Black Bits di Alessio Liguori

Black
Bits (Italia, Polonia, 2023)

Regia:
Alessio Liguori

Sceneggiatura:
Daniele Cosci, Carlo Andrea Maucci, Fabio Sieni

Fotografia:
Luca Santagostino

Montaggio:
Luigi Mearelli

Musiche:
Szymon Sutor

Cast:
Yvonne Mai, Jordan Alexandra, Sebastian Fabjansky, Amelia Clay,
Leonardo Ferrantini.

Distibuzione:
Minerva Pictures

Dora
e Beth sono due ladre che riescono a mettere a segno un grande ma
pericoloso colpo, ovvero derubare una società attiva nel dark web
conosciuta come Black Bits. Nello specifico riescono a rubare due
neurochip di ultima generazione la cui funzione è quella di emulare
il comportamento del cervello umano. Una volta messo a segno questo
colpo dal valore inestimabile, le due donne si nascondono in una safe
house nel bosco (una sorta di cottage tecnologico) in attesa di poter
rivendere i neurochip a dei compratori. Ma scopriranno ben presto di
non essere sole… un uomo misterioso si aggira in quel bosco, e Dora
e Beth si troveranno a guardarsi le spalle.

Di
produzione italo-polacca, del 2023, diretto da Alessio Liguori
(In the Trap, Shortcut, The Boat) è un ambizioso
fanta-thriller con un buon mix di elementi action, horror
e survival. Creando una storia completamente da zero, il
regista, pur ambientando la storia in un futuro distopico, tratta
comunque un tema attuale, come quello del pericoloso dark web, un
mondo virtuale nel quale si nasconde ogni tipo di insidia e che ogni
giorno attira sempre più persone nella propria “morsa del ragno”,
così come quello del neurochip (tutt’altro che finzione) che
scaturisce il susseguirsi degli eventi. Le protagoniste
(rappresentate da una coppia alla Bonnie e Clyde ma al femminile e
lgbt) si presentano allo spettatore come delle “Rambo” in
gonnella,  per nulla spaventate da ciò che hanno appena
commesso ed eccitate nel vivere in maniera spericolata. Ma il loro
legame lavorativo e sentimentale verrà messo a dura prova dalla
presenza del misterioso uomo le cui intenzioni non sono ben note, se
non quello di destabilizzare la loro sfera amorosa e lavorativa,
facendo precipitare le due donne in una situazione in cui realtà e
finzione si confondono tra loro. Per metà film lo spettatore
assapora la parte thriller ricca di suspence per poi
vedere quel verdeggiante bosco trasformarsi in un campo di battaglia
dove proiettili sparati a raffica romperanno il silenzio della
natura. A rendere il tutto più credibile ci pensa il cast
rappresentato dall’attrice tedesca Yvonne Mai (nel ruolo di
Beth), l’attrice inglese Jordan Alexandra (nel ruolo di Dora)
e l’attore polacco Sebastian Fabijanski (nel ruolo dell’uomo
misterioso), tutti quanti ben calati nel ruolo e integrati nella
solida sceneggiatura che, oltre a sparatorie e suspence,
prevede anche qualche enigma. Le inquadrature danno al film un
impatto in stile videogame. Valore aggiunto danno al film i flashback
riguardanti il passato di Dora e Beth ma soprattutto una serie di
twist nella trama talmente spiazzanti da cambiare
continuamente le carte in tavola fino ad arrivare al finale a
sorpresa.

In
conclusione, con questo mix di generi tipici dei film americani il
regista riesce a dare un impatto Europeo a questo prodotto valido e
di grande intrattenimento, dimostrando maestria anche in un genere
non completamente horror come i suoi precedenti lavori. Quindi non
resta che mettervi comodi e godervi lo spettacolo.

Black Bits locandina

Black Bits frame 1

Black Bits frame 2

Black Bits frame 3

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Veneciafrenia – Follia e morte a Venezia di Alex de la Iglesia

Veneciafrenia – Follia e morte a Venezia (2021)
di Álex de la Iglesia

Regia:
Álex de la Iglesia. Soggetto: Jorge Guerricaechevarría.
Sceneggiatura: Jorge Guerricaechevarría, Álex de la Iglesia.
Musiche: Roque Baños. Produttore: Amazon Studios. Titolo
Originale: Veneciafrenia. Lingua Originale: Spagnolo, Inglese,
Italiano. Paesi di Produzione: Spagna, Italia – 2021. Durata: 100’.
Genere. Horror. Interpreti: Ingrid García-Jonsson (Isa),
Silvia Alonso (Susana), Goize Blanco (Arantza), Nicolás Illoro
(Javi), Alberto Bang (José), Enrico Lo Verso (Giacomo), Cosimo Fusco
(dottore), Caterina Murino (Claudia), Armando De Razza (Brunelli),
Alessandro Bressanello (Colonna), Nico Romero (Alfonso).

Veneciafrenia è un film nuovo per gli spettatori italiani, perché al cinema non ha quasi mai circolato, mentre in Spagna è uscito ad aprile 2022, dopo essere stato presentato in anteprima – il 9 ottobre 2021 – al Sitges Film Festival. Álex de la Iglesia è un ottimo regista iberico che conosciamo dai tempi di Perdita Durango (1997) e Il giorno della bestia (1995), laureato in filosofia e allievo di Pedro Almodovar, dedito soprattutto a thriller e horror. In questo caso lancia la sfida ad alcuni cineasti spagnoli di partecipare a una produzione di film horror da raccogliere sotto l’egida di The Fear Collection, mettendosi in gioco lui stesso con Veneciafrenia. In breve la trama, che ricalca Dieci piccoli indiani di Agata Christie, solo che l’unità di tempo e di luogo dove avvengono i delitti sono il periodo del Carnevale di Venezia e l’intera città lagunare. Si comincia con scene di spensierata vacanza per alcuni giovani iberici che vogliono trascorrere un periodo festivo a Venezia prima di tornare agli impegni del quotidiano, mentre il regista mostra le proteste dei lagunari contro turisti invasivi e navi da crociera che passano a ridosso della città. L’orrore non si fa attendere, dispensato a piene mani, grazie a un folle mascherato da Rigoletto che trucida turisti nei modi più disparati, mentre un’organizzazione segreta diretta da un turpe individuo sequestra villeggianti e pubblica in rete video deliranti. La finzione carnevalesca nasconde alcuni eccidi; la folla, convinta di assistere a rappresentazioni teatrali, invece di intervenire filma entusiasta le esecuzioni. A un certo punto scompare uno dei ragazzi in vacanza. Un ufficiale dei carabinieri (con l’aiuto di un tassista) comincia le ricerche. Infine emerge la follia dei cospiratori contro l’invasione turistica di Venezia. Veneciafrenia è il titolo adatto per un film tanto assurdo, visto che ricorda il termine schizofrenia, al punto che il sottotitolo aggiunto per l’edizione italiana (Follia e morte a Venezia) appare inutile e ridondante. Il film di Álex de la Iglesia cita a piene mani l’horror e il thriller italiano degli anni Settanta – Ottanta, soprattutto grazie a una sigla di testa color rosso sangue arricchita da disegni stile vecchio gotico. Tutto il film è un omaggio allo splatter e al gore più efferato di Argento, Fulci, D’Amato, con teste mozzate, occhi trafitti, ganci attaccati ai corpi, sangue che schizza da giugulari tagliate, violenza estrema. Durante la sequenza ambientata in un vecchio teatro ci è parso di rivedere alcune parti del claustrofobico Deliria di Michele Soavi, ma sembra citato anche Il fantasma dell’opera di Argento (non il suo miglior film). A parte gli eccessi di violenza, Veneciafrenia non presenta altri motivi di interesse: la sceneggiatura è banale, la storia della setta veneziana che odia i turisti pare posticcia, lo spessore dei personaggi è fumettistico. Un esempio su tutti: una ragazza in procinto di sposare un fidanzato geloso che vive a Londra decide di non farne di niente quando il ragazzo si precipita a Venezia e si dimostra vigliacco e pusillanime. Jorge Guerricaechevarría scrive un soggetto da horror di terza categoria, sceneggiato insieme al regista che presta la sua tecnica a base di inquietanti soggettive e angoscianti primissimi piani alla realizzazione di un’opera piccola e rinunciabile all’interno del modesto horror contemporaneo. Colonna sonora quasi fastidiosa di Roque Baños, a base di musica sintetica. Montaggio sincopato, persino frenetico, forse la cosa migliore di un film dotato di buon ritmo che scorre veloce per 100 minuti e adempie alla sua funzione di intrattenere disgustando. Buoni i costumi (soprattutto le inquietanti maschere di carnevale), inutile dire quanto la fotografia veneziana sia eccellente, ma il merito è tutto della location. Condivisibile la scelta di mettere i sottotitoli quando viene usata la lingua inglese e di doppiare italiano e spagnolo (si nota che gli attori recitano secondo la lingua madre). Interessanti alcune interpretazioni di attori italiani con un passato importante, basti pensare a Armando De Razza nei panni di Brunelli, ufficiale dei carabinieri (ricordiamo le canzoni finto ispaniche anni Ottanta), e a Enrico Lo Verso che fa il tassista (indimenticabile ne Il ladro di bambini di Gianni Amelio), citando pure Caterina Murino – non una grande attrice – nota per motivi diversi al pubblico. La produzione italo – spagnola impone protagonisti iberici che in Italia si conoscono poco, ma visto il livello del film, che a livello di dialoghi e recitazione fa venire in mente gli horror di Andrea e Mario Bianchi, va bene lo stesso. Passato su Rai 4. Reperibile su RaiPlay. Consigliato se siete a caccia di emozioni anni Ottanta e se avete nostalgia del caro vecchio cinema splatter.

Veneciafrenia - Follia e morte a Venezia di Alex de la Iglesia locandina

Veneciafrenia - Follia e morte a Venezia di Alex de la Iglesia frame 1

Veneciafrenia - Follia e morte a Venezia di Alex de la Iglesia frame 2

Veneciafrenia - Follia e morte a Venezia di Alex de la Iglesia frame 3

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L’esorcista del Papa di Julius Avery

L’esorcista
del Papa (2023)
di Julius Avery

Regia:
Julius Avery. Soggetto: Gabriele Amorth (libri citati).
Sceneggiatura: Michael Petroni e Evan Spiliotopoulos. Fotografia:
Khalid Mohtaseb. Montaggio: Matt Evans. Musiche: Jed Kurzel.
Produttori: Doug Belgrad, Michael Patrick Kaczmarek, Jeff Katz.
Genere: Horror. Titolo Originale: The Pope’s Exorcist. Lingua
Originale: Inglese. Paese di Produzione: Stati Uniti d’America,
2023. Durata: 103’. Interpreti: Russell Crowe (Padre Amorth),
Franco Nero (Papa Giovanni Paolo II), Daniel Zovatto (Padre Felipe),
Alex Essoe (Julia), Laurel Marsden (Amy), Cornell S. John (Emmanuel
Milingo), Peter De Souza – Feighoney (Henry).

Se cercate un film horror che ricordi (in peggio, eh?, molto in peggio) L’esorcista di Friedkin e gli innumerevoli esorcistici del passato, persino gli italianissimi e piuttosto riusciti Chi sei? e L’anticristo, questo è il film che fa per voi. L’esorcista del Papa è un b-movie senza mezzi termini, tutto azione e possessione, battute per sdrammatizzare la tensione e una certa dose di terrore dispensata ad arte. Merita il prezzo del biglietto solo vedere Russell Crowe nei panni di Padre Gabriele Amorth, esorcista incaricato direttamente dal Papa di risolvere casi di possessione demoniaca, separando il grano dalla crusca, incaricando medici e psicologi nel caso di malattie nervose. E che dire di Franco Nero nei panni del Papa che sputa sangue a fiotti dalla bocca? Niente male davvero, sa di ritorno al passato, l’effetto pare quasi voluto. La trama è più che semplice, tratta dai libri di memorie Un esorcista racconta e Nuovi racconti di un esorcista di Gabriele Amorth, sceneggiata da Michael Petroni e Evan Spiliotopoulos, diretta con ritmo e vigore dall’australiano Julius Avery. Non cercate sottintesi nascosti e profondità psicologica in un film che è pura azione, anche se troverete la denuncia di un crimine storico come la Santa Inquisizione (imputata a Satana) e il senso del peccato, il rimorso per gli errori compiuti che accompagna anche la vita dei sacerdoti di Cristo. Scenografie fantastiche, riprese in esterni irlandesi (spacciati per la Castiglia), con una stupenda cattedrale gotica e interni oscuri, fotografati in maniera cupa per incutere terrore nello spettatore. Personaggi appena abbozzati, purtroppo, persino il protagonista, di cui conosciamo solo un errore compiuto durante un esorcismo che ha provocato la morte della presunta indemoniata. Soprattutto sappiamo poco sia del prete che aiuta Padre Amorth (solo un trascorso amoroso che sarebbe il suo peccato da scontare), che della famiglia con il bambino posseduto, a parte la morte del padre in un incidente che avrebbe scioccato il piccolo. Un errore di sceneggiatura non possiamo non citarlo: non esistono sacerdoti spagnoli che non sappiano il latino. Un film da vedere solo per gli amanti dell’horror, soprattutto in caso di predilezione esorcistica, tematica sempre prevedibile come sviluppo della trama. Va da sé che se avete visto i film degli anni Settanta, questo ve lo potete perdere tranquillamente. Inutile dire che da amante del genere mi sono divertito, ma non posso far passare un b-movie per un capolavoro.

L'esorcista del Papa - Locandina

L'esorcista del Papa - Frame 1

L'esorcista del Papa - Frame 2

L'esorcista del Papa - Frame 3

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Bones And All di Luca Guadagnino

Bones and All (2022)

Regia: Luca Guadagnino. Soggetto: Camille DeAngelis (romanzo Fino all’osso). Sceneggiatura: David Kajganich. Fotografia: Arseni Khachaturan. Montaggio: Marco Costa. Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross. Produttori: Timothée Chalamet, Francesco Melzi d’Eril, Luca Guadagnino, David Kajganich, Lorenzo Mieli, Marco Morabito, Gabriele Moratti, Theresa Park, Peter Spears. Case di Produzione: Metro-Goldwyn- Mayer, Frenesy Film Company, Memo Films, Per Capita Productions, 3 Marys Entertainment, The Apartment Pictures, Tenderstories, Ela Film, Immobiliare Manila, Serfis, Wise Pictures. Distribuzione (Italia): Vision Distribution. Interpreti: Taylor Russell (Maren Yearly), Timothée Chalamet (Lee), Mark Rylance (Sully), Michael Stuhlbarg (Jake), André Holland (Frank Yearly), Chloë Sevigny (Janelle Kerns), David Gordon Green (Brad), Jessica Harper (Barbara Kerns), Anna Cobb (Kayla), Kendle Coffey (Sherry), Jake Horowitz (uomo del tiro a segno), Burgess Byrd (Gal l’infermiera), Madeleine Hall (Kim), Ellie Parker (Jackie), David Pittinger (poliziotto), Greg Siewny (uomo nel negozio). Lingua Originale: Inglese. Paesi di Produzione: Italia, Stati Uniti, Regno Unito. Anno: 2022. Durata: 130’. Genere: Horror, Drammatico, Sentimentale.

Luca
Guadagnino

mi aveva sconcertato con Melissa
P

(2005), Io
sono l’amore

(2009) e A
Bigger Splash

(2015). Non avrei mai creduto di diventare un suo fan. Eppure è
riuscito a convincermi, sia con Chiamami
col tuo nome

(2017) e Suspiria
(2018), soprattutto con questo Bones
and All
,
un horror romantico senza precedenti. Partiamo dal titolo, che si
potrebbe tradurre in italiano Fino
all’osso
,
per renderlo intelligibile anche ai non anglofoni, anche perché
deriva dal romanzo omonimo di Camille
DeAngelis
,
edito in Italia da Panini. La storia è fantastica e cupa, dolcissima
e macabra, sentimentale e romantica, tutte caratteristiche che
dimostrano quanto sia difficile stare in equilibro tra simili
situazioni. Ambientazione in un mondo fuori dal tempo, dove esiste
una razza di uomini cannibali, forse per trasmissione genetica, che
si riconoscono tra loro e che devono cibarsi di carne umana. Maren
(Russell) è una ragazza abbandonata dal padre dopo l’ultimo
eccidio provocato ai danni di una compagna di scuola, figlia di una
madre psicopatica che ritrova in un manicomio al termine di un lungo
viaggio. La pellicola è un inquietante on
the road

di due ore e dieci minuti (che scorrono velocissime) per le strade
degli Stati Uniti, con incontri di ogni tipo, il più importante è
l’amore con Lee (Chalamet), cannibale in fuga dopo aver mangiato il
padre, combattivo e tenero, implacabile e in cerca d’affetto. Maren
e Lee devono vedersela con il vecchio cannibale indiano Sully
(Rylance), innamorato della ragazza, che segue la coppia fino a una
rocambolesca evoluzione, e con altri personaggi che popolano le
strade nordamericane e che riaffiorano dal passato. Maren e Lee
vorrebbero coronare un amore impossibile, lottano anche per affermare
la loro identità, in un mondo pieno di pericoli che non può
accettare una terribile diversità. Luca
Guadagnino

(Leone d’Argento a Venezia) si conferma regista preparato da un
punto di vista tecnico, con grande senso del ritmo e della suspense,
confeziona un horror viscerale ed esplicito con tanto sangue e molto
amore. Sceneggiatura che non fa una grinza di David
Kajganich
,
ispirata al testo romanzesco della canadese DeAngelis;
fotografia lucida e solare di un’America dai grandi spazi
provinciali e le immense distese desertiche; montaggio compassato, da
cinema d’autore, perché si può fare cinema d’autore anche con
il genere; colonna sonora con pezzi anni Settanta e musica classica
in sottofondo. Interpreti bravissimi, soprattutto la protagonista
Taylor
Russell

(Premio Mastroianni), dotata di uno sguardo indimenticabile; non
scopriamo oggi Timothée
Chalamet

(anche produttore), perfetto nel ruolo, così come è inquietante al
punto giusto Mark
Rylance
,
cannibale cattivo. Un film che dovrebbe far accorrere spettatori di
ogni tipo, perché può piacere anche agli amanti del cinema
sentimentale, se riescono ad accettare le inevitabili parti macabre.
Sarà venuto a mente solo a me, ma in certe sequenze ho visto
affiorare il buon vecchio Aristide
Massaccesi
,
in arte Joe
D’Amato,

con il suo Antropophagus,
tra l’altro il primo regista italiano a confezionare un horror
sentimentale (In
quella casa … Buio Omega
,
1979). E tutto l’horror cannibale italiano, da Deodato
a Lenzi,
passando per Martino.
Va da sé che Bones
and All

è tutt’altra cosa, anche perché viene quarant’anni dopo, ma
dimostra cultura cinefila e rispetto di tutto il suo passato.
Contaminazione di generi, come si faceva un tempo, al servizio del
cinema d’autore.

Bones and all locandina

Bones and all frame 1

Bones and all frame 2

Bones and all frame 3

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Povere Creature! di Yorgos Lanthimos

Povere creature! – Poor Things
Regia: Yorgos Lanthimos. Soggetto: Alasdair Gray (romanzo omonimo). Sceneggiatura: Tony McNamara. Fotografia (B/N e colore): Robbie Ryan. Montaggio: Yorgos Mavropsaridis. Effetti Speciali: Gabor Kiszelly. Scenografie: Shona Heath, James Price. Costumi: Holly Waddington. Trucco: Mark Coulier. Musiche: Jerskin Fendrix. Produttori: Yorgos Lanthimos, Ed Guiney, Andrew Lowe, Emma Stone. Case di Produzione: Element Pictures, Film4, Fruit Tree. Distribuzione (Italia): Walt Disney Studios. Durata: 141’. Genere: Fantastico, Commedia. Paesi di Produzione: Regno Unito, Irlanda, USA. Titolo Originale: Poor Things. Interpreti: Emma Stone (Bella Baxter), Mark Ruffalo (Duncan Wadderburn), Willem Dafoe (dott. Godwion Baxter), Ramy Youssef (Max McCandles), Hanna Schygulla (Marta), Jerrod Carmichael (Harry Astley), Christopher Abbott (Alfred Blessington), Margaret Qualley (Felicity), Kathryn Hunter (Swiney).

Un piccolo gioiello di cinema questo Poor Things – chiamiamolo con il titolo originale, una tantum tradotto – dove trovi la vecchia commistione di generi allo stato puro in un sottofondo di cinema d’autore che non ha eguali. Leone d’oro a Venezia più che meritato per un film che contiene decine di altri film, per una pellicola fantastica che contamina commedia e horror, grottesco e bizzarro, sentimentale e drammatico, erotico e surreale. Siamo nella Londra di fine Ottocento e vediamo una donna incinta (Stone) suicidarsi nel Tamigi, un mad doctor (Dafoe) recupera il cadavere, preleva il piccolo dalla pancia materna, espianta il cervello del neonato e lo trapianta nel cranio della madre, che fa tornare in vita grazie a impulsi elettrici. Il dottor Frankenstein che incontra Giulio Verne, le pellicole gotiche che vivono nel cinema fantastico in un clima da commedia horror d’altri tempi. La ragazza diventa una creatura da studiare per il valente scienziato, che ha già fatto incroci interessanti con animali, quindi si prende un timido assistente (Youssef) per seguire i progressi di un cervello da bambina – che cresce rapidamente – in un corpo di donna. I problemi cominciano quando la creatura – chiamata Bella Baxter come se fosse figlia dello scienziato – chiede di vedere il mondo e comincia a sperimentare grazie al seduttore Duncan (Ruffalo), distrutto a poco a poco dalla sua carica prorompente. Bella vive intensamente, vede una Lisbona surreale con gli autobus volanti, una Parigi inquietante dove si mette a fare la prostituta, viaggia a bordo di un transatlantico dove incontra amici colti e letterati, infine torna a Londra dal padre putativo in fin di vita e dal promesso sposo, per prendersi pure una rivincita sul passato. I fili si ricongiungono come in un giallo inquietante a tinte horror, schizzato di fantastico, per completare un racconto paradossale che diverte come una commedia scandita dai tempi del cinema d’animazione. Un film teatrale, girato quasi tutto in interni – studi Origo di Budapest – con grande ricorso alla computer grafica che in certe ricostruzioni d’ambiente ricorda il cinema di Fellini. Scenografie sontuose, fotografia che passa dal bianco e nero a una colorazione anticata senza soluzione di continuità; montaggio rapido che rende agili i quasi 150 minuti di proiezione, sceneggiatura che non fa una grinza; colonna sonora a base di violino distorto che accompagna ogni sequenza; riprese originali e insolite con un eccesso (gradevole) di grandangolo. Alla fine pure un film femminista, sul libero arbitrio, sulla incapacità degli uomini di poter irretire la volontà di una donna e sulla impossibilità di considerare una persona umana come cosa propria. Undici candidature agli Oscar e Golden Globe che non si contano. Attori molto bravi, soprattutto Emma Stone che caratterizza un personaggio di donna – bambina davvero sopra le righe, ma non è da meno Willem Dafoe nei panni di un mostruoso dottore dal cuore d’oro. Si rivede anche Hanna Schygulla, ex musa giovanile di Ferreri in Storia di Piera. Vietato ai minori di anni 17 negli Stati Uniti, solo agli anni 14 in Italia, per numerose scene di nudo e linguaggio scurrile, in ogni caso tutto funzionale alla storia, niente di gratuito e disturbante, anche se per Emma Stone resta il ruolo più ardito in carriera. Un film da vedere, meglio al cinema, per apprezzare la fotografia, le scenografie magnifiche e una regia straordinaria.

Povere creature locandina

Povere creature frame 1

Povere creature frame 2

Povere Creature frame 3

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Cheap Thrills di E. L. Katz

Cheap
Thrills (Usa, 2013)

Regia:
E. L. Katz

Sceneggiatura:
David Chirchirillo, Roald Dahl, Trent Haaga

Cast:
Pat Healy, Ethan Embry, Sarah Paxton

Musiche:
Mads Heldtberg

Craig
è un padre di famiglia che prova a fare lo scrittore senza avere
successo. Quindi, per mantenere la famiglia, lavora come addetto al
cambio olio in una autofficina. È in arretrato con l’affitto e,
oltre alla minaccia di sfratto, ci si mette anche la doccia gelata
del licenziamento. Recatosi in un bar per ubriacarsi. incontra
Vince, un amico delle superiori che non vedeva da cinque anni e
anche lui in gravi difficoltà economiche. Nello stesso locale i
due fanno la conoscenza di un riccone di nome Colin e della sua
bella e giovane moglie Violet che festeggia il compleanno. Colin
coinvolge Craig e Vince in una serie di piccole scommesse dando
loro dei soldi ogni volta che vincono… la serata si sposta poi
nella villa di Colin ed è qui che ha inizio il vero incubo. La
posta in gioco si fa sempre più alta e le scommesse ancora più
pesanti a tal punto da spingere al limite le loro sopportazioni
mentali e fisiche.

Black
comedy del 2013, quasi britannica per la sua compostezza, in realtà
è di produzione americana. Il film parte con il classico e
purtroppo (in alcuni casi) reale quadro della situazione precaria
in cui versano molte persone nel mondo, specialmente quando oltre a
una serie di sfortunati eventi si ha anche il fiato sul collo. Ogni
personaggio ha un ruolo importante e ben inquadrato nel film.
Abbiamo il già citato Craig con la sua situazione precaria (ben
stampata in volto), Vince che versa nella stessa situazione di
Craig ma che non lo da a vedere più di tanto e che non ha nulla da
perdere, la bella Violet rassegnata ad una vita annoiata dove può
comprare ciò che vuole e ciò cui assisterà pare non essere nulla
di nuovo e poi c’è lui, Colin, che rappresenta il potere dei soldi
e l’ancora di salvezza che mette Craig di fronte ad una situazione
che nemmeno lui immaginava di poter sopportare dimostrando di
essere disposto a tutto pur di non far mancare il pane sulla tavola
di sua moglie e suo figlio. La parte centrale del film è una sorta
di Funny Games alternando comedy e qualche schizzo di
sangue, condito da qualche momento erotico e altri stomachevoli.
Ottimo lavoro da parte degli attori che, per quanto assurdo possa
sembrare, riescono a rendere il tutto molto credibile e possibile
quando ci si trova ad aver toccato il fondo. Nei panni del ricco
Colin troviamo l’attore David Koechner con un curriculum di
tutto rispetto tra commedie e horror (Snakes on a Plane, Final
Destiation 5
, Piranha 3DD, Krampus, Manuale Scout per
l’Apocalisse Zombi
). La sceneggiatura non è mai banale, con
notevoli colpi di scena e inquadrature che fanno bene la loro parte
in alcune delle scommesse. La tensione è alta e dosata in una
maniera crescente che coinvolge completamente lo spettatore.

Sarebbe
un enorme peccato se questa pellicola passasse inosservata,
assolutamente da recuperare per 90 minuti di puro divertimento da
gustare dal primo fino all’ultimo fotogramma.

Chaeap Thrills locandina

Chaeap Thrills frame 1

Chaeap Thrills frame 2

Chaeap Thrills frame 3

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