Crimson Peak (Usa, 2015) Regia: Guillermo del Toro. Soggetto e Sceneggiatura: Guillermo Del Toro, Matthews Robbins. Fotografia: Dan Laustsen. Montaggio: Bernat Vilaplana. Effetti Speciali: Rocco Larizza, Laird MacMurray, Dennis Berardi. Musiche: Fernando Velazquez. Scenografia: Tom Sanders, Brandt Gordon, Shane Vieau. Costumi: Kate Hawley. Trucco: Jordan Samuel, Daniel Carrasco, David Martí, Montse Ribé. Produttori: Guillermo Del Toro, Callum Greene, Jon Jashni, Thomas Tull. Case di Produzione: Legendary Pictures, Double Dare You Productions. Distribuzione (Italia): Universal Pictures. Genere: Horror Fantastico. Durata: 119’. Paese di Produzione: USA, 2015. Interpreti: Mia Wasikowska (Edith Cushing), Jessica Chastain (Lady Lucille Sharpe), Tom Hiddleston (Sir Thomas Sharpe), Charlie Hunnam (dott. Alan McMichael), Jim Beaver (Carter Cushing), Burn Gorman (Holly), Bruce Gray (William Ferguson), Emily Coutts (Eunice McMichael), Leslie Hope (Mrs. McMichael), Laura Waddell (Pamela Upton), Alec Stockwell (William Findley), Jonathan Hyde (Ogilvie), Doug Jones (fantasma della madre di Edith e di Lady Beatrice Sharpe), Javier Botet (fantasma di Enola, Margaret e Pamela).
Guillermo Del Toro è un regista cha fa cinema horror con un taglio tra il fantastico e il fiabesco, affascinato dai mostri e dagli incubi della mente, come spettri e visioni ancestrali, sa essere sempre originale e innovativo anche trattando di temi che sono stati sviscerati a lungo dal cinema dell’orrore. Crimson Peak è una storia di fantasmi ma è anche un racconto nerissimo di una coppia diabolica, un fratello e una sorella stretti da un legame di sangue che li porta a uccidere per affermare le loro personalità. Tutto parte dal dono di Edith che vede gli spiriti dei morti da quando ha perso la madre, uccisa dal colera, ma la vera parte horror deve ancora arrivare dopo l’incontro con Thomas Sharpe, l’omicidio del padre e il suo trasferimento nel castello di Crimson Peak, popolato da fantasmi che ossessionano le sue notti. Non sono gli spettri la parte terribile della vicenda, quanto il suo sposo e la perfida sorella che hanno deciso di avvelenarla e farla morire lentamente. Non vado oltre con la trama che va scoperta gustando un film sceneggiato come un thriller fantastico, fotografato in maniera cupa e vivace (Laustsen), montato a ritmi frenetici (Vilaplana), ricco di suspense e colpi di scena. Del Toro scrive la sceneggiatura insieme a Robbins, subito dopo aver realizzato Il labirinto del fauno (capolavoro) e il modesto Pacific Rim, per omaggiare film importanti come Gli invasati e Suspense, ispirandosi ai modelli giovanili come Shining, L’esorcista e Il presagio. Il tono del film è da fiaba dark, con la coppia perfetta diabolica composta da un dominante e un succube, gli omicidi efferati a scopo di denaro ma soprattutto per assecondare un delirio di follia, il tutto impaginato tra lugubri apparizioni di spiriti e da un vero e proprio eccesso di sangue. Lucinda Coxon collabora alla sceneggiatura, anche se nei crediti risultano solo Del Toro e Robbins. Centoventi minuti di tensione narrativa a base di colpi di teatro che conducono a un finale ritenuto ormai impossibile, tipico di una fiaba drammatica ricca di effetti speciali e di personaggi dipinti a tinte fosche con sfaccettature realistiche. La colonna sonora sinfonica a base di brani classici rende il tono della pellicola ancor più fantastico, calandolo in un mondo sospeso tra il reale e il fiabesco. La scenografia del castello cadente di Crimson Peak completa l’opera, creando un ambiente scenico suggestivo e orrorifico al punto giusto. Attori bravissimi che si calano in personaggi non facili da rendere con il giusto mix tra fiaba e realtà, dando corpo e anima agli incubi del regista. Un film da ricercare e da vedere, se l’avete perso, e che trovate con estrema facilità (senza spesa) su Mediaset Infinity.
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Reliquiae di Lucrezia Northstar
Lucrezia Northstar ci fa dono di un racconto breve, 22 pagine, che parla del mare e di come rispettarlo. Si tratta di un volumetto piccolo, ma gradevole, bene impaginato e leggibile. La storia in esso racchiusa è autoconclusiva e fine a sé. Parla di un uomo, Aico, che è un cacciatore di tesori sommersi e del suo amante, tale Mauger. Proprio quest’ultimo convincerà Aico a cercare sul fondo del mare una reliquia perduta che potrebbe renderli incredibilmente ricchi e rispettati. Il giovane affronterà quindi la profondità e le creature che vi abitano per recuperare quel tesoro, ma può tutto andare così bene? No, questa è una storia di vendetta che merita una lettura. Il tratto del fumetto è leggermente sporco, stracolmo di dettagli interessanti fino alla maniacalità, ogni scena è chiara e apprezzabile a una prima occhiata. L’orrore, perché ce n’è e con tinte quasi Lovecraftiane, risulta affascinante sotto un disegno tanto ben fatto. C’è poco altro da dire, vale le 5 euro del suo prezzo.
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La tormenta di Luigi Carrozzo
La tormenta di Luigi Carrozzo è un romanzo pubblicato dall’editore Dark Zone. In questo dark urban fantasy, una fase invernale particolarmente gelida investe l’Europa e quindi anche il Nord Italia. Milano, in particolare, dove si svolge maggior parte dell’azione, è colpita da questo gelo anomalo. Non solo. La città è anche isolata: internet non funziona, i cellulari non vanno. La città è pure interessata da incidenti stradali e altri danni causati dallo strano gelo. Privati della tecnologia, i milanesi sono persi e si lasciano andare alle più cupe previsioni. Specialmente quando sentono strani ululati nella nebbia, causati dal freddo, che ricopre la metropoli molto di più di quanto i cittadini di Milano siano abituati. Questi ululati, che fanno pensare ai lupi, provengono in realtà, da mostruosi esseri sovrannaturali che famelici avanzano e aggrediscono i cittadini. Di loro gli esseri umani all’inizio vedono solo gli occhi, come strane luci, poi li guardano nella loro nefasta presenza, con fauci pronti a divorarli. Carrozzo usa un andamento narrativo in progressione: prima i latrati che sembrano quelli di animali comuni, poi questi suoni assumono una valenza sovrannaturale; allo stesso modo gli umani vedono prima delle luci azzurre che si rivelano essere quelle infernali degli occhi delle creature. Ugualmente, considerando la trama nel suo complesso, la situazione che, all’inizio, sembra una semplice situazione di disagio da clima invernale anomalo, degenera presto in un incubo a occhi aperti. L’azione narrativa coinvolge alcuni studenti e i loro parenti in un racconto corale all’interno della quale si distinguono alcuni personaggi: Rose, la guardiana, in particolare Ilde la guerriera, suo marito Claudio e la loro figlia Greta. Ilde scopre il suo passato atavico in cui, in un’altra dimensione spazio temporale, deve aiutare il padre ad affrontare il terribile nemico conosciuto con il nome di Eclissi e le Bestie, esseri sovrannaturali famelici, sguinzagliati al suo servizio. Le Bestie sono proprio quegli esseri i cui latrati infernali e gli occhi malefici spaventano i milanesi. La guardiana, Rose, soccombe. Ilde, la guerriera, deve uscire dal suo corpo e utilizzando la propria forma astrale affrontare le Bestie e il loro emissario. Ilde rappresenta l’ultima difesa contro l’Eclissi, dopo che altri guardiani e altri guerrieri sono stati sgominati dalle Bestie. Intanto nel cielo di Milano e in quello dell’altra dimensione in cui Ilde riesce a proiettarsi, si staglia un disco nero. Questo disco nero, una sorta di buco nero, è proprio Eclissi. Simbolo del Male nella sua essenza più distillata. Non procedo oltre con lo spoiler. Aggiungo solo che Luigi Carrozzo non scrive la solita storia della lotta tra il Bene e il Male. Le cose sono narrativamente più complesse. Dispiace però che questa complessità resti un po’ in superficie e non venga approfondita come avrebbe potuto essere. Il romanzo inizia con toni tra Dino Buzzati e Stephen King (La nebbia). Lo spirito di entrambi gli scrittori percorre il romanzo nella sua interezza. La tormenta mi ha fatto pensare anche, però in una forma narrativa più semplice, a Le venti giornate di Torino di Giorgio de Maria. Passiamo quindi, in modo alquanto narrativamente fluido, nella seconda parte, a una trama e ad atmosfere dark fantasy. Le ambientazioni, sia quella urbana metropolitana, sia quella della dimensione altra in cui si muove Ilde, sono caratterizzate da descrizione realistica, nel primo caso, e da descrizione convincente e affascinante nel secondo. Lo stile di Luigi Carrozzo è molto curato: lo scrittore ricerca l’incastro di giuste parole e le analogie particolari. Tutto ciò concorre alla creazione di un modo di raccontare originale, mai banale, molto espressivo anche se mai di difficile comprensione. Le parti dark e horror sono sempre misurate, mai inutilmente truculente. Lo dico senza intenzioni polemiche nei confronti di scrittori che fanno scelte di narrazione più estrema. Solo per sottolineare la precisa scelta stilistica di misura da parte di Carrozzo che lungi dal mostrare/imporre induce piuttosto il lettore a ri-creare il racconto utilizzando la propria immaginazione. I protagonisti cercano disperatamente spiegazioni razionali per i fenomeni sovrannaturali ai quali prima assistono e che poi li coinvolgono con esiti anche fatali. Lo sguardo di Carrozzo ai suoi personaggi è sempre compassionevole. Se vogliamo trovare qualcosa che non va, quindi ribadiamo soltanto quel non voler approfondire, da parte dell’autore, gli sviluppi della trama che avrebbero potuto condurre il romanzo molto oltre una comune storia di antitesi Bene/Male. In definitiva consiglio La tormenta di Luigi Carrozzo a chi ama il dark fantasy con toni non troppo horror e a chi apprezza la narrativa fantastica italiana, Buzzati in primis. Insomma, se volete passare qualche ora svagandovi nelle giornate fredde, è la lettura che fa per voi.
L’AUTORE Luigi Carrozzo è nato a Salerno e ora vive a Milano. Per anni ha lavorato nel mondo dell’editoria, collaborando con numerose redazioni editoriali e ricoprendo vari ruoli: traduttore, ghost writer, editor.
La Tormenta Autore: Luigi Carrozzo Editore: Dark Zone Pag. 320 Codice ISBN: 791280 077189 Prezzo: 14,90 €
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Gli Accoliti di Cthulhu di Autori Vari
[…] Chi avrebbe dato una tale somma, si chiedevano in molti, per una copia, nemmeno originale, di qualcosa chiamato Necronomicon, opera di un arabo folle di nome Alhazred? O ancora, un’opera intitolata De Vermis Mysteriis di Ludvig Prinn, o i Cultes des Goules del Conte d’Erlette, L’Histoire des Planetes di Laurent de Longnez, Civtates Antiquae Fantasticae di Jawangi Warangal? L’acquisizione di questi volumi da parte di Coler contribuì molto ad etichettarlo come uno il cui talento, benché prodigioso, veniva pateticamente sprecato in argomenti che rasentavano la follia; e il suo assiduo apprendimento di lingue e dialetti antichi che erano sfuggiti alla memoria anche dei migliori linguisti gli procurò un’ulteriore reputazione per la sua eccentricità. Il fanatismo è raramente positivo, ma a quanto pare fu proprio il fanatismo di Coler a salvarci la vita. […]
Gli Accoliti di Cthulhu non è semplicemente una raccolta di racconti firmati da un gruppo di autori internazionali. Questa antologia ha alle spalle una storia lunga vent’anni che merita di essere conosciuta e condivisa. L’opera si colloca tra i racconti del Lovecraft Myth Circle e gli Expanded Cthulhu Mythos. Non si limita a esplorare l’universo creato dal Sognatore di Providence, ma include anche materiale sviluppato dai suoi contemporanei e successori, rispettando ciò che viene generalmente considerato il “canone” lovecraftiano. Curata da Robert M. Price, l’antologia fu pubblicata per la prima volta nel 2001 dalla casa editrice Fedogan & Bremer, in una tiratura limitata di 2.500 copie. Molti dei racconti inclusi avevano già trovato spazio su riviste celebri come Weird Tales, Unusual Stories, The Acolyte, Stirring Science Stories, Fantastic, Magazine of Horror, Weird Terror Tales, Supernatural Stories, Atlantic Monthly, Fantasy and Science Fiction, Lovecraftian Ramblings, The Necrotic Scroll, Eldritch Tales, Tales of Lovecraftian Horror e Alfred Hitchcock’s Mystery Magazine, The Mammoth Book of Comic Fantasy, ecc. Nel 2014, Titan Publishing ha ristampato l’antologia, escludendo però il racconto “Black Noon” di Clifford Martin Eddy Jr. (conosciuto anche come C. M. Eddy Jr.). Una curiosità: questa storia incompiuta, scritta nel 1969, era ispirata a un’escursione realmente intrapresa dall’autore insieme a H.P. Lovecraft nei primi anni Venti. Durante il viaggio, i due esplorarono una remota e misteriosa zona della “Palude Oscura” nel New England. L’edizione italiana di Accoliti di Cthulhu, pubblicata da NPE Edizioni, è la traduzione della versione del 2014 di Acolytes of Cthulhu, originariamente pubblicata dal Titan Publishing Group Ltd. Personalmente, sono immensamente grato che questa traduzione sia diventata realtà, rendendo accessibile anche ai lettori italiani – non avvezzi alla lettura in lingua anglofona – un’opera così preziosa. Contenuto all’interno della collana Saggistica & Narrativa, al numero 44 con le traduzioni di Gloria Grieco e di CHWilliams Language Services di Camilla Hanako Williams adesso mi appresto a presentarvi i titoli inseriti e una loro breve panoramica. Il tutto si apre con una dedica a Duane Rimel, poeta e scrittore statunitense di romanzi fantastici, di science-fiction e di romanzi polizieschi. Egli ha scritto delle opere con lo pseudonimo di Rex Weldon ed è stato amico di H.P. Lovecraft.
Introduzione ad opera di Robert M. Price – tratta dell’influenza di H.P. Lovecraft come figura centrale nella cultura letteraria e della sua evoluzione da autore di nicchia a icona di culto. La sua opera e la sua figura sono associate al “Culto di Cthulhu”, che rappresenta simbolicamente un culto letterario. Lovecraft ha catturato l’immaginazione dei lettori costruendo un universo narrativo con una profondità e un realismo tali da risultare veritiero nella mente del lettore. Si esplorano le ragioni del fascino lovecraftiano, tra cui: I lettori, spesso giovani e alienati, si identificano con i protagonisti eruditi e solitari delle sue storie. L’attrattiva del Sognatore di Providence è amplificata dalla natura segreta e misteriosa dei suoi miti, simile a una religione con una forte componente immaginativa. Per la sua capacità di rovesciare l’antropocentrismo, esponendo la piccolezza umana di fronte all’universo, un tema che risuona specialmente con i razionalisti e gli scettici. L’introduzione discute anche di altre componenti: I fandom, di come l’esperienza dei fan dei suoi lavori viene comunemente descritta come un equilibrio tra il desiderio di appartenenza e il bisogno di segretezza, per preservare la sacralità dei propri interessi. I pastiche e gli accoliti, ovvero, quei numerosi autori, sia contemporanei di HPL che successivi, hanno emulato il suo stile. Spesso i pastiche rappresentano esercizi di apprendimento, ma possono anche condurre a opere originali di rilievo. Infine, viene sottolineata la tensione tra il mantenere Lovecraft come autore di culto e il tentativo di renderlo rispettabile tra i circoli accademici, con la paura che quest’ultimo approccio possa diluire la sua unicità. Essendo questa introduzione datata 1997, direi che aveva visto lungo. La maledizione del casato dei duryea diEarl Peirce, Jr.: è un racconto gotico che unisce elementi di horror psicologico e sovrannaturale, esplorando temi di eredità, colpa e distruzione familiare. L’opera, pur ispirandosi chiaramente alla tradizione lovecraftiana, si distingue per l’intensa introspezione emotiva dei protagonisti e per un’atmosfera densa di inquietudine. La descrizione del rifugio nel Maine e della natura circostante – il lago isolato, le tempeste violente – amplifica il senso di isolamento e di minaccia imminente. Le immagini del temporale e del caminetto che proietta ombre inquietanti creano un efficace contrasto tra sicurezza apparente e pericolo latente. La leggenda del vampiro vrykolakas e il tema della maledizione familiare sono trattati con un tocco di erudizione che richiama i racconti classici dell’horror gotico. L’uso di riferimenti a testi antichi e di dettagli macabri (come Infantifagi) dona profondità al racconto, suggerendo una mitologia complessa e coerente. Il settimo incantesimo di Joseph Payne Brennan: è un racconto che si inserisce perfettamente nel filone della narrativa weird, arricchito da un’atmosfera densa e opprimente, una mitologia oscura e un crescendo di tensione che culmina in un finale spietato. Brennan dimostra maestria nell’evocare immagini perturbanti e nel costruire una trama che esplora i pericoli della curiosità umana e dell’ambizione sfrenata. Il racconto esplora il tema classico del prezzo da pagare per la sete di potere e conoscenza proibita. Emmet Telquist è un personaggio tragico, profondamente umano nella sua ambizione e nei suoi difetti. Emarginato e frustrato, rappresenta l’archetipo dell’antieroe che cede alla tentazione di un potere proibito, ignorando i moniti e le conseguenze. Dalle profondità dell’antica blasfemia di Hugh B. Cave & Robert M. Price: ha una narrazione densa e avvolgente che mescola orrori cosmici, antropologia culturale e folklore caraibico. La narrazione oscilla tra l’esplorazione accademica e l’incubo personale, offrendo un viaggio inquietante nei meandri di antichi culti e terribili verità. Hugh B. Cave e Robert M. Price creano un’opera che intreccia tradizioni reali con miti inventati, mantenendo un equilibrio efficace tra orrore cosmico e realismo culturale. La descrizione dei paesaggi haitiani e l’ambientazione tra le tradizioni del vodun conferiscono al racconto un tocco di autenticità. Peter, antropologo ambizioso e moralmente ambiguo, rappresenta una figura complessa. Il suo desiderio di conoscenza si scontra con la sua inesperienza e l’incapacità di gestire le forze oscure che lo circondano. La sua progressiva perdita di controllo è il cuore emotivo del racconto. Il racconto riesce a integrare magistralmente elementi del pantheon lovecraftiano – come gli Antichi e la celebre citazione su ciò che può attendere in eterno – senza perdere di vista l’originalità della trama. Le creature come Cthulhu o Tulu si fondono molto bene in tutto il contesto. I gioielli di charlotte di Duane Rimel: è intriso di mistero, atmosfere gotiche e un senso di minaccia latente che trasporta il lettore in un’oscura e remota cittadina dove il passato non è mai veramente sepolto. Duane Rimel sfrutta sapientemente l’inquietudine che si insinua in ogni dettaglio, creando un racconto che bilancia abilmente il fascino della curiosità umana con il terrore dell’ignoto. Rimel dimostra una straordinaria abilità nel lasciare molte domande senza risposta, mantenendo viva la tensione e lasciando che l’immaginazione del lettore riempia i vuoti. I Gioielli di Charlotte rimangono un enigma fino alla fine, rafforzando il senso di mistero. Le lettere di fuoco freddo di Manly Wade Wellman: intreccia magia, occultismo e horror in un’atmosfera urbana decadente. La narrazione di Wellman si distingue per l’attenzione ai dettagli gotici e per i personaggi memorabili, che si muovono in un mondo dove il soprannaturale e il razionale si intrecciano in modo inquietante. Questo racconto, con i suoi temi di conoscenza proibita e lotta per il controllo del potere arcano, rappresenta un classico esempio del weird fiction. Wellman dipinge con maestria un mondo degradato e sinistro, in cui l’occulto si nasconde tra le crepe delle vecchie città. Gli edifici fatiscenti, le lavanderie malridotte e i corridoi angusti creano un ambiente che amplifica il senso di pericolo e mistero. Orrore a vecra di Henry Hasse: è un racconto, appunto, di orrore cosmico che fonde elementi di inquietudine psicologica, tradizioni occulte e un’immersione profonda nella lore lovecraftiana. La narrazione, densa e carica di tensione, si muove lungo il confine tra il reale e il soprannaturale, trascinando il lettore in un abisso di terrore crescente. Questo racconto è un omaggio e una variazione personale sul tema dei Grandi Antichi, con uno stile che riflette sia la maestria narrativa di Hasse sia il suo tributo alla scuola natia di Providence. Dimostra una notevole abilità nel dosare il raccapriccio, alternando momenti di calma apparente a esplosioni di terrore. L’intreccio cresce gradualmente, portando il lettore a una conclusione devastante e inevitabile. Il racconto arricchisce l’universo lovecraftiano, introducendo nuovi nomi, figure e rituali. La menzione, ad esempio a B’Moth che adesso viene ufficialmente riconosciuto all’interno dei miti estesi. Fuori dal vasetto di Charles A. Tanner: è un racconto gotico-fantastico che unisce temi di occultismo, leggende arabe e orrore interiore. La storia si sviluppa attraverso una narrazione avvincente, che esplora l’incontro tra curiosità umana e mistero ultraterreno. La vicenda non solo cattura l’attenzione, ma lascia il lettore con una persistente sensazione di inquietudine e riflessione sulla natura della conoscenza. L’intreccio di miti ebraici, tradizioni arabe e riferimenti a figure lovecraftiane conferisce al racconto una profondità mitologica. L’uso del sigillo di Salomone e dei Jinn richiama antiche storie, rendendo il racconto un ponte tra fantasia e tradizione. Il cervello della terra di Edmond Hamilton: è un racconto fantascientifico dal tono epico, che mescola suspense, horror cosmico e filosofia, portando i lettori a interrogarsi sui limiti della conoscenza umana e sul nostro ruolo nell’universo. La trama avvincente si sviluppa attorno a un concetto grandioso: la Terra come organismo vivente con un’intelligenza centrale, il suo “Cervello”. Hamilton intreccia narrazione, immaginazione scientifica e una potente carica emotiva, creando un’opera che è tanto affascinante quanto inquietante. La visione di Hamilton è singolare. L’idea che la Terra sia un essere vivente, dotato di una mente centrale nascosta in una montagna polare, eleva il racconto oltre il tradizionale filone. Questo concetto richiama temi cari a HPL di insignificanza umana davanti a forze cosmiche incomprensibili. Attraverso l’angolo alieno di Elwin G. Powers: è un racconto inquietante e visionario che si colloca all’interno del filone dell’orrore cosmico ispirato a H.P. Lovecraft. Con una narrazione carica di tensione, Powers riesce a trasportare il lettore in una dimensione aliena e terrificante, popolata da entità inconcepibili e pericoli che sfidano la comprensione umana. L’opera, pur breve, lascia un’impressione duratura grazie alla sua atmosfera disturbante e al senso di ineluttabilità che permea la storia. L’eredità in un cristallo di James Causey: fonde mistero, sovrannaturale e ironia macabra in una narrazione coinvolgente e spaventosa. L’opera si colloca tra la narrativa dell’horror gotico e il racconto fantastico, proponendo una trama avvincente che ruota attorno a un oggetto maledetto e alle sue conseguenze devastanti. Con una costruzione narrativa ben calibrata e personaggi memorabili, il racconto lascia un’impressione indelebile, grazie anche al finale beffardo e inquietante. L’anello di cristallo è un elemento centrale del racconto, che Causey utilizza con maestria per orchestrare eventi inquietanti e soprannaturali. La descrizione del cristallo, con il suo bagliore rossastro e le strane rune incise, è suggestiva e trasmette un senso palpabile di pericolo (oltre a ricordare un altro famoso gioiello Lovecraftiano) Il testamento di claude ashur di C. Hall Tompson: viene creata un’atmosfera inquietante e gotica che mi ha catturato sin dalle prime righe. L’attenzione ai dettagli visivi e sensoriali sommerge pienamente il lettore nell’orrore psicologico e soprannaturale del racconto. I personaggi, in particolare Claude Ashur, sono ben delineati. Claude emerge come un antagonista complesso, intriso di malvagità e potere ipnotico, che lo rende memorabile e spaventoso. Il racconto presenta una struttura a strati, che alterna momenti di introspezione con azioni intense e drammatiche. Questo ritmo bilanciato mantiene l’interesse del lettore e permette una costruzione graduale della suspense. L’uso di descrizioni dettagliate, come il Priorato e la figura malvagia di Claude, evoca una forte immagine mentale e amplifica il senso di isolamento e oppressione. La guerra finale di David H. Keller, M.D.: è un racconto che mescola elementi di fantascienza, mitologia lovecraftiana e allegoria filosofica, intrecciando temi di distruzione, rinascita e la lotta dell’umanità per la sopravvivenza. Keller sfrutta immagini potenti e un linguaggio evocativo per presentare un’epopea cosmica, ma il testo presenta alcune criticità strutturali e stilistiche che meritano attenzione. Il racconto cattura l’essenza di un universo ostile e ignoto, con descrizioni dettagliate di entità aliene e ambientazioni inquietanti. La figura di Cthulhu è evocata con maestria, richiamando i temi di impotenza dell’umanità di fronte a un male cosmico. Il racconto riflette le ansie della modernità, con la scienza come doppio filo di salvezza e distruzione. L’orrore di dunstable di Arthur Pendragon: è un racconto che unisce abilmente il soprannaturale, il gotico e la narrativa storica, immergendo il lettore in un’ambientazione ricca di mistero e suggestioni oscure. Tuttavia, il testo soffre di una prolissità che talvolta diluisce l’efficacia narrativa, di una struttura che fatica a bilanciare la tensione e di alcune lacune nella caratterizzazione dei personaggi. L’autore riesce a creare un senso di inquietudine palpabile. La descrizione della foresta del New England e della cittadina di Dunstable è coinvolgente, trasmettendo un senso di isolamento e mistero. L’attenzione a elementi storici, archeologici e naturalistici conferisce credibilità al racconto. La culla dell’inferno di Arthur Pendragon: Pendragon propone un’opera che combina elementi gotici, psicologici e orrifici, ambientata nell’oscuro New England del primo Novecento. Il racconto si distingue per la sua prosa ricca, densa e attenta ai dettagli, che immerge il lettore in un’atmosfera di crescente tensione e mistero. Tuttavia, la complessità narrativa e l’abbondanza di descrizioni possono talvolta appesantire il ritmo. Il tema della “Tutela” è trattato con una profondità che invita alla riflessione. La lotta di Laurence Cullum contro il peso delle aspettative familiari, il senso di colpa e l’eredità maledetta esplorano questioni universali legate al dovere, alla moralità e alla perdita dell’identità. La narrazione costruisce con maestria un climax che culmina nella rivelazione del “Figlio dell’Inferno”. Pendragon gestisce bene l’equilibrio tra suspense psicologica e orrore fisico, con momenti di vera inquietudine. L’ultimo lavoro di pietro d’Apono di Stefan B. Aletti: Aletti presenta un racconto che si muove tra l’erudizione storica, l’horror sovrannaturale e il dramma psicologico. L’ultimo lavoro di Pietro d’Apono affonda le sue radici in un Rinascimento cupo, mescolando dettagli storici con elementi di fantasia gotica e un crescendo di terrore personale. È un’opera che invita a riflettere sul potere e i limiti della conoscenza, e sulle sue conseguenze impreviste. L’autore dimostra una profonda conoscenza del contesto rinascimentale e medievale. La Padova del XIII secolo e i richiami alle figure storiche del tempo conferiscono autenticità e fascino al racconto. L’inserimento di elementi come l’Inquisizione e la figura di Pietro d’Apono, con il suo legame con la scienza e la magia, arricchisce il testo di un’atmosfera imperscrutabile e colta. L’occhio di Horus di Stefan B. Aletti: Anche qui Aletti intreccia magistralmente un’avventura archeologica nel deserto nubiano con l’inquietudine sovrannaturale, fondendo l’esotismo egittologico con l’horror psicologico. L’Occhio di Horus è una riflessione sui limiti della curiosità umana e sull’arroganza di sfidare antichi poteri, raccontata attraverso un resoconto in prima persona che si tinge di mistero e tragedia. Un racconto avvincente che mescola avventura, misticismo e orrore. La Cantina di Stefan B. Aletti: Nuovamente Aletti ci porta nel cuore di un racconto gotico di rara intensità, intrecciando sapientemente horror psicologico, sovrannaturale e suspense. La Cantina esplora i limiti della curiosità umana e le conseguenze di un’invocazione imprudente di forze oscure. Ambientato nella nebbiosa Londra di fine Ottocento, il racconto è una potente riflessione sulla tensione tra scienza e spiritualismo, con personaggi che lottano contro una creatura tanto malvagia quanto inafferrabile. Wolverton House e la sua cantina abbandonata sono descritte con vivida precisione, creando un senso di claustrofobia e terrore che permea ogni scena. Mythos di John S. Glasby: Questo testo è intriso di un’atmosfera gotica e soprannaturale, si intreccia con il genere del mistero archeologico, tipico delle narrazioni ispirate ai miti. L’isola di Pasqua, con le sue enigmatiche statue e il senso opprimente di antichi segreti, serve da sfondo perfetto per esplorare temi di potere insondabile, civiltà perdute e orrore cosmico. La narrazione esplora non solo il terrore dell’ignoto ma anche l’ossessione umana per la conoscenza e il pericolo insito nel valicare i limiti del sapere. Il finale ambiguo lascia spazio all’interpretazione, ma l’immagine del volto di Nordhurst scolpito nella pietra suggerisce che il confine tra scienza e mito, tra passato e presente, è più sottile di quanto si pensi. Ci sono altre cose di Jorges Luis Borges: In questo racconto, Borges esplora il tema del mistero cosmico e dell’orrore attraverso una narrazione che mescola elementi filosofici, inquietudine personale e ambientazioni oniriche. La Casa Colorada diventa un simbolo di ciò che è sconosciuto, alieno e inconcepibile per la mente umana, simile alle creazioni del mito lovecraftiano ma con un tocco più intimamente umano e metafisico. Il protagonista è guidato dalla curiosità, un elemento centrale nei racconti di Borges. Questa spinta lo conduce verso l’ignoto e lo costringe a confrontarsi con il limite del comprensibile. La curiosità, però, non è priva di pericoli, poiché lo trascina in una realtà che potrebbe non essere in grado di comprendere o sopportare. L’orrore fuori dal tempo di Randall Garrett: è un racconto che si inserisce nella tradizione della narrativa weird e lovecraftiana, portando avanti temi di terrore cosmico, scoperta proibita e la fragilità della mente umana di fronte all’inconcepibile. L’opera si sviluppa attraverso un crescendo di tensione e raccapriccio, culminando in una rivelazione che sfida i limiti della comprensione e della sanità mentale. L’opera esplora l’idea che esistano esseri e civiltà antichi e malvagi, anteriori all’umanità, che ancora influenzano il nostro mondo. La narrazione suggerisce che tali entità non siano solo un pericolo fisico, ma rappresentino anche una minaccia per la mente e l’anima. Il destino ricorrente di S. T. Joshi: è una novella interessante. Esplora temi come l’orrore cosmico, il mistero incomprensibile e il fragile equilibrio della civiltà umana. Il racconto intreccia archeologia, mitologia e raccapriccio per costruire una trama avvincente e inquietante. Il titolo del racconto sottolinea il tema centrale: l’idea che gli eventi apocalittici e il pericolo rappresentato da Cthulhu siano ricorrenti. La natura ciclica del destino è evidenziata dall’allineamento delle stelle, che ogni 248 anni offre un’opportunità agli adoratori di Cthulhu di liberare il loro dio. Conoscenza necrotica di Dirk W. Mosig: è un racconto che mescola orrore cosmico, avidità umana e un profondo senso di rovina inevitabile. Radicato nel folclore ad opera del Maestro di Providence, esplora il potere distruttivo e corruttivo della conoscenza proibita attraverso il “Libro della Necrosi” di Tomeron, un artefatto che porta orrori indicibili a chiunque lo maneggi. Il racconto ruota attorno alla ricerca di questo libro, che incarna il potere e il pericolo della conoscenza oltre i limiti umani. Rashd e gli altri personaggi inseguono il libro nonostante i rischi, mostrando quanto l’ossessione per il sapere possa spingere l’uomo oltre ogni limite morale o razionale. Autobus notturno di Donald R. Burleson: Il racconto gioca con il terrore primordiale del contatto con qualcosa che non si può comprendere o accettare. La creatura che si siede accanto al protagonista incarna una deviazione radicale dalla norma umana, fisica e metafisica, evocando repulsione e paura. L’ambientazione in un autobus notturno, con il suo ambiente angusto e claustrofobico, enfatizza la solitudine e l’impotenza del protagonista. Non c’è nessuno a cui rivolgersi o che possa intervenire contro l’orrore che lo circonda. L’anello di peltro di Peter H. Cannon: combina elementi di introspezione psicologica, viaggio nel tempo e terrore, offrendo una riflessione inquietante sull’eredità, l’ambizione e la decadenza. Edmund Aymar è ossessionato dalla figura del suo antenato, John Marshall Aymar, che rappresenta una glorificazione della sua linea familiare. Questa fissazione, apparentemente innocua, si trasforma in un’ossessione che lo conduce in un mondo di segreti e pericoli. Il racconto è ambientato in una New York che vive un costante contrasto tra il fascino del passato e il disincanto per un presente corrotto. Aymar incarna questa tensione, desiderando rifugiarsi in un’epoca idealizzata mentre la realtà moderna lo respinge. John lehmann da solo di David Kaufman: è una narrazione intrisa di mistero, malinconia e inquietudine, che esplora la fragilità umana di fronte a eventi inspiegabili. Il racconto, ambientato in una comunità rurale lontana dal mondo, offre un’esperienza profondamente emotiva e allo stesso tempo terrificante, radicata nella quotidianità, ma sfociando nella soprannaturalità. David Kaufman esplora temi universali come l’amore, la perdita e la paura dell’ignoto, radicandoli in un contesto rurale e isolato. La narrazione in prima persona e la mancanza di risposte definitive conferiscono al racconto una qualità profondamente umana, evocando non solo terrore ma anche compassione. La morte viola di Gustav Meyrink: è un racconto apocalittico e visionario che mescola elementi del soprannaturale, della scienza e dell’orrore per esplorare temi legati al potere delle parole, alla fragilità della civiltà e alla natura distruttiva dell’umanità. L’idea centrale del racconto è che una singola parola, Ämälän, possa generare un’epidemia mortale attraverso le sue vibrazioni sonore. Questo esplora il concetto del linguaggio come strumento non solo di comunicazione ma anche di distruzione, sottolineando la responsabilità insita nell’uso delle parole. Nebbie di morte di Richard F. Searight & Franklyn Searight: Il racconto si sviluppa lentamente, costruendo la tensione attraverso indizi inquietanti, come la descrizione delle vittime e delle uccisioni inspiegabili, per poi culminare nel confronto con la nebbia senziente. Mescola nozioni scientifiche (come l’estrazione delle proteine dai corpi) con elementi mitologici (il sigillo mistico, i testi arcani), mostrando il limite della scienza quando si confronta con l’ignoto. L’entità PneephTaal rappresenta una forza oltre l’umana comprensione, evocando il tema lovecraftiano di creature ancestrali che precedono la razza umana e che non possono essere dominate dalla scienza o dalla ragione. La narrazione bilancia abilmente il mistero e l’azione, rendendolo un contributo significativo al genere dell’horror soprannaturale. Shoggoth riserva speciale di Neil Gaiman: Gaiman rivisita le storie di Lovecraft in modo accessibile e moderno, ridicolizzando alcuni aspetti, ma mantenendo un senso di inquietudine. Benjamin Lassiter, un americano ingenuo e curioso, mentre esplora un’Inghilterra costiera grigia e desolata, armato di una guida turistica inaffidabile. Giunto nel misterioso villaggio di Innsmouth, Ben si ritrova coinvolto in un’esperienza surreale che mescola il banale al sovrannaturale. Tra pub malandati, strani personaggi e conversazioni sempre più inquietanti, il protagonista scopre che Innsmouth nasconde segreti che forse non avrebbe dovuto conoscere, legati a divinità come Cthulhu e Nyarlathotep. Alla fine, si risveglia lontano dal villaggio, incerto se tutto sia stato un sogno o una realtà distorta, portando con sé un senso di disagio duraturo.
Vi lascerà scoprire da soli cosa sia lo Shoggoth Riserva Speciale, io nel mentre, vado a ordinare una copia cartacea dalla mia libreria di fiducia.
Gli Accoliti di Cthulhu Autore: AA.VV. Editore: NPE Edizioni Collana: Saggistica & Narrativa Pagine: 416 ISBN: 9788836271894 Costo: Solo Cartaceo – 24,90 €
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Omicidio al cimitero di Stefano Simone
Omicidio al cimitero (Italia, 2024) Regia: Stefano Simone. Soggetto e Sceneggiatura: Roberto Lanzone. Fotografia: Marco Di Gerlando. Montaggio: Stefano Simone. Aiuto Regia: Francesco Trotta. Assistente alla Regia: Giuseppe Bollino. Fonico di Presa Diretta: Robb Mc. Microfonisti: Robb Mc, Giuseppe Bollino. Runner: Alessandro Mirasole. Musiche: Luca Auriemma (brano Horror Cello remixato). Durata: 70’. Genere: Giallo. Interpreti: Giovanni Casalino (Christian), Matteo Mangiacotti (Gabriel), Luigia Riccardi (Victoria), Bruno Simone (Alan), Giada Latronica (Mia), Rossella Castigliego (Nora), Filippo Totaro (Ivan, il custode).
Ho il privilegio – perché lo considero tale – di aver seguito il regista pugliese Stefano Simone sin dalle sue prime acerbe prove, dai corti a un horror inquietante come Cappuccetto Rosso, persino Kenneth, fino a Gli scacchi della vita, Cattive storie di provincia e Il fantasma di Alessandro Appiani, ogni volta apprezzando notevoli miglioramenti. Omicidio al cimitero – dedicato a William Friedkin – è il suo ultimo riuscito lavoro, una commedia gialla, ambientata in un luogo ben definito, che si svolge in una sola giornata e vede sulla scena sei personaggi, più il morto, che torna in alcuni interessanti flashback. Diciamo poco sulla trama, perché un giallo non si racconta, come regola del buon critico rispettoso degli spettatori. Sei ragazzi, in visita a un cimitero di campagna per motivi diversi, scoprono il cadavere del custode strangolato ai piedi di un piccolo altare e subito si scatena la caccia al colpevole, che potrebbe essere uno di loro, ma non è detto. Di fatto vediamo che trovano due auto con il serbatoio perforato e tutti sono costretti a restare in quel luogo isolato (dove non c’è campo per i cellulari) fino all’arrivo della corriera. Si parte dalla scoperta del cadavere e lo spettatore cinefilo potrebbe pensare a un meccanismo alla dieci piccoli indiani ma non è così, la storia ci porta a conoscere un’indagine condotta dallo psicoterapeuta del gruppo (Christian) con la collaborazione di un esperto informatico (Gabriel), anche se il colpevole potrebbe essere uno dei due ragazzi. Gli altri personaggi della commedia thriller sono un’impiegata di banca (Victoria), un postino che pare abbastanza sciocco (Alan), una ragazza marginale un po’ volgare (Mia) e una molto più tranquilla (Nora). L’azione si svolge nel cimitero di Macchia, frazione di Monte Sant’Angelo, che il regista ribattezza Santa Cristiana come omaggio ad Agatha Christie. Unità di tempo, di spazio e di luogo, commedia teatrale dai tempi compassati, scritta con molta ironia, caratterizzata da un montaggio serrato (curato dal regista, consapevole di quanto sia importante il montaggio per un film), che rallenta solo nella parte centrale per giungere spedita a una conclusione inattesa e a un doppio finale ancor più sconcertante. Flashback usati benissimo dal regista per raccontare il passato, più o meno recente, e per illustrare anche la sequenza (bellissima) dell’omicidio e quella altrettanto riuscita della cattura del colpevole. Ottima la colonna sonora di Luca Auriemma che rielabora il tema Horror Cello; fotografia cupa ed essenziale di Marco Di Gerlando; sceneggiatura oliata alla perfezione da Roberto Lanzone; tecnica di regia compiuta, che passa dalla soggettiva alla macchina a mano, oltre alla camera fissa nei frequenti dialoghi, tra campi e controcampi. Commedia gialla di impostazione teatrale, perché giocata sul dialogo – non è una valutazione negativa -, stile La finestra sul cortile di Hitchcock, facendo le debite proporzioni. In ogni caso il regista mostra e non racconta le situazioni decisive che accadono e questo mi pare un passo avanti rispetto alla sua recente produzione. Attori non professionisti ma bravi, una piccola factory che il regista si è costruito, ché Mangiacotti e Simone già li abbiamo apprezzati ne Il fantasma di Alessandro Appiani, mentre il bravo Filippo Totaro lo ricordiamo interprete di un eccellente personaggio ne Gli scacchi della vita. Totaro anche in questo lavoro dà vita a un personaggio singolare di custode del cimitero caratterizzato da un tic nervoso importante ai fini della scoperta del mistero. Il film racconta il phishing, le truffe online, si sofferma sul bullismo e sulla delinquenza minorile, termina con una morale non da poco contro il suicidio (la vita è un bene troppo prezioso perché si possa pensare di togliersela) e con una trovata geniale di un personaggio che dice Portateci alla stazione di polizia è avvenuto un … improvvisamente arriva il titolo del film Omicidio al cimitero, quindi scorrono i titoli di coda. Da notare che si tratta di un film indipendente girato con un budget modesto, quasi inesistente. Presto disponibile su Teca TV, nei vari circuiti televisivi regionali e in alcuni cinema selezionati. Prima cinematografica in Puglia, quasi sicuramente a Manfredonia.
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