La testa di Medusa di John Symonds

Nel suo romanzo La testa di Medusa, John Symonds ci offre una trama avvincente e densa di simbolismo, dove la storia incontra l’occultismo in un mix intrigante. Pubblicato nel 1975, il libro esplora un incontro immaginario e provocatorio tra Aleister Crowley, l’affascinante e controverso occultista britannico, e Adolf Hitler, alla vigilia della sua ascesa alla cancelleria della Germania. Una riflessione sulle ambizioni, sul potere e sul mistero, questo romanzo ci trascina nel cuore dell’oscurità dell’animo umano.

La narrazione ruota attorno a un’idea audace: Hitler, durante i momenti critici che precedono la sua ascesa al potere, cerca conferme delle sue ambizioni politiche attraverso gli incontri con Crowley. Convinto delle capacità profetiche di Crowley, il Führer lo incontra ripetutamente, cercando di capire se riuscirà a raggiungere il suo obiettivo di diventare Cancelliere della Germania. La tensione tra il potere politico e l’arcano si sviluppa in una serie di dialoghi carichi di significato, dove il destino e il libero arbitrio si intrecciano.

Il romanzo mescola eventi storici con elementi fantastici, creando un affresco inquietante che non solo esplora la figura di Hitler e la sua ricerca di legittimazione soprannaturale, ma anche il lato oscuro e il fascino che Crowley esercita su di lui. La “testa di Medusa” del titolo (che ricorda l’identico simbolo usato da Gustav Meyrink nel romanzo Il Domenicano Bianco) diventa un potente simbolo del terrore e della bellezza distruttiva, in un gioco tra visione e realtà.

Il cuore del romanzo è rappresentato dalla figura di Crowley, che viene presentato nel pieno della sua eccentricità e complessità. La sua interazione con Simone, una ragazza francese di 14 anni dotata di poteri sensoriali, aggiunge una dimensione psicologica alla trama. Simone, pur non essendo il centro della storia, gioca un ruolo fondamentale nella vita di Crowley, diventando una sorta di specchio delle sue stesse inquietudini. Sebbene la ragazza non interagisca mai direttamente con Hitler, la sua presenza è cruciale per comprendere meglio il carattere di Crowley e le sue contraddizioni.

Hitler, dal canto suo, è rappresentato come un personaggio tormentato e ambiguo. Sebbene sia noto per la sua spietatezza, il romanzo lo presenta anche come un uomo indeciso, alla ricerca di risposte. La sua ossessione per il futuro, manifestata nei suoi tentativi di sondare le sue probabilità di successo attraverso l’occultismo, rivela un lato più umano del dittatore, ma anche una pericolosa vulnerabilità.

Symonds adotta uno stile narrativo ricco e intenso, che spazia tra il realismo storico e la fantasia misticheggiante. La trama, che mescola eventi concreti con elementi surreali, può risultare a tratti complessa, ma non manca di affascinare chi è attratto da temi legati all’occultismo e alla storia. Le descrizioni evocative e i dialoghi filosofici conferiscono al romanzo una qualità quasi teatrale, mentre il confronto tra le ambizioni politiche di Hitler e le misteriose capacità di Crowley crea un’atmosfera di crescente tensione.

In La testa di Medusa l’autore sfrutta il contesto storico per dare vita a un possibile scenario alternativo. Hitler, inquieto e superstitioso, si affida alla magia e alla profezia di Crowley, tentando di accertare il suo futuro attraverso questi incontri. La connessione tra il potere occulto di Crowley e la politica di Hitler è resa in modo suggestivo, facendo riflettere il lettore sul ruolo che il misticismo e la superstizione possono aver giocato nel corso della storia. Simone, per parte sua, rappresenta un elemento misterioso che si inserisce nella trama come una figura enigmatica, simbolo dell’innocenza e della vulnerabilità.

La testa di Medusa è un romanzo che invita il lettore a riflettere su temi universali come il potere, la fede e la manipolazione. L’incontro tra Hitler e Crowley, pur immaginato, stimola interrogativi sull’influenza che il soprannaturale può avere sulle decisioni storiche e politiche. Con una trama avvolta in simboli e misteri, il libro si rivolge a chi è interessato a esplorare le ombre della storia, della psiche umana e del potere. Un’affascinante fusione di realtà e magia, che ci sfida a pensare a quanto le forze occulte possano plasmare il destino di un uomo e di una nazione. Consigliato a chi piace l’occulto.

NOTA DELL’EDITORE
A corredo della bella recensione di Cesare Buttaboni, vorremmo aggiungere che sebbene La testa di Medusa sia un romanzo e i contatti fra Crowley e Hitler non siano confermati da documenti o testimonianze dirette e vengano giudicati improbabili da alcuni storici, erano invece considerati un dato di fatto da importanti contemporanei, fra cui il grande esoterista René Guénon. Da parte sua Giorgio Galli, noto studioso dei rapporti fra nazismo e occultismo, restò sempre aperto a tale ipotesi. Certamente il libro è un’opera di fiction, fondata però su possibili eventi reali. E la figura dell’Autore, John Symonds, collaboratore e biografo di Crowley, nonché suo curatore letterario con accesso all’intero archivio del mago, getta una particolare luce sugli eventi narrati.

La testa di Medusa
(Conversazioni fra Aleister Crowley e Adolf Hitler)
Autore: John Symonds
Editore: Tre Editori
Anno edizione: 2024
Pagine: 350
ISBN: 9788886755795
Prezzo: 18,00 €

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Il Testamento di Magdalen Blair di Aleister Crowley

Aleister Crowley è stato senza ombra di dubbio una delle personalità più discusse e inquietanti di tutti i tempi. Occultista (alcuni lo considerano satanista), tossicomane, geniale provocatore, individuo che fece parlare di sé costruendosi un’immagine inquietante (fu definito ‘l’uomo più malvagio del mondo’), ha lasciato il segno non solo nell’ambito dell’occultismo, ma anche in quelli dell’arte e della creatività. Del resto, lui stesso fu scrittore, poeta, drammaturgo e dopo la sua morte ha influenzato e continua a influenzare tantissimi artisti provenienti dai più svariati ambiti creativi: musicisti come David Bowie e Marilyn Manson; fumettisti come Alan Moore e Grant Morrison; cineasti come Kenneth Anger che fu, peraltro, uno dei suoi discepoli, e persino poeti insospettabili come Fernando Pessoa, giusto per citare qualche nome. Oltre a scrivere trattati di magia come il fondamentale Magick, Crowley non trascurò, quindi, la narrativa e spesso produsse racconti. Il Testamento di Magdalen Blair è, appunto, una short story originariamente pubblicata nel 1909 sulla rivista The Equinox da lui fondata e che, secondo molti, anticipò lo stile delle riviste underground degli anni sessanta. Potremmo definire il racconto ‘gotico’, considerando che predominano atmosfere cupe e perturbanti. La vicenda è narrata in prima persona da Magdalen, una ragazza che ha la capacità di leggere i pensieri delle persone e di anticipare determinati eventi con una precisione incredibile. Il giovane Arthur si innamora di lei e la sposa ed è a questo punto che inizia un vero e proprio incubo. Gli eventi terrificanti narrati da Crowley, però, sono caratterizzati da una costante ambiguità e possono essere interpretati in svariati modi. Arthur si ammala ed è subito evidente che non riuscirà a salvarsi. Ma si tratta davvero di una malattia o un demone infernale ha preso di mira l’uomo? E se, invece, la responsabile fosse Margaret che con le sue strane facoltà ha inconsapevolmente compromesso la salute del consorte? La domanda fondamentale, tuttavia è un’altra: Margaret è forse pazza e ciò che racconta è solo il frutto di un suo delirio? Crowley costruisce abilmente una storia caratterizzata dalla suspense che per certi versi, facendo i debiti distinguo, mi ha fatto pensare ai racconti di H.P. Lovecraft. A modo suo, è influenzato pure dalle teorie psicoanalitiche e si percepisce il tema dello sdoppiamento della personalità. A volte l’autore anticipa addirittura alcune odierne teorie della fisica quantistica. Di conseguenza, malgrado il racconto possa risultare a tratti un po’ datato nello stile, non è privo di interesse e potrà risultare gradito ai fan del Magus e agli estimatori della narrativa orrorifica.

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Dizionario infernale di Jacques Collin de Plancy

Descrizione:

DIZIONARIO INFERNALE
o Repertorio Universale degli esseri, dei libri, dei fatti e delle cose che si riferiscono alle apparizioni, alle divinazioni, alla magia,
al commercio dell’inferno, ai demoni, alle streghe, alle scienze occulte, agli incantesimi, alla cabala, agli spiriti elementari, alla pietra filosofale, ai prodigi, agli errori, ai pregiudizi, alle imposture, alle arti degli zingari, alle varie superstizioni, ai racconti popolari, ai pronostici, e generalmente a tutte le credenze false, meravigliose, sorprendenti, misteriose o sovrannaturali.

STORIA DEL LIBRO

Jacques Albin Simon Collin (al cui nome si aggiunge il patronimico “de Plancy“, nome del paese natale) pubblica il Dizionario infernale nel 1818. L’opera conosce sei edizioni nel corso della prima metà del secolo (l’ultima è del 1863) e la sua fortuna è legata alla natura stessa del dizionario: si tratta di un censimento teratologico-folklorico-demonico che si rifà tanto alle fonti della tradizione popolare quanto a quelle della demonologia del XVI e XVII secolo. Non passano inosservate le acute osservazioni fenomenologiche e antropologiche dell’autore. La catalogazione demonica trasuda letteralmente di riferimenti – e metamorfosi di immagini attinenti – alla mitologia greca e indoeuropea, così come a fonti più arcaiche ed esotiche.

Occultista, demonologo, giornalista, editore, persino immobiliarista, nel corso della sua esistenza Jacques Albin Simon Collin detto “de Plancy” ha vissuto molte vite. A soli 18 anni, nel corso di un ritiro volontario in Norvegia, l’autore francese inizia a lavorare al suo Dictionnaire Infernal.
L’opera come detto uscita per la prima volta in Francia nel 1818, conosce il successo e moltissime ripubblicazioni, provocando però non pochi guai al suo autore, accusato di satanismo e di far parte di una setta dedita al culto di Lucifero.
La svolta per la sua carriera è rappresentata dalla conversione al cattolicesimo e dalla ritrattazione delle tesi sostenute nei suoi manuali.
Col decreto del 16 ottobre 1841, papa Gregorio XVI toglie la censura alle opere di Collin de Plancy, che rivede il Dizionario in modo da farlo approvare ufficialmente dalla Chiesa di Roma. Da Inquisizione a Lutero, da Oroscopi a Demoni, da Magia a Vampiri, da Fate a Tregenda, il de Plancy si rivela un archivio vivente di aneddoti e fatti stravaganti, un letterato che informa divertendo, mediante un’opera che è insieme storia della stregoneria e bibliografia ragionata della superstizione. La prima versione italiana fu pubblicata a Torino nel 1867.

Aleister Crowley ha definito l’autore di questo volume come “un sommo filosofo del sapere proibito”.

Recensione:
Per i tipi di Editoriale Jouvence ritorna nelle librerie italiane dopo più di trent’anni di assenza il famoso manuale censimento teratologico-folklorico-demonico: il Dizionario Infernale di Jacques Albin Simon Collin detto “de Plancy”.

La nuova edizione Jouvence è curata da Michele Olzi e con la partecipazione di Nicolò Ciccarone per la parte grafica. Ad accompagnare le voci un vasto apparato iconografico con le stampe del pittore Louis Le Breton. Questa edizione consiste in una selezione di voci da parte di Don Luigi Balestrazzi dalla quarta edizione del 1844. In quell’edizione precedentemente pubblicata da Bompiani negli anni Settanta (quella curata da Balestrazzi), erano state pubblicate delle voci con passaggi mancanti o tradotti in parte e con refusi evidenti, oltre a riferimenti mitici, biblici e storici totalmente errati. Il lavoro del curatore di questa edizione, Michele Olzi, è stato quello di revisionare, correggere e integrare la traduzione della selezione di Balestrazzi, confrontando le edizioni del 1844 e del 1853 e aggiungendo le parti non tradotte di quest’ultima nell’edizione francese. A ciò va ad aggiungersi il progetto grafico curato da Nicolò Ciccarone, che ha permesso non solo di trovare le illustrazioni del Dizionario in una maggiore definizione (alcune “ripulite” graficamente da lui stesso), ma ben cinque sono state ricollocate nel testo dove più erano indicate. Tutte queste modifiche e correzioni sono spiegate dettagliatamente nella prefazione introduttiva al volume dello stesso Olzi. In questo modo l’editore vuole così offrire una sorta di “summa” particolare nella sua selezione, consci del fatto che i lettori di oggi prediligono un vademecum più fruibile e di veloce consultazione, rispetto a “tomoni” enciclopedici di mille pagine.

Rispetto all’edizione Xenia ripubblicata anch’essa recentemente che consta di ben 960 pagine e oltre duemila voci, nell’edizione presa qui in esame in un condensato di 240 pagine troviamo circa 380 voci riguardanti le superstizioni e le credenze magiche antiche e moderne.

Un volume snello ma molto suggestivo e ben curato dove si possono trovare anche definizioni particolari e bizzarre oltre a tutti i vari nomi di demoni e creature mitologiche e folkloriche. Interessante come già accennato la prefazione di Michele Olzi che oltre ad argomentare nel dettaglio da quale edizione originaria è tratta, offre un’approfondita cronistoria delle origini del celeberrimo Dictionnaire Infernal. Le numerose illustrazioni completano questo volume di culto, destinato a tutti gli appassionati di esoterismo e non solo.

L’AUTORE
Jacques Albin Simon Collin De Plancy (Plancy-l’Abbaye, 1793 – Parigi, 1881), è stato un uomo d’affari, giornalista, traduttore, stampatore, editore e libraio. Nonostante la sua fama editoriale sia legata alla pubblicazione del Dizionario infernale, è stato autore di decine di testi riguardanti temi di carattere spirituale, religioso e folklorico.




Le nozze chimiche di Aleister Crowley

Aleister Crowley è un personaggio tra i più conosciuti del ‘900. Controverso, dannato, condannato in alcuni casi – dal Duce, che lo costrinse ad andar via dall’Italia, da quella Cefalù dove aveva fondato l’Abbazia di Thelema, cucendogli addosso l’infamia di persona non gradita – è ormai identificato in modo eterno dall’aggettivo di uomo più malvagio del mondo. La sua attitudine maggiore era la notevole capacità di studio e pratica dell’occultismo, tanto da farlo diventare…

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L’occhio sinistro di Horus 6° episodio di Gloria Barberi

Era stato proprio Petrie a profetizzarlo, anni prima. Un giorno la mia impulsività mi avrebbe fatto finire nei guai, e la sua predizione si era appena avverata in quel giorno del gennaio 1905.
Ma era andata davvero come con il fellah che aveva distrutto il pavimento ad Amarna? Intendevo davvero fare del male, ferire… uccidere? Avevo puntato il fucile deliberatamente, questo era vero; ma avevo altrettanto deliberatamente tirato il grilletto? No, non ricordavo di averlo fatto, il colpo era partito per sbaglio. Ma ricordavo forse di avere aggredito quell’uomo ad Amarna?
L’eco della fucilata mi rimbombava ancora nel cranio, sfumando e modulandosi in curiose tonalità che sembravano quasi formare delle parole. “Bentornato tra noi”. La voce di Crowley. Bentornato… Perché? Avrebbe dovuto dire “benvenuto”… Hemseth… Merinisut… Lubhyami. Chi ero? Chi ero davvero?
Sdraiato sul letto fissavo il soffitto e continuavo a vedere il sole che esplodeva in frantumi. Indossavo ancora la camicia macchiata di sangue.
La porta si aprì senza che nessuno avesse bussato.
“Howard…”
Eccola; con i suoi riflessivi occhi grigi da bambina saggia. Non mi voltai. Pensavo che non avrei più potuto guardarla in faccia.
“Sono venuta a vedere se hai bisogno di qualcosa.”
Feci cenno di no con la testa.
“Oh, Howard!” La voce di Janet era tesa ma non c’era traccia di rimprovero, e le fui grato per questo. “Ho parlato con Petrie. Lui testimonierà che s’è trattato di un incidente. Tu non ne hai colpa, è stata una disgrazia.”
Janet sedette sul letto accanto a me e mi toccò leggermente su una spalla, come per risvegliare un dormiente.
“Se non ti va di parlare non importa, ma lasciami restare un po’ con te.”
Mandarla via era invece la cosa più giusta da fare, ma non ne avevo la forza né il coraggio, ero completamente inerte. Lei prese ad accarezzarmi i capelli: un subdolo espediente a cui le donne ricorrono per penetrarti dentro l’anima, un’astuzia appresa fin da bambine, con le bambole, e perfezionata da adulte con amanti e figli.
“Potevo ucciderlo” bisbigliai. “Volevo ucciderlo.”
“Non dire sciocchezze.” Dolce, ma anche molto decisa. “Piuttosto, dovresti cambiarti questa camicia.”
“Lasciami in pace” mormorai stancamente. “Vattene.”
La sua mano mi sfiorò la guancia.
“Lo vuoi davvero?”
“No.”
Ero come il suicida resoluto ad annegarsi, che all’ultimo momento si aggrappa alla mano che cerca di tirarlo fuori dall’acqua; cosciente volontà d’abbandono e cieco istinto di sopravvivenza.
“Lo sapevo” disse lei, e mi baciò.
Da bambino, dopo qualche furioso temporale, mi piaceva correre tra l’erba che si piegava appesantita dalla pioggia. Ogni singolo stelo sembrava più tenero, carnoso, di un verde quasi abbagliante. “L’erba ha bevuto fino a scoppiare” dicevo, e nessuno capiva. Come non capivano quando mi buttavo a pancia sotto in quel verde umido e soffice, cercando contro il viso e le mani la solleticante carezza degli steli umidi, respirando l’odore pungente e asettico di alte quote che le gocce di pioggia ancora trattenevano nel loro fulcro iridescente. Ero felice d’inzaccherarmi, entrare in contatto con i profondi misteri della terra attraverso la serica cedevolezza del fango, senza curarmi dei rimproveri che ne sarebbero seguiti.
Così era con Janet adesso: un lento affondare in pulita sofficità, il conforto di elementi primitivi ed essenziali, i tormenti della ragione annullati negli istinti più semplici e antichi. Senza curarmi di rimproveri e punizioni.
E ricordavo, dopo un temporale particolarmente furioso… il tiglio che per un oscuro disegno del fato era nato là, esattamente là, in quel preciso punto dove cinquant’anni più tardi un certo fulmine in una certa notte di pioggia doveva abbattersi… ricordavo il tronco bizzarramente spaccato in due per il lungo, come da una gigantesca accetta, la ferita dai bordi carbonizzati, lucente di linfa. E mi domandavo: si è forse sentito colpevole, il fulmine?
*
“Avrei dovuto immaginarlo” bisbigliai.
“Che ero vergine?” La voce di Janet aveva un tono compiaciuto, faceva pensare a una gatta che si lecca i baffi sporchi di crema di latte.
“Non me lo meritavo.”
“Stupido.”
Il mondo notturno aveva sinuosità tiepide e morbide nella penombra striata di luna. Sembrava che la vita stessa giacesse raggomitolata e serena accanto a me, come un bambino addormentato. E la vita si chiamava Janet. Percepivo ogni linea del suo corpo contro il mio, l’insospettato vigore dei muscoli sottili che, di giorno, i lini inamidati dei suoi abiti dissimulavano. La calma pensosa dei suoi occhi ingannava, lasciando immaginare commoventi delicatezze e ritrosie, mentre il corpo dalle linee ancora adolescenti nascondeva la tensione e la duttilità di un piccolo strumento fatto per l’amore in tutte le sue note più carnali.
“Sai…” Il suo respiro mi scaldava una guancia. “Ho provato spesso a immaginarmelo. Con tutti i ragazzi e gli uomini che ho conosciuto.” Rise piano, ma senza imbarazzo. “Sì, persino con Petrie. Cercavo di capire cosa avrei dovuto fare e dire, se il desiderio sarebbe stato più forte della paura, il piacere più intenso del dolore… Che idiozia! È successo tutto così, senza premeditazione, che non ho avuto neppure il tempo di pensare. Ma è stato semplice. E bello. Sono felice.”
Lo ero anch’io. Ma per me non era altrettanto semplice.
“Janet… Io non posso sposarti.”

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