Intervista ai Dragonhammer

Intervista ai Dragonhammer: risponde Marco Berrettoni, batterista della band.

1. Ciao Marco, presenta i Dragonhammer in poche parole ai nostri lettori.
Ciao a tutti noi siamo I Dragonhammer, band power metal Romana che alterna pezzi con arrangiamenti più heavy a pezzi più neoclassici. Negli anni ci sono state differenti cambi di line up che hanno influenzato il sound della stessa band fino ad arrivare alla formazione odierna e alla produzione del nostro ultimo lavoro in studio, Second Life.

2. Come definiresti il vostro sound e quali sono i vostri punti di riferimento?
Il gruppo nasce negli ultimi anni 90 – primi anni 2000, di conseguenza trova luce in un periodo d’oro per il power metal. Impossibile non citare I grandi nomi del genere, come Rhapsody, Stratovarious, Hammerfall, Blind Guardian, Avantasia da cui prendiamo largamente ispirazione ma abbiamo la fortuna di avere membri che provengono più o meno da generi differenti in ambito metal. Chi dal black, chi dal pagan, chi dal puro heavy, chi dal death ecc… Cerchiamo costantemente influenza da quello che ci piace, considerando però che le canzoni partono sempre da vissuti personali a cui noi adattiamo tutto l’aspetto musicale.

3. Com’è stato realizzare “Second Life”? Insomma, è cambiato qualcosa stavolta nel vostro metodo compositivo?
Second Life rappresenta un bel salto verso sonorità più epiche e sinfoniche rispetto ai precedenti lavori. Si è passati da un suono più rude e heavy a qualcosa di più definito ma allo stesso tempo potente. Sicuramente quello che la maggior parte dei nostri ascoltatori hanno notato è un largo utilizzo di orchestrazioni, totalmente assenti nei nostri precedenti lavori. Non escludo che, vista l’ottima risposta, la band decida di proseguire su questa strada. L’album è stato registrato e prodotto presso il Kick Recording Studio di Roma a cura del maestro Marco Matrobuono.

4. Pensi che i Dragonhammer si esprimano meglio in studio o live? E perchè?
E’ una domanda molto difficile a cui rispondere e forse un fan potrebbe rispondere meglio rispetto ad un diretto interessato. Ci provo. Crediamo di essere ad un buon livello sia per quanto riguarda la produzione in studio che live ma I risultati che si ottengono sono ben diversi così come anche I contesti. Un album in studio può trasmettere finezze e dettagli che magari in live si perdono e, a volte, può anche comunicare emozioni e idee con più facilità. Il contesto live, d’altro canto, è come una grande festa dove musicisti e pubblico diventano una cosa sola. Si canta insieme, si salta insieme. La band live riesce a trasmettere meglio quel groove che coinvolge a pieno chi ascolta. Sono situazioni diverse ma entrambe fondamentali e necessarie.

5. Avete già stabilito una ipotetica data per il vostro prossimo full-length?
Abbiamo buttato giù già diverse idee e piano piano le composizioni del prossimo album stanno prendendo forma. L’intenzione è quella di pubblicare con più costanza, senza attendere anni e anni prima dei lavori successivi.

6. Come è stato accolto fino ad ora “Second Life”? Siete soddisfatti in generale?
Abbiamo avuto tutti responsi più che positivi, sia dal punto di vista delle recensioni, che delle reaction, che come risposta dal pubblico che live ha apprezzato enormemente il nostro ultimo lavoro. I pezzi vengono spesso trasmessi in radio di genere e partecipiamo costantemente ad interviste. Sicuramente è stato un lavoro importante e che ha garantito un boost importante, specialmente dal punto di vista live; ad esempio ci ha permesso di partecipare a tour con band importanti, come gli Angra, e a festival internazionali molto noti, come il Rock Catle ed il Masters of Rock in Repubblica Ceca.

7. Dove volete arrivare con questa band e qual è la vostra più grande ambizione, nonostante siate in giro da più di vent’anni?
Sono certo di parlare a nome di tutti I membri quando dico che l’unica cosa veramente importante per noi è quella di far conoscere la nostra musica trasmettendo emozioni e coinvolgendo chi ci ascolta. Il nostro obiettivo è quello di lasciare un ricordo, qualcosa di positivo.

8. Con chi vorresti fare un tour o una data almeno una volta nella vostra vita?
Dai spariamo alti e diciamo gli Helloween!!!

9. Ok abbiamo finito, concludi come vuoi. Un saluto da parte nostra.
Un sentito ringraziamento a Club GHoST per averci dedicato questo spazio e a tutti I lettori per aver dedicato qualche minuto ad approfondire la nostra conoscenza. Vi invitiamo a seguirci su tutti I canali social e a scoprire la nostra musica e, perchè no, se è di vostro gradimento, a condividerla. Un saluto, ci vediamo presto dal vivo \m/

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Intervista ai Noirnoise

1. Ciao ragazzi, presentatevi in poche parole ai nostri lettori.
I Noirnoise nascono nel 2009, ma la maggior parte dei componenti suonano insieme dalla fine degli anni 90, passando per altre band. Abbiamo una formazione molto essenziale (chitarra, basso e batteria). Credo che, in fondo, i Noirnoise siano un branco di musicisti arrabbiati che non si stancano di urlare ciò che pensano della vita.

2. Come definireste il vostro sound e quali sono i vostri punti di riferimento?
Le esperienze ed i gusti musicali dei singoli elementi si sono fusi creando un’alchimia che ci piace davvero molto. E’ un alchimia in cui ogni strumento non perde la propria identità che viene, invece, amplificata. In questo modo riusciamo a fondere diversi generi cercando di creare un sound personale, passando dalla psichedelia all’hard rock, dal garage ad un grunge molto anni 90. E’ indiscutibile che gruppi come Nirvana, Soundgarden, The Doors, The Cure, Killing joke, ma anche lo stesso David Bowie, abbiano avuto più di un’influenza nella musica che proponiamo.

3. Com’è nato il vostro debutto “Noirnoise”?
Il nostro EP nasce grazie a Francesco Palumbo ed alla sua Disco Inferno Ent. che ha ascoltato i nostri pezzi… E’ nata, così, questa collaborazione di cui andiamo immensamente fieri. Trovare una persona come lui, che ha creduto in noi, ci ha aperto una porta per la quale non smetteremo mai di ringraziarlo.

4. Pensate di esprimervi meglio in studio o live? E perchè?
Siamo convinti che la nostra dimensione naturale sia quella live. La nostra versione dal vivo è quella che più ci piace perché ci consente di vibrare insieme, creando una sintonia con il pubblico. E quando questo succede, il concerto diventa un’esperienza extrasensoriale pazzesca, convolgente.

5. Avete già stabilito una ipotetica data per il vostro primo full-length?
Ci stiamo ragionando molto seriamente. Crediamo sia il logico passo successivo all’uscita dell’EP. Stiamo ragionando sui brani da scegliere, su come costruirlo… Godiamoci l’EP… crediamo che il resto avverrà in modo molto naturale. E’ una cosa che ci eccita molto.

6. Come è stato accolto fino ad ora “Noirnoise”? Siete soddisfatti in generale?
Le recensioni dell’EP sono state molto positive. E’ bellissimo come le persone vedano in noi influenze, a volte, molto diverse ma, in ogni caso, molto rappresentative di quello che sentiamo di essere. Abbiamo avuto conferme che ci fanno molto piacere. Si, siamo decisamente soddisfatti del nostro lavoro e di quello di Francesco, instancabile nel promuoverci.

7. Dove volete arrivare con questa band e qual è la vostra più grande ambizione?
Sembrerà una banalità, ma per i Noirnoise il viaggio è molto più importante della meta. Vogliamo andare più avanti possibile, senza mai perderci il piacere del viaggio, dell’”adesso”. Quindi godiamoci l’uscita dell’EP e guardiamo alla tappa successiva con l’uscita del nostro nuovo album, ma senza ansia o fretta…

8. Pescate anche dal rock alternativo degli anni Novanta. Qualcuno di voi ha vissuto quegli anni molto importanti per la storia di questo genere musicale?
Beh… anagraficamente tutti noi abbiamo vissuto quella meravigliosa epoca che, partendo da Seattle, Manchester, Londra è arrivata in Italia dove realtà come Torino o Bologna sono diventate le capitali italiane dell’alternative e dove un’etichetta come la Mezcal ha trasformato la scena musicale rendendola un vulcano in eruzione. Quel periodo ci ha segnato profondamente.

9. Ok abbiamo finito, concludete come volete. Un saluto da parte nostra.
Non vediamo l’ora di esprimerci suonando dal vivo, incontrando più persone possibile. Vi ringraziamo immensamente per l’opportunità che ci avete dato con questa intervista. Aspettando un nostro album vi diamo appuntamento ai nostri concerti. Un abbraccio a tutti.

Qui la recensione del loro album di debutto:
https://www.clubghost.it/cg/2024/07/10/album-di-debutto-per-i-noirnoise/

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The Crypt il nuovo progetto di Leif Edling

Il primo album dei Crypt, nuovo progetto di Leif Edling, è un’immersione profonda e affascinante nel mondo dell’heavy metal occulto, con un sound intenso che richiama atmosfere mistiche e potenti. Con una formazione consolidata e la guida sapiente del produttore Marcus Jidell, il disco non è solo una raccolta di brani, ma una vera e propria narrazione musicale ispirata dalle radici gotiche del genere e dai giganti come Black Sabbath, Coven e Pentagram.

Fin dalla traccia di apertura, “Into the Crypt”, ci si ritrova immersi in un mondo oscuro e misterioso: i riff di Dave McKenzie e il drumming profondo e cadenzato di Danne McKenzie evocano l’idea di un rituale antico, come se l’ascoltatore partecipasse a un rito esoterico. La voce di Pepper, una sacerdotessa del metal con una potenza ipnotica, domina la scena e accompagna l’ascoltatore in un viaggio intenso. Con una voce che alterna sussurri ammalianti e note potenti, Pepper rende ogni brano un’esperienza liturgica. Il suo background teatrale e burlesque aggiunge un’audace teatralità che incarna perfettamente il personaggio della sacerdotessa gotica.

Edling e Jidell, unendo atmosfere cupe a melodie avvincenti, riportano in vita un metal dal sapore mistico, distante dall’eccesso tecnico e dalla produzione levigata della scena contemporanea. Le tastiere di Floke non si limitano a riempire il sound, ma creano vere e proprie visioni musicali: dipingono scenari di paesaggi spettrali e visioni notturne, rendendo il sound cupo e cinematografico. Il basso di Rigor Mortimer pulsa come un tamburo cerimoniale, offrendo una base ritmica profonda che evoca l’oltretomba.

Ogni traccia dell’album è un capitolo a sé stante, un’esperienza rituale che si sviluppa man mano che si procede nell’ascolto. Nonostante le atmosfere cupe e soprannaturali, i Crypt mantengono una sorprendente accessibilità grazie a ritornelli orecchiabili e melodie che si imprimono nella mente. Le chitarre, con i loro riff ritmati e ipnotici ispirati al doom classico, trovano nuova linfa in uno stile moderno e incisivo. Brani come “Ritual of the Forgotten” e “Sacrifice in Shadows” trasportano l’ascoltatore in un tempo in cui la musica era quasi una porta verso il divino e l’oscuro. Pepper, con la sua presenza magnetica, rende l’esperienza ancora più immersiva.

The Crypt riesce a rendere omaggio ai grandi del passato senza cadere nella nostalgia. La produzione, che valorizza al massimo la potenza del gruppo, e le performance strumentali che fondono tecnica e profondità emotiva fanno di questo album d’esordio un’opera destinata a lasciare il segno non solo nella scena metal svedese, ma anche a livello internazionale. Le sonorità, insieme familiari e innovative, esplorano un universo musicale che va oltre i confini del metal, toccando corde emotive profonde.

The Crypt non è solo un album, ma un autentico rito sonoro che trasporta l’ascoltatore in un mondo gotico e senza tempo, dove l’oscurità prende forma e il suono diventa esperienza rituale. Un debutto che conferma ancora una volta il talento e la visione di Leif Edling, che con i Crypt raggiunge nuove vette di ispirazione e intensità.

Formazione che ha suonato sull’album:
Pepper (voce)
Danne McKenzie (batteria)
Marcus Jidell (chitarra e basso)
Leif Edling (basso)
Carl Westholm (tastiere)
Stefan Berggren (cori)

Formazione attuale:
Pepper (voce)
Danne McKenzie (batteria)
Rigor Mortimer (basso)
Dave McKenzie (chitarra)
Floke (Tastiere)

The Crypt
(Metal Department, 2024)
Tracklisting:
1. Intro
2. Into The Crypt
3. Mistress Of Fire
4. Metal Priestess
5. I Love The Darkness
6. Cemetary Children
7. Night Of The Devil
8. Open The Gate
9. Halos
10. Who Broke The Coffin

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Vojager, il secondo album per gli Stormwolf

STORMWOLF “Voyager” (Nadir Music, 2024)

Gli Stormwolf ci regalano un secondo album molto ricco. Abbiamo infatti un primo disco in cui la band inserisce otto nuove canzoni, e un secondo album dove possiamo apprezzare delle cover di band famose come Kiss, Rose Tattoo, Iron Maiden, Accept, Celtic Frost e altre ancora.

Il disco stupisce per una compattezza di suono davvero ottima. Il lavoro in studio con Tommy Talamanca (Sadist) presso i Nadir Music Studios sembra aver dato i suoi frutti, e apprendiamo che la band ha voluto registrare senza l’ausilio di click, per ottenere un prodotto molto naturale e caldo. E ci è riuscita. Le chitarre hanno un suono stupendo e anche la batteria suona molto naturale. Il primo brano Lepanto1571 mette in mostra un songwriting vario e si piazza subito come uno degli highlight dell’album, oltre che è uno dei brani più prettamente metal del disco.

Stesso discorso di può fare per Dark Shadows, ma dopo di questo brano la band si cimenta nella più hard rock oriented Fast Lane, mentre subito dopo arriva forse il pezzo più veloce e violento della tracklist, cioè Fury. Ecco, in questo brano la prova di tutti è esaltante a dir poco, ma l’apertura è marchiata a fuoco da un lavoro alla batteria incredibile da parte di Tiziana Cotella, abile con la doppia cassa e preparatissima in generale. Il pezzo poi è puro speed/power metal, classicissimo ma davvero ben costruito.

Abbiamo poi una seconda parte dell’album forse meno avvincente della prima, ma comunque di ottima qualità, tra cui spiccano la semi ballad Horizons e la melodica e ficcante Some Other Place che richiama qualcosa dei Maiden alla mente.
A suggello di tutto abbiamo la voce di Irene Manca, nuova cantante della band che sicuramente ha dato una marcia in più a questo album e a questa band. Insomma, per gli amanti del metal e hard rock anni Settanta e Ottanta questo album non può passare inosservato.

Vojager degli Stormwolf

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When The Pillars Collapse dei Black Motel Six

BLACK MOTEL SIX “When The Pillars Collapse” Full-length, Revalve Records (2024)

Il secondo album dei romani Black Motel Six arriva ad otto anni di distanza dal precedente Everything in Its Place. Queste cose nel mercato discografico contano e non poco, soprattutto in un’epoca in cui da un anno all’altro cambia il modo di fruire/concepire la musica. E questo non risparmia di certo l’underground. Ma quando parte il primo brano di questo nuovo When The Pillars Collapse qualsiasi altro pensiero viene scacciato via dalla carica esplosiva di una band in forma smagliante. Il groove metal proposto da questi quattro ragazzi è originale e si macchia spesso di blues e stoner, e anche in questo è maestro il cantante Stefano Calabrese nell’interpretare vari stili. Riff in pieno stile Pantera, ma anche High On Fire, Meshuggah, Gojira e Down. Queste più o meno le influenze di un album duro come la roccia ma al tempo stesso melodico e raffinato. Man mano che le canzoni vanno avanti si ha come l’impressione che la band ne guadagni in qualità. Se il primo brano ci introduce al meglio, il resto forse è ancora più interessante: Phoenix e soprattutto Brightin Sun mettono in risalto un lavoro di chitarra certosino e tecnicissimo che per certi versi spiazza. Le chitarre hanno fatto propria la lezione di band come Pantera e Machine Head, con tanto di dissonanze e assoli di qualità. Ma il riffing rimane il loro punto vincente in assoluto. Quando si propone groove metal e generi simili le chitarre devono colpirti in faccia, ed è quello che succede in questo album. Non da meno la sezione ritmica che cerca di variare il più possibile una base di per sè già ottima. Per sentire come questa band riesce quasi a sconfinare nel metal estremo basti ascoltare Insomnia 45 o Suffocation, pezzi che mettono tecnica e ritmi sincopati al primo posto. Il lavoro della band in questi brani è impressionante e ci fa avviare verso una seconda metà dell’album scoppiettante come la prima. Quindi disco promosso, eccome.

Tracklist:
1. Can’t Control

2.
Phoenix

3.
Brightin Sun

4.
Angel

5.
Insomnia 45

6.
Reflection

7.
Soffocation

8.
The Call

9.
It’s So Hard

10.
Conclusion

Line up:
Stefano Calabrese – Voce
Marco Zuzolo – Chitarra
Alessio Brancati – Batteria
Emanuele Calvelli – Basso

When The Pillar Collapse dei Black Motel Six

Black Motel Six

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