Alis e una cantante romana che si butta nella mischia del rock italiano (e cantato in italiano) con questo ep di ben sette tracce. Il titolo “Demone” appare calzante con ciò che Alis vuole esprimere, soprattutto nei suoi testi. Un messaggio di ribellione verso sistemi prestabiliti e persone “tossiche”, e quindi la volontà più che manifesta di poter vivere sereni e non schiavizzati.
La musica è riottosa al punto giusto ma cerca comunque sempre un contatto con la commercialità. In questo senso Alis è bravissima a non scadere in alcuni tranelli: il primo di questi è di non accodarsi a certo pop-rock di matrice italiana, e poi allo stesso tempo di saper rimanere in bilico tra un rock alternativo duro al punto giusto e melodie di voce molto memorizzabili. Irresistibili i ritornelli, che da subito rimangono impressi. Non a caso i migliori sono stati scelti come singoli, e quindi parliamo di “Ossigeno”, “Vai Al Diavolo” e “Appartengo Alla Luna”. Se ci fosse la possibilità io prenderei in considerazione anche un altro brano come singolo, ovvero “Ribelle”, che si presterebbe molto bene come hit e aggiungerebbe ancora più attitudine rock all’immagine di questa artista davvero bravissima. Ovviamente lei è la super protagonista in questo album grazie alla sua bella voce e bella presenza, ma il disco è suonato bene da tutti e ha un missaggio perfetto.
Io non stravedo per tracce più pop-oriented come “Fragile” ma c’è da apprezzare che anche in queste i testi non sono banali e che la musica mantiene comunque una dignità rock ben marcata. Al di là di considerazioni personali, io intravedo una grande maturità in questa artista e un grandissimo potenziale. Vedremo se Alis riuscirà ad avere la meglio in un mondo musicale che appare sempre più “distratto” verso coloro che meritano e troppo attento verso coloro che non meritano niente…Incrociamo le dita per lei!
Tracklist:
1. Lividi 2. Appartengo alla Luna 3. Ossigeno 4. Vai al Diavolo 5. Demone 6. Fragile 7. Ribelle
L’Anguana e la Gemma del Mare Ancestrale dei Sirgaus
Un album molto particolare, questo dei Sirgaus, band che già è in attività da quasi quindici anni e che prima di questo “L’Anguana e la Gemma del Mare Ancestrale” aveva già pubblicato cinque album. Ebbene, mettetevi seduti in poltrona e aspettate la proiezione del film… Ah no! Questo è un album musicale!
A parte che ne verrà estratto anche un film indipendente e un musical e quindi potremmo anche parlare di altri ambiti artistici senza sbagliare, quello che intendiamo dire è che questo disco è molto ricco di dettagli ed è decisamente particolare. Certo, alcuni potrebbero frettolosamente classificarlo come l’ennesimo album di symphonic metal con female vocals, ma la realtà dei fatti è che questo disco è inclassificabile, proprio per l’estrema eterogeneità dei brani e per una prestazione canora che non ricalca assolutamente quello di gruppi come Delain, Epica e Nightwish.
Non vi è mai una tecnica esasperata a livello vocale, ma più che altro vi è una ricerca continua della tonalità migliore, maschile o femminile che sia. Armatevi quindi di tanta buona volontà ma cercate anche di lasciarvi andare un po’ alla fantasia, perchè questo album non è fatto solo di note musicali, ma di sensazioni e di emozioni. Vivete questo album nel modo più libero possibile e potrete magari capirlo e apprezzarlo. Ne vale la pena!
Tracklist: 01. L’Anguana e la Gemma del Mare Ancestrale 02. Zoro 03. Indomita Arte 04. La Miniera Oscura 05. L’Anguana 06. Monti Pallidi 07. Zoro (ripresa) 08. Sui Porti di Candia 09. Un Pianeta di Meraviglie 10. Sotto una Luna Crescente 11. Il Sogno Torna a Vivere 12. La Gemma Ancestrale 13. Cadore Provincia del Nord 14. A Zubiana 15. Cora (Bonus Track) 16. Following the Stone (Bonus Track)
Line-up: Mattia Gosetti – voce, basso, orchestre, synth, chitarra Sonia Da Col – voce
I Rossometile nel 2022 festeggiano venticinque anni di carriera e lo fanno pubblicando questo particolare album dai tratti acustici, riproponendo alcune loro canzoni in questa veste. Trattasi quindi di un album di cover, sostanzialmente, o comunque di pezzi già conosciuti, ma va detto che riproposti così acquistano nuova vita e nuova identità.
La band campana è abile nello sfruttare la bellissima voce femminile e di valorizzarla ancora di più con una emozionalità che se già era presente in origine in queste tracce, qui viene maggiormente a galla grazie ad una interpretazione collettiva magistrale, e questo è merito anche delle indiscutibili qualità tecniche dei Rossometile, che non solo si sono sempre rivelati una band particolare nell’ambito del symphonic metal, ma che anche qui fanno un figurone.
In tutto questo abbiamo anche una nuova traccia da cui è stato estrapolato anche un fantastico videoclip: parliamo della canzine “La mia ora più buia”, un brano che sfiora temi delicati come la perdita della persona amata e della conseguente depressione e induce l’ascoltatore ad una riflessione attenta su alcuni temi così importanti. Album indiscutibilmente valido ma che va ascoltato molto attentamente.
Tracklist:
1. Candore 2. Onde 3. Con le lacrime 4. Hela e il corvo 5. Novembre 6. Sull’Europa 7. Nox Arcana 8. Le ali del falco 9. Le strade di Zoràn 10. La mia ora più buia 11. Quando partíi
Feci la conoscenza di Philip K. Dick nel 1992 se non rammento male in un articolo comparso nelle pagine culturali di Repubblica. L’autrice, di cui non ricordo il nome, scriveva che i fantascientisti si dividevano in seguaci di Asimov e seguaci di Philip K. Dick. Mi convinsi a leggere “Ubik” e ne fui folgorato e mi considerari facente parte della seconda fazione. Leggendo quel libro di culto mi sembrava di penetrare realmente in un’altra dimensione della realtà. Era tutto molto più intenso rispetto alla fantascienza classica di un Asimov. Da quel momento lessi tutto quel che potevo, i romanzi, i racconti e le biografie di Emanuele Carrere e Lawrence Sutin. Lessi anche i celebri saggi dello scrittore polacco di fantascienza Stanislaw Lem (quello di “Solaris”) in cui sostanzialmente riteneva Dick “un visionario tra i ciarlatani”. Purtroppo poi il carattere paranoico di Dick lo portò a denunciare Lem all’FBI come spia comunista. Poi la sua figura iniziò ad inventare sempre più ingombrante tanto che iniziai ad esserne quasi nauseato. Tutti ne parlavano a tutte le ore del giorno e sinceramente non se ne poteva più. Comunque è stato rileggendo la biografia di Emmanuel Carrere “Io sono vivo voi siete morti” ristampata da Adelphi (avevo letto anche la prima edizione Theoria) che mi sono riavvicinato allo scrittore americano. Ora, a dimostrazione di come la sua figura continui ad essere pervasiva ed in occasione dei quarant’anni della sua morte è uscito di recente un bello speciale dedicato a Philip K. Dick da parte di Dimensione Cosmica, rivista di letteratura dell’immaginario diretta da Gianfranco De Turris e Adriano Monti Buzzetti. Molto approfondito l’intervento di Andrea Scarabelli intitolato “Philip K. Dick e il gioco del mondo”, in cui giustamente si fa notare come “ad averlo consacrato nell’immaginario collettivo non è però tanto la sua scrittura, ma una ‘visione del mondo’ che mescola arcaico e futuro, i Manoscritti del Mar Morto e la fisica quantistica, il Bardo Bardo Tödröl (di cui il celebre romanzo “Ubik” ne costituisce una versione postmoderna) e l’I Ching”. Scarabelli fa notare poi l’uso massiccio che Dick fece delle droghe (soprattutto delle anfetamine) lungo la sua vita e cita l’episiodio in cui Timothy Leary e John Lennon gli avrebbero telefonato entusiasti dopo aver letto “Ubik” (in realtà l’autore dell’articolo qui si confonde, si trattava infatti de “Le tre Stimmate di Palmer Eldtrich”). Si parla poi molto della genesi del suo capolavoro (vincitore del Premio Hugo) “L’uomo nell’alto castello” qui in Italia maggiormente conosciuto con il titolo “La svastica sul sole” da cui è stata tratta di recente un’ottima serie televisiva. Molto interessante poi anche l’intervento di Sebastiano Fusco “Realtà dislocata e mondi alternativi” in cui narra della sua corrispondenza con Philip K. Dick e pubblica una sua lettera in cui lo scrittore statunitense definisce la fantascienza. Lo scrittore di fantascienza italiano Pierfrancesco Prosperi in “Io sono vivo, e voi dovreste essere morti”, scrive un interessante racconto con “Dick” come protagonista mentre Enrico Petrucci ci parla della sua ricaduta sul cinema. Insomma un numero, questo 19 di Dimensione Cosmica, che vale sicuramente l’acquisto considerando l’ampio materiale dedicato a Philip K. Dick.
Necronomicon. Mito & leggenda è un saggio scritto da Claudio Foti con la prefazione di S. T. Joshi, critico letterario statunitense, noto in particolare per il suo lavoro di ricerca su H. P. Lovecraft. Il Necronomicon è uno pseudobiblion, cioè un libro mai scritto ma citato in opere letterarie come se fosse vero, nato dalla fervida fantasia di Lovecraft. Claudio Foti nel suo saggio guida il lettore in un viaggio tra le molteplici teorie su HPL e il suo libro maledetto. Vengono affrontate diverse tematiche, alcune molto suggestive: la magia araba, la figura del poeta pazzo, la presunta identità tra il Necronomicon e il Codice Voynich, il dibattito sui legami tra Lovecraft e Crowley, gli altri Necronomicon… Nonostante Lovecraft stesso abbia più volte negato l’esistenza del Necronomicon, in molti credono che questo libro non sia frutto di fantasia: non si può di certo negare che questo sia stato l’incantesimo più grande dello scrittore di Providence. Claudio Foti nella sua opera non si prefigge di dare al lettore delle certezze, ma lo pone dinanzi a una serie di informazioni utili ad elaborare un proprio pensiero critico, valutando in piena autonomia quali di queste possano essere plausibili o meno. Il saggio, quindi, riporta diverse ipotesi enunciate nel corso degli anni da vari studiosi. Una lettura interessante adatta a tutti gli estimatori di Lovecraft che desiderano ampliare le proprie conoscenze su uno dei libri più misteriosi di sempre e fonte di miriadi di dibattiti.
Titolo: Necronomicon Autore: Claudio Foti Editore: Weird Book Collana: Weird Tales Genere: Saggio Pagine: 224 Prezzo: € 23,90 Formato: 16,5 x 24 cm Caratteristiche: Brossurato ISBN: 978-88-99507-96-1 Data di uscita: Aprile 2019
Disconnect dei Radio 8
I Radio 8 approdano al loro debutto discografico dopo un primo ep promettente uscito pochi anni fa. Con “Disconnect” la band riesce ad imporre all’album un taglio molto “live” e la sensazione che si ha durante l’ascolto di queste tracce è proprio piacevole e d’impatto. La band si muove tra il punk rock, l’hard rock e lo street metal con buoni risultati, riuscendo anche a variare un po’ la propria proposta anche a livello ritmico, facendo un uso anche pregevole di strumenti come basso e batteria.
Da una parte abbiamo delle stoccate decise come “Radio Hate”, “Party” o “Loser’s Victory” che rappresentano il lato più in your face dell’album, mentre in canzoni come “Memories”, “Raise” o “Lullaby” la band cerca di proporre qualcosa di più pensato e meno scanzonato, tra l’altro con buonissimi risultati. Detto questo, la band tecnicamente è nella media, soprattutto il cantante Devis Alviani non va oltre una meritata sufficienza, ma l’insieme delle cose funziona e questo “Disconnect”, salvo qualche cartuccia sparata a salve, è un buon album
Forse con un cantante più versatile ed espressivo questa band avrebbe potuto fare di meglio, ma in fondo non stiamo parlando di prog metal e quindi va anche bene così. per il futuro ci aspettiamo qualcosina di più, anche a livello di mix e mastering.
Tracklist:
1. Radio Hate 2. Memories 3. Party 4. Unrest 5. Woman 6. Highway 7. Lullaby 8. WarDog 9. Raise 10. Loser’s Victory 11. Still Here 12. Call your name 13. Colors
Line-up:
Devis Alviani – voce Ezio Zeppieri – basso Enrico Cinelli – chitarra Andrea Pandolfi – batteria Pasquale Del Brocco – chitarra solista
DIZIONARIO INFERNALE o Repertorio Universale degli esseri, dei libri, dei fatti e delle cose che si riferiscono alle apparizioni, alle divinazioni, alla magia, al commercio dell’inferno, ai demoni, alle streghe, alle scienze occulte, agli incantesimi, alla cabala, agli spiriti elementari, alla pietra filosofale, ai prodigi, agli errori, ai pregiudizi, alle imposture, alle arti degli zingari, alle varie superstizioni, ai racconti popolari, ai pronostici, e generalmente a tutte le credenze false, meravigliose, sorprendenti, misteriose o sovrannaturali.
STORIA DEL LIBRO
Jacques Albin Simon Collin (al cui nome si aggiunge il patronimico “de Plancy“, nome del paese natale) pubblica il Dizionario infernale nel 1818. L’opera conosce sei edizioni nel corso della prima metà del secolo (l’ultima è del 1863) e la sua fortuna è legata alla natura stessa del dizionario: si tratta di un censimento teratologico-folklorico-demonico che si rifà tanto alle fonti della tradizione popolare quanto a quelle della demonologia del XVI e XVII secolo. Non passano inosservate le acute osservazioni fenomenologiche e antropologiche dell’autore. La catalogazione demonica trasuda letteralmente di riferimenti – e metamorfosi di immagini attinenti – alla mitologia greca e indoeuropea, così come a fonti più arcaiche ed esotiche.
Occultista, demonologo, giornalista, editore, persino immobiliarista, nel corso della sua esistenza Jacques Albin Simon Collin detto “de Plancy” ha vissuto molte vite. A soli 18 anni, nel corso di un ritiro volontario in Norvegia, l’autore francese inizia a lavorare al suo Dictionnaire Infernal. L’opera come detto uscita per la prima volta in Francia nel 1818, conosce il successo e moltissime ripubblicazioni, provocando però non pochi guai al suo autore, accusato di satanismo e di far parte di una setta dedita al culto di Lucifero. La svolta per la sua carriera è rappresentata dalla conversione al cattolicesimo e dalla ritrattazione delle tesi sostenute nei suoi manuali. Col decreto del 16 ottobre 1841, papa Gregorio XVI toglie la censura alle opere di Collin de Plancy, che rivede il Dizionario in modo da farlo approvare ufficialmente dalla Chiesa di Roma. Da Inquisizione a Lutero, da Oroscopi a Demoni, da Magia a Vampiri, da Fate a Tregenda, il de Plancy si rivela un archivio vivente di aneddoti e fatti stravaganti, un letterato che informa divertendo, mediante un’opera che è insieme storia della stregoneria e bibliografia ragionata della superstizione. La prima versione italiana fu pubblicata a Torino nel 1867.
Aleister Crowley ha definito l’autore di questo volume come “un sommo filosofo del sapere proibito”.
Recensione: Per i tipi di Editoriale Jouvence ritorna nelle librerie italiane dopo più di trent’anni di assenza il famoso manuale censimento teratologico-folklorico-demonico: il DizionarioInfernale di Jacques Albin Simon Collin detto “de Plancy”.
La nuova edizione Jouvence è curata da Michele Olzi e con la partecipazione di Nicolò Ciccarone per la parte grafica. Ad accompagnare le voci un vasto apparato iconografico con le stampe del pittore Louis Le Breton. Questa edizione consiste in una selezione di voci da parte di Don Luigi Balestrazzi dalla quarta edizione del 1844. In quell’edizione precedentemente pubblicata da Bompiani negli anni Settanta (quella curata da Balestrazzi), erano state pubblicate delle voci con passaggi mancanti o tradotti in parte e con refusi evidenti, oltre a riferimenti mitici, biblici e storici totalmente errati. Il lavoro del curatore di questa edizione, Michele Olzi, è stato quello di revisionare, correggere e integrare la traduzione della selezione di Balestrazzi, confrontando le edizioni del 1844 e del 1853 e aggiungendo le parti non tradotte di quest’ultima nell’edizione francese. A ciò va ad aggiungersi il progetto grafico curato da Nicolò Ciccarone, che ha permesso non solo di trovare le illustrazioni del Dizionario in una maggiore definizione (alcune “ripulite” graficamente da lui stesso), ma ben cinque sono state ricollocate nel testo dove più erano indicate. Tutte queste modifiche e correzioni sono spiegate dettagliatamente nella prefazione introduttiva al volume dello stesso Olzi. In questo modo l’editore vuole così offrire una sorta di “summa” particolare nella sua selezione, consci del fatto che i lettori di oggi prediligono un vademecum più fruibile e di veloce consultazione, rispetto a “tomoni” enciclopedici di mille pagine.
Rispetto all’edizione Xenia ripubblicata anch’essa recentemente che consta di ben 960 pagine e oltre duemila voci, nell’edizione presa qui in esame in un condensato di 240 pagine troviamo circa 380 voci riguardanti le superstizioni e le credenze magiche antiche e moderne.
Un volume snello ma molto suggestivo e ben curato dove si possono trovare anche definizioni particolari e bizzarre oltre a tutti i vari nomi di demoni e creature mitologiche e folkloriche. Interessante come già accennato la prefazione di Michele Olzi che oltre ad argomentare nel dettaglio da quale edizione originaria è tratta, offre un’approfondita cronistoria delle origini del celeberrimo Dictionnaire Infernal. Le numerose illustrazioni completano questo volume di culto, destinato a tutti gli appassionati di esoterismo e non solo.
L’AUTORE Jacques Albin Simon Collin De Plancy (Plancy-l’Abbaye, 1793 – Parigi, 1881), è stato un uomo d’affari, giornalista, traduttore, stampatore, editore e libraio. Nonostante la sua fama editoriale sia legata alla pubblicazione del Dizionario infernale, è stato autore di decine di testi riguardanti temi di carattere spirituale, religioso e folklorico.
On Your Way EP dei Lace
Prendendo spunto dall’hard rock melodico di più o meno metà anni Ottanta, Davide Merletto realizza un ep di sei brani molto gradevole e romantico. Siamo nei sentieri solcati in quegli anni da gente come Europe e Bon Jovi e per questo lavoro Davide ha scelto di collaborare con molti musicisti, tra cui alcuni decisamente famosi come ad esempio Roland Grapow (Helloween, Masterplan) e John Macaluso (Malmsteen, Symphony X). Di base Davide Merletto con questi Lace non cerca l’innovazione, questo probabilmente si era capito dai gruppi di riferimento citati in apertura, ma si appoggia su un territorio molto ben consolidato che ancora ha molti estimatori.
I pezzi forse sono volutamente semplici, hanno strutture molto lineari e sono quindi il top per chi voglia ascoltare un album di facile fruizione ed avere un lotto di canzoni da cantare senza per forza sfasciarsi il cervello per capirne le dinamiche. Certo il metal e il rock sono andati avanti e si sono spinti davvero in là, tra sperimentazioni, estremismi e commistioni anche improbabili con altri stili musicali, ma qui tutto questo non succede, ma non si possono muovere troppe critiche ai Lace perchè i pezzi funzionano molto bene perchè hanno il giusto piglio e la giusta freschezza. Non sanno di vecchio, ma prendono solo spunto da cose passate, e c’è una bella differenza.
Inoltre i brani hanno un qualcosa di magico, e questo è dato dalle giuste melodie che intona Merletto, che ha gusto e classe da vendere. Insomma, un disco che supera ampiamente la prova della prima release, che è cruciale per capire di che pasta è fatta una band o un artista, quindi adesso vedremo in futuro come si svilupperà la carriera dei Lace.