Hard Times dei Menervah

Dalla Calabria arriva questa band che propone un hard rock moderno, influenzato dall’alternative metal, dal grunge e che ha delle particolarità, come l’uso di una tastierista fisso e una propensione vagamente progressive che arricchisce i brani in modo peculiare. Certamente l’impatto che si ha con “Animals” è positivo: la band padroneggia bene ogni reparto strumentale e ha una cosa che tanti non hanno, ovvero un cantante dotato di personalità, ovvero Antonio Orrico. Non si tratta tanto di tecnica o di virtuosismi, ma proprio di possedere quel quid in più che porta i brani ad essere accattivanti. Antonio ha una voce non pulita, anzi, è bella grezza e incazzata, ma sa donare quel fascino anni Novanta e grunge a dei brani che poi alla fin fine non hanno troppo a che fare con quel genere, se non per sporadiche situazioni in cui si sentono la disperazione e l’inquietudine tipiche di quel periodo musicale. 

Ecco quindi che la band man mano prende confidenza con i propri mezzi ed azzarda anche commistioni con il gothic/dark elettronico di “Incipit!”, o cerca di proporre la propria hit di facile assimilazione con “Never Forget You”. Il bello comunque di questo ep è che, come molte band agli esordi ed ancora un po’ acerbe ma con qualità, si ha la sensazione che il bello della loro musica possa ancora svilupparsi, e quindi alla fine dell’ascolto dell’ep rimane la curiosità di seguire questa band nei suoi prossimi passi.

Menzione d’onore per tutti i musicisti comunque, anche perchè chitarra e batteria si muovono su coordinate originali e mai scontate, soprattutto la chitarra, che sia nella scelta dei vari effetti che nella costruzione di trame avvolgenti si fa notare, eccome. Alla prossima, Menervah!

MENERVAH “Hard Times” (2023, Independent)




Cocainorso di Elizabeth Banks

Anno 1985, il trafficante di droga Andrew C. Thorton II getta dall’aereo un carico di cocaina ma nel lanciarsi con il paracadute sbatte la testa sullo stipite della porta per poi precipitare e schiantarsi al suolo, precisamente a Knoxville nel Tennessee. Il suo cadavere verrà ritrovato da Bob, un poliziotto che sospetta che il carico di droga appartenga al ricercato boss Syd White. Intanto il carico di cocaina è atterrato nei boschi della Georgia e verrà trovato da un orso il quale ne ingerisce in grandi quantità diventando non solo dipendente ma anche una belva assatanata che aggredisce e macella chiunque si trovi sul suo cammino. Intanto tra quei boschi ci sono Syd con i suoi scagnozzi alla ricerca del carico perduto, un trio di teppistelli adolescenti, la guardiacaccia Liz che con la guida naturalistica Peter aiutano Sari, una mamma la cui figlia ha marinato la scuola con un suo amichetto e il poliziotto Bob che lascia il Tennessee sconfinando in Georgia nella speranza di poter arrestare Syd. Ma si troveranno ben presto tutti a fronteggiare l’orso strafatto di coca dando il via a una vera e propria lotta per la sopravvivenza.

Tratto da fatti realmente accaduti, l’attrice e regista Elizabeth Banks ne produce e dirige il film nel 2022. La realtà dei fatti è che l’orso sia morto di overdose senza ammazzare nessuno, ma tale storia è un buon pretesto per poter tirare fuori un beast movie all’insegna dello splatter e del divertimento. Elementi entrambi presenti, il primo con sanguinose scene ben realizzate sia artigianalmente sia con l’aiuto della CGI, il secondo con la sua componente comedy non solo necessaria ma anche obbligata vista l’assurdità della situazione in cui si troveranno coinvolti i personaggi. La folta vegetazione del bosco riesce a creare un’atmosfera ben tesa dove il pericolo è ben percepibile dietro ogni cespuglio, roccia o albero tenendo lo spettatore con il fiato sospeso. Il cast regge bene sia il ritmo comedy che prettamente horror, con attori ben calati nei loro personaggi tra cui un grezzo Ray Liotta (scomparso nel Maggio del 2022 dopo una lunga e proficua carriera, di fatti questo viene ricordato come il suo ultimo film) nel ruolo del boss Syd. Con una sceneggiatura semplice e non troppo impegnativa, il film scorre bene fino al prevedibile finale ma regalando allo spettatore importanti svolte nella trama facendo in qualche modo incontrare tra loro tutti i personaggi presenti.

Quello che all’inizio (quando venne annunciato la prima volta) sembrava essere un film in stile “The Asylum” (“Sharknado” e derivati) in realtà è un prodotto ben strutturato, che a tratti sa farsi prendere anche seriamente. Ovviamente chi si aspetta un capolavoro consiglio di non avventurarsi nella visione, ma se avete voglia di risate e sangue la visione è obbligatoria. Quindi mettetevi comodi e lasciatevi trascinare da questo film “stupefacente” (e non lo dice solo lo slogan ma anche chi lo ha apprezzato).

PS: continuate la visione anche durante i titoli di coda.

Cocainorso di Elizabeth Banks
(Usa/2023)
Durata: 95′ Genere: thriller, commedia
Con Keri Russell, Alden Ehrenreich, O’Shea Jackson Jr., Ray Liotta, Isiah Whitlock Jr., Brooklynn Prince, Christian Convery




Visions Of Freedom dei Twilight Zone

In trent’anni di carriera i Twilight Zone non hanno realizzato molti dischi, infatti questo “Visions Of Freedom” è il loro secondo album in totale, ma la qualità di certo non manca a questa metal band a tutto tondo. Un metal classico venato di hard rock (anch’esso molto classico) è ciò che la band propone, e lo fa in modo del tutto convincente e con una buona cura dei suoni che fa emergere tutti gli strumenti dell’album in maniera adeguata. 

La voce di Van Shieldon rimarca che il metal qui è di casa, accennando anche acuti alla Michael Kiske negli episodi più power-oriented (“The Laws Of Denial”) e che poi sa modularsi man mano che il disco prosegue, visto anche il fatto che la velocità in questo album non è il fattore primario. Abbiamo una buona ispirazione da parte della band, che infatti va poi a sfociare in un lotto di brani diversi tra loro, alcuni più pesanti e altri dove la band si butta sia nell’epicità tipica di band come Manowar e Virgin Steele (“Reminiscence”, “Soul Reaper”). 

All’interno del disco sono presenti anche almeno tre episodi che potremmo definire ballad o semi-ballad che perlomeno cercano di variare un po’ il discorso metal tout-court, ma che non alzano di molto la qualità del disco, che probabilmente se fosse stato “tirato” o comunque prettamente metal dall’inizio alla fine sarebbe stato ancora più incisivo. In virtù di quanto detto, “Visions Of Freedom” è un disco buono ma non imprescindibile, ma che comunque sa intrattenere a dovere l’ascoltatore, ma con qualche caduta di tono di troppo. 

Sicuramente l’unico superstite dagli albori, ovvero Stefano “SG” Giusti (basso/backing vocals), ha saputo scegliere bene i suoi compagni nel tempo, e due musicisti come Cristian Angelini (chitarra) e Pierluigi Salvatori (batteria) alzano il livello del disco anche nelle tracce meno convincenti. Tutto sommato, un disco discreto/buono.

TWILIGHT ZONE “Visions Of Freedom” (2022, Diamonds Prod)




Il mostro della cripta di Daniele Misischia

Giò è un giovane ragazzo nerd residente a Bobbio in provincia di Piacenza. Adora i film horror e a tal proposito si sta improvvisando regista girando uno slasher amatoriale con i suoi amici. L’altra sua passione sono i fumetti, nello specifico Squadra 666 del quale acquista l’ultimo numero uscito in edicola intitolato Il Mostro della Cripta. Ma nella lettura del fumetto nota che nelle vignette sono raffigurati luoghi del suo paese, tra cui la chiesa con una probabile cripta contenente il sarcofago con il mostro. Giò allora convince il suo amico Alberino ad accompagnarlo per vedere se tale luogo esiste davvero. Con loro stupore la trovano, ed anche il sarcofago con tanto di combinazione per aprirlo proprio come indicato nel fumetto…solo che non uscirà fuori nessun mostro. Intanto strane morti e sparizioni avvengono in paese e pare siano coinvolti i Valmont, una strana famiglia che vive in un casolare di campagna poco fuori dal paese. Giò vuole vederci chiaro, e raduna tutti i suoi amici per smascherare i Valmont affidandosi anche a Fabienne, una donna pazza con un passato legato ai Valmont, e ad un aiuto esterno….Diego Busivirici, ovvero il disegnatore di Squadra 666.

Nato da un’idea dei Manetti Bros., il film verrà poi diretto da Daniele Misischia (The End? L’Inferno Fuori) nel 2021. Dopo una breve intro i cui avvenimenti andranno poi a collegarsi nel finale, lo spettatore si vede proiettato negli anni ’80 omaggiando quell’epoca che era florida per i film horror e di fantascienza, e lo fa attraverso poster e videocassette (ben visibili nelle camerette di alcuni dei personaggi) ma anche in citazioni e situazioni. L’atmosfera anni ’80 è ben resa tale anche dagli usi e costumi, i veicoli che circolano per strada, la tecnologia fatta di videocamere rudimentali, tv a tubo catodico e videoregistratori e soprattutto le giornate passate nella spensieratezza giovanile. Il cast ci regala una performance recitativa molto convincente calandosi molto bene nei loro panni tra cui si segnala la presenza di Chiara Caselli (Nonhosonno, Il Signor Diavolo) nel ruolo di Fabienne, Pasquale Petrolo in arte Lillo nel ruolo di Diego Busivirici, Giovanni Calcagno e Gisella Burinato nei rispettivi ruoli del Vice Commissario Valmont e Madre Valmont, ma anche lo stesso Misischia si è ritagliato un ruolo vestendo i panni del parroco del paese. Menzione particolare va anche ai curatissimi effetti speciali per la cui realizzazione ha partecipato un maestro del calibro di Sergio Stivaletti. Il ritmo è abbastanza costante senza mai cadere né nella lentezza né nella frenesia ma soprattutto, grazie ad una ambiziosa e solida sceneggiatura, non cade mai nella prevedibilità sorprendendo sempre lo spettatore concedendogli anche qualche risata (si tratta pur sempre di una commedia) accompagnandolo in un finale inaspettato e dal sapore nostalgico.

Un prodotto pensato e fatto per i nostalgici, che ben si presta anche a spettatori di nuova generazione che magari non hanno vissuto quegli anni in cui sono state sfornate perle rimaste impresse nella storia del cinema, in particolare quello horror. Non troppo impegnativo, leggero e gradevole nella visione, una chicca che merita di essere recuperata tenendo presente una cosa: la legge del “Non Incrociare i Flussi” è ancora valida!

Il mostro della cripta
di Daniele Misischia
Italia (2021)
Con Tobia De Angelis, Pasquale Petrolo, Chiara Caselli, Giovanni Calcagno, Gisella Burinato.




Ritorno ad Amtara di Valentina Ferranti

Ritorno ad Amtara, scritto da Valentina Ferranti prima del febbraio 2020 e pubblicato nel 2021 da Edizioni NPE, è un fantasy che presenta anche elementi tipici del genere fantascientifico.

Il romanzo, primo capitolo di una saga, è ambientato in un futuro distopico dove il pianeta Terra risulta incompatibile con la vita per colpa dello sfruttamento sregolato delle risorse naturali e dei disastri ambientali causati dai Destinati alla Grande Eternità Scura, casta eletta che da secoli governa il mondo. Questa ha soggiogato l’umanità inconsapevole e l’ha reclusa in delle aree abitabili di natura artificiale.

Al di fuori di queste comunità, esiste un’altra fazione che vive nelle viscere della Terra: i Ribelli della Linea Bianca da sempre in lotta con i Destinati. A questo gruppo appartiene la protagonista del romanzo, Telesa, una giovane dotata di un enorme potere, che durante una missione viene tratta in salvo e portata nella città di Amtara, il luogo più sacro del pianeta con a capo le sette donne del Supremo Concilio. Queste possiedono straordinarie facoltà extrasensoriali, come la telepatia e la chiaroveggenza, e guideranno l’audace Telesa verso il suo destino.

Nel frattempo, Adam, compagno di lotta e di vita di Telesa, con la quale è collegato telepaticamente, viene catturato e condotto nell’area ZM66, dove verrà affidato alle cure del Dottor Vasani.

Il romanzo è incentrato sul dualismo tra bene e male, ovvero tra luce e oscurità, rappresentate rispettivamente dai Ribelli e dai Destinati. La storia, molto originale e coinvolgente, è presentata da un narratore onnisciente. I capitoli rispecchiano la contrapposizione tra i due schieramenti: infatti, si alternano vicende incentrate ad Amtara o nel sottosuolo ed episodi ambientati nell’area ZM66. Valentina Ferranti costruisce quasi due trame parallele che si intrecciano e congiungono per dare vita a una narrazione davvero avvincente.

Il libro presenta molti personaggi per entrambe le fazioni. I nomi sono spesso complicati, a volte quasi impronunciabili, ma con il progredire della lettura si assimilano senza grosse difficoltà. I protagonisti presentano un’evoluzione ben sviluppata nel corso della trama. In alcuni casi, arrivano anche a rivalutare le proprie posizioni e convinzioni e ad abbandonare lo schieramento di appartenenza per quello rivale.

L’ambientazione è molto interessante: abbiamo un pianeta pressocché deserto dove la popolazione sopravvissuta vive o nel sottosuolo o in delle strutture artificiali in cui sono conservati anche diversi tipi di piante. La Terra è, quindi, inospitale e per muoversi sulla sua superficie gli esseri umani sono costretti ad utilizzare particolari tute protettive.

Purtroppo, manca una cartina a inizio o a fine libro per visualizzare l’ubicazione delle diverse aree in cui avvengono le vicende narrate.

L’editore dovrebbe fare più attenzione alla qualità dell’editing: sono presenti un po’ troppi refusi che, però, non intaccano la qualità del testo.

Bella la cover firmata da Nino Cammarata e davvero magnifiche le illustrazioni interne di Riccardo Galante.

Valentina Ferranti ci presenta l’area ZM66 come una società che ha smarrito la propria umanità ed è governata da figure del tutto prive di emozioni. Una popolazione inconsapevole accanto alla quale troviamo inquietanti individui al servizio dei Destinati, i cosiddetti mrtani: uomini che a seguito di uno specifico trattamento risultano privi di volontà e, quindi, incapaci di qualsiasi forma di ribellione. Eppure, c’è chi tra l’indifferenza di una parte del popolo non smette di affrontare il potere e si ribella alla sua volontà. È evidente che la società frutto della fantasia dell’autrice sia una rappresentazione allegorica della nostra realtà, dove la maggior parte delle persone vive nell’apatia, e spesso proprio coloro che si battono per il bene collettivo vengono etichettati come i cattivi di turno.

Un libro che invita a ben più di qualche semplice riflessione sul nostro presente: lettura consigliata!




Reflections di Interlude Of Clarity

Debutto per questa validissima band italiana che propone un modern metal/hard rock che riporta in mente band come Guano Apes, Evanescence, Korn, Disturbed ecc. Quindi avrete più o meno capito come si sviluppa il sound degli Interlude Of Clarity: chitarre pesanti, voce femminile alternata a qualche growl maschile, qualche incursione nell’elettronica con synth vari, e un buon numero di pezzi molto commerciali che si distinguono però per una vena triste di fondo.

Il fiore all’occhiello di questa band è la cantante Gabriella Pagano, una sorta di emule della ben più famosa e storica Amy Lee. La sua voce è eccellente e ricorda davvero molto da vicino quella della cantante degli Evanescence, perchè come accennavamo ci sono diverse sfumature gotiche e tristi nel disco, e quindi questa ragazza riesce a dare enfasi a questo aspetto e a fare il bello e il cattivo tempo un po’ in tutto l’album. Grande prova comunque da parte di tutta la band. La co-fondatrice (assieme alla appena citata Gabriella Pagano) e chitarrista Sara Acquafredda ha una buona inventiva e riesce a pungere nei momenti più pesanti con riff semplici ma d’impatto, ma sa anche emozionare nelle ballad e negli episodi più prettamente nu metal.

Un album che è arrivato quasi in sordina in questo 2023 ma che ha il sapore e l’ambizione delle grandi produzioni e che sicuramente riuscirà a far breccia in molte anime decadenti che non hanno mai abbandonato alcune sonorità di 20-25 anni fa in ambito nu metal, ma anche un album che potrà piacere un po’ a tutti gli amanti del rock di facile fruizione e da “Virgin radio”, per il suo appeal commerciale che non guasta affatto.

“Reflections” di Interlude Of Clarity
(2023, No Reentry Records)