Il
terzo numero della rivista Meyrinkiana
si conferma un punto di riferimento essenziale per chi desidera
approfondire l’opera e il pensiero di Gustav
Meyrink, offrendo un ricco ventaglio di
contenuti inediti e analisi critiche.
Da
segnalare l’articolo Il mio nuovo romanzo,
in cui Meyrink presenta il suo romanzo L’angelo
della finestra d’occidente. Tuttavia, in
questo numero emerge un’interpretazione intrigante del
capitolo intitolato Storie di facitori
d’oro: si avanza l’ipotesi che l’effettivo
autore del citato romanzo L’angelo della
finestra d’occidente sia il mistico Friedrich Alfred Schmid Noerr,
mentre Meyrink
avrebbe fornito solo l’idea iniziale. Questa teoria è
particolarmente interessante, poiché potrebbe spiegare la prolissità
e lo stile differente di questo libro, che non sembra totalmente
riconducibile a Meyrink.
Inoltre, lo stesso saggio analizza i tre racconti del libro Storie
di facitori d’oro, anche questi scritti da Fiedrich Alfred Schmid Noerr,
portando nuove prospettive sulla paternità di alcune opere
tradizionalmente attribuite a Meyrink.
Questo
numero contiene anche il Diario privato di John Dee, la cui
figura è centrale in L’angelo della finestra d’occidente. Il
diario del celebre occultista inglese fornisce ulteriore profondità
al romanzo, collegando il mondo esoterico di Dee con quello di Meyrink.
Un
altro interessante contributo è dedicato a La faccia verde,
uno dei romanzi più enigmatici di Meyrink, con un’analisi
che esplora lo spostamento delle “luci interiori”, simbolo
del risveglio spirituale, elemento chiave della narrazione
meyrinkiana. Ne La faccia verde troviamo anche una vena
apocalittica riconducibile al disastro morale, spirituale e materiale
causato dalla Prima Guerra Mondiale.
Tra
i contenuti più affascinanti del numero, spicca il commento
dettagliato a Le Piante del dottor Cinderella, un racconto
horror di Meyrink che unisce elementi scientifici e magici in
una storia densa di tensione e atmosfere oscure. Uno dei migliori
esempi del modo in cui Meyrink riesca a fondere l’occulto e
l’orrore con la scienza, creando un universo narrativo inquietante
e surreale, tipico del suo stile.
Oltre
ai testi meyrinkiani, il numero offre uno spazio dedicato agli
illustratori delle opere dell’autore, con un focus su Kurt
Werth, le cui illustrazioni hanno
contribuito a rendere iconico l’immaginario visivo delle opere di Meyrink.
Di
notevole interesse è anche il contributo su Saddhāloka Bhikku,
il nipote buddhista di Meyrink, che getta luce sugli influssi
spirituali orientali nella vita dell’autore, e un articolo storico
di Alberto Spaini, originariamente pubblicato nel 1920, che
presenta Meyrink al pubblico italiano, offrendo una visione
d’epoca su uno degli autori simbolisti più enigmatici del suo
tempo.
Il
terzo numero di Meyrinkiana, come
abbiano visto,
offre una ricca panoramica su alcuni dei lavori più significativi di Meyrink
e propone nuove riflessioni critiche sulla complessità del suo mondo
letterario e spirituale.
Un
numero imperdibile per studiosi e appassionati della sua opera.
La
rivista è disponibile presso il sito Tipheret.org al seguente link:
.
Meyrinkiana
3
Rivista
Pag.
88
Codice
ISBN: 978-88-6496-768-4
Prezzo: 10 €
Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi agli aventi diritto.
Weird 3. La rivista del fantastico e dello strano in letteratura
Il
terzo numero della rivista WEIRD è un viaggio visionario attraverso
i territori del fantastico e del surreale, un’antologia che si
distingue per la qualità e la varietà delle storie proposte. Questo
numero, forse più di tutti i precedenti, riesce a coniugare il
fascino della narrativa classica con le pulsioni moderne, offrendo al
lettore un’esperienza letteraria intensa e stimolante.
Apre
il numero il racconto di Lord Dunsany, Lo scudo di Atena,
che è una delle gemme più preziose di questa raccolta. Dunsany,
maestro della mitologia, trasporta con maestria l’antico nel mondo
moderno, creando un intreccio dove le leggende del passato si
incarnano nella realtà contemporanea. La figura mitologica che
rivive in una metropoli odierna diventa il simbolo di una collisione
tra il sacro e il profano, tra il tempo immutabile della leggenda e
il frenetico presente. Dunsany
riesce a rendere questa fusione non solo credibile, ma
straordinariamente evocativa, facendo vibrare ogni parola di
un’energia arcana che continua a riecheggiare anche dopo la lettura.
Con Il siero del dottor White
di Charles Birkin,
l’atmosfera si fa più cupa e claustrofobica. Birkin
esplora le conseguenze nefaste di un esperimento scientifico sfuggito
al controllo, trascinando il lettore in un vortice di terrore e
incertezza. Il racconto è un monito inquietante sui limiti
dell’arroganza umana e sulle zone d’ombra della scienza, un’angoscia
che si insinua lentamente, crescendo di intensità fino a diventare
insostenibile.
Donald
Wandrei, con Progenie
degli Abissi, ci conduce invece in una
narrazione che deve sicuramente qualcosa ai racconti di ambientazione
marina di William Hope Hodgson.
La sua storia, che intreccia avventura marina e horror cosmico,
rievoca il terrore primordiale delle profondità oceaniche.
L’influenza di Hodgson
si avverte nella descrizione delle acque insondabili e nel senso di
minaccia incombente, ma Wandrei
riesce a fare sua questa eredità, creando un racconto che si
distingue per la sua intensità viscerale e per la capacità di
evocare immagini disturbanti che restano impresse nella mente del
lettore.
Il
racconto di Thomas Mann, L’armadio (Der Kleiderschrank),
rappresenta una curiosa deviazione rispetto alle opere più
conosciute dell’autore tedesco. In apparenza, potrebbe sembrare un
episodio minore nel corpus di Mann,
ma una lettura attenta rivela che si tratta di un racconto ricco di
sfumature e profondamente in linea con il suo stile. Mann,
noto per la sua attenzione ai dettagli e alla psicologia dei
personaggi, qui utilizza il simbolismo dell’armadio come punto di
partenza per una narrazione che oscilla tra il quotidiano e
l’onirico. Si tratta di un’abile costruzione dove l’accumulo di
dettagli non è mai fine a se stesso, ma serve a creare un’atmosfera
di crescente inquietudine. La donna che appare misteriosamente
nell’armadio del protagonista non è solo una figura fantastica, ma
incarna le tensioni latenti e i desideri repressi, portando alla luce
i lati nascosti dell’animo umano. Mann,
con la sua prosa elegante e stratificata, riesce a dare vita a un
racconto che, sebbene breve, lascia una forte impressione, giocando
abilmente con i confini tra realtà e immaginazione. L’armadio
è, in definitiva, un testo che sorprende per la sua profondità
nascosta, e che dimostra come anche in una forma più breve e meno
convenzionale, Thomas Mann
sappia esplorare temi complessi e universali. Questo racconto
arricchisce il terzo numero di WEIRD, confermandone la varietà e
l’eclettismo, e offrendo ai lettori un’altra prospettiva affascinante
sulla narrazione fantastica.
La
Benedizione degli Arti Fantasma di Carlo
Salvoni aggiunge un tocco di surrealismo e
umorismo macabro alla raccolta. Salvoni,
con il suo stile eclettico e sorprendente, riesce a divertire,
rabbrividire e far riflettere allo stesso tempo, offrendo una storia
che è un vero e proprio affresco di stranezze, capace di riflettere
con intelligenza e ironia sulle idiosincrasie della società e
dell’arte.
La
presenza di Mildred Clingerman
in questo terzo numero di WEIRD infine è un vero e proprio gioiello
per gli amanti dello slipstream,
e il suo racconto La Zona Ignota rappresenta uno dei momenti più alti
dell’intera raccolta. La Clingerman
ci conduce in un territorio psicologico sfumato e ambiguo, dove la
distinzione tra realtà e immaginazione è sempre più labile, e i
confini dell’esperienza umana vengono messi alla prova. La
Zona Ignota è una testimonianza potente
del suo talento visionario. Questo racconto arricchisce ulteriormente
un numero già straordinario di WEIRD, portando il lettore a
confrontarsi con i misteri più insondabili della mente e
dell’esistenza.
Questo
terzo numero di WEIRD si conferma una raccolta imprescindibile per
chiunque ami la narrativa fantastica e desideri esplorare le
frontiere più estreme dell’immaginazione. Ogni racconto è una porta
aperta su un mondo nuovo e inquietante, un invito a scoprire le
infinite possibilità della fantasia, e a immergersi in storie che,
pur sfidando la logica, riescono a toccare le corde più profonde
dell’animo umano. Come di consueto troviamo poi delle dettagliate
schede degli autori a cura di Pietro
Guarriello.
Weird
3
Autori
vari
Editore:
Dagon Press
Codice
ASIN: B0D9QRPC9B
Pag.
192
Prezzo: 12,90 €
Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi.
Dalla Provincia al Terrore: Un Viaggio tra Folklore e Horror con Luigi Musolino
Partendo dalle tue radici in provincia di Torino, come il tuo ambiente di provenienza ha influenzato l’approccio alla scrittura nel genere dell’horror e del weird?
Il mio territorio di provenienza, insieme alla fortuna di essere nato in una famiglia in cui si bazzicava il genere attraverso libri e film, è stato di fondamentale importanza per la mia scrittura. Sono cresciuto in un paesino della Bassa piemontese spesso avvolto dalla nebbia, circondato da campagne a perdita d’occhio punteggiate da antichi casali diroccati e pioppeti. Quand’ero bambino, nelle sere d’inverno ci si ritrovava spesso nella grande casa dei nonni materni dove si sprecavano i racconti dedicati ad avvenimenti inconsueti, che spesso gravitavano intorno alle streghe del folclore popolare, le masche. L’atmosfera di questi luoghi in qualche modo lugubri, isolati, sfuggiti, le suggestioni delle strane storie raccontate dalle zie in quella cucina invasa dai fumi del tabacco e del vino, hanno senza dubbio influenzato il mio immaginario; i miei primi esperimenti letterari erano già ambientati nelle aree che frequentavo da ragazzino, e col passare degli anni ho plasmato un Piemonte alternativo fatto di suggestioni folcloristiche e orrorifiche, che è quasi sempre il mondo in cui si muovono i miei personaggi.
Soprattutto nella tua prima produzione emergeva una predilezione per il folklore italiano nei tuoi racconti. Quali sono gli elementi del folclore che trovi più affascinanti e che ritornano spesso nelle tue storie? Per scrivere i due volumi Oscure regioni hai svolto un lavoro di documentazione approfondito?
Mi affascina il modo in cui le credenze popolari riescono a sopravvivere nonostante il trascorrere del tempo e la morte degli uomini, mi intriga la capacità che hanno di trasformarsi e filtrare nella modernità adattandosi a essa, con la loro carica inquietante, affascinante, mistica, quasi fossero entità dotate di vita propria.
Queste antiche storie sono come virus che mutano per continuare a vivere, che si tramandano per generazioni, che resistono a dispetto di tutto e hanno persino invaso i nuovi mezzi di comunicazioni trasformandosi in creepy-pasta, leggende urbane, video virali che infestano i social.
Quando ho iniziato a scrivere Oscure Regioni mi stuzzicava l’idea di contribuire a questa mutazione e trasmissione utilizzando le storie del folclore regionale come base per costruire dei racconti horror. Partendo dal Piemonte ho percorso tutto lo Stivale, esplorando e documentandomi, e spero di essere riuscito almeno in parte nel mio intento, che era scrivere delle buone storie del terrore ambientate ai giorni nostri riesumando miti folcloristici particolari, poco conosciuti.
Hai avuto l’opportunità di tradurre opere di autori noti nel genere dell’horror, come Brian Keene e Lisa Mannetti. Ma in passato avevi anche tradotto Carl Jacobi per la Dagon Press. Si tratta di un’esperienza che ti ha stimolato e ti ha fatto crescere?
Indubbiamente. Prima che a scrivere ho cominciato a tradurre, per puro diletto. Da ragazzino, dopo aver letto buona parte dell’horror che passava in Italia, cominciai a leggere in inglese per ampliare i miei orizzonti, per scoprire autori che da noi non erano ancora arrivati, e com’è ovvio mi si spalancò un universo di suggestioni. Leggevo queste storie incredibili e mi dicevo: “Ma perché nessuno le traduce in italiano?” Mi pareva quasi un delitto, e così mi mettevo lì, nella mia cameretta, a tradurre i racconti che più mi colpivano, pensando che magari un giorno sarei riuscito a piazzarli, a far conoscere nel nostro paese un autore secondo me meritevole e poco o mai esplorato dalle CE nostrane. Esattamente quello che è successo con Jacobi, di cui avevo tradotto alcune storie, poi inviate al mitico Pietro Guarriello della Dagon Press per un parere, insieme al quale nacque l’idea di due volumi dedicati all’autore di Minneapolis (ormai introvabili).
Non sono un autore “tecnico”, nel senso che non ho mai frequentato corsi di scrittura e i tecnicismi narrativi mi interessano (e li conosco) fino a un certo punto, penso la mia scrittura si basi più sull’istinto, la passione e la conoscenza del genere in cui mi muovo, ma probabilmente i lavori di traduzione svolti in passato mi hanno permesso di immergermi nei testi di autori stimati e amati, assorbendo più o meno consciamente certe finezze ritmiche, strutturali e tecniche per costruire, spero, delle storie dell’orrore originali e funzionanti.
Il tuo romanzo Eredità di Carne è stato pubblicato nel 2019. Qual è stata la tua fonte principale di ispirazione per questa storia? Hai trovato difficoltà a passare dalla forma del racconto a quella del romanzo? In futuro leggeremo ancora un tuo romanzo?
L’idea di scrivere un romanzo ambientato nelle “mie” valli mi frullava in testa da tempo, perché adoro la montagna e penso sia un ambiente fertile per narrazioni horror e fantastiche. Borghi abbandonati, rovine di fortificazioni militari, graffiti, incisioni rupestri, coppelle votive, luoghi con nomi bizzarri e suggestivi (Lago Nero, Lago della Sibilla, Colle Arcano, Sentiero delle Streghe…), foreste sterminate, grotte, antiche leggende… Cosa chiedere di più?
In particolare desideravo scrivere qualcosa situato in una delle vallate piemontesi che frequento maggiormente, la Val Chisone. Questa zona ospita un antico sanatorio dove sin dagli inizi del ‘900 venivano trattati i malati di tubercolosi, una struttura che è stata in piena attività per decenni per poi essere convertita in colonia estiva, e infine abbandonata.
È un edificio affascinante e imponente, che per collocazione e dimensioni può ricordare l’Overlook Hotel di kinghiana memoria, il setting ideale per una storia dell’orrore. E pur trovandosi in una zona incantevole, che si affaccia su creste innevate e vette che spiccano oltre i 3000 mt, il sanatorio Pracatinat è stato un luogo di sofferenza e malattia, e nei dintorni si sono combattute alcune sanguinose battaglie della guerra dei nove anni.
Aggiungiamo a questa ambientazione il folclore locale legato alle masche (ancora loro!), una scalcagnata osteria di paese, gli orrori delle guerre, due balordi di mezza età che non hanno nulla da perdere, una tormenta di neve, il tarlo che mi rodeva da tempo di imbastire una storia il cui motore principale fosse una fame atavica e inesauribile… ed ecco, tutti questi elementi si sono mescolati per dar vita al mio primo romanzo.
Non ho trovato particolare difficoltà nel passaggio dal racconto alla forma lunga, la storia di Famenera necessitava di più ampio respiro rispetto a quelle scritte in precedenza. Certo un romanzo richiede maggior tempo e dedizione di un racconto, ma la storia era già piuttosto vivida e delineata nella mia testa, e metterla su carta è stato un viaggio piacevole.
E sì, presto potrete leggere un mio nuovo romanzo breve.
La tua novella Pupille è stata pubblicata nel 2020. Puoi parlarci dei temi e delle atmosfere che hai cercato di esplorare in questa opera? Personalmente ho amato questo racconto che ho trovato molto inquietante e che mi sembra un punto di svolta nella tua narrativa.
Pupille ha cominciato a prendere forma durante il lockdown, e in buona sostanza narra di un’epidemia “raccolta” che colpisce la piccola comunità di Idrasca, con effetti nefasti (o forse no) sui bambini, e di conseguenza sugli adulti.
Un essere millenario che si è rifugiato nella scuola elementare del paese, l’Uomo di Polvere, è il personaggio che scatena questa infestazione che permette ai più piccoli di lanciare uno sguardo verso il futuro, verso il crollo della civiltà e la fine dell’essere umano.
Pupille è una fiaba oscura che si ispira prepotentemente al pifferaio di Hamelin, una novella che ruota intorno a una domanda tanto semplice quanto, a mio avviso, terrificante: “Che mondo stiamo lasciando alle generazioni future?”
Penso tu abbia ragione quando dici che Pupille costituisce una svolta nella mia narrativa. Ho dedicato molta attenzione allo stile cercando di dare al testo un afflato favolesco, sospeso, e i temi legati all’orrore rurale in questa novella sono soltanto accennati, o comunque utilizzati per una visione meno locale e più ampia dell’orrore: Pupille racconta di quel regno spaventoso fatto di ipotesi e interrogativi che è il futuro, per quanto mi riguarda uno dei temi portanti della narrativa horror, una delle sue impalcature più solide.
Il tuo libro più recente, Un buio diverso – Voci dai Necromilieus, sembra affrontare tematiche profonde e oscure e si nota anche una maggiore cura allo stile letterario. Cosa puoi dirci riguardo alle tue ispirazioni per questo lavoro e cosa intendi per “Necromilieus”? Ho trovato il connubio con le illustrazione di David Fragale molto evocativo ed efficace.
I racconti di Un buio diverso sono stati scritti nell’arco di un paio d’anni e tutti ruotano intorno a un Vuoto, a un’Assenza. A una zona priva di luce, peculiare, ma in cui ognuno di noi potrebbe cadere facendo un falso passo o per puro caso. In questa raccolta l’orrore e il buio vengono generati da mancanze, sparizioni, lutti. Da scelte sbagliate. O dalle imperscrutabili macchinazioni del caos.
In Come cani, il racconto che apre la raccolta, è l’assenza d’amore a generare una vicenda di follia e degenerazione; nel testo che dà il titolo al volume la scomparsa di una bambina spalanca un abisso senza fondo in un palazzo di periferia, un’anomalia che è al contempo maledizione e consolazione per i protagonisti; ne La foresta, i bivi è il deterioramento di una relazione di coppia a dare il là a una vicenda ambientata in Romania, un incubo di foreste labirintiche e scelte errate; ne L’ultima scatola, racconto scelto da Ellen Datlow per la pubblicazione nel quindicesimo volume The Best Horror of the Year, la tragica morte di una trapezista innesca una macabra e impossibile ricerca da parte del marito contorsionista.
L’altro filo conduttore che lega le storie è appunto il concetto di Necromilieus, particolari zone “ai confini della realtà” in cui il manifestarsi di eventi inconsueti e terribili, a causa di particolari condizioni storiche e spazio-temporali, sarebbe più probabile, teoria elaborata dallo scrittore torinese Enrico Bedolis nel suo bizzarro saggio “Scienza dei Necromilieus”.
Per quanto riguarda David Fragale, ci siamo conosciuti grazie ad alcune bellissime illustrazioni che aveva pubblicato sulla sua pagina FB dedicate a Eredità di Carne e a Bialere – Storie da Idrasca, il mio primo libro. Dopo questo primo contatto è nato un fitto scambio di messaggi sulla comune passione per l’horror e il fantastico, e poi l’idea di collaborare per le illustrazioni interne e la copertina del Buio, come ci piace chiamarlo. Ha fatto un lavoro incredibile, cogliendo alla perfezione lo spirito cupo delle mie storie, e credo che anche la copertina sia perfetta, che spinga a chiedersi: “Cosa si nasconde dietro quel Velo?”
Spero di poter tornare a lavorare con lui molto presto.
La tua raccolta A different darkness and other abominations è stata pubblicata negli Stati Uniti, con una nomination ai World Fantasy Awards. Come è stata l’accoglienza di questo volume negli Stati Uniti?
La pubblicazione negli Stati Uniti è stata un’esperienza positiva sotto ogni punto di vista; durante la fase di preparazione del volume ho potuto toccare con mano la professionalità della Valancourt Books, la loro cura dedicata alla traduzione, all’editing, alla creazione della copertina, alla promozione. Con James Jenkins, che ha curato e tradotto il volume, si è instaurata una bellissima collaborazione basata sulla comune passione per il fantastico, e durante i mesi precedenti la pubblicazione c’è stato un continuo scambio di feedback, suggerimenti, idee, abbiamo selezionato insieme i racconti, abbiamo coinvolto Brian Evenson che ci ha dato la sua disponibilità a leggere le mie storie e scrivere un’introduzione al volume, e penso che, lavorando in questo modo, il libro ne abbia giovato sotto ogni aspetto…
Quando A Different Darkness è finalmente uscito, i riscontri sono stati positivi, ma certo non mi aspettavo raggiungesse la finale del World Fantasy Awards o che Ellen Datlow selezionasse un mio racconto per il suo ciclo di antologie The Best Horror of the Year.
Nel tuo percorso di scrittore, quali sono state le sfide più significative che hai affrontato e come le hai superate?
Penso che la sfida più importante per ogni scrittore sia quella di riuscire a trovare la propria voce. Capire cosa si vuole raccontare e come raccontarlo. Resiste ancora quest’idea romantica dello scrittore come di qualcuno infuso di talento che si siede al tavolo per sfornare racconti e romanzi con facilità. Ovviamente non è così, ci può essere una componente di attitudine e talento, certo, ma prima di raggiungere qualche risultato apprezzabile ci vogliono anni di tentativi, fatica, sacrifici, pratica, costanza, esercizio. Ed è un processo che non termina mai, sempre in divenire… E poi ci vuole tempo. E il tempo spesso manca, sfugge, si curva, e per chi scrive penso sia di fondamentale importanza riuscire a ritagliarsi una bolla sicura in cui poter perseguire questa passione.
La collana Caronte di Zona 42, da te curata, si propone di esplorare il lato più oscuro della narrativa fantastica, accompagnando i lettori in un viaggio nell’ignoto attraverso i grandi titoli dell’horror contemporaneo. Quali altri titoli (oltre a Il pescatore di John Langan e al più recente Siamo qui per farci male di Paula D. Ashe) possiamo aspettarci in futuro?
Quando Giorgio Raffaelli di Zona42 mi ha proposto di diventare curatore di una nuova collana horror – proposta che ho accolto con entusiasmo – abbiamo discusso sull’impronta da dare a Caronte, giungendo alla conclusione di non metterci troppi paletti, di esplorare le innumerevoli declinazioni della narrativa del Perturbante contemporanea ponendo l’attenzione sulla qualità stilistica e l’originalità dei testi, su voci potenti, autoriali, possibilmente uniche.
Vogliamo storie che siano attuali, che esplorino la realtà che ci circonda da un punto di vista inconsueto, che raccontino i tempi terribili che stiamo vivendo, che parlino dell’animo umano ma anche del mondo in cui gli esseri umani si muovono, un mondo punteggiato di abissi, contraddizioni, traumi.
Penso che l’horror, che spesso viene tacciato di frivolezza e superficialità, sia in realtà il genere principe sia per esplorare zone di noi che non vogliamo esplorare sia per sondare il contemporaneo, ed è spesso cartina di tornasole dei mutamenti della società, delle sue perversioni, delle paure che portano con sé i grandi cambiamenti.
Siamo partiti col botto con Il pescatore di Langan, romanzo che è già un classico e che molti lettori di fantastico attendevano nel nostro paese. Penso sia un libro straordinario, che utilizza l’orrore cosmico e topoi lovecraftiani per raccontarci una storia molto intima di perdita ed elaborazione del lutto, un romanzo con una struttura atipica che alla sua uscita nel 2016 ha ricevuto numerosi riconoscimenti e vinto premi importanti.
Come seconda uscita abbiamo selezionato Siamo qui per farci male di Paula D. Ashe, autrice che al suo debutto con questa raccolta ha creato un piccolo terremoto nella community horror e vinto lo Shirley Jackson Award. Un volume completamente diverso da quello di Langan, in quanto scava nelle ferite personali di personaggi al limite e nel torbido della società americana trascinandoci in un vortice di dolore senza soluzione, in regioni di degrado urbano in cui si muovono serial-killer, donne vittime di violenza, sette che predicano vangeli di afflizione, bizzarre creature che possono ricordare i Cenobiti barkeriani, il tutto sorretto da uno stile unico e poetico, in cui traspare tutto l’orrore della Ashe, ma anche la sua compassione, per la tragica condizione umana.
La Ashe è autrice queer di colore, proveniente dal Midwest, e dalle sue storie penso emergano anche gli orrori del razzismo e del bigottismo negli States, le difficoltà che affliggono i quartieri poveri e le minoranze. Nei suoi racconti la sofferenza genera sofferenza, e chi è stato vittima del male lo eserciterà a sua volta, in un ciclo incubico che forse può essere spezzato soltanto dalla presa di coscienza che tutti noi siamo immersi in questa agonia, che siamo tutti sulla stessa barca.
Per il futuro di Caronte potete aspettarvi varietà, testi inconsueti, autori da noi poco conosciuti ma che meritano attenzione, e anche qualche nome grosso che non è ancora giunto in Italia. Sempre con un occhio di riguardo per la qualità dei testi e la cura delle traduzioni, com’è tipico di Zona42 – ma in Italia non è così scontato, specie quando parliamo di piccola-media editoria e narrativa di genere.
L’ultima uscita prevista per il 2024 sarà Qui, Altrove, romanzo del canadese Matthieu Simard, autore che non bazzica regolarmente l’horror ma che con questo testo si avventura in territori di delirio, lynchiani, raccontando di una coppia che dalla città si sposta in campagna per dare nuovo slancio a un matrimonio traballante. Non troveranno un nuovo inizio, ma un villaggio ostile e silenzioso, personaggi bizzarri che li trattano con sospetto, una strana antenna che incombe minacciosa sul paese e storie inquietanti sul vecchio proprietario della casa in cui si sono trasferiti…
Infine, come vedi l’evoluzione dell’horror e del weird, sia in Italia che a livello internazionale, e quali sono le tendenze che ti intrigano di più per il futuro della narrativa horror? Credi che il termine weird sia oggi inflazionato?
L’horror è vivo e lotta con noi, e come dicevo sopra è un genere-specchio della nostra società, delle grandi paure, dei mutamenti politici, sociali, culturali.
Oltreoceano stanno prendendo piede narrazioni che trattano di tematiche LGBTQIA+, di violenza di genere e salute mentale, di antropocene, romanzi che esplorano gli orrori del cambiamento climatico, altri che indagano gli scricchiolii del sistema capitalistico, e penso non mancherà molto prima che ci ritroveremo a leggere distopie horror che riflettono sull’avvento e l’espansione dell’Intelligenza Artificiale…
Al contempo vecchi temi vengono riutilizzati e rielaborati (pensiamo al recente revival del folk-horror o dello slasher), adattati ai giorni nostri, e sia nel cinema che in letteratura mi pare ci sia un bel fermento all’interno delle narrazioni oscure. L’horror è un genere protoplasmico che ha le sue radici nella notte dei tempi, e finché esisteremo noi esisterà l’horror con la sua carica sovversiva e indagatrice.
In Italia c’è una scena, cosa che fino a qualche anno fa non esisteva, ci sono autori ormai consolidati all’interno del genere, penso a Besana, Corigliano, Kulesko, Cucinotta, solo per citarne alcuni, ci sono case editrici serie che trattano il fantastico, così come librerie, manifestazioni e fiere… emergono i primi studi accademici dedicati alla narrativa fantastica italiana, e ci sono lettori, soprattutto lettori che si interessano all’horror, anche tra i giovanissimi, che non si limitano all’ultimo libro di King o all’ennesima ristampa di Poe e Lovecraft.
Non so dire se questo movimento continuerà a crescere, la situazione è decisamente migliorata rispetto ai giorni in cui pubblicavo i primi racconti su forum e riviste amatoriali, ormai una quindicina di anni fa… Se devo essere sincero, mi piacerebbe vedere più autori italiani emergere e far bene con costanza, ma ho come l’impressione che al momento ci si trovi un po’ in una situazione di stallo da questo punto di vista, e spero davvero sia solo un’impressione e di essere smentito.
Il termine weird è da qualche anno sulla bocca di molti, e la cosa non può che farmi piacere perché indubbiamente crea interesse intorno alla narrativa fantastica. Forse il “problema” è che weird è un termine così generico che potenzialmente può raccogliere tutto ciò che presenta elementi che esulano dal realismo, e spesso si creano incomprensioni, risulta difficile stabilire cosa sia davvero questo fantomatico weird… Mi sembra che talvolta sia poco più di un tag usato per identificare un’opera anche quando non ce n’è davvero bisogno.
Per qualcuno weird attiene esclusivamente alle narrazioni che gravitavano intorno alle riviste pulp americane (e non) degli anni venti e trenta, altri si rifanno alle definizioni di Mark Fisher, altri ancora appiccicano il termine a qualunque cosa presenti degli elementi bizzarri e inconsueti… Insomma, penso ci sia un po’ di confusione e che il termine assuma significati diversi a seconda di chi lo utilizza.
E giusto per creare ulteriore caos dirò che per me il weird è quel genere che tratta dell’incontro dell’umano con l’incomprensibile, con lo smisurato, con un’assenza o una presenza madornale, e da questo incontro si generano sensazioni di terrore ma anche di meraviglia e sublime.
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Spettri di pietra di Francesco Corigliano
I tredici racconti che compongono Spettri di pietra, nuova raccolta di Francesco Corigliano, rappresentano un viaggio attraverso le pieghe del quotidiano, dove l’ordinario si trasforma in straordinario e l’innocuo si rivela pericolosamente seducente. Corigliano dimostra una maestria narrativa che riesce a fondere con armonia la fiaba nera e la cronaca quotidiana. Ogni storia, infatti, è un piccolo mondo a sé, in cui i confini tra realtà e immaginazione si fanno sempre più labili, costringendo il lettore a confrontarsi con paure antiche e profonde. Le ombre che popolano queste pagine non sono semplici fantasmi del passato, ma entità complesse e potenti, espressione di forze che sovrastano e minacciano le certezze più intime dell’essere umano.
Il
primo racconto, Terra di paura,
è ambientato in un territorio selvaggio e inospitale della Calabria,
una terra che l’autore ben conosce. La ricerca di un faggeto
costringe i protagonisti a scontrarsi con il manifestarsi di forze
imperscrutabili. Si trovano a sperimentare un’esperienza di terrore
metafisico in cui dei muretti simbolizzano il manifestarsi di
un’altra dimensione della realtà. Con il successivo L’ostruzione
si cambia registro: il male evocato nasce qui al nostro interno e
assume una forma materiale inquietante. Madri
è una storia che ci parla dei sentimenti dei genitori verso i propri
figli. Compaiono anche delle bizzarre meduse che hanno qualcosa di
lovecraftiano. Si tratta di una vicenda oscura che lascia il segno
nel lettore. In Funerale
una misteriosa confettura sembra determinare non solo la vita e la
prosperità degli abitanti, ma anche il loro trapasso. Questo
scenario evoca fortemente il folk-horror, con i suoi elementi di
oscurità e mistero. Il paesino di San Filario diventa un microcosmo
in cui il mistero e la comunità si intrecciano indissolubilmente. Il
senso di appartenenza e la fiducia nella saggezza degli adulti
offrono un conforto parziale di fronte all’orrore dell’ignoto,
creando un equilibrio precario tra rassicurazione e paura. Corigliano
riesce a catturare la bellezza e l’orrore di questo momento di
consapevolezza, mostrando come la tradizione possa essere sia un
rifugio che una prigione. In Nuove mansioni
ho colto una critica a certe esperieze
di lavoro contemporanee che purtroppo viviamo mentre in Rose
sbocciate un bambino entra nel classico
“posto sbagliato” di molta letteratura spettrale. La
fortuna ci mostra un corriere che, a causa
di un incidente con la sua auto, viene ospitato durante una tempesta.
Il suo soggiorno, in balia di strani personaggi che sembrano celare
oscuri segreti, è una vera e propria esperienza verso una dimensione
“altra” anche se niente ci viene mostrato se non attraverso
vaghi indizi. Segnale
è una grande storia di spettri in cui il fantasma di una lontana
parente si manifesta in un’ala disabitata della casa. Un racconto che
sarebbe piaciuto a Walter de la Mare. Sete è ancora
ambientato in una natura solitaria in cui in apparenza l’uomo non
mette mai piede. Ma, all’improvvio, l’apparizione di una bizzarra
fontana in mezzo al bosco crea un elemento di disturbo. Mark Fisher avrebbe
classificato questa come un’esperienza eerie
dove si manifesta “qualcosa dove non dovrebbe esserci niente”.
Devo dire che in molte atmosfere di questa raccolta ho sperimentato
proprio una sensazione di eerie.
L’atmosfera mi ha ricordato qualcosa di Machen.
Ho ravvisato una sensazione di sacralità leggendo questo racconto. Dentro la scatola
è invece un racconto particolare ambientato nella solitudine dei
boschi. Forse è proprio la solitudine a trasformare le persone
facendole cadere in abissi “nietzschiani”. La
scala è una storia di ambientazione
marina, forse il momento “hodgsoniano” di questa raccolta.
In Merenda
risalgono in superfice ricordi in apparenza dimenticati che vivono
ancora nell’inconscio del protagonista. La
funzione silvestre, un racconto ambientato
ancora in Calabria sull’altopiano della Sila dove uno scrittore si
ritira a vivere, chiude l’antologia evocando antiche leggende pagane.
Spettri
di pietra è permeato da una visione del mondo in cui la realtà
è costantemente in bilico tra luce e ombra, e ogni certezza può
essere minata da una rivelazione improvvisa e sconvolgente. Gli
spettri di Corigliano non sono solo presenze sinistre, ma
metafore potenti delle perdite e delle paure che ogni essere umano
porta con sé. La loro minaccia è tanto più efficace quanto più si
radica nel conosciuto, trasformando il familiare in qualcosa di
estraneo e inquietante. Si tratta di un’opera che non solo omaggia le
grandi tradizioni letterarie del passato, ma le reinventa con una
freschezza e una profondità che la rendono attuale e necessaria,
come ben scrive Giacomo Ortolani nell’introduzione. Corigliano, con il suo stile evocativo e la sua capacità di
penetrare nelle pieghe più nascoste dell’animo umano, ci regala una
raccolta di racconti che affascina e inquieta, offrendo una
riflessione acuta e penetrante sulla natura della paura e della
perdita. Un’antologia che non mancherà di lasciare un segno profondo
in chi avrà il coraggio di addentrarsi nelle sue pagine.
L’AUTORE
Francesco Corigliano è
docente di scuola secondaria di primo grado. Nel 2019 ha
conseguito un Dottorato di Ricerca con un lavoro di studio sulla
letteratura weird. Ha pubblicato articoli di critica letteraria
dedicati a fantastico, folk horror e letteratura del
soprannaturalein
raccolte e riviste accademiche, e il saggio La
letteratura weird. Narrare l’impensabile (Mimesis,
2020).Nel
2015 con il racconto Ex
machina
si è classificato al primo posto ex-aequo con Giovanni
De Feo
al Premio Hypnos, concorso in cui negli anni successivi è stato più
volte finalista. Nel 2018 è stato vincitore della XIV edizione del
concorso NASF, dedicato ai racconti di fantascienza. È stato
finalista della XXIV e XXIX edizione del Trofeo RiLL. Ha
pubblicato un’antologia personale, Malasacra (Kipple,
2019) e i racconti lunghi Sangue
del padre (Delos
Digital, 2020), Nostra
signora delle scaglie (Delos
Digital, 2021), La
funzione silvestre (Hypnos,
2021), L’eco
dell’acqua (Delos
Digital, 2023), Il
canto di vetro (Scheletri
Ebook, 2023). Altri racconti appaiono in antologie edite da Delos
Books, Historica edizioni, Edizioni Hypnos, Lethal Books, Edizioni
Watson e Horti di Giano, e sulle riviste Il
Buio, Dimensione
Cosmica, Specularia, METATRON
e Narrandom”
Suoi racconti in lingua inglese appaiono in raccolte edite da
Chthonic Matter e The Great Void Books.
Spettri
di pietra
Autore:
Francesco Corigliano
Editore:
Edizioni Hypnos
Formato:
Brossura; pag: 268
Codice
ISBN: 9791280110893
Prezzo: cartaceo 16,90 €; ebook 5,99
Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi.
Animali Notturni di Andrea Cattaneo
Andrea
Cattaneo, scrittore lodigiano di
fantascienza e finalista del Premio Urania con il notevole Uomini
e Lupi, ci regala con Animali
notturni un’antologia che svela la sua
passione per i vampiri. L’opera raccoglie dieci racconti, tutti
ambientati in Italia, che si collocano nel solco tracciato da maestri
del genere come Le Fanu, Stoker
e Anne Rice. Animali notturni
nasce dall’esigenza di Andrea Cattaneo
di scrivere nuove storie di vampiri, dopo aver letto tutto il
possibile sull’argomento.
La
prima storia, Sai cos’è un Famiglio?,
ci porta nelle atmosfere nebbiose della campagna lombarda, dove due
uomini si avventurano nella notte alla caccia di una creatura
responsabile di orrendi delitti ai danni di alcuni ragazzini. Il
finale sorprendente lascia il lettore col fiato sospeso, regalando
una conclusione inaspettata e potente. Sonnambulismo,
invece, ci trasporta a Roma, dove una madre, psicanalista di
formazione junghiana, deve affrontare i gravi problemi psichici della
figlia Artemide, affetta da sonnambulismo e anoressia. L’intervento
di Katharina Blabatsky aggiunge una dimensione enigmatica alla
vicenda. La storia suggerisce una sottile critica e ironia verso
l’efficacia della psichiatria. Sacco di
sangue è un racconto folk-horror
ambientato a Predoi, in provincia di Bolzano. Un gruppo di ragazzi
partecipa alla tradizionale Via Crucis, ma la storia prende una piega
oscura quando una ragazza milanese diventa la vittima sacrificale di
una misteriosa creatura nascosta in una montagna. Anche se la
tematica non è nuova, Cattaneo
la tratta con maestria, creando un’atmosfera inquietante e
avvincente. Il segreto della felicità
si svolge a Rimini, dove un giovane in crisi di identità cade nel
tunnel della droga, decidendo di assumere eroina. L’incubo che segue
è un potente monito sociale, intrecciato con elementi horror e
vampirici. La narrazione si arricchisce di riferimenti musicali a
band come Joy Division, New Order, Simple
Minds e Depeche
Mode, che aggiungono profondità e
contesto alla storia. In Leur,
gli effetti della morfina evocano un vampiro dalla mente distorta del
dottor Spitzer, sullo sfondo della strage di Piazza Fontana. Questo
racconto non superficiale esplora l’inconscio delle persone e la
memoria storica del nostro paese, risultando particolarmente profondo
e riflessivo. Il primo amore
ci riporta sulla riviera romagnola, a San Mauro a Mare, dove un uomo
torna dopo molti anni per esorcizzare i suoi incubi, solo per
ritrovarsi vittima del suo primo amore. La narrazione evocativa e
malinconica ci fa immergere nei tormenti interiori del protagonista. Solve et Coagula
presenta Mircalla, un personaggio femminile che richiama
inevitabilmente alla mente Le Fanu.
In Scholomance, Napoli,
un professore di latino vive un incubo crescente e inquietante nel
capoluogo campano, arricchendo l’antologia con una storia che mescola
sapientemente erudizione e terrore.
I
racconti di Animali notturni
sono scritti con uno stile diretto e incisivo, che va subito al punto
senza troppi fronzoli. Questa raccolta rappresenta una lettura
imprescindibile per gli appassionati del genere vampirico, offrendo
storie che intrigano e affascinano, mantenendo alta la tensione
dall’inizio alla fine.
Animali
notturni è un’opera che conferma il
talento di Andrea Cattaneo
nel panorama della narrativa fantastica italiana, con racconti che
sanno essere al contempo inquietanti e profondi.
L’AUTORE
Andrea
Cattaneo scrive
storie di genere fantastico ambientate in Europa, prevalentemente
fantascienza ma, ogni tanto, la curiosità lo
spinge ad esplorare nuovi generi e territori anche molto lontani dai
suoi
abituali come il romance e il fantasy. Cerca
di dare ai suoi
lettori storie divertenti che sfidino la loro concezione della
realtà. I suoi
autori di riferimento sono Philip
K. Dick
e Murakami
Haruki.
Si
occupa,
per passione e lavoro, di
quotidiani e riviste, di critica letteraria, tecnologia e pop
colture.
Animali
Notturni: Dieci racconti di vampiri ambientati in Italia