L’arte di Karel Thole

Karel Thole è là, dove ben pochi hanno osato spingersi, con lo sguardo proteso verso quei mondi che i più non hanno mai osato nemmeno sognare. Lui ha fatto più di questo: li ha dipinti ritraendoli dal vero: perché Lui li vedeva. Li vedeva con gli occhi e lo sguardo che hanno soltanto gli Artisti Veri, soltanto i Geni, e Karel era un genio e come tale rimarrà insuperato Maestro. Avrebbe certo fatto la felicità di un altro grande come Oscar Wilde se lo avesse conosciuto, come io ebbi la fortuna di conoscerlo. Karel era bravo? No, troppo poco: era competente e capace. Conosceva tecniche e anatomia come pochi e sapeva giocarci come nessuno. Era un singolo individuo che non si è mai celato dietro quell’odiosa falsa modestia dell’umile che invece oggi qualcuno sbandiera come se ciò fosse un pregio. Thole era onesto e sincero, aveva amici e nemici (ma questi ben attenti a confondersi con i primi), aveva odi, simpatie ed antipatie epidermiche eppure motivate da una capacità d’analisi straordinaria. Perché era, è, se stesso e non l’infamo copia di qualcos’altro. Karel modesto? Giammai. “Modesto” significa mediocre e questo certo lui non lo è mai stato. Thole superato? Si, forse da se stesso e dai propri sogni. Egli è vivo, vivo come tutti i Grandi Artisti sono vivi nelle loro opere; quanti oggi potranno dire lo stesso di loro?
I suoi occhi hanno visto cose…
Amava la Vita, il buon bere, il cibo e la Bellezza in ogni sua forma. E certamente adesso sorride là, in qualche luogo iperuranio bevendosi un’ennesima birra, circondato da belle ragazze, in una sorta di Whalhalla dove seggono soltanto persone come Bosch e Durer, Rembrandt e Caravaggio, Cellini e Burne Jones. Perché tutti loro sono immortali.
Non dico addio al Maestro Thole, della cui paterna amicizia mi sono sempre onorato e vantato, dico soltanto arrivederci alla faccia di coloro che non potranno bere con noi…