Versipellis – vol. 1

Il primo numero di Versipellis, sin dall’editoriale, fa capire la volontà di costruire un progetto che non sia un semplice contenitore di racconti o articoli, ma un punto d’incontro tra appassionati e studiosi del fantastico. Il Weird non viene trattato come un genere chiuso, bensì come un linguaggio che attraversa epoche e culture, un codice che si manifesta in forme diverse, dalla letteratura classica ai fumetti contemporanei.

Algernon Blackwood e Vernon Lee
Uno degli aspetti più pregevoli della rivista è il recupero di testi inediti in italiano, come il racconto “Entrance and Exit” di Algernon Blackwood. Pubblicato originariamente nel 1909, il testo viene presentato nella traduzione annotata da Michols Magnolia. Blackwood è uno degli autori più influenti del soprannaturale e del Weird, noto per la sua capacità di evocare il mistero attraverso la natura. Il racconto scelto è un esempio perfetto di questo stile: un’opera che gioca con l’idea di confine tra il reale e l’invisibile, lasciando il lettore con un senso di spaesamento e fascinazione. Altro recupero importante è il focus su Vernon Lee a cura di Elena Sofia Frati, figura complessa e poliedrica, la cui scrittura mescola estetismo, filosofia e un’inquietante attenzione al sovrannaturale. Vernon Lee, autrice oggi poco ricordata, rimane una figura chiave di un weird psichico, percettivo, quasi medianico. Frati non si limita a recuperare una figura dimenticata: ne propone una lettura originale, legata al concetto di panismo e alla percezione dell’invisibile attraverso luoghi “caricati” emotivamente e spiritualmente. Il perturbante nasce qui dal troppo-sentire, non dal troppo-vedere: la foresta, la città antica, la stanza chiusa diventano luoghi medianici.

Lovecraft e la Teosofia: un’ispirazione inconsapevole?
Tra le molteplici influenze che hanno contribuito a forgiare l’immaginario di H.P. Lovecraft, il legame con l’occultismo rappresenta uno degli aspetti più controversi e spesso fraintesi. Ateo convinto, materialista e razionalista fino al midollo, Lovecraft ha sempre manifestato un netto scetticismo verso qualsiasi forma di spiritualità. Eppure, la sua opera è pervasa da un senso del sacro e del proibito, da miti e cosmogonie che riecheggiano tradizioni esoteriche molto più antiche. Come ha detto il politologo Giorgio Galli Lovecraft attingeva più o meno consapevolmente a un sapere esoterico di culture antiche e dimenticate. E lo stesso Giuseppe Lippi ha sottolineato il rapporto dell’opera di Lovecraft con il sacro tirando in ballo addirittura Rudolf Otto. Il saggio contenuto in Versipellis “Qualche considerazione su Weird e Teosofia” di Mariano C. D’Anza indaga con precisione il rapporto tra Lovecraft e la Teosofia, una dottrina che mescolava occultismo occidentale e filosofie orientali, fondata da Helena Petrovna Blavatsky nel XIX secolo. A prima vista, la Teosofia sembrerebbe lontanissima dalla visione fredda e spietata dell’universo lovecraftiano. Mentre Blavatsky predicava una storia dell’umanità segnata da cicli di illuminazione e conoscenza occulta, Lovecraft vedeva l’uomo come una creatura insignificante in balia di forze cosmiche aliene. Tuttavia si evidenzia qui come alcuni concetti teosofici si siano infiltrati, in maniera indiretta e quasi paradossale, nel suo universo narrativo. Una delle influenze più sottili arriva dalla Golden Dawn, società segreta britannica che combinava cabala, alchimia e tradizioni magiche orientali. Lovecraft, pur non avendo mai fatto parte di questo circolo esoterico, era a conoscenza delle sue teorie e le usò per dare verosimiglianza ai miti della sua narrativa. Un chiaro esempio di questo si trova nei Grandi Antichi, esseri preumani di potere incommensurabile, che richiamano in parte le gerarchie cosmiche della Teosofia, con le loro “razze” di esseri superiori che influenzano il destino umano. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che Lovecraft abbia tratto ispirazione dai testi di Blavatsky per delineare il ciclo di Cthulhu, specie per quanto riguarda l’idea di conoscenze proibite e perdute. In realtà, il saggio chiarisce che Lovecraft non ha mai letto direttamente Blavatsky, ma ha assorbito questi concetti attraverso il filtro di altri autori, come Abraham Merritt e i suoi romanzi di avventura esotica. L’interesse del Solitario di Providence per l’esotismo e per le antiche civiltà è sempre stato più letterario che filosofico, un modo per evocare il senso di vertigine e di insignificanza dell’uomo di fronte all’ignoto. Ciò che emerge con chiarezza dall’analisi è che Lovecraft non era un occultista, né un seguace della Teosofia, ma un raffinato costruttore di mondi che attingeva a ogni fonte utile per rendere il suo universo più credibile e spaventoso. Il fascino del proibito, il mito delle civiltà perdute, il linguaggio oscuro dei grimori e la simbologia delle società segrete: tutti questi elementi, pur avendo origini esoteriche, in Lovecraft vengono trasformati in una visione del mondo radicalmente materialista e priva di qualsiasi speranza di salvezza. Il saggio di Weird Versipellis offre dunque un’interpretazione illuminante del rapporto tra Lovecraft e l’occulto, sfatando il mito di un autore coinvolto in pratiche esoteriche e mettendo in luce il suo vero talento: quello di aver saputo manipolare i miti dell’umanità per creare qualcosa di totalmente nuovo.

L’investigatore dell’occulto: un omaggio alla tradizione
Tra gli elementi originali della rivista spicca il racconto ispirato alla tradizione dell’investigatore dell’occulto, figura che affonda le sue radici nei racconti di autori come William Hope Hodgson (Carnacki, the Ghost-Finder) e lo stesso Blackwood (John Silence). Il personaggio di Brett Yosemite Marblestone creato dalla penna di Alessandro D’Anza è un chiaro tributo a questa tradizione, un detective che fonde razionalità e sensibilità paranormale per risolvere enigmi soprannaturali. Il racconto è un omaggio al genere ma non si limita a imitarne i codici: il tono è fresco, l’ambientazione ben costruita e l’equilibrio tra tensione e introspezione è curato con attenzione. Lungi dall’essere un semplice esercizio di stile, è una dimostrazione di come il Weird possa ancora reinventarsi senza perdere il suo fascino ancestrale.

Il fumetto Versipellis: tra licantropia e folklore italiano
Se la parte saggistica e narrativa mostra un’anima più letteraria, il primo numero di Versipellis sorprende con una proposta visiva intrigante: il fumetto horror Versipellis di Alessandro D’Anza, ambientato nella Toscana del XVI secolo. Il titolo stesso, che in latino significa “colui che cambia pelle”, suggerisce subito il tema portante della storia: la licantropia. La figura del lupo mannaro è qui trattata con un’attenzione al folklore italiano, spesso trascurato in favore della tradizione anglosassone. Il fumetto mescola elementi storici e fantastici con un tratto evocativo, riportando alla luce una delle creature più archetipiche della paura collettiva.

Versipellis – vol. 1: rivista di miscellanea a tema fantastico e Weird
a cura di Alessandro e Mariano D’Anza, Elena Sofia Frati e Michols Magnolia.
Editore: ‎Independently published
Pagine: 133
ISBN: ‎979-8310610927
Dimensioni: 21.59 x 0.76 x 27.94 cm
Prezzo: 13,04 €

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




Meyrinkiana Rivista N. 4

La rivista Meyrinkiana, giunta al suo quarto numero, continua il suo impegno nel raccogliere memorie, testimonianze e ricerche sulla figura e l’opera di Gustav Meyrink, autore celebre per i suoi scritti esoterici e simbolisti. Questo numero, pubblicato nel gennaio 2025 e curato da Vittorio Fincati, si distingue per la varietà e la profondità dei contributi, esplorando aspetti poco noti della vita dello scrittore e il suo impatto sulla cultura contemporanea.
Uno dei saggi più affascinanti di questo numero è Meyrink a Levico Terme: un’evocazione necromantica di Karel Weinfurter. L’articolo narra episodi inquietanti legati alle esperienze spiritistiche vissute da Meyrink in Trentino, in particolare nella cittadina di Levico, dove si verificò un evento paranormale che lo fece ricredere sulla realtà delle evocazioni magiche. Weinfurter offre una cronaca dettagliata degli esperimenti spiritici condotti da un circolo di ufficiali e del modo in cui Meyrink ne fu testimone diretto, con implicazioni che sfiorano la leggenda. Altro contributo degno di nota è il saggio Disegnatori di libri di Meyrink: Hugo Steiner-Prag, che esplora il ruolo di questo artista come illustratore di Der Golem. Inizialmente era Alfred Kubin a dover illustrare il celebre romanzo “meyrinkiano” ma le lungaggini dello scrittore austriaco lo indispettirono e la scelta infine ricadde su Steiner-Prag. L’articolo offre una panoramica sulla sua carriera, dal suo sodalizio con lo scrittore fino all’esilio negli Stati Uniti, evidenziando il contributo visivo che le sue incisioni hanno dato all’immaginario meyrinkiano. Nel medesimo filone, la rivista include la Lettera a Meyrink come introduzione all’edizione 1931 di Der Golem, scritta dallo stesso Hugo Steiner-Prag. Questa missiva offre uno spaccato interessante della relazione tra i due uomini, con riflessioni sulla città di Praga, i suoi misteri e l’atmosfera esoterica che permeava la loro produzione artistica. Un altro saggio di grande rilievo è La pratica dell’Aweysha e la strana morte di Meyrink, che affronta un aspetto mistico e poco noto della biografia dello scrittore. L’articolo discute il rapporto del vecchio scrittore con la dottrina dell’Aweysha, appresa dal mistico Bô-Yin-Râ, e il loro successivo contrasto. In questo articolo viene fatto credere come Meyrink non credesse alle dottrine esoteriche di cui parla nei suoi romanzi il che risulta poco credibile. Anzi semmai è stato criticato proprio per aver dato troppo credito, dopo Der Golem, nei suoi successivi libro all’occulto come sottolineato anche da Borges. Inoltre, viene avanzata un’ipotesi sulla sua misteriosa morte, collegandola alla sua ricerca spirituale e agli insegnamenti esoterici che aveva assimilato nel corso della vita. Infine, il numero si chiude con un’indagine su Isais la madre nera, figura enigmatica legata a tradizioni occulte, che richiama i temi del femminino sacro e del potere archetipico delle divinità oscure nella letteratura e nella mistica di fine Ottocento.
Questo numero di Meyrinkiana conferma l’alto livello qualitativo della rivista, offrendo un mix equilibrato di analisi storica, aneddoti biografici e interpretazioni esoteriche. Gli articoli sono ben documentati, con riferimenti a fonti rare e spesso trascurate dalla critica ufficiale. La narrazione è coinvolgente e riesce a trasportare il lettore in un mondo sospeso tra realtà e fantasia, proprio come accade nei romanzi di Meyrink. Il fascino della rivista risiede nella sua capacità di far rivivere il suo mito non solo attraverso le sue opere, ma anche tramite i personaggi che lo circondarono, le loro lettere e le suggestioni che ancora oggi avvolgono la sua figura. In particolare, il contributo di Weinfurter su Levico Terme è un vero e proprio racconto gotico, degno delle migliori narrazioni occulte. Un acquisto consigliato per chiunque voglia immergersi nel lato più misterioso della letteratura mitteleuropea.

La rivista è disponibile presso il sito Tipheret al seguente link:
http://www.tipheret.org/product/meyrinkiana-4/

Meyrinkiana 4
Rivista
Anno: Gennaio 2025
Pag: 84
ISBN: 978-88-6496-773-8
Prezzo: 10 €

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




I Custodi Minori: Gli eredi dei Miti di Flavio Deri

Flavio Deri ci conduce in un viaggio oscuro e ipnotico attraverso le ombre dell’universo lovecraftiano, offrendo non solo un omaggio alle opere di H.P. Lovecraft, ma soprattutto ai suoi protagonisti. I Custodi Minori: Gli eredi dei Miti è una storia che rielabora con acume e rispetto gli interrogativi lasciati in sospeso dai racconti del Solitario di Providence, proponendo una visione inedita su ciò che accade alle famiglie e ai discendenti di coloro che hanno affrontato il sovrannaturale.
Un’indagine tra passato e presente
Il detective Gregory Wylde viene ingaggiato da Walter Peaslee per indagare sulla misteriosa scomparsa di tre investigatori della Legrasse & Co. ad Arkham. Questi uomini non sono semplici investigatori: i loro cognomi rivelano una discendenza diretta dai protagonisti di alcuni dei racconti più celebri di Lovecraft. Edward Upton, George Goodenough Akeley e Arthur Legrasse portano il peso di un passato che non ha mai smesso di tormentarli, eredi di storie che non si sono mai davvero concluse. L’indagine di Wylde si sviluppa attraverso una narrazione frammentata, un mosaico di documenti che comprendono registrazioni, pagine di diario e una lettera mai spedita. Attraverso questi espedienti, il lettore ricostruisce gli ultimi giorni degli investigatori e i segreti che hanno scoperto, fino a un finale che giunge con la crudele ineluttabilità tipica del genere weird. Il colpo di scena finale, una confessione rivelata attraverso una lettera, rimescola le carte in tavola e lascia il lettore con un senso di inquietudine duraturo.
Uno degli aspetti più interessanti del racconto di Deri è il modo in cui esplora un tema raramente affrontato: il destino delle famiglie di coloro che hanno affrontato i Miti di Cthulhu. Nei racconti di Lovecraft, gli orrori cosmici non si limitano a distruggere l’individuo, ma si propagano come una maledizione lungo le generazioni. Deri riprende questo concetto e lo amplifica, creando una storia in cui il passato non è mai davvero sepolto e la conoscenza proibita si trasmette come un marchio indelebile. Il rispetto filologico per il materiale originale è evidente. L’autore non si limita a citare personaggi e luoghi, ma costruisce una storia che potrebbe benissimo essere un ideale seguito di alcune delle opere di Lovecraft. Tuttavia, aggiunge anche il suo tocco personale, ispirato al mondo dei giochi di ruolo, introducendo una dinamica investigativa più strutturata e un ritmo narrativo che alterna momenti di tensione a rivelazioni sconvolgenti. Deri dimostra una straordinaria capacità nel catturare l’essenza del weird lovecraftiano, costruendo un’atmosfera densa di mistero e minaccia latente. Arkham è più di una semplice ambientazione: è un organismo vivo, un luogo dove le ombre sembrano avere una volontà propria e il passato continua a sussurrare nelle menti di chiunque osi indagare troppo a fondo. Lo stile dell’autore è evocativo, caratterizzato da un lessico raffinato e da una struttura narrativa che alterna descrizioni dettagliate a documenti frammentati, creando un senso di scoperta continua. L’uso di registrazioni, diari e lettere non è un semplice espediente stilistico, ma un elemento essenziale che immerge il lettore nella storia, rendendolo partecipe dell’indagine di Wylde.
I Custodi Minori: Gli eredi dei Miti è un racconto che espande l’universo impazzito di Lovecraft. Con una narrazione coinvolgente, personaggi credibili e un’atmosfera inquietante, Flavio Deri dimostra una profonda comprensione del genere weird e della mitologia lovecraftiana. Consigliato a chiunque ami le storie di investigazione sovrannaturale, gli enigmi irrisolti e l’orrore cosmico, questo racconto si distingue per la sua capacità di mantenere viva l’eredità di Lovecraft senza mai cadere nella mera imitazione. Un’opera imperdibile per chi vuole esplorare nuovi angoli di un universo narrativo che non smette mai di affascinare e terrorizzare.

L’AUTORE
Flavio Deri è nato il 18/10/1988 a Pontedera (PI). È diventato membro del Culto Lovecraftiano nel 2003, quando ha acquistato il suo primo libro del Sognatore di Providence. Iscritto alla H.P. Lovecraft Historical Society e supporter dell’Horror Writers Association, ha sempre desiderato dedicarsi alla scrittura andando oltre la creazione di campagne di gioco di ruolo da tavolo o dal vivo. Durante la pandemia, ha partecipato a concorsi letterari per antologie, e nel 2022 ha pubblicato il suo primo libro intitolato Appunti di un Sussurro, sempre con ambientazione Lovecraftiana, oltre a rientrare in pubblicazioni come Terrorea – De Rerum Natura della Horti di Giano, nella collana Universo di Lovecraft della Esescifi, nell’antologia Chimerica della PAV Edizioni. Per la Colomò Edizioni compare nell’antologia Strani Aeoni nn. 2 e 3Grimorial’Amaro in Bocca e ha curato la raccolta L’Orrido VerdeL’Ombra dietro la Miskatonic è il suo racconto lungo con la Delos Digital, si possono trovare altri suoi racconti su due numeri del progetto Racconti dal Profondo. Finalista in concorsi letterari come il TOHorror FestivalTerni Horror Festival e del Premio Esecranda.
Fiero membro del Gruppo Telegram Lovecraft Italia. Appassionato del genere Horror, ha dedicato la sua libreria personale a Lovecraft, con oltre cento volumi tra racconti, saggi, biografie, graphic novel e romanzi ispirati ai Miti.
Dal 2024 collabora con Planet Ghost con recensioni di libri e fumetti.

I Custodi Minori: Gli eredi dei Miti
Autore: Flavio Deri
Editore: Delos Digital
Pagine: 30 – Formato ebook
ISBN: 9788825431766
Prezzo: 1,99 €

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




I dodici apostoli e altri incubi di Eleanor Scott

La raccolta I dodici apostoli e altri incubi di Eleanor Scott, pseudonimo di Helen Leys, rappresenta un raro e prezioso gioiello della narrativa soprannaturale inglese. Pubblicata da Dagon Press e curata con grande competenza da Bernardo Cicchetti, questa antologia porta per la prima volta al pubblico italiano racconti che sono rimasti a lungo trascurati, se non da una ristretta cerchia di appassionati.

Helen Leys (1892-1965), educatrice e scrittrice, ebbe una carriera letteraria breve ma interessante. Dopo il successo del controverso romanzo War Among the Ladies (1928), pubblicò Randalls Round (1929), un’opera anomala rispetto al resto della sua produzione, composta da racconti del soprannaturale intrisi di folklore e atmosfere gotiche. Dopo questa raccolta, Eleanor Scott abbandonò le storie di fantasmi per dedicarsi a biografie e saggistica, lasciando però un’impronta duratura nel genere horror.

È grazie a Richard Dalby, il celebre studioso e curatore di letteratura fantastica, che Randalls Round ha trovato nuova vita con una ristampa nel 1996 per la prestigiosa Ash-Tree Press, ormai quasi introvabile. Dalby riconobbe il valore di queste storie, apprezzandone la capacità di inserirsi nella grande tradizione jamesiana, pur conservando una voce originale. Una delle peculiarità di questa raccolta è che molti dei racconti trovano origine nei sogni della stessa autrice, un aspetto che conferisce loro un’atmosfera surreale e disturbante. L’esperienza onirica diventa il terreno fertile da cui nascono figure inquietanti e situazioni di ambiguità sottile, capaci di insinuarsi nell’inconscio del lettore.

Tra i racconti più memorabili troviamo “Randalls Round”, che esplora le misteriose tradizioni di una danza popolare nelle Cotswolds, e “La stanza”, dove sei uomini vivono esperienze diverse, ma ugualmente inquietanti, in una camera infestata. “La fattoria di Simnel Acres” si distingue per la sua descrizione vivida di un giardino maledetto e di un antico rituale della notte di Lammas, mentre “La vecchia signora” presenta una studentessa di Oxford alle prese con una figura malvagia dal fascino sinistro. Particolarmente significativi sono i racconti che mostrano l’influenza di M.R. James. “I dodici apostoli”, con il suo enigma archeologico e il mostro nascosto, richiama Il tesoro dell’abate Thomas, mentre “Celui-là” riprende il tema dell’oggetto maledetto già esplorato in Fischia e verrò da te, ragazzo mio. Pur evidenti nei richiami, queste storie non si limitano a emulare James, ma reinterpretano con originalità le sue trame, arricchendole di elementi folkloristici e riflessioni sulla fragilità della razionalità umana. Un altro punto di forza della raccolta è il modo in cui Scott intreccia il folklore inglese con una profonda inquietudine psicologica. “Randalls Round” si configura quasi come un elogio al Ramo d’oro di Frazer, mentre “Alla fattoria di Simnel Acres” evoca il potere rituale dei cicli stagionali. Ogni racconto sembra voler ricordare al lettore come il passato non sia mai del tutto sepolto e come antichi rituali continuino a esercitare il loro potere oscuro sul presente.

La traduzione di Bernardo Cicchetti riesce a preservare la ricchezza stilistica e l’atmosfera densa della prosa originale, restituendo intatta l’esperienza perturbante che caratterizza le opere di Scott. Inoltre, l’apparato critico curato da Cicchetti arricchisce la raccolta, offrendo al lettore italiano un contesto approfondito per apprezzare appieno il valore letterario di questi racconti.

I dodici apostoli e altri incubi è un’opera che merita un posto d’onore tra gli appassionati della narrativa fantastica e gotica. Le storie di Eleanor Scott, con la loro matrice onirica, i richiami al folklore e l’influenza jamesiana, rappresentano un punto di incontro perfetto tra la tradizione e l’innovazione. Questo volume è un’autentica riscoperta letteraria che dimostra come l’orrore, quando radicato nei miti e nei sogni, possa toccare corde profonde e universali.

I dodici apostoli e altri incubi
Autore: Eleanor Scott
Editore: Dagon Press
Pagine: 258
ISBN: 979-8301649493
Costo: 15,95 € cartaceo

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




I racconti di Dagon 2: Attraverso angoli alieni di Autori Vari

Ci sono libri che spalancano porte su universi dimenticati, che tracciano mappe di orrori celati oltre i confini della comprensione umana. I racconti di Dagon 2: Attraverso angoli alieni, antologia pubblicata dalla Dagon Press con l’introduzione di Gianfranco de Turris, è uno di questi libri. Un viaggio multiforme e inquietante, che non si limita a rievocare l’ombra di H.P. Lovecraft, ma che intreccia un dialogo corale tra scrittori americani e italiani, accomunati da una visione condivisa dell’orrore cosmico.

De Turris, con il suo consueto acume, sottolinea come questa antologia non sia un semplice tributo, ma una prova concreta dell’universalità della poetica lovecraftiana. Lungi dall’essere una “bizzarria” personale, il nuovo orrore cosmico di Lovecraft si è dimostrato una struttura narrativa robusta, capace di attraversare decenni e confini, e di alimentare nuove forme di inquietudine.

Elwin G. Powers apre la raccolta con Attraverso angoli alieni, un racconto che spinge oltre i limiti l’eredità del creatore dei Miti di Cthulhu. Gli Shoggoth tornano in scena con una potenza primordiale, protagonisti di un crescendo narrativo che culmina in un finale evocativo del “Dagon” lovecraftiano. Powers, alter ego letterario di Robert A.W. Lowndes, non si limita a ripetere i temi lovecraftiani, ma li innova, dimostrando che il canone è uno spazio vivo, aperto alla reinterpretazione. A seguire, il racconto inedito in Italia di Abraham Merritt, Lo stagno del dio di pietra, colpisce per il suo potere visionario. La misteriosa isola su cui il professor Marston e i suoi compagni fanno naufragio si anima di un’atmosfera tangibile di minaccia e fascinazione. L’idolo dalle ali di pipistrello, al centro della vicenda, anticipa in modo quasi profetico Il richiamo di Cthulhu e non bisogna dimenticare come Lovecraft apprezzasse Merritt. Merritt non è un epigono di Lovecraft, ma piuttosto un precursore, capace di evocare suggestioni che sarebbero poi diventate colonne portanti del mito. Con Il vello di Graag di Paul Dennis Lavond – pseudonimo che cela le menti di Frederick Pohl, Harry Dockweiller e lo stesso Lowndes – ci immergiamo in un racconto classico ispirato ai Miti di Cthulhu. Il racconto cattura con la sua tessitura oscura e simbolica, dimostrando come il mito lovecraftiano possa essere declinato in forme polifoniche senza perdere la sua essenza. Henry Kuttner, nel suo Il divoratore di anime, mostra un lato dunsaniano e lovecraftiano che seduce per la sua atmosfera decadente e onirica. Kuttner non si limita a spaventare: conduce il lettore in un labirinto di immagini simboliche, dove l’orrore si mescola con una bellezza ineffabile. L’abominio supremo di Clark Ashton Smith e Lin Carter è un perfetto esempio di alchimia letteraria. Partendo da un frammento incompiuto di Smith, Carter plasma una narrazione che cattura l’essenza dei miti di Lovecraft, portandoli verso nuove vette di orrore e meraviglia. La collaborazione tra i due autori si traduce in un racconto che è tanto un tributo quanto un contributo originale al mito.

Tra i contributi italiani, spicca Nessun dolore… del compianto Elvezio Sciallis, una figura centrale nel fandom del fantastico italiano. Questo racconto si presenta come un omaggio carico di emozione e profondità, ambientato in una Sanremo gotica che unisce il fascino della Riviera a un’atmosfera densa di mistero. Fra i protagonisti troviamo lo scultore Andrea (probabilmente Andrea Bonazzi, noto scultore e artista lovecraftiano), in una narrazione che intreccia realtà e incubo. Viene citato anche un certo Guarriello come traduttore di un tomo di magia. Sciallis dimostra una maestria unica nel fondere elementi lovecraftiani con una sensibilità tutta italiana, rendendo il racconto un tributo autentico e un contributo indelebile alla letteratura weird. Ma l’apporto italiano non si ferma qui. Marco Marra, con La cosa caduta dal cielo, costruisce un incubo che richiama per atmosfere Il colore venuto dallo spazio, pur mantenendo una sua originale peculiarità. Pietro Rotelli, con Carcosa Beach Party, ci regala una storia che unisce ironia e mistero, citando apertamente Carcosa e Hastur, e intrecciando la leggenda con una vena contemporanea. In La spiaggia di Baleia di Claudio Foti, la popolazione atterrita si confronta con conchiglie titaniche, in un crescendo di tensione che fonde l’elemento naturale con una minaccia sovrannaturale. Paco Sidney Silvestri, invece, con La via del caos, riporta al centro della narrazione il culto di Dagon, intrecciando il mito con un senso di fatalismo implacabile. Un maelstrom di orrore di Andrea Beatrice si distingue per la sua atmosfera onirica e cosmica, che richiama le suggestioni di Clark Ashton Smith. Gli enigmatici Cosmici, creature di potenza insondabile, amplificano il senso di meraviglia e terrore, facendo del racconto una perla visionaria. Flavio Deri, con Ritorno a Innsmouth, ci guida in un viaggio nella mitica città ormai diroccata e fatiscente, tra decadenza e mistero. Da Y’ha-nthlei, una sorta di nuova R’lyeh che emerge dagli abissi, si dipana una narrazione carica di fascino mitologico. Cesare Buttaboni, in Il culto del verme nero, fonde il gotico padano con l’orrore cosmico, in una storia che riecheggia antiche leggende trasfigurate in chiave lovecraftiana. La struttura di Paolo Sista si distingue per la sua vena surreale e patafisica. Dopo aver scavalcato una misteriosa struttura, il protagonista cade in un delirio visionario che esplora concetti vertiginosi come la “Cuspide Apicale della Arborescenza Inversa di Yug Sutol”. Infine, Maria Tauro, con Giochi di magia, ci regala il ritratto di un personaggio femminile complesso e recluso, i cui segreti si rivelano essere di portata cosmica.

ATTRAVERSO ANGOLI ALIENI
I racconti di Dagon 2
Autore: AA.VV.
Editore: Dagon Press
Anno: 15 dicembre 2024
Pagine: 228
Prezzo: 15,60 €
ISBN: 979-8302054043

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.