Liminal dei Safir Nou

La Redazione GHoST segnala la disponibilità su tutti i digital stores del nuovo lavoro del progetto sardo Safir Nou, fra elettronica, world music e jazz.
Il doppio album sarà poi disponibile in formato fisico su cd da fine Settembre / inizio Ottobre, prodotto da Seahorse Recordings e distribuito da Audioglobe.

Liminal è frutto di una ricerca costante e di raccolta di materiali durata 4 anni, attraverso viaggi, letture, esperienze e studio dell’autore Antonio Firinu. Se Groundless, il primo disco di Safir Nou, era un lavoro intimo, che voleva esprime il concetto di sospensione tra il cielo e la terra, di riflessione e osservazione del paesaggio, Liminal, risulta invece un lavoro che nasce dalla terra, si radica nel mondo circostante e ne prende le forme. Le composizioni sono più corali e frutto di un nuovo approccio compositivo pensato per la band.Liminal è un concetto applicabile a diversi campi della conoscenza, dalla psicologia (liminal thinking), all’antropologia, se non anche all’architettura e alla filosofia. In architettura è uno spazio interstiziale che si trova tra due porte, una di uscita da un luogo, e una di entrata in un altro luogo. E’ quindi una dimensione intermedia tra due stati ben precisi ma indipendente da essi. La nozione di “liminalità” rimanda a un testo del 1909 dell’antropologo Arnold van Gennep sui riti di passaggio. Impegnato nello studio sistematico delle pratiche rituali, l’autore ne individua le forme specifiche e coglie una dinamica invariante nello strutturarsi dei riti di passaggio. Nella sostanza, si danno nel rito di passaggio due soglie, due limiti che segnano l’uscita da uno stato e l’ingresso nel successivo, e uno spazio liminale, un margine in cui il protagonista del rito vive una doppia sospensione.  Ecco che prende quindi forma la condizione umana dell’essere tra il “non più” e il “non ancora”. Safir Nou riprende tale concetto per descrivere una dimensione di passaggio. L’essere sospeso tra un’identità precedente e un identità futura, la ricerca di una condizione altra,  un sentimento non risolto, una parola non detta, il viaggio, la migrazione. Tutto questo è Liminal. L’ultimo anno segnato dalla pandemia, il lockdown, la distanziamento sociale, la pausa infinita della condivisione e della convivialità artistica e culturale, l’impossibilità di potersi esprimere artisticamente, o di fruire della musica dal vivo, ha portato gli artisti a riflettere su quale fosse il senso di tutto questo per l’uomo, in prospettiva di cambiamento, e in direzione di una porta d’uscita.  Tuttavia, tale condizione può aver contribuito, da un’altra prospettiva, a rivalutare se stessi, ad ascoltare di più il proprio corpo, il proprio respiro, il rumore dei pensieri che ci attraversano, i suoni che ci circondano. Le persone. Gli alberi. I sogni. I viaggi immaginari, curati nei dettagli. Così nel periodo di composizione e produzione del nuovo lavoro, l’aggettivo LIMINALE è quello che ha preso forma più frequentemente nella mente dell’autore nel tentativo di dare un senso alle esperienze e al tempo. Così vengono concepiti due viaggi musicali incisi in un doppio disco che riflettono, affrontano e descrivono proprio la dimensione Liminale. Si tratta di due capitoli diversi ciascuno composto da 6 brani, Waves e Sands, due aspetti dello stesso concetto, ma che entrambi esprimono il concetto di viaggio liminale, di sospensione e di spazio dell’intermezzo.

Capitolo 1 Waves racconta il mare quale dimensione liminale. E’ liberamente ispirato al romanzo “Marinai Perduti” di Jean Claude Izzo. I marinai, assettati di avventura, si trovano intrappolati per lungo tempo nel porto di Marsiglia, e la narrazione si dispiega attraverso i loro racconti il cui tema principale è la libertà. Qui il mare diventa un rituale, un grembo che accoglie uno stato di piena libertà ma allo stesso tempo di abbandono e lontananza, uno spazio interstiziale senza meta. Questo capitolo racconta la costante ricerca della libertà, della dimensione di sospensione dell’essere, tra le onde, lungo un ambiente di passaggio. Come le onde, la musica accompagna il viaggio su ritmi costanti, delle volte cullanti, altre volte più incalzanti. La musica dipinge costantemente tonalità di blu, lungo un continuo sviluppo di armonie, melodie e ritmiche che descrivono uno stato di sospensione costruito sugli scambi di chitarra classica, percussioni, contrabbasso, violino, violoncello, fisarmonica e sonarità elettroniche.  Il disco si dispiega su sei brani: Port X, luogo immaginario di partenza verso il mare aperto (luogo non troppo immaginario, poiché il nome è anche anagramma di Portixeddu – borgo di pescatori nel Sud-Ovest della Sardegna, luogo di residenza dell’autore); Liminal Sail, il cui sviluppo ritmico ricorda il ritmo costante delle onde; Escape, che racconta il travaglio, la perdizione, la fuga; Reflections, momento del disco più intimo e sospeso in cui ci si lascia andare al cullare del ritmo delle onde; Shine, momento di luce e speranza; Almoust Home, il desiderio (latente o fugace) del ritorno a casa.

Capitolo 2 Sands racconta il deserto quale dimensione liminale. E’ liberamente ispirato al romanzo biografico “Il deserto non ha cielo” di Lamine Ceesay, che documenta il viaggio di un migrante dal Gambia all’Italia, ma è anche un tentativo di raccontare il coraggio, la fuga, la speranza di tutti i migranti. L’essere “non più” e contemporaneamente “non ancora” è ontologicamente una condizione di liminalità per il migrante. In questo caso, il viaggio è spinto dalla speranza, dalla ricerca di una condizione altra, per una meta incerta e non chiara.  Il disco è composto da 6 brani che non seguono una narrazione lineare, piuttosto descrivono immagini, sensazioni, stati d’animo e luoghi di migranti. La musica dipinge tonalità di giallo, è arida, psichedelica, a tratti malinconica, a tratti incalzata da ritmi di danza propiziatoria. Il disco prende forma e si sviluppa a partire dal suono del vento e della sabbia che si fondono fino a creare ritmo e armonia. Descrive dei luoghi ben precisi e si ispira alle musiche che nascono proprio in nei luoghi che intitolano i brani. Così si sentono riecheggiare modalità sonore ispirate al blues del deserto, alla musica tradizionale del popolo nomade dei Tuareg, ma anche musiche del mediterraneo, tutto però costantemente sorretto da un senso di sospensione, di attesa, di fatica e di speranza. Il disco inizia con Desert Walk che ci proietta in un ambientazione sonora arida e ipnotica; Sahel ci porta nel deserto sahariano, quella fascia geografica straziata dalle guerre e dai conflitti religiosi; prosegue con Arenas che in sardo significa sabbie, ma è anche un luogo, un villaggio minerario abbandonato nei monti del Sud ovest della Sardegna, nel quale la dimensione di passaggio viene declinata in una danza alimentata dalla forza vitale della natura; The way to Lampedusa è il brano che esplicitamente descrive il viaggio migratorio, scandito da voci e sospiri e da un crescendo ritmico che sottolinea la fatica e la speranza dei migranti; Sandstorm ci proietta all’interno di una tempesta sonora dai colori acustici e elettronici; infine Hotel Tindouf è dedicata ai migranti di etnia Saharawi che si trovano nel campo nomadi Tindouf esistente da 40 anni nel sud dell’Algeria, fuggiti dalle loro terre dopo l’invasione Marocchina nel Sahara sud-occidentale, separati da esse da un confine tracciato da mine antiuomo e controllato dall’esercito marocchino.

Tutti i brani sono composti da Antonio Firinu.

Safir Nou band: Antonio Firinu: Chitarra classica, acustica e elettrica, fisarmonica, synth, composizioni; Ivana Busu: Synth, elettronica, fisarmonica; Sergio Tifu: Violino; Andrea Lai: Basso elettrico e contrabbasso; Antonio Pinna: Batteria.

Recording, mixing e mastering: William Cuccu – Sonusville, Siliqua (CA). Artwork: Alberto Spada.

Ospiti: Matteo Leone: Calabash, Mondòl, frame drum in Desert walk, Hotel Tindouf, Arenas;Yaacob Gonzalez Garcia: Rabab e Kemenche in The way to Lampedusa;Gianluca Pischedda: Violoncello in Port X, Liminal Sail, Reflections, Almoust home, Sahel;Andrea Sanna: Rhodes in Escape, Hotel Tindouf;Marco Caredda: Vibrafono in Reflections, Shine, Almoust home;Marco Pittau: Kalimba in Desert Walk, Sahel, Hotel Tindouf;

Si ringrazia per i consigli e il supporto artistico: Matteo Gallus e Riccardo ArestiSi ringrazia per il supporto tecnico: Fabrizio Lai, Diego Soddu e Matteo Leone.

Il progetto Safir Nòu nasce nel 2017 da un’idea del chitarrista-fisarmonicista Antonio Firinu, che raccoglie nel Disco “Groundless” (2017 – Label Netlabel) una serie di composizioni strumentali di ispirazione cinematografica tra la musica da camera, il post rock e la e la world music.  Il disco ha avuto importanti riconoscimenti nelle riviste nazionali (Rockit, Rockol, Rockerilla, OndaRock, Babylon Radio 2) e blog internazionali.
Nel 2018 Esce il singolo “Sensory Overload” (MIS records) e nel dicembre 2019 il singolo “Drifting Effect”.
Ha collaborato con IOSONOUNCANE dove suona la chitarra classica nel disco “DIE”, e con Neri Marcorè per lo spettacolo-lettura su Cesare Pavese, dove sono protagoniste le musiche edite in Groundless.
La band oggi è attiva nel panorama nazionale e ha partecipato a diversi festival internazionali: Nora Jazz, European Jazz Expo, Waves festival, Calagonone Jazz, Pavese Festival, Summer is Mine.

Social media:Facebook: www.facebook.com/SafirNou

Instagram: www.instagram.com/safirnou_music

Spotify: https://open.spotify.com/artist/34UAiqsDI1nznJMslAjJGy?si=KS7RLdwaTgO61Cj1HzE7xw

Soundcloud: https://soundcloud.com/safirnou

Bandcamp: https://safirnou.bandcamp.com/

Youtube: https://www.youtube.com/channel/UChlnSwMNvTga8i0SCrw6WfQ