bui. Tristi. Hanno cercato di vendere la proprietà, ma nessuno l’ha voluta. Ti assomigliava troppo, con quegli angoli bui, e la tristezza.

*

Petra appoggiò la testa sul cuscino, ascoltando i passi che si allontanavano nel corridoio.

“Stai tranquilla, è tutto finito”, l’aveva rassicurata la donna bionda, con premura formale, prima di andarsene.

Tutto finito, secondo lei. La paura, la sofferenza… No, no. Di queste, Petra ne conosceva abbastanza ogni giorno, ogni notte, lungo i viali, davanti alle stazioni. Non sarebbero finite mai.

La prigionia, allora; l’angoscia di terminare i propri giorni in quella cantina, sepolta viva, inerme nelle mani di quell’uomo, tremando di terrore nell’attesa del suo ritorno… eppure desiderandolo, perché portava cibo, e il suono di una voce.

Era il solo che le avesse mai detto “Ti amo”.

*

L’amore di una sirena è sempre fatale.

Mi afferro alle sartie di rampicanti. A bordo, a bordo!

Presto saranno qui. E anche loro saliranno a bordo, percorreranno il ponte, scenderanno nella stiva. Scopriranno il mio tesoro. La voce del vento, imprigionata.

Non mi perdoneranno. Non merito perdono. L’ho letto nei suoi occhi notturni. Perciò, oggi, ho cantato per i tritoni, ho detto loro che venissero a riprendersi la loro piccola sirena. Perché lei mi ha mostrato il mio errore, nudo come l’albero maestro. Lei mi ha fatto comprendere che si può essere senza voce e regnare sul mare.

Triste lezione.

Come mi sono ingannato! Come mi illudevo! Strappare la mia vita dagli ormeggi della Realtà…

Nessun vento può creare dal nulla una vela.

Avrei dovuto cercare di ottenerla, invece, così come la mia piccola sirena ha avuto le sue squame e la sua pinna, dando in cambio qualcosa di me.

Non per amore del viaggio e della nave.

Per amore del mare.

Mi sdraio tra quanto rimane del mio sogno. Detriti di un naufragio. Brandelli d’abiti, piccole ossa verdi di muffa.

M’adagio nella dolcezza (ingannevole!) del canto.

L’AUTRICE
Gloria Barberi debutta nel mondo del Fantastico all’inizio degli anni ‘80 sulle pagine delle fanzines SF…ere e Pulp cui fanno seguito pubblicazioni su riviste e periodici sia amatoriali che professionali. Il racconto “La notte di san Valentino” è apparso in Francia nell’antologia “Cosmic erotica” successivamente edita in Italia da Fanucci. Presente anche in diverse antologie di autori vari edite da Il Cerchio (Rimini) a seguito di vittorie e piazzamenti al Premio San Marino.
È autrice di due antologie personali: Racconti Notturni edito da Primordia (MI) e Come le bambole di notte (Montedit, MI) e di alcuni romanzi: I Custodi apparso su The Dark Side n° 34; Le viscere del Diavolo (Diesel Extra); Lo specchio scarlatto (Diesel Speciale “Pastiche”).
Nel 1987 collabora alla trasmissione radiofonica “Galactica” di Radio Time di Scandicci (FI). Da qualche anno si occupa di teatro in veste di attrice/caratterista nella compagnia del Teatro Stabile San Giuseppe di Ruta di Camogli, del quale cura la pagina Facebook, ma anche di autrice. La pièce “Il palazzo della Notte” ha vinto nel 2001 il premio Città di Moncalieri ed ha partecipato in seguito alla rassegna Aquilegia blu (Torino, 2002) nell’interpretazione dell’attrice Franca Berardi.
Tra i premi conseguiti per la narrativa fantastica ci sono il Premio Italia, Lovecraft, Courmayeur e Repubblica di San Marino.
Negli anni ‘90 ha lavorato come traduttrice per la casa editrice Nord e per la rivista esoterica Primordia, oltre che per alcuni privati.
Appassionata anche di poesia, fa parte da diversi anni del gruppo di scrittura “Anna di Vienna” che prevede incontri a cadenza mensile su un argomento a tema e un reading/spettacolo a fine stagione, con lettura di poesie e prosa, siparietti teatrali, proiezioni video e musica dal vivo.
Nella primavera/estate del 2019 è uscito a puntate on line su Club Ghost il feuilleton “L’occhio sinistro di Horus” ispirato alla scoperta della tomba del faraone Tutankhamon, in seguito pubblicato dalla casa editrice Lindau di Torino con il titolo “La maledizione del faraone”.
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Presencias di Louis Mandoki

Presencias (Messico, 2022)
Regia: Luis Mendoki. Soggetto: Olivia Bond. Sceneggiatura: Roberto Gerardo Niño de Rivera Guerrero. Fotografia: Philip Lozano. Montaggio: Pablo Barbieri Carrera. Scenografia: Paola Garcés. Effetti Specaili: José Martinez Josh. Musiche: Camille Mandoki.  Interpreti: Alberto Ammann, Yalitza Aparicio, Gerardo Taracena, Daniel Mandoki, Fermín Martínez, Angelina Peláez, Andrea Santibañez, Marco Treviño, Leo Danse Alos, Norma Pablo.

Victor torna con sua moglie Alicia nella casa d’infanzia dove la sorella era morta annegata molti anni prima. Questo antefatto ci viene mostrato prima dei titoli di testa e subito restiamo sconvolti dalla mostruosa presenza maligna che affoga la ragazzina nel lago. Quando Victor torna sul luogo maledetto la solita orribile entità pare aggredire Alicia, che viene massacrata, mentre precipita Victor dal finestrone, che viene salvato grazie a un provvidenziale intervento medico. Victor non ricorda niente di quel che è accaduto, sa solo che deve indagare su eventi che sembrano soprannaturali, ma dalla ricostruzione finale emerge una terribile verità. Un horror messicano girato da Luis Mandoki, nativo di Città del Messico (1954), ma di origini ungheresi, che lavora sia per la cinematografia messicana sia per Hollywood. Dopo un lungo periodo di assenza – ultimo lungometraggio datato 2007 – torna al cinema con questo horror inquietante che a prima vista pare soprannaturale ma non tutto è come sembra. Vedere per credere. Le atmosfere e gli scenari riportano a Venerdì 13 ma il tema è del tutto diverso, il lago è teatro soltanto del primo omicidio, il secondo avviene in casa, mentre il terzo è prima onirico, quindi reale. Il finale a sorpresa – abbastanza deludente – dipana i dubbi dello spettatore che è portato a chiedersi: Tutto questo per questo? Il film non è certo un capolavoro, resta un dignitoso prodotto di  tensione con buoni effetti speciali (bene la presenza maligna che vivrebbe nel lago), un montaggio troppo compassato e una lunghezza eccessiva, condita da dialoghi abbastanza irritanti e da una colonna sonora fastidiosa. Fotografia cupa e inquietante. Regia esperta e puntuale, soprattutto a livello di riprese originali e di inquadrature mai scontate. Presencias è reperibile senza spese su Rai Play: https://www.raiplay.it/video/2024/11/Presencias-3fceb99c-46bd-4053-aeb6-4952. La visione è consigliata soprattutto per gli amanti del cinema horror e thriller.

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