Cineracconto n° 3 – Riflessi sulla pelle di Luca Bonatesta
“Le cose più orribili avvengono
alla luce del giorno.”
Il ragazzino ha paura che suo
fratello maggiore sia vittima di una vampira.
Gli cadono i capelli.
Il padre del ragazzino legge un
romanzo di vampiri.
Vivono grazie a una pompa di benzina.
Sole e campagna.
L’auto si ferma per fare benzina. Il
padre dice al figlio se può occuparsene lui.
Un’auto nera piena di pedofili
assassini.
Gli amici del ragazzino vengono
violentati e ammazzati.
L’auto attraversa impunemente il
paese.
La polizia locale incolpa il padre
del ragazzino, perché, anni addietro, ha fatto sesso con un diciassettene.
“Tuo padre ti ha mai
toccato?”
“Sì. Certo.”
La rana viene fatta gonfiare dai
bambini tramite una cannuccia infilata nell’ano. Poi lanciano una pietra con la
fionda, mentre sta passando la donna che il ragazzino teme sia un vampiro, e il
batrace esplode.
La donna, imbrattata del sangue della
rana, urla.
Le madri dei bambini ammazzati urlano
contro il cielo.
Il ragazzino corre per i campi
avvolto nella bandiera americana.
Il padre, dopo essere stato accusato
dell’omicidio dei bambini, si dà fuoco.
Il ragazzino gioca con le scintille.
Il ragazzino, in ginocchio, urla
sullo sfondo di un sole al tramonto.
FINE
di Luca Bonatesta
(lucabonatesta71@gmail.com)
Cineracconto N° 2 – Flipper di Luca Bonatesta
Nel mare uterino il ragazzo e il
delfino nuotano insieme. Il corpo grigio e lucido del mammifero e quello snello
e muscoloso del suo compagno di giochi si muovono insieme. Come danzatori
sincronizzati. Azzurro. Bianco. Blu scuro. Respiro libero. Respiro trattenuto.
Sorriso del delfino. Il ragazzo è biondo. Indossa solo blue jeans tagliati al
ginocchio.
Un uragano devasta il piccolo
paese. La cittadinanza trova rifugio in una grande stanza. Un uomo vorrebbe
fare entrare anche la propria barca. Il donnone glielo impedisce. Il ragazzo e
la sua amica indossano impermeabili gialli. L’amica ha i capelli neri. Sono
seduti per terra uno accanto all’altra. Alla fine il donnone lascia entrare
l’uomo quando la barca è stata portata via dall’uragano.
Il ragazzo indossa una maglietta
gialla. Siede a tavola con suo padre, il pescatore, e sua madre. Mangiano un
pesce cotto al forno e patate arrosto. Il ragazzo sorride.
Il ragazzo è triste. Suo padre lo ha
rimproverato perché ha trascurato i suoi lavori per giocare col delfino. L’uomo
torreggia sul ragazzo con il suo cappello con visiera. Sono entrambi a torso
nudo. Il mammifero adesso vive in un recinto acquatico vicino alla casa della
famiglia del ragazzo. Il padre libera il delfino nel mare.
Le amiche e gli amici del ragazzo
accorrono numerosi allo spettacolo. Ognuno porta un pesce per pagare
l’ingresso. In scena il delfino che gioca col ragazzo. Capriole. Giravolte.
Salti. Un bambino accarezza la testa del mammifero.
Il ragazzo è abbracciato e accarezzato
dal padre. Sono entrambi a torso nudo. Le braccia muscolose e potenti dell’uomo
avvolgono il corpo snello e glabro del ragazzo che, estenuato, appoggia la
testa bionda sul petto virile e villoso
di suo padre.
Il ragazzo va in mare aperto con una barca
a remi. Solo. Indossa solo blue jeans tagliati al ginocchio. I giovani muscoli
del corpo snello flettono e risaltano sotto la pelle. I capelli biondi sono
mossi dal vento. Gli occhi, stretti, cercano il delfino.
L’amica presenta al ragazzo il
cugino, più grande di qualche anno e più alto di entrambi. Ha capelli neri e un
corpo più maturo dei due. Sono sulla barca del padre dell’amica. Fanno
immersioni.
Il ragazzo è sdraiato sul suo letto.
Affranto. Fuori dalla sua stanza la madre e il padre discutono. Il padre dice:
“Io gli voglio bene.” La madre replica: “Perchè non glielo
dici?” L’uomo risponde: “Tra uomini non si usa”. La madre dice:
“Non vorrei mai essere un uomo per tutto l’oro del mondo”.
FINE.
di Luca Bonatesta
(lucabonatesta71@gmail.com)
Cineracconto N° 1 – Bram Stoker’s Dracula di Luca Bonatesta
Mina e Lucy
si scambiano un tenero abbraccio e un bacio sulle labbra appena sfiorate. Come
sorelle. È una scena potenzialmente lesbo.
Ma Lucy
preferisce il coltellaccio del texano. Uno dei suoi tre potenziali amanti. Tra
questi c’è il medico morfinomane. E un altro di cui non ricordo niente. È
quello che muore alla fine comunque.
Intanto
Johnatan Harker approfitta della ospitalità del conte Dracula. Un vecchiaccio
centenario. Per ora.
Le tre
vampire si scopano Harker.
Poi Mina e
Johnatan si sposano. Odore di incenso e formula religiosa greco-ortodossa.
Dracula torna
a casa e prende le vampire a frustate.
“Lui è mio!”
urla.
Però non può
lasciare le vampire a bocca asciutta e così regala loro un neonato al quale le
tipe succhiano il sangue sotto lo sguardo inorridito e disgustato di Johnatan.
Johnatan si
taglia mentre si fa la barba e Dracula è lì, pronto a leccarsi il sangue dal
rasoio.
Lo specchio
si infrange.
Corse a
cavalli dietro la carrozza in cui gli zingari trasportano la bara di Dracula.
Van Helsing
sembra un cocainomane. È un esaltato e taglia la testa alle tre vampire.
“Siamo
diventati pazzi per servire Dio” dice Van Helsing alla fine del film.
Stoker non
l’ha mai scritta ‘sta frase. Eppure Coppola è convinto di avere realizzato un
film fedele all’origine letteraria. Mah.
Infatti
Dracula ringiovanisce, diventa un figo della madonna con, in più, il fascino
dello straniero e seduce Mina.
“Non posso
farlo” dice Dracula riferendosi alla vampirizzazione di Mina.
“Portatemi
via da questa morte” dice Mina a Dracula. È un invito a vampirizzarla. Sempre a
proposito di fedeltà. Non solo al romanzo.
Poi arrivano
i nostri e Dracula diventa un nugolo di topi e se ne scappa.
Con Lucy
Dracula non si fa tanti scrupoli. La seduce in forma di enorme licantropo
(sequenza zoofila) e la trasforma in un vampiro.
Lucy diventa
una vampira pedofila. I bambini spariscono e raccontano, al ritorno, dopo che
Lucy ha succhiato loro il sangue, della bella signora che hanno incontrato.
C’è poco da
fare. Helsing e gli altri le staccano la testa.
Una zolletta
di zucchero imbevuta nel verde assenzio fa vedere a Mina una nuova realtà.
E, dopo aver
bevuto l’assenzio, Dracula e Mina vanno al protocinema.
Lo spettacolo
è interrotto da un lupo scappato allo zoo.
Dracula lo
ammansisce.
Johnatan
aspetta la carrozza che lo porterà al castello di Dracula. Una mano mostruosa
lo prende per la spalla e lo fa salire dentro la carrozza.
“Le rivolgo
il benvenuto nella mia casa” dice Dracula a Johnatan. “Entrate e lasciate un
po’ della felicità che portate con voi.”
Johnatan
mangia a quattro palmenti. Dracula è a dieta di sangue umano.
Dracula
scivola sulle pareti come una lucertolona.
E Johnatan lo
vede.
Johnatan
scappa dal castello di Dracula e finisce in un ospedale gestito dalle suore.
Johnatan ha
tenuto un diario. Mina pure ma lo scrive a macchina. Il dottore morfinomane
incide il proprio diario sui cilindri di cera.
C’è una
tempesta.
La povera
Lucy subisce tante trasfusioni che non però non la salvano.
Il treno è
più veloce della carrozza di Dracula.
Il treno
percorre l’Europa come se questa fosse un enorme circolo sanguigno.
Dracula si
maledice da solo, dopo che sua moglie, tratta in inganno dai turchi riguardo la
morte del suo consorte, si suicida.
Dracula, fino
a poco prima difensore della cristianità, infilza una croce gigante con la sua
spada.
Ne esce
sangue a fiotti. Un fiume di sangue. Che Dracula raccoglie in una coppa e beve.
È così che è diventato un vampiro.
FINE
di Luca Bonatesta
(lucabonatesta71@gmail.com)
Il suono del mondo a memoria di Giacomo Bevilacqua
Per sopravvivere al dolore di una perdita amorosa (non sono delusioni, sono perdite, annunci di morte), Sam, giovane fotografo di una rivista online, va a New York per un reportage (un altro!), sulla città più famosa del mondo. Sam per il suo lavoro si è dato una regola: non parlare mai con nessuno, per nessun motivo. Una bella impresa, nella città in cui ci sono secondo Lawrence Block Otto milioni di modi di morire e figuriamoci quanti di urtare i gomiti delle persone, per le strade affollate. E ogni urto può rappresentare una svolta nella tua vita. Il silenzio autoimposto è un geniale limite creativo, ma in realtà serve a Sam per sopravvivere al dolore. Ma forse solo nel vuoto dello spazio c’è il silenzio. Anzi, nemmeno. Lì dove c’è umanità, c’è una voce che ci parla di continuo, incessante, inarrestabile, la forza più grande dell’universo: il pensiero, il flusso di coscienza.
Continua a leggere sul portale la recensione a firma di Gianni Solazzo:
The last hunt di Haunn Kesola & Ken Janssens/ Paul Moore – Beth Varni
Le streghe le bruciavano. L’inquisitore le affidava al braccio secolare, perché fosse fatta giustizia, senza spargimento di sangue, bruciandole appunto. Perché? Pensavano fosse più pietoso, meno cruento? Hannu Kesola & Ken Janssens in The Last Hunt forniscono un’altra risposta alla domanda. La Terra da tempo è un pianeta abbandonato a causa di una guerra nucleare e viene utilizzata come attracco logistico e per deposito di merci. Fermi, non addormentatevi! Lo so, il post-catastrofe atomica, è vecchio quasi come i rotoli del Mar Morto, ma pazienza… Un’astronave commerciale (ricorda qualcosa vero? Una certa Nostromo…), vi atterra per imbarcare un carico e riparare un guasto.
Continua a leggere sul portale la recensione a firma di Gianni Solazzo:
Era arrivato con una corriera, come il suo solito. In mano aveva la sua fedele valigia che conteneva delle bibbie, una sega, un set di coltelli, del cloroformio e una 44 magnum se le cose si fossero messe male. Era organizzatissimo. Aveva scelto la cittadina tirando una freccetta su una carta, come sempre. Luke era un artista, o almeno si considerava tale. Un artista della morte. Avete presente il duplice omicidio della coppietta a Washington? I loro pezzi sparsi per tutto il loft? Era stato Luke. La donna delle pulizie di quel riccone trovata appesa al lampadario della villa, con le sue interiora appese dappertutto a mo’ di festoni? Un lavoretto di Luke. E quei gemelli con le teste mozzate e ricucite l’una sul corpo dell’altro? Sempre lui, perché Luke era la morte sotto le mentite spoglie di un commesso viaggiatore. Oltre alla sua faccia gioviale e grassoccia accuratamente sbarbata, indossava sempre un borsalino, cravatta nera e camicia bianca a maniche corte. La giacca la portava sempre con sé ma non la metteva mai, perché così guadagnava la fiducia della gente, presentandosi come un tizio alla mano, uno che se ne fregava se la sua ditta gli imponeva l’uniforme: insomma, uno che era lì per vendere bibbie perché era il primo a crederci. Era così che riusciva a entrare nelle case, o in confidenza con le persone.
Il 19 maggio del 1945 nasceva Peter Townshend. Chitarrista, compositore e cantante, è noto soprattutto per essere stato il chitarrista, compositore e leader della band rock inglese degli Who. Alla sua creatività si devono, oltre a molte canzoni diventate hit come My generation, opere rock come Quadrophenia e Tommy, diventati entrambi dei celebri film, il secondo soprattutto, un capolavoro delirante del regista Ken Russel.
Multicrocifissione di Luca Bonatesta
Un panorama sterminato di croci.
Legati
e inchiodati a esse, uomini, donne, bambini, vecchi e ragazzi.
I
visi contorti dal dolore, le teste piegate dalla disperazione, le
mani e i piedi sanguinanti, la pelle lacera e sporca.
Chi
urla, chi piange, chi prega, chi bestemmia, chi maledice la propria
genia, chi aspetta di morire in silenzio.
Il cielo rosso sangue è attraversato da nuvole nere gravide di veleno.