Dylan Dog e Batman – L’ombra del pipistrello di Recchioni, Dell’Edera e Cavenago

Questo graphic novel a colori è stato proposto prima in tre albi da Sergio Bonelli Editore e poi successivamente raccolto in questo volume cartonato di grande formato.
Lo sceneggiatore Roberto Recchioni è in grandissima forma e non sono da meno Werther Dell’Edera e Gigi Cavenago che disegnano.
La storia è un crossover allucinato e allucinatorio tra Batman e Dylan Dog.
Inizia dall’ennesimo ritorno di Joker, come criminale, che apprende dell’esistenza di Xabaras e vuole “avere lui come dottore”, stabilire un’alleanza insomma.
Quindi ci spostiamo a Undead, dove si svolge il primo episodio di Dylan Dog e questi è prigioniero insieme a Groucho e alla sua ragazza di turno (la protagonista “ennesima” di quella prima storia qui rivisitata – in quanto rivisitata la ragazza ci appare ennesima).
Inquadrature ai confini dell’equilibrio/squilibrio (mentale?) e colori acidi e psichedelici. Effetto 3d garantito, senza ricorrere a occhialini, come quando Batman era disegnato da Neal Adams, pur con le differenze notevoli di stile tra Adams e Dell’Edera/Cavenago.
Un lucido trip spazio-temporale ci attende tra queste pagine.
Il crossover coinvolge anche i personaggi comprimari.
Quindi a Londra, città magica e sovrannaturale, si muove Selene/Catwoman che va a letto con Dylan.
Poi abbiamo i siparietti tra Groucho e Alfred.
Il dialogo tra l’ispettore Bloch e il commissario Gordon.
Divertimento a mille.
Scene d’azione calibratissime.
Recchioni gioca con gli stereotipi della serie Dylan Dog e del personaggio Batman, citando continuamente. Il post-moderno citazionista, inventato da Tiziano Sclavi e proseguito in parte di suoi successori, diventa auto-citazionismo ed è elevato all’ennesima potenza.
Quando questo gioco eterno di rimandi inizia a stancare, interviene qualche elemento nuovo, come la presenza di John Costantine. Proprio lui, quello della serie Hellblazer della Vertigo DC.
Del resto siamo in una Londra magica, no?
Inizia quindi un nuovo confronto. Non abbiamo più Dylan e Batman. Ma Dylan, Batman e Costantine in una sorta di triangolo magico. Anzi: se contiamo tutti i personaggi coinvolti, arriviamo a un pentagono come minimo.
Sottotesto esoterico? Forse.
Spero di avervi incuriosito abbastanza da leggere questo capolavoro di arte fumettistica.
Il volume è arricchito da bozzetti, studi a matita, cover gallery.

GLI AUTORI
Werther Dell’Edera, dopo essersi diplomato alla Scuola Romana dei Fumetti, ha collaborato con editori italiani come Eura, Magic Press e Sergio Bonelli Editore e statunitensi come Dc (etichetta Vertigo) e Marvel.

Gigi Cavenago alterna l’attività di disegnatore di fumetti a quella di illustratore. Ha pubblicato per Mondadori e Sergio Bonelli Editore.

Roberto Recchioni ha scritto numerose sceneggiature per la Sergio Bonelli Editore, in particolare per Dylan Dog, di cui ha tenuto in mano la curatela per molti anni, dopo quella di Tiziano Sclavi.

Dylan Dog e Batman
L’ombra del pipistrello
Sceneggiatura: Roberto Recchioni
Disegni: Werther Dell’Edera e Gigi Cavenago
Editore: Sergio Bonelli Editore
Codice ISBN: 9788869618567
Prezzo: 26 €

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




Vintageverse: Storie di Supereroi Made in Italy

Vintageverse: Storie di Supereroi Made in Italy è un’antologia di racconti illustrati, a cura di Giuseppe Cozzolino, che lancia il progetto di un Universo condiviso di Supereroi, ispirato a cinema e fumetti pop degli anni 60-70, in omaggio ai grandi filoni dell’epoca (i primi film di 007, le fantapellicole della Hammer e di Roger Corman, i primi eroi Marvel di Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko, il cinema peplum e pop all’italiana, le serie tv british come Agente Speciale e Dottor Who, le serie camp alla Batman di Adam West, gli eroi giapponesi come Ultraman) avendo come base il Mediterraneo ma esplorando comunque il resto del Mondo in chiave sci-fi e pop.
Il volume contiene testi di Giuseppe Cozzolino, Alessandro Bottero, Andrea Guglielmino, Dario Janese. Luigi Siviero, Marco Timossi, Pier Luigi Manieri, Luigi Ercolani, Carlomanno Adinolfi, Ken Michele Agostini, Mario Farneti, Riccardo Rosati, Andrea Gualchierotti, Loredana Atzei, Stefano Priarone, Sergio L. Duma, Vito Tripi, Francesco Manetti, Giorgio Borroni, Maurizio Bianciotto, Bruno Pezone, Fabio Cassano, Mattia Cecere, Guido Moschini, Umberto Sisia.
Le illustrazioni sono di Loredana Atzei, Andrea Corsi, Alessandro De Leo, Fulvio Farina, Stefano Guerrasio, Simone Rosati, Andrea Rovati, Carmelo Siracusa, Alessandro Vezzani, Ettore Zampella.

Per l’occasione dell’uscita di questo interessantissimo volume, che è solo uno dei traguardi di un progetto in fieri, abbiamo intervistato il curatore, nonché ideatore del Vintageverse, Giuseppe Cozzolino.

Ciao, Giuseppe. Da dove è nata l’idea di un universo supereroistico italiano e quali sono i propositi tuoi e dei tuoi collaboratori?
L’idea, che è piuttosto basata sul desiderio di creare un universo supereroistico planetario ma con grande risalto all’Italia e al Mediterraneo, nasce dalla costante passione e fruizione di quella produzione pop audiovisiva che ha reso indimenticabile il ventennio 60-70 (i film di 007 e della Hammer ed i telefilm come Dottor Who ed Agente Speciale in Inghilterra, i “kaiju” di Godzilla ed i telefilm di Ultraman in Giappone, il cinema di Roger Corman ed il primo “Star Wars” negli USA, il peplum e lo spaghetti western in Italia) unita alla profonda adorazione delle prime testate della Marvel firmate da Stan Lee e dai primi leggendari disegnatori della Casa delle Idee (l’Uomo Ragno di Steve Ditko e poi John Romita jr, i Fantastici Quattro, Thor, Capitan America di Jack Kirby, Dottor Strange di Ditko e poi di Gene Colan, e così via).
Questi materiali esprimevano un “sense of wonder” ed una chiarezza d’intenti (intrattenere con gusto e intelligenza) che a nostro parere si sono decisamente persi al giorno d’oggi. Con questo progetto io e gli altri “compagni di avventure” proveremo a riproporre quella semplicità ‘complessa’ e quel medesimo “senso della meraviglia”.

Le storie sono tutte ambientate negli anni 60 e 70 o anche ai giorni nostri? In futuro è prevista una sortita dei tuoi personaggi nel presente?
La cornice è quella “retrò” da te indicata. È estremamente importante per ricreare il medesimo mood e proiettare lettori vecchi e nuovi in una dimensione fantastica in parte fedele ai reali scenari storici dell’epoca (la Guerra Fredda, la Corsa allo Spazio, la Musica e la Moda giovanile, la Contestazione e la Questione dei Diritti Civili) in parte influenzata da tanta letteratura di confine dell’epoca a partire dal celebre Mattino dei Maghi (la presenza extraterrestre nella storia umana, le società segrete dietro l’operato dei governi, i misteri dell’archeologia, l’esistenza del paranormale e di dimensioni parallele alla nostra).

Quali sono le tematiche principali dei racconti contenuti in questa antologia?
Si tratta di racconti che introducono molti degli eroi e dei villain ideati dal sottoscritto: da scanzonati agenti segreti con poteri alieni e base operativa nella Roma della Dolce Vita (ARGOS 7, IL SUPEREROE DI CINECITTÀ) ad Eroi Immortali che fingono di essere comuni studiosi (DOTTOR MACISTE, IL COLOSSO ETERNO) e Superuomini al servizio dell’Unione Sovietica (L’INVINCIBILE KOSMIK), per non parlare di Ladri Internazionali dai poteri Esp (PROTEUS & ANGELIQUE), Stregoni/Dandy attivi nella Swinging London degli Anni 60 (PETER ALAHZRED), Predicatori Pazzi posseduti da Parassiti Spaziali (FRATELLO LEGIONE), Intrepide Indagatrici del Mistero Fiorentine (SOPHIA DA VINCI), Celebri Vampiri in vacanza a Roma (LA DOLCE VITA DI DRACULA) e tanti altri “characters” tutti da scoprire

So che guardi con molto interesse ai classici del cinema, della narrativa e dei fumetti pur osservando le produzioni attuali. Mi sembra di aver inteso che da parte tua non ci sia sterile nostalgia per il passato ma desiderio di rigenerazione dell’immaginario partendo dai classici come punti fermi. È così?
Per me la Nostalgia è un sentimento positivo. Perché ti spinge a non dimenticare innumerevoli esperienze storico-culturali, spesso volutamente ignorate o peggio cancellate dalla memoria collettiva per convenienza (è più facile vendere il Nuovo, per quanto sciatto sia, se tante persone non ricordano più il proprio Passato).
Comunque sì. Riproporre determinati concetti, contenuti e atmosfere significa anche invitare le vecchie e nuove generazioni a “rinnovare” il proprio Immaginario. Soprattutto ESPANDERLO.

Per ora un antologia di racconti. E nel futuro?
Siamo già al lavoro sui prossimi step che includeranno sia dei romanzi illustrati dedicati a singoli personaggi di questo variegato Universo, sia (fase finale) la realizzazione di miniserie a fumetti vere e proprie. Stay Tuned ed incrociate le dita.

Giuseppe Cozzolino (Napoli, 1967) è scrittore, saggista, produttore web, docente di Storia del Cinema e Storia delle Comunicazioni di Massa presso l’Università di Napoli L’Orientale (2001-11), Suor Orsola Benincasa (dal 2013). Ha scritto su numerose riviste specializzate (L’Eternauta, L’Altro Regno, Play Magazine, Amarcord, La Rivista del Cinematografo, M-La Rivista del Mistero) e quotidiani locali e nazionali (Il Tempo, Roma, Il Mattino) e sulle pagine Cultura e Spettacoli de Il Mattino di Napoli. È autore dei volumi Cult Tv. L’universo dei telefilm (Falsopiano, 2000) e Planet Serial. I telefilm che hanno fatto la storia della TV (Aracne, 2004). Nel 2008 idea la miniserie di racconti e fumetti Le Avventure di Argos 7, che verrà successivamente pubblicata a puntate da M-Rivista del Mistero (Alacran) e in un albo one-shot dalle Edizioni Cagliostro E-Press, che costituirà la base del suo progetto Vintageverse.

Vintageverse: Storie di Supereroi Made in Italy
A cura di Giuseppe Cozzolino
Narrativa, Mondi Possibili
ISBN edizione cartacea (203 x 133 mm, 350 pp., avorio 100 gr): 979-12-5540-140-7
ISBN eBook (ePub e Mobi): 979-12-5540-141-4
Prezzo: 15 € edizione cartacea; 3,49 € ebook

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




Chi sarà il prossimo?

Lo hanno portato ieri notte. Un ragazzo così non può venire che da Venere. Il pianeta dell’amore. Non avrà più di undici o dodici anni. È bellissimo. Di primo acchito l’ho scambiato per un terrestre. Aveva gli occhi dall’iride verde smeraldo, la pelle color rame e i capelli biondi. Ma, quando stamattina gli ho portato la colazione, i suoi occhi baluginavano rossi; la pelle aveva assunto una sfumatura verde oliva e i capelli erano più castani che biondi. Non so se i mutamenti cromatici dipendono da cause esterne, come la temperatura, o interne, come stato d’animo e reazioni emotive. Sappiamo così poco dei venusiani. Gli ho lasciato la colazione sul tavolo e sono uscito dalla stanza seminterrata. Ho chiuso la porta a chiave. Franco mi ha detto di fare così. Che almeno all’inizio sarebbe stato meglio non farlo uscire troppo dalla stanza. In modo che si abituasse gradualmente alla situazione.

Lo so che segregare un ragazzino non è una bella cosa da fare. Soprattutto tenendo conto di quello che gli faranno. Ma Franco mi ha spiegato che il piccolo venusiano è consenziente. Insomma per quelli della sua razza il sesso è qualcosa di estremamente naturale. Iniziano da giovanissimi. E non c’è distinzione tra uomo e donna, maschi e femmine. Sono bisessuali e incestuosi fin dalla nascita. E poi c’è quell’altra cosa che adesso non ricordo più se me l’ha detta Franco o se l’ho letta chissà dove. Ma che comunque è una cosa davvero allucinante: nascono tutti maschi e durante l’adolescenza diventano transessuali! All’inizio sono dei bei ragazzini, come questo qui che devo custodire, e poi diventano delle splendide donne con l’uccello. Il loro sistema di riproduzione è un mistero.

Franco è il mio pusher. Fa l’infermiere. E quindi riesce a procurarsi facilmente quello che mi serve. Lexotan, Roipnol, Sensatil, Xarax. Qualsiasi tipo di psicofarmaco. Sono anni che le ricette del mio medico non mi bastano più.

I soldi, ereditati dai miei genitori, stanno finendo. È da parecchio che ho dovuto vendere la casa in città. Da dieci anni ormai mi sono ritirato in questo villino in campagna, unica proprietà rimastami. E che sta andando giù a pezzi. Ci vorrebbe un mutuo per ristrutturarlo. Ma immaginate una banca che concede un mutuo a me?

Sono Vanni Ramarro, disoccupato da sempre.

Figlio di Gianni ed Elena Ramarro. I miei sono morti per avvelenamento da funghi. Avevo tredici anni. Ricordo tutto.

Mia madre che porta a tavola il risotto. Mia madre che brontola sempre con mio padre che va a raccogliere i funghi perché, sostiene lei, è uno spreco comprare quello che si può avere gratis. Mio padre che vanta competenza micologica per tre-quattro libri che si è letto. Mia madre che brontola perché è pericoloso ma poi i funghi, che mio padre raccoglie, li mangia lo stesso per farlo contento. Io no. A me fanno schifo. Mi hanno sempre disgustato. Mio padre dice; “il signorino è troppo schizzinoso.” Mia madre mi dice di mangiare il formaggio con il pane o il prosciutto. I miei litigano. Approfittano della minima occasione per alzare la voce e rinfacciarsi qualsiasi cosa. E io allora vado in camera mia. Chiudo a chiave. Indosso le cuffie dello stereo e metto il primo disco dei Paradise Lost a volume altissimo. Infilo un pornazzo nel lettore dvd col volume del televisore azzerato e mi masturbo a mille.

Mi addormento.

Poi torno in cucina e li vedo tutti e due.

Hanno gli occhi strabuzzati e iniettati di sangue. Le bocche spalancate sporche di vomito. Le mani ad artiglio all’altezza della gola e del cuore. All’inizio rido perché sono buffi. Poi grido e li chiamo. Li scuoto e piango. Il resto non lo ricordo. È arrivata l’ambulanza. Non rammento se l’ho chiamata io o se sono andato a suonare ai vicini di casa. Ricordo che loro cercavano di consolarmi, mentre mi accompagnavano in ospedale.

Poi c’è stato l’istituto, dato che non c’era alcun parente che mi prendesse con sé.  Mia madre era figlia unica e mio padre aveva interrotto i rapporti con la sua famiglia da molto tempo. All’istituto ho tentato di uccidermi due volte. Questo diario è un’idea della psicologa che mi seguiva in quel periodo. Una superbona con le gambe sempre accavallate a mostrare le cosce. All’inizio scrivevo le date. Poi ho smesso.

Dopo che ho lasciato l’istituto, la mia occupazione principale è consistita nel guardare video porno e ascoltare musica. E prendere medicine. E bottiglie, ovviamente. Perché le pillole da sole ti fanno solo addormentare, ma se le mischi con rum, brandy o quello che ti pare allora ti sballi forte. E con medicina e alcool in corpo e black metal ad alto volume e un porno sullo schermo da 40 pollici e il cazzo in mano è questo il mio paradiso.

È stato Franco a propormi di fare da balia al venusiano quando gli ho detto che tra poco non avrei potuto più nemmeno pagare le bollette.

Oggi è venuto il grassone con la barba. È il cliente più assiduo. Questi uomini sono sempre preceduti da due amici di Franco: un uomo e una donna. Portano il ragazzo di sopra e gli fanno fare una doccia. Poi lo vestono da femmina (e lui diventa una femmina bellissima) e lo chiudono dentro la stanza con il letto matrimoniale. Sento i rumori, gli ansiti da dietro la porta. Una volta ho spiato dal buco della serratura.

Oggi è venuto il medico. Puntuale un paio di volte a settimana. Fa al ragazzo delle iniezioni ai pettorali per facilitare la trasformazione.

Stamattina quando gli ho portato la colazione e le medicine, il venusiano mi ha rivolto la parola per la prima volta. Ovviamente non ho capito niente. Non parlo la sua lingua. Ho capito che voleva che rimanessi con lui per un po’. Abbiamo guardato insieme i cartoni animati. Poi lui si è addormentato. È normale per i venusiani dormire la maggior parte del giorno.

Oggi Vito ed Elena sono venuti di mattina presto. Insieme a loro c’era una terza persona che non avevo mai visto prima. Aveva con sé una videocamera digitale. La solita preparazione del ragazzo. Poi sono arrivati tre uomini. Si sono chiusi tutti dentro la stanza e ci sono rimasti molte ore. Quando sono usciti, il venusiano faceva fatica a reggersi in piedi. Aveva un’espressione sconvolta: un misto di paura e stordimento.

Poi un brutto giorno, un anno circa dopo, questa storia finì. Franco portò via il venusiano senza darmi nessuna spiegazione,  dopo avermi dato gli ultimi soldi che mi spettavano.

Adesso è trascorso qualche anno. Dieci o dodici. Sono in cura al Centro di Igiene Mentale con una nuova psichiatra, dopo che ho dato di matto in mezzo alla strada con un coltello da cucina in mano.

Non so cosa mi è preso quel giorno. Ero disperato. Avevo finito i soldi e non sapevo come pagare l’affitto. La vecchia casa l’avevo venduta.

Il Comune mi ha dato un lavoro da bidello in una scuola elementare. Lo stipendio non è granché, ma anche il lavoro è poco impegnativo. Ho chiuso con alcol e pasticche. Adesso assumo solo le medicine che mi prescrive la dottoressa. Ho una fidanzata incontrata nella sala d’attesa del Cim. Ognuno di noi due ha avuto i suoi problemi e ne parliamo insieme. Continuo a tenere il mio diario, ma mi riservo di scrivere solo quello che mi colpisce di più, mi spaventa o solo mi impressiona.

Oggi è successo qualcosa che devo descrivere. Non so perché mi colpisce così intensamente, ma so che devo annotarlo.

Consultavo un sito di notizie, quando ha attirato la mia attenzione un articolo di cronaca nera. Un uomo, un certo Franco Marnieri, di professione infermiere, è stato ammazzato con un rasoio  da barbiere. Un taglio alla gola netto, si vedeva dalla foto del cadavere. L’uomo aveva dei precedenti per sfruttamento della prostituzione minorile e produzione di materiale pedopornografico. Avevo l’impressione di aver conosciuto quell’uomo in quello che la dottoressa chiama il mio “periodo oscuro”.

Qualche giorno dopo, avevo appena finito il giro delle classi con la circolare del preside quando ho notato un titolo sul quotidiano (Quotidiano di Brrindisi, 20-11.2001) che stava leggendo il collega seduto nel gabbiotto. Il tempo di mangiare un panino e il giornale era lì sulla piccola scrivania. Lo preso e ho letto l’articolo alla pagina di cronaca.

Una donna, Elena Santoro, era stata ammazzata con la stessa modalità dell’infermiere. La foto della vittima, quando era ancora viva, illustrava il testo: una donna sulla cinquantina, il viso spigoloso e i capelli biondi e voluminosi, che mi rammentava qualcosa del mio passato. Il giornalista spiegava che si ignorava il movente dell’omicidio. Gli inquirenti non avevano trovato niente di losco nella vita della donna: un’insegnante divorziata dalla vita monotona: lavoro e casa.

È trascorso qualche giorno. Sto guardando, distratto come sempre, il telegiornale. Un servizio cattura la mia attenzione. Un uomo con precedenti per pedofilia è stato trovato ammazzato. Intanto nuove rivelazioni sulla donna: si chiama Elena Santoro. Una decina di anni prima era stata accusata di favoreggiamento della prostituzione minorile. Ma era stata assolta per non aver commesso il fatto. Gli organi inquirenti avanzano ora l’ipotesi di un assassino seriale che ha preso di mira uomini e donne coinvolti nello sfruttamento della prostituzione e nella produzione di pornografia minorile.

Il giorno dopo sul quotidiano ci sono altre novità. Dei testimoni hanno visto allontanarsi una figura dalla scena degli omicidi. Le testimonianze combaciano: una donna alta con capelli biondi e lineamenti molto belli. La carnagione ramata. Quindi, come un’ispirazione, mi sono ricordato del piccolo venusiano.

Era veramente consenziente come mi diceva Franco? Davvero i Venusiani diventano naturalmente transessuali? Veniva davvero da Venere?

Riguardo agli omicidi, invece, la domanda più importante che tutti i media si pongono (e anche io): chi sarà il prossimo?

L’AUTORE
Luca Bonatesta è nato a Brindisi il 1972. Collaboratore per 12 anni della Agenzia News, cogestore dal 2019 al 2021 del Portale Club GHoST e del blog Planet Ghost, è ora giornalista freelance. Collabora con il blog Planet Ghost, il portale Club GHoST e la rivista on line Giornale Pop come recensore di libri e fumetti. È anche scrittore e disegnatore. Numerosi suoi racconti sono presenti on line e su pubblicazioni cartacee con il suo nome o con i nickname Darren Frei o Dar Frei. Piazzatosi tra i finalisti nei premi Lovecraft, Morteerotica, Hypnos. Ha pubblicato, tra l’altro, l’ebook “L’angelo e il vampiro” per Edizioni Hypnos.
Su Facebook:
Luca Bonatesta II
Su Instagram:
@lucabonatesta
@lucabonatestadrawner
su Tik Tok:
@lucabonatesta

Illustrazione di Luca Bonatesta; elaborazione grafica: Max Ferrara.

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




Nick Raider – Senza respiro / Tracce di sangue di Sergio Toppi e Gino D’Antonio

NPE
Nicola Pesce Edizioni ha ristampato, in un volume unico, Tracce
di sangue

e Senza
respiro,
le
due storie di Nick Raider (personaggio pubblicato in Italia da Sergio
Bonelli Editore) realizzate, per i disegni da Sergio
Toppi

e, per i testi, da Gino
D’Antonio
.
Entrambi scomparsi da un po’ di anni, disegnatori e autori completi
che hanno fatto la storia del fumetto italiano, anzi europeo.

Nonostante
adotti la griglia narrativa bonelliana, Toppi
non
rinuncia alla propria personalità. Echeggiano, dal suo passato di
Autore, tra le tre sequenze di due vignette ciascuna, il gusto per la
composizione ardita della tavola, il senso dell’inquadratura
insolita e la deformazione grottesca, possibile quest’ultima solo a
chi possiede ampiamente le basi del disegno classico, delle anatomia.

Altra
caratteristica del segno di
Sergio Toppi

è la raffigurazione del movimento dei personaggi in un tempo
surrealisticamente cristallizzato.

Il
bianco, abbacinante, e il nero, fondo come la notte, entrano in
comunione sotto l’egida del tratteggio: sottili linee si intersecano
a formare un viso, un corpo, un albero o un auto.

L’ottima
sceneggiatura del grande narratore Gino
D’antonio

è rispettata da Toppi
e
al temo stesso interpretata. Il ritmo serrato del montaggio, che
rallenta e accelera a seconda della situazione rappresentata, sono in
vitale e produttivo contrasto con la tendenza di Toppi
a fissare i propri personaggi nello spazio e nel tempo.

Nick
Raider è, come Tex Willer – l’inventore di Raider, Cladio
Nizzi
,
è anche sceneggiatore di lungo corso di Tex – , ricercatore
implacabile della giustizia, poliziotto integerrimo e disposto a
tutto, nell’ambito del rispetto della legge di cui è garante per
trovare i colpevoli

Veniamo
alla trama della prima storia, Senza
respiro
,
pubblicata per
la prima volta nel 1997 su «Nick Raider» n. 114, Sergio Bonelli
Editore.

Greed,
delinquente sotto protezione, viene aggredito nella sua casa da
sicari inviati da una famiglia mafiosa per cui precedentemente egli
lavorava. Così Raider ipotizza che sia stato Don Zarro, contro cui
Greed avrebbe dovuto testimoniare, a mandare i due killer. Greco
riesce a scappare ed è ricercato sia dalla polizia che non vuole
rinunciare alla sua importante testimonianza sia dai sicari di Don
Zarro che vuole invece chiudere per sempre la bocca del testimone
scomodo

Le
inquadrature si distinguono per una accentuata profondità di campo e
una distanza quasi irreale tra soggetto in primo piano e figure in
secondo piano o sullo sfondo. Il Nick
Raider
di Toppi
è sulla soglia della narrazione fantastica. Ed elementi di grottesco
ce ne sono sicuramente.

Toppi
utilizza tute le possibili inquadrature (primi e primissimi piani,
piani americani, piani medi, viste dall’alto e dal basso)
armonizzando il tutto in un montaggio perfetto

Raider
ha la stessa insofferenza di Tex verso gli alti papaveri (sindaco e
procuratore distrettuale in questo caso) che pensano solo a
visibilità mediatica e stipendio.

Il
carattere “anarchico” e texano di Nick Raider lo porta ad
andare direttamente a parlare con Don Zarro, il boss che ha, dal suo
eremo, ordinato l’esecuzione di Dread causando così la morte dei
poliziotti di sorveglianza.

Don
Zarro è, in realtà, una figura tragica. Vecchio e con poco tempo da
vivere, non ha figli ma ha, come unico erede. un nipote che vuole
risolvere goffamente a colpi di mitra i problemi. mentre Zarro,
mafioso della vecchia guardia, ha sempre preferito risolvere le
questioni tramite accordi con gli altri boss.

Il
poliziotto d’azione Martin e il poliziotto nerd ed esperto di
informatica Jimmy coadiuvano Nik Raider nella sua indagine.

L’intera
trama si basa sulla ricerca di Dread da parte di Raider, prima che lo
trovi chi vuole ammazzarlo per chiedergli la bocca.

I
personaggi (poliziotti e delinquenti) si muovono in una metropoli che
è ricavata da tanti romanzi gialli e film americani ma non per
questo meno realistica, caratterizzata da un cupo senso di
oppressione e precarietà, una città dove basta poco per essere
vittima e i carnefici scorrazzano a loro piacimento.

Zarro
dice al nipote che Dread non sa niente e quindi non costituisce un
pericolo ma il nipote, troppo impulsivo e poco intelligente,
preferisce mandare killer in giro senza la pur minima strategia.

Come
nel miglior poliziesco anni 70, non mancano sparatorie sincopate e
vorticose corse in auto.

I
personaggi, protagonisti e comprimari, sono ottimamente, in senso
narattologico, scolpiti da D’Antonio
e raffigurati secondo principi fisiognomici da Toppi.

Le
onomatope dinamiche inducono il lettore a sentire realisticamente i
suoni e i rumori, dal driin
di un campanello al crash
di un vetro che si infrange, dallo skreee
di una frenata, al sock
di un pugno, dal crack
di un fucile al flop
di una pistola con silenziatore.altresì il gusto per l’eccesso
nell’inquadratura dove le mani e i visi o le figure intere in primo
piano risaltano tridimensionali nel loro porsi al confine o talvolta
sconfinare dai bordi della vignetta come ad invitare il lettore ad
entrare nel mondo scuro e degradato narrativamente offerto da Gino
D’antonio

e Sergio
Toppi

la cui capacità d’invenzione grafico-narrativa non viene sminuita
dall’adozione, necessaria, del montaggio bonelliano di cui l’artista
sonda e forza i limiti producendo opere che possono senz’altro essere
messe accanto alle storie de Il
collezionista

o a quelle realizzate per Un
uomo un avventura

della Cepim (serie anni settanta della Sergio Bonelli editore) ma
perché no anche delle sue storie autoconclusive, che uscivano negli
anni ottanta su Corto
Maltese

piuttossto che su L’eternauta
o, ancora prima, nei sessanta, su Linus.

Le
scene di violenza sono di una bellezza cristallina.

D’Antonio
costruisce con sapienza una trama che alterna i punti di vista dei
poliziotti a quello dei criminali, usando fluidi passaggi da
un’ambientazione all’altra (un distretto di polizia, un appartamento
in un quartiere malfamato, dalle strade metropolitane, gli interni
lussuosi della villa di un capomafia), flash back esplicativi delle
motivazioni dei personaggi e costruisce una trama resistente senza la
minima sfilacciatura. Non ci sono cadute di tono. Il ritmo accelera e
rallenta coinvolgendo il lettore nello scontro tra i due poli opposti
della scacchiera in cui si muovono personaggi, protagonisti o
comprimari, ottimamente caratterizzati. Non ci sono figure
bidimensionali nella sceneggiatura di D’Antonio come non c’erano
nella serie Storia
del West

(Bonelli Editore) o quella sulla Seconda
guerra mondiale,

pubblicata sulla rivista per ragazzi Il Giornalino, edita dalla
Editrice Paoline. Dalle serie lunghe a quelle brevi fino ai racconti
autoconclusivi, usciti per Il
corriere dei ragazzi

o per Supergulp,
D’Antonio
ha sempre dimostrato, con le sue opere che ogni personaggio ha
diritto a una propria personalità.

Nelle
vignette ombre e luci sono in perfetta armonia. Criminali e
poliziotti, diseredati e altolocati, bene e male in una
rappresentazione equilibrata del reale.

Le
scene di violenza hanno l’eleganza formale di un dipinto di un
pittore giapponese.

Troviamo
anche inquadrature “sbilenche” secondo studiate angolazioni che
Toppi
controlla totalmente racchiudendo situazioni di disarmonia o violenza
in perfette costruzioni grafiche elaborate. Ricordate la sequenza
della violenza di Accattone
di Pier
Paolo Pasolini
?

Tutto
in Toppi
è perfezione: dalla forma del balloon alll’onomatopea, passando per
tuto il resto: niente è lasciato improvvisazione .

Praticamente
tutte le considerazioni fatte finora per la storia precedente
sull’arte di Toppi
e l’abilità di narratore di D’Antonio
valgono anche per la seconda storia del volume, Tracce
di sangue,
 pubblicata
per la prima volta nel 2001 su Almanacco del Giallo n. 9, Sergio
Bonelli Editore.

Si
inizia con un omicidio e sembrerebbe che il colpevole sia Jacky,
ragazza adolescente che uccide la sorella maggiore Pearl, prostituta,
che vuole indurla a vendersi. Jackie l’avrebbe fatto per fuggire da
un ambiente degradato e retto dalle regole della delinquenza. Per
scappare porta con sé del denaro che Levasseur, un malavitoso
protettore della donna uccisa, reclama come suo. Questo
è ciò che sembra accadere ma la scelta particolare del montaggio
interno ed esterno, unita alle ombre che oscurano il viso di Jackie,
mette già in guardia il lettore: forse non e stata lei.

Dalla
palude passiamo al Greenwich village di New York dove Nick Raider
viene svegliato da Jim che gli ricorda che deve fare il turno di
notte.

Jackie
si mostra dapprima in una vignetta avvolta da ombre. Poi, in un primo
piano in piena luce, appare. Pallida come un fantasma. Jackie
racconta la sua versione: lei e innocente e non sa chi ha ucciso sua
sorella. Nick Raider decide di credergli. Inziano così le
investigazioni di Raider.

Anche
qui il disegno di Sergio
Toppi

raggiunge vette insondabili di qualità.

I
visi e le figure risaltano come immagini tridimensionali sullo
scenario “dipinto” con la china. Immagini come la vignetta
iniziale a doppia striscia che racconta l’habitat paludoso della
Louisana in cui inizia l’episodio o l’incendio della casa di Jackie
restano indelebili nella mente di chi legge.

Assistiamo
alla bravura di Toppi
che, anche qui, si “adatta” al formato Bonelli e l’incontro tra
lo stile del Toppi
D’autore con il formato a tre scrisce di sei vignette dà a vita a un
modo nuovo di concepire la nona arte, che purtroppo non sempre è
servito come lezione per altri autori di Bonelli o altri editori.
Mettere insieme ricerca e sperimentazione non è facile. Toppi
e D’antonio
ci sono riusciti.

GLI
AUTORI

La
storia artistica di Sergio
Toppi

(Milano, 11.10.1932 – Milano, 21.08.2012) rappresenta certamente
una tappa imprescindibile per la nascita del fumetto d’autore in
Italia. Insieme a Dino
Battaglia

e Hugo
Pratt

è uno dei personaggi-chiave della Nona Arte italiana.

Ha
vinto l’ambìto premioYellow
Kid

nel 1975 durante il Salone del fumetto di Lucca.

Ha
collaborato con L’Eternauta, Comic
Art, Orient Express

e Corto
Maltese
.

Sharaz-deBluesBestiarioNaugatuck
1757
ChapungoOgoniokIl
dossier Kokombo
Dio
minore
KrullIl
collezionista
Colt
Frontier
,
sono solo alcuni dei titoli riproposti nella collana di Edizioni NPE
dedicata al maestro.

Gino
D’Antonio (Milano 1927-2006), tra i maggiori autori di fumetto
italiano, è uno dei pochi a vantare una formazione completa. Abile
tanto nella scrittura quanto nel disegno, ha debuttato a vent’anni
realizzando la serie Jess
Dakota

per approdare successivamente al settimanale Il Vittorioso. Ha
lavorato per Il Giornalino, di cui è divenuto responsabile del
settore fumetti, dando vita a numerosi personaggi come Jim Lacy,
Soldato Cascella e Susanna. Ha anche collaborato sin dall’inizio
con la prestigiosa collana Un
uomo un’avventura della Cepim

(Bonelli), per la quale ha realizzato soprattutto, con la
collaborazione di disegnatori come Renato
Polese
,
Sergio
Tarquinio

e Renzo
Calegari
,
la mitica serie Storia
del West
che
anticipa le tematiche sviluppate poi da Berardi
e Milazzo
con Ken
Parker
e
la serie
Bella e Bronco
.
Negli ultimi anni si è dedicato soprattutto alla sceneggiatura,
confermandosi un autore completo e un maestro del fumetto.

Nick
Raider – Senza respiro / Tracce di sangue

Testi:
Gino
D’Antonio

Disegni:
Sergio
Toppi

Collana:
Sergio
Toppi

Numero
in collana 23

Formatovolume
21×29,7 cm, cartonato b/n

Pag.
200

Codice
ISBN: 9788836272532

Prezzo:
29,90 €

Il
volume è stampato in sole 2.000 copie, tutte numerate a mano.

Sergio Toppi

Gino D’Antonio

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




Sconosciuti alle feste di Laura Scaramozzino

Sconosciuti alle feste è un libro di Laura Scaramozzino, pubblicato da Kipple Officina Libraria nella collana K-noir, curata dal mito italiano dello splatterpunk, Paolo Di Orazio. Il volume contiene una novella, Bambole, e due racconti, Sconosciuti alle feste e Orsi bianchi.
La novella e i racconti hanno strutture narrative particolari con pov che si alternano (questi passaggi avvengono da un capitolo all’altro senza quindi generare confusione in chi legge) e flashback e flash forward.

Piuttosto che creare disordine la particolare scelta narrativa induce alla lettura costruttiva, ad abbandonare la facilita di lettura del pov unico e dell’unica linea temporale a favore di una partecipazione del lettore all’atto del raccontare. Partecipazione intellettuale ma anche emotiva grazie alla particolare abilità della Scaramozzino nel delineare le psicologie dei personaggi e gli ambienti con efficaci pennellate brevi e incisive.
Il weird della Scaramozzino si qualifica come narrativa fantastica surreale e allucinata.
Gli strumenti che adopera sono quelli di una scrittura semplice ma ricercata nella forma, ad alta densità contenutistica, l’utilizzo della metafora fantastico/deformante come lente di osservazione del reale, la ricerca del dettaglio sia nella descrizione delle psicologie dei personaggi sia degli ambienti in cui loro si muovono.

Iniziamo con la novella Bambole, strutturata in sette capitoli che vengono nominati tracce dal sesto in poi e che prevede anche una bonus track, come in un album musicale.
La novella è divisa in capitoli che alternano il pov di Bianca e del suo sequestratore, Daniele che la tiene rinchiusa in una scatola, una casa di bambole in cui la ragazza si vede costretta, ma anche, nello stesso tempo, quasi compiaciuta, a trascorrere i suoi giorni e le sue notti.
Bianca prova, dopo la morte della madre, sensazioni di disagio e di inadeguatezza alla realtà che la circonda, dovute a bassa autostima e che la inducono quasi all’autolesionismo. Tali sensazioni negative sono quasi fisicamente percepibili dal lettore per quanto la Scaramozzino li descrive in modo realistico e dettagliato.
Il disagio di Bianca si concentra all’interno del locale notturno (luogo della mente, riflesso psichico della protagonista che percepisce la realtà in modo alterato) dove incontra Daniele dalla cui prestante fisicità lei è attratta.
Bianca è in cerca di qualcuno che la protegga, che la faccia sentire al sicuro come nei momenti in cui era bambina e sua madre la proteggeva dall’esterno .
Nei capitoli in cui è lei a raccontare, la ragazza ricorda la relazione tossica avuta con il suo fidanzato, un uomo rinchiuso nel proprio egoismo ed egocentrismo e il rapporto conflittuale con la propria madre. In alcuni punti ho trattenuto lacrime di compassione nei confronti del personaggio femminile.
Invece nei capitoli che lo vedono narratore, Daniele racconta delle altre donne che ha sequestrato e tenuto in stato di segregazione per soddisfare le proprie necessità sia sessuali che psicologiche. Donne rimpicciolite alle dimensioni di una bambola verso le quali Daniele ha un atteggiamento, secondo una propria modalità distorta, protettivo, che nasconde la paura del confronto uomo-donna su una base paritaria e all’insegna dell’equilibrio.
Daniele è mentalmente disturbato probabilmente a causa di un complesso edipico mai affrontato che distorce l’espressione della sua libido. L’uomo, inoltre, non accetta di appartenere ai corpi organici. Per questo smorza sempre la luce in modo da far vedere alle ragazze le sue imperfezioni (rughe, pieghe della pelle) in realtà molto comuni.
Da dentro la scatola, Bianca e le altre donne percepiscono Daniele come un gigante. Gli oggetti che utilizzano (forchette, tazze e altro) sono piccolissime come se fossero delle piccole bambole, uniche donne con cui Daniele, figura patetica, il cui dolore la sensibile conoscitrice dell’animo umano, Laura Scaramozzino, ci fa sentire, riesce a confrontarsi.
Il rapporto tra “bambola” e padrone/gigante è descritto con fine cesello. Bianca accetta supina la situazione anche quando l’uomo la obbliga ad avere dei rapporti sessuali. Sprofondata in un pozzo di apatia, non riesce a provare rancore o odio, neanche repulsione o paura. Povera ragazza che non sa che merita di meglio.
Le sensazioni ed emozioni di Bianca risaltano come immagini tridimensionali. Lei ha bisogno d’amore e accetta chiunque glielo può, magari solo apparentemente, dare.
La critica palese della tossicità di alcune relazioni uomo-donna, spesso squilibrate a favore dell’uomo, avviene senza ostentare moralismo o predicozzi inutili, utilizzando invece la metafora come lente deformante e rivelatoria al contempo della realtà.
Quante lettrici, giovani o meno, si riconosceranno in queste situazioni? Quanti lettori proveranno un senso di colpa unitamente ad angoscia ed inquietudine leggendo il racconto? La Scaramozzino mette a fuoco la realtà frammentata di ambienti e personaggi in un montaggio cinematografico della realtà quotidiana di uomini e donne che potremmo essere noi che leggiamo.
Questa novella mi ha coinvolto emotivamente fino alla commozione, intrattenuto piacevolmente e mi ha fatto riflettere. Bambole andrebbe letto da tutte le donne in cerca di uno specchio per conoscersi meglio e da tutti gli uomini che vogliono conoscere meglio le loro compagne, amiche sorelle e madri.
Quindi Laura Scaramozzino si fa conoscere da subito, già all’inizio del libro, come narratrice di razza.

Il racconto centrale, che dà il titolo alla raccolta, Sconosciuti alle feste, inizia con Ivana, una settantenne, che si trova a un party in casa della figlia Greta e della sua compagna. Assistiamo al confronto, generante disagio per la donna, con i giovani presenti. Proviamo realmente, grazie alla notevole capacità di analisi psicologica della Scaramozzino, la solitudine e quasi l’imbarazzo di Ivana, finché la donna non conosce Andrea, un ragazzo di soli ventisei anni, con il quale, successivamente, nel giro di pochi giorni intreccia una relazione sessuale e sentimentale.
È il confronto tra vecchiaia e giovinezza, tra gli abissi, le luci e le oscurità di una stagione della vita e quelli di un’altra. Più va avanti il legame tra i due, più Ivana ringiovanisce vampirescamente, mentre lo sguardo di Andrea diventa oscuro e inquieto e il suo carattere più freddo. Intanto rughe precoci iniziano a solcare il viso del ragazzo.
Al racconto di questa relazione, si alterna la narrazione di una donna coetanea di Ivana, Tina, una rom che vive in un campo nomadi e ha un figlio, in città, che le dice che la vuole portare via. Anche qui la Scaramozzino analizza, con raffinata sensibilità e senso del reale, il confronto tra vecchiaia e giovinezza, tra una donna anziana e un uomo giovane, anche se in questo caso si tratta di madre e figlio.
Ivana ha degli incubi con scene di atti di violenza, mentre a Tina viene consegnato dall’amica Paula un liquido strano, sorta di filtro magico.
Capiremo solo alla fine il legame tra le due donne.
Una storia di vampiri sui generis, un weird horror che ho letto e riletto per poterne cogliere il significato e così interpretarlo. Alla fine mi sono arreso alle mille suggestioni della scrittura, scorrevole e ricca di sfumature come una splendida rosa nera, della Scaramozzino e ho scelto di non capire e quindi non decodificare, lasciandomi sedurre dalle sue potenzialità significanti invece di inchiodarla, come se fosse una falena notturna, a una definitiva quanto forse inutile interpretazione.

Nel bellissimo Orsi bianchi, Norma e suo fratello Gioele adolescenti legati da una relazione incestuosa, prima a livello psicologico e poi anche fisico, sono in attesa del giorno del Concistorio, quando “quelli della città” verranno a scegliere una ragazza del paese, quella che reputeranno più bella. Per incontrare l’orso bianco. In un ambiente dominato dal misterioso morbo, che colpisce gli adolescenti, il weird della Scaramozzino si tinge di folk horror e di narrazione distopica. La scrittrice parla di riti ancestrali legati alla terra, di tradizioni magiche e sacrifici rituali.
Orsi bianchi è il racconto che richiede al lettore maggiore attenzione e pazienza.
La narrazione è divisa in paragrafi che alternano il Prima (l’attesa del Concistorio), il Dopo e gli Intermezzi (eventi successivi al Concistorio).
Attraverso questa felicissima scelta artistica la Scaramozzino ci coinvolge da subito nella storia, in una atmosfera allucinata e straniante, fino al finale sorprendente.

In conclusione se cercate una lettura facile giusto per passare due, tre ore piacevoli.… non comprate questo libro…
Se il vostro motivo per leggere è, come diceva Giovanni Papini, “ammazzare il tempo che vi ammazzerà” lasciate perdere.
Se invece cercate la seduzione della parola, la ricchezza del contenuto e la riflessione che non negano il piacere della lettura, neanche quando vengono messi in scena il dolore e il disagio, la violenza e la morte, dovete assolutamente leggere Sconosciuti alle feste di Laura Scaramozzino, autrice che continuerò a seguire senz’altro nelle sue future (è un auspicio che nasce dal cuore) pubblicazioni.
Termino augurando a Laura Scaramozzino tanto successo ché lo merita tutto.

L’AUTRICE
Laura Scaramozzino svolge attività di editing e coaching letterario. Collabora con case editrici indipendenti. Il suo romanzo per ragazzi, Dastan verso il mare, Edizioni Piuma, è stato selezionato al Premio Internazionale di Como.
Ha pubblicato la novella J-Card per la 256 Edizioni. Suoi racconti appaiono su diverse riviste, tra cui Narrandom, Micorrize, GELO, Grande Kalma, Suite Italiana, Malgrado le mosche, Clean e tante altre.
Collabora con blog e riviste, tra cui GELO, Sdiario e Grande Kalma.

Sconosciuti alle feste
Autrice: Laura Scaramozzino
Editore: Kipple Officina Libraria
Collana k_noir
Formato cartaceo – Pag. 108 – 15.00€ – ISBN 978-88-32179-91-0
Formato ePub – Pag. 97 – 3.95€ – ISBN 978-88-32179-92-7

Link per l’acquisto:
• su Kipple Officina Libraria: https://shorturl.at/RHbMg
• su Amazon: https://shorturl.at/U23Br

Sconosciuti alle feste di Laura Scaramozzino

Laura Scaramozzino

Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi agli aventi diritto.