The Shrouds – Segreti sepolti di David Cronenberg

The Shrouds – Segreti sepolti (Canada, Francia, 2024)
Regia: David Cronenberg. Soggetto e Sceneggiatura: David Cronenberg. Fotografia: Douglas Koch. Montaggio: Cristopher Donaldson. Musiche: Howard Shore. Scenografia: Carol Spier. Costumi: Anne Dixon. Paesi di Produzione: Canda, Francia – 2024. Lingua Originale: Inglese. Genere: Fantastico, Drammatico. Durata: 119’. Produttori: Saïd Ben Saïd, Martin Katz, Anthony Vaccarello. Case di Produzione: Prospero Pictures, SBS Productions, Saint Laurent Productions. Distribuzione (Italia): Europictures. Interpreti: Vincent Cassel (Karsh), Diane Kruger (Becca / Terry / Hunny), Guy Pearce (Maury), Sandrine Holt (Soo-min Zabo), Elizabeth Saunders (Gray Foner), Jennifer Dale (Myrna Slotnik), Jeff Young (dottor Roby Zhao), Eric Weinthal (dottor Jerry Hofstra), Vieslav Krystyan (Karoly Zabo).

L’ultima incursione nel fantastico del grande Cronenberg è a carattere cimiteriale, come se con il passare del tempo il cineasta canadese sentisse l’esigenza di parlare di morte e aldilà, anche se con il solito stile crudo che lascia poca speranza, una sorta di testamento per immagini. La storia si racconta in poche righe. Karsh (Cassel) è un imprenditore di successo che soffre per la morte della moglie, scomparsa per un tumore dopo lunga agonia, per questo inventa una tecnologia che consente ai vivi di osservare in tempo reale il cadavere del caro estinto mentre si decompone dentro la bara. La tecnologia viene esportata con successo in diverse parti del mondo (Islanda, Ungheria…) e offerta ad acquirenti danarosi, ma una notte nel cimitero di Toronto – dove Karsh ha aperto pure un ristorante -, vengono profanate molte tombe, anche quella della defunta moglie. Il film racconta la caccia ai responsabili e finisce in modo aperto, lasciando che lo spettatore si scelga la verità che ritiene più consona alle sue aspettative. Cronenberg inserisce un ulteriore tassello nella sua poetica del body horror – il terrore umano di fronte alle mutazioni del corpo – costruendo alcune sequenze disturbanti con il corpo della moglie mutilato e in totale disfacimento. Le parti oniriche, i sogni del protagonista (veri e propri incubi malati), sono i momenti migliori da un punto di vista cinematografico, si spingono a mostrare la donna priva di un seno, senza un braccio e con orrende cuciture cicatrizzate. Cronenberg ha detto alla stampa che la scrittura del suo ultimo film ha un carattere molto personale e nella pellicola lo dimostra facendo truccare Vincent Cassel in maniera tale da renderlo simile a se stesso. The Shrouds doveva essere una serie Netflix, ma è diventato un film a basso budget, montato con buon ritmo in 119 minuti, girato tra Toronto (città natale del regista) e l’Islanda (poche scene), mentre la modella tedesca Diane Krueger è stata scelta all’ultimo momento per il ruolo della coprotagonista (tre parti: moglie, amante e cognata), al posto di Léa Seydoux. Un lavoro troppo cupo e riflessivo per Netflix, forse, visto che dopo la lettura dei primi episodi la serie è stata cancellata; ottimo come cinema d’autore introspettivo sul tema della morte e sulla metabolizzazione del dolore. Certo, non è cinema da grande pubblico né da incassi favolosi, resta un lavoro d’autore che in provincia si vede solo il martedì in una sala semi vuota dove si contano cinque spettatori. Fantascienza interiore, horror dei sentimenti e dei corpi in disfacimento, un film straziante e disperato che fa pensare, fotografato in un grigio plumbeo, sceneggiato benissimo come un thriller ad alta tensione, ripreso come un’intensa opera teatrale arricchita da flashback e da inquietanti parti oniriche. Se amate Cronenberg, è un film molto personale che dovete assolutamente vedere. Astenersi appassionati di inutili horror adolescenziali.

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Siamo qui per farci del male di Paula D. Ashe

[…]La
pelle cadente era percorsa da cicatrici di ogni tipo.

Alcune
lisce, altre in rilievo. Alcune lunghe, altre corte.

Alcune
infossate, altre nodose. Alcune larghe, altre sotti-

li.
Alcune recenti, cerchiate da fiammanti aureole rosse,

altre
sbiadite in una morbida traslucenza. L’uomo rise.

[…]

Siamo
qui per farci male

di Paula
D. Ashe

è una delle ultime uscite di Zona 42 che ha fatto molto parlare di
se. Volume vincitore del premio Shirley
Jackson Award – 
Volume
finalista al
Bram Stoker Award,
è
stato tradotto da
Claudio Kulesko 
e
inserito nella collana
Caronte,
curata
da
Luigi Musolino.

Un’opera
sinistra, capace di scavare nelle pieghe più oscure dell’animo
umano, dove il dolore diventa un’esperienza centrale e catartica.
La narrazione è volutamente disturbante, costruita per evocare
immagini forti e suscitare emozioni contrastanti nel lettore, come
disgusto, paura e compassione. L’autrice riesce a creare atmosfere
cupe, dove il confine tra la realtà e l’incubo si dissolve,
lasciando spazio a un’angoscia pervasiva. Il titolo della raccolta,
già di per sé emblematico, richiama l’idea di un mondo in cui il
dolore non è solo un risultato, ma un fine, una verità universale a
cui nessuno può sottrarsi.

I
racconti all’interno sono cosi elencati:

Elementi
del vuoto

La
casa delle carcasse

Le
infernali crudeltà del paradiso

I
miracoli della tomba

Esilio
in extremis

Jacqueline
ride per ultima

Perché
sei rimasta a guardare

Litania
d’aghi
(Il
racconto che ho preferito)

Madre
di tutti i mostri

La
testimone

L’ho
sentita cantare

Telefirma
da un cadavere futuro

Postfazione

Uno
degli elementi distintivi del lavoro di Ashe
è l’abilità di rappresentare il corpo come un luogo di
trasformazione e sofferenza. I racconti contengono descrizioni
minuziose di mutilazioni, deformazioni e processi di decadimento
fisico che riflettono, in modo metaforico, le fratture psicologiche
dei personaggi – che potenzialmente, possiamo incontrare ogni
giorno uscendo semplicemente di casa – richiamando uno dei suoi
scrittori preferiti, Clive
Barker
.

Questo
tipo di orrore non è gratuito, ma funzionale a una riflessione su
temi più ampi come l’alienazione, il trauma e l’identità.

Dal
punto di vista stilistico, Ashe
utilizza un linguaggio evocativo e a tratti poetico, che contrasta
con la brutalità delle situazioni descritte. Questa tensione tra
forma e contenuto amplifica l’impatto delle storie – non un orrore
un
tanto al chilo
,
quanto un colpo d’ascia in volto condito da un linguaggio aulico e
ricercato. La sua capacità di creare un mondo che appare al tempo
stesso familiare e alieno, dominato da regole crudeli, è
sorprendente in quanto amalgamato da una sensibilità moderna.

A
volte, i testi, molto carichi di descrizioni e atmosfere
claustrofobiche, segnate da un ritmo eccessivamente veloce, forse
avrebbero guadagnato in impatto se fossero stati leggermente
alleggeriti.

La
violenza in ambito familiare, la concezione che chi viene toccato dal
male diventerà malvagio a sua volta, un tuffo nell’abisso senza
speranza: questi sono tratti fondamentali di queste opere. Un altro
elemento ricorrente è proprio l’impossibilità assoluta di un lieto
fine.

Quest’opera
non fa sconti al lettore: esige attenzione, resistenza e una certa
predisposizione al confronto con la sofferenza. Un’opera che sfida i
limiti del genere, portando l’esperienza della lettura verso
territori estremi e disturbanti, ma anche profondamente stimolanti.

Nonostante
qualche incursione nel sovrannaturale, la crudeltà più profonda è
quella insita nell’essere umano, come altri autori hanno già narrato
e come sicuramente faranno altri in futuro. Perché,
fondamentalmente, è così.

Concludo
citando un frammento della postfazione dell’autrice: […]So bene
che certe persone leggono le mie storie perché amano lo shock e il
brivido della trasgressione. (Siete anche liberi di odiare il mio
lavoro, o semplicemente di pagare per i miei libri e non leggerli.
Non sono schizzinosa). Ma ci sono altri che leggono le mie opere per
trovare conforto. Per capire. Per ottenere un bizzarro, amaro senso
di tregua. […]

E
voi, perché leggete Horror?

L’AUTRICE

Autrice
americana di narrativa oscura, Paula
D. Ashe
 ha
vinto con Siamo
qui per farci male
 lo
Shirley Jackson Award ed è risultata finalista al Bram Stoker Award.
È stata redattrice associata per Vastarien:
A Literary Journal
,
una rivista letteraria ispirata all’opera di Thomas
Ligotti
.
Vive
nel Midwest con la sua famiglia.

Siamo
qui per farci male

Autore:
Paula D. Ashe

Editore:
Zona 42

Collana:
Caronte

Pagine:
240

ASIN:

B0CW2D5V1F

ISNB:
979-1280868619

Costo: 8,49 € ebook e 16,90 € cartaceo

Siamo qui per farci del male di Paula D. Ashe

Paula D. Ashe

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