Bones And All di Luca Guadagnino
Bones and All (2022)
Regia: Luca Guadagnino. Soggetto: Camille DeAngelis (romanzo Fino all’osso). Sceneggiatura: David Kajganich. Fotografia: Arseni Khachaturan. Montaggio: Marco Costa. Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross. Produttori: Timothée Chalamet, Francesco Melzi d’Eril, Luca Guadagnino, David Kajganich, Lorenzo Mieli, Marco Morabito, Gabriele Moratti, Theresa Park, Peter Spears. Case di Produzione: Metro-Goldwyn- Mayer, Frenesy Film Company, Memo Films, Per Capita Productions, 3 Marys Entertainment, The Apartment Pictures, Tenderstories, Ela Film, Immobiliare Manila, Serfis, Wise Pictures. Distribuzione (Italia): Vision Distribution. Interpreti: Taylor Russell (Maren Yearly), Timothée Chalamet (Lee), Mark Rylance (Sully), Michael Stuhlbarg (Jake), André Holland (Frank Yearly), Chloë Sevigny (Janelle Kerns), David Gordon Green (Brad), Jessica Harper (Barbara Kerns), Anna Cobb (Kayla), Kendle Coffey (Sherry), Jake Horowitz (uomo del tiro a segno), Burgess Byrd (Gal l’infermiera), Madeleine Hall (Kim), Ellie Parker (Jackie), David Pittinger (poliziotto), Greg Siewny (uomo nel negozio). Lingua Originale: Inglese. Paesi di Produzione: Italia, Stati Uniti, Regno Unito. Anno: 2022. Durata: 130’. Genere: Horror, Drammatico, Sentimentale.
Luca
Guadagnino
mi aveva sconcertato con Melissa
P
(2005), Io
sono l’amore
(2009) e A
Bigger Splash
(2015). Non avrei mai creduto di diventare un suo fan. Eppure è
riuscito a convincermi, sia con Chiamami
col tuo nome
(2017) e Suspiria
(2018), soprattutto con questo Bones
and All,
un horror romantico senza precedenti. Partiamo dal titolo, che si
potrebbe tradurre in italiano Fino
all’osso,
per renderlo intelligibile anche ai non anglofoni, anche perché
deriva dal romanzo omonimo di Camille
DeAngelis,
edito in Italia da Panini. La storia è fantastica e cupa, dolcissima
e macabra, sentimentale e romantica, tutte caratteristiche che
dimostrano quanto sia difficile stare in equilibro tra simili
situazioni. Ambientazione in un mondo fuori dal tempo, dove esiste
una razza di uomini cannibali, forse per trasmissione genetica, che
si riconoscono tra loro e che devono cibarsi di carne umana. Maren
(Russell) è una ragazza abbandonata dal padre dopo l’ultimo
eccidio provocato ai danni di una compagna di scuola, figlia di una
madre psicopatica che ritrova in un manicomio al termine di un lungo
viaggio. La pellicola è un inquietante on
the road
di due ore e dieci minuti (che scorrono velocissime) per le strade
degli Stati Uniti, con incontri di ogni tipo, il più importante è
l’amore con Lee (Chalamet), cannibale in fuga dopo aver mangiato il
padre, combattivo e tenero, implacabile e in cerca d’affetto. Maren
e Lee devono vedersela con il vecchio cannibale indiano Sully
(Rylance), innamorato della ragazza, che segue la coppia fino a una
rocambolesca evoluzione, e con altri personaggi che popolano le
strade nordamericane e che riaffiorano dal passato. Maren e Lee
vorrebbero coronare un amore impossibile, lottano anche per affermare
la loro identità, in un mondo pieno di pericoli che non può
accettare una terribile diversità. Luca
Guadagnino
(Leone d’Argento a Venezia) si conferma regista preparato da un
punto di vista tecnico, con grande senso del ritmo e della suspense,
confeziona un horror viscerale ed esplicito con tanto sangue e molto
amore. Sceneggiatura che non fa una grinza di David
Kajganich,
ispirata al testo romanzesco della canadese DeAngelis;
fotografia lucida e solare di un’America dai grandi spazi
provinciali e le immense distese desertiche; montaggio compassato, da
cinema d’autore, perché si può fare cinema d’autore anche con
il genere; colonna sonora con pezzi anni Settanta e musica classica
in sottofondo. Interpreti bravissimi, soprattutto la protagonista
Taylor
Russell
(Premio Mastroianni), dotata di uno sguardo indimenticabile; non
scopriamo oggi Timothée
Chalamet
(anche produttore), perfetto nel ruolo, così come è inquietante al
punto giusto Mark
Rylance,
cannibale cattivo. Un film che dovrebbe far accorrere spettatori di
ogni tipo, perché può piacere anche agli amanti del cinema
sentimentale, se riescono ad accettare le inevitabili parti macabre.
Sarà venuto a mente solo a me, ma in certe sequenze ho visto
affiorare il buon vecchio Aristide
Massaccesi,
in arte Joe
D’Amato,
con il suo Antropophagus,
tra l’altro il primo regista italiano a confezionare un horror
sentimentale (In
quella casa … Buio Omega,
1979). E tutto l’horror cannibale italiano, da Deodato
a Lenzi,
passando per Martino.
Va da sé che Bones
and All
è tutt’altra cosa, anche perché viene quarant’anni dopo, ma
dimostra cultura cinefila e rispetto di tutto il suo passato.
Contaminazione di generi, come si faceva un tempo, al servizio del
cinema d’autore.
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