In arrivo Terrifier 3

TERRIFIER
3

Regia
di Damien Leone

con Lauren
LaVera, Elliott Fullam, Samantha Scaffidi e David Howard Thornton

IN
ANTEPRIMA PER HALLOWEEN IL 31 OTTOBRE E AL CINEMA DAL 7 NOVEMBRE

Midnight
Factory, etichetta di Plaion
Pictures
, è lieta di svelare il
primo teaser trailer italiano di Terrifier
3, 
il terzo capitolo della
saga horror slasher firmata da Damien Leone e il primo che arriverà
sul grande schermo in Italia, in anteprima il 31 ottobre per
festeggiare Halloween con i fan e dal 7
novembre
 in tutti i cinema.
Il teaser trailer svela le prime
terrificanti immagini 
dello
spietato killer Art il Clown,
interpretato ancora una volta da David
Howard Thornton
, affiancato
nuovamente da Lauren
LaVera
Elliott
Fullam
 e Samantha
Scaffidi
.

Art
il Clown è pronto a sconvolgere questa volta la notte più
silenziosa e magica dell’anno. Travestito da Babbo Natale, scenderà
dal camino delle case di Miles County per regalare folli momenti di
sangue: un lago rosso prenderà il posto del candore della neve in
cui sdraiarsi per disegnare un angelo, e gli abitanti stessi
prenderanno il posto dei regali nel sacco dell’assassino dalla
folta barba bianca.

Il
folle clown, icona dell’horror e star dei social, torna così in
Italia in grande stile e per la prima volta sul grande
schermo. Terrifier 3 è
il terzo lungometraggio della
saga creata dal regista Damien Leone, autore anche della
sceneggiatura, e arriva nei cinema italiani dopo l’uscita del
secondo capitolo in home video – portato in Italia sempre da
Midnight Factory – che includeva in più All
Hallow’s Eve
, la collezione
antologica di corti diretti da Leone in cui è apparso per la prima
volta Art. La realizzazione di questo film segue il successo del
secondo capitolo, un vero e proprio caso al box office USA: nel
secondo weekend è riuscito a ottenere il 28% in più rispetto
all’apertura e alla fine della corsa ha registrato un incasso pari
a 40 volte il proprio budget, protagonista di un exploit definito
“uno shock” da Variety.

Con
il budget più alto mai avuto a disposizione da Leone, Terrifier
3
 spingerà l’orrore a un
nuovo livello, portando in scena la brutalità e il sangue che sono
diventati marchio distintivo della saga, con scene talmente
scioccanti da aver fatto sentire male addirittura David
Howard Thornton
, interprete
di Art. In questo nuovo capitolo il regista espanderà ulteriormente
l’universo di Terrifier, esplorando ancor più le motivazioni
dietro alle azioni di Art il Clown e della demoniaca bambina che lo
accompagnava nel film precedente, così come il mistero che lega il
terrificante macellaio in costume a Sienna, l’eroina del secondo
capitolo che avrà nuovamente il volto di Lauren LaVera.

Terrifier
3
 uscirà in anteprima il
31 ottobre e sarà dal 7 novembre al cinema con
Midnight Factory
etichetta
horror di Plaion Pictures
.

Sinossi: Quando gli abitanti di Miles County si coricano nelle loro case alla Vigilia di Natale, non hanno idea che a scendere dal camino stavolta sarà Art il Clown. Il folle killer ha preso il posto di Babbo Natale e le sue povere vittime sono ignare che, invece dei giocattoli, saranno loro a riempire il sacco dei regali.

Terrifier 3 frame 1

Terrifier 3 frame 2

Terrifier 3 frame 3

Terrifier 3 frame 4

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Dalla Provincia al Terrore: Un Viaggio tra Folklore e Horror con Luigi Musolino

Partendo dalle tue radici in provincia di Torino, come il tuo ambiente di provenienza ha influenzato l’approccio alla scrittura nel genere dell’horror e del weird?

Il mio territorio di provenienza, insieme alla fortuna di essere nato in una famiglia in cui si bazzicava il genere attraverso libri e film, è stato di fondamentale importanza per la mia scrittura. Sono cresciuto in un paesino della Bassa piemontese spesso avvolto dalla nebbia, circondato da campagne a perdita d’occhio punteggiate da antichi casali diroccati e pioppeti. Quand’ero bambino, nelle sere d’inverno ci si ritrovava spesso nella grande casa dei nonni materni dove si sprecavano i racconti dedicati ad avvenimenti inconsueti, che spesso gravitavano intorno alle streghe del folclore popolare, le masche. L’atmosfera di questi luoghi in qualche modo lugubri, isolati, sfuggiti, le suggestioni delle strane storie raccontate dalle zie in quella cucina invasa dai fumi del tabacco e del vino, hanno senza dubbio influenzato il mio immaginario; i miei primi esperimenti letterari erano già ambientati nelle aree che frequentavo da ragazzino, e col passare degli anni ho plasmato un Piemonte alternativo fatto di suggestioni folcloristiche e orrorifiche, che è quasi sempre il mondo in cui si muovono i miei personaggi.

Soprattutto nella tua prima produzione emergeva una predilezione per il folklore italiano nei tuoi racconti. Quali sono gli elementi del folclore che trovi più affascinanti e che ritornano spesso nelle tue storie? Per scrivere i due volumi Oscure regioni hai svolto un lavoro di documentazione approfondito?

Mi affascina il modo in cui le credenze popolari riescono a sopravvivere nonostante il trascorrere del tempo e la morte degli uomini, mi intriga la capacità che hanno di trasformarsi e filtrare nella modernità adattandosi a essa, con la loro carica inquietante, affascinante, mistica, quasi fossero entità dotate di vita propria.

Queste antiche storie sono come virus che mutano per continuare a vivere, che si tramandano per generazioni, che resistono a dispetto di tutto e hanno persino invaso i nuovi mezzi di comunicazioni trasformandosi in creepy-pasta, leggende urbane, video virali che infestano i social.

Quando ho iniziato a scrivere Oscure Regioni mi stuzzicava l’idea di contribuire a questa mutazione e trasmissione utilizzando le storie del folclore regionale come base per costruire dei racconti horror. Partendo dal Piemonte ho percorso tutto lo Stivale, esplorando e documentandomi, e spero di essere riuscito almeno in parte nel mio intento, che era scrivere delle buone storie del terrore ambientate ai giorni nostri riesumando miti folcloristici particolari, poco conosciuti.

Hai avuto l’opportunità di tradurre opere di autori noti nel genere dell’horror, come Brian Keene e Lisa Mannetti. Ma in passato avevi anche tradotto Carl Jacobi per la Dagon Press. Si tratta di un’esperienza che ti ha stimolato e ti ha fatto crescere?

Indubbiamente. Prima che a scrivere ho cominciato a tradurre, per puro diletto. Da ragazzino, dopo aver letto buona parte dell’horror che passava in Italia, cominciai a leggere in inglese per ampliare i miei orizzonti, per scoprire autori che da noi non erano ancora arrivati, e com’è ovvio mi si spalancò un universo di suggestioni. Leggevo queste storie incredibili e mi dicevo: “Ma perché nessuno le traduce in italiano?” Mi pareva quasi un delitto, e così mi mettevo lì, nella mia cameretta, a tradurre i racconti che più mi colpivano, pensando che magari un giorno sarei riuscito a piazzarli, a far conoscere nel nostro paese un autore secondo me meritevole e poco o mai esplorato dalle CE nostrane. Esattamente quello che è successo con Jacobi, di cui avevo tradotto alcune storie, poi inviate al mitico Pietro Guarriello della Dagon Press per un parere, insieme al quale nacque l’idea di due volumi dedicati all’autore di Minneapolis (ormai introvabili).

Non sono un autore “tecnico”, nel senso che non ho mai frequentato corsi di scrittura e i tecnicismi narrativi mi interessano (e li conosco) fino a un certo punto, penso la mia scrittura si basi più sull’istinto, la passione e la conoscenza del genere in cui mi muovo, ma probabilmente i lavori di traduzione svolti in passato mi hanno permesso di immergermi nei testi di autori stimati e amati, assorbendo più o meno consciamente certe finezze ritmiche, strutturali e tecniche per costruire, spero, delle storie dell’orrore originali e funzionanti.

Il tuo romanzo Eredità di Carne è stato pubblicato nel 2019. Qual è stata la tua fonte principale di ispirazione per questa storia? Hai trovato difficoltà a passare dalla forma del racconto a quella del romanzo? In futuro leggeremo ancora un tuo romanzo?

L’idea di scrivere un romanzo ambientato nelle “mie” valli mi frullava in testa da tempo, perché adoro la montagna e penso sia un ambiente fertile per narrazioni horror e fantastiche. Borghi abbandonati, rovine di fortificazioni militari, graffiti, incisioni rupestri, coppelle votive, luoghi con nomi bizzarri e suggestivi (Lago Nero, Lago della Sibilla, Colle Arcano, Sentiero delle Streghe…), foreste sterminate, grotte, antiche leggende… Cosa chiedere di più?

In particolare desideravo scrivere qualcosa situato in una delle vallate piemontesi che frequento maggiormente, la Val Chisone. Questa zona ospita un antico sanatorio dove sin dagli inizi del ‘900 venivano trattati i malati di tubercolosi, una struttura che è stata in piena attività per decenni per poi essere convertita in colonia estiva, e infine abbandonata.

È un edificio affascinante e imponente, che per collocazione e dimensioni può ricordare l’Overlook Hotel di kinghiana memoria, il setting ideale per una storia dell’orrore. E pur trovandosi in una zona incantevole, che si affaccia su creste innevate e vette che spiccano oltre i 3000 mt, il sanatorio Pracatinat è stato un luogo di sofferenza e malattia, e nei dintorni si sono combattute alcune sanguinose battaglie della guerra dei nove anni.

Aggiungiamo a questa ambientazione il folclore locale legato alle masche (ancora loro!), una scalcagnata osteria di paese, gli orrori delle guerre, due balordi di mezza età che non hanno nulla da perdere, una tormenta di neve, il tarlo che mi rodeva da tempo di imbastire una storia il cui motore principale fosse una fame atavica e inesauribile… ed ecco, tutti questi elementi si sono mescolati per dar vita al mio primo romanzo.

Non ho trovato particolare difficoltà nel passaggio dal racconto alla forma lunga, la storia di Famenera necessitava di più ampio respiro rispetto a quelle scritte in precedenza. Certo un romanzo richiede maggior tempo e dedizione di un racconto, ma la storia era già piuttosto vivida e delineata nella mia testa, e metterla su carta è stato un viaggio piacevole.

E sì, presto potrete leggere un mio nuovo romanzo breve.

La tua novella Pupille è stata pubblicata nel 2020. Puoi parlarci dei temi e delle atmosfere che hai cercato di esplorare in questa opera? Personalmente ho amato questo racconto che ho trovato molto inquietante e che mi sembra un punto di svolta nella tua narrativa.

Pupille ha cominciato a prendere forma durante il lockdown, e in buona sostanza narra di un’epidemia “raccolta” che colpisce la piccola comunità di Idrasca, con effetti nefasti (o forse no) sui bambini, e di conseguenza sugli adulti.

Un essere millenario che si è rifugiato nella scuola elementare del paese, l’Uomo di Polvere, è il personaggio che scatena questa infestazione che permette ai più piccoli di lanciare uno sguardo verso il futuro, verso il crollo della civiltà e la fine dell’essere umano.

Pupille è una fiaba oscura che si ispira prepotentemente al pifferaio di Hamelin, una novella che ruota intorno a una domanda tanto semplice quanto, a mio avviso, terrificante: “Che mondo stiamo lasciando alle generazioni future?”

Penso tu abbia ragione quando dici che Pupille costituisce una svolta nella mia narrativa. Ho dedicato molta attenzione allo stile cercando di dare al testo un afflato favolesco, sospeso, e i temi legati all’orrore rurale in questa novella sono soltanto accennati, o comunque utilizzati per una visione meno locale e più ampia dell’orrore: Pupille racconta di quel regno spaventoso fatto di ipotesi e interrogativi che è il futuro, per quanto mi riguarda uno dei temi portanti della narrativa horror, una delle sue impalcature più solide.

Il tuo libro più recente, Un buio diverso – Voci dai Necromilieus, sembra affrontare tematiche profonde e oscure e si nota anche una maggiore cura allo stile letterario. Cosa puoi dirci riguardo alle tue ispirazioni per questo lavoro e cosa intendi per “Necromilieus”? Ho trovato il connubio con le illustrazione di David Fragale molto evocativo ed efficace.

I racconti di Un buio diverso sono stati scritti nell’arco di un paio d’anni e tutti ruotano intorno a un Vuoto, a un’Assenza. A una zona priva di luce, peculiare, ma in cui ognuno di noi potrebbe cadere facendo un falso passo o per puro caso. In questa raccolta l’orrore e il buio vengono generati da mancanze, sparizioni, lutti. Da scelte sbagliate. O dalle imperscrutabili macchinazioni del caos.

In Come cani, il racconto che apre la raccolta, è l’assenza d’amore a generare una vicenda di follia e degenerazione; nel testo che dà il titolo al volume la scomparsa di una bambina spalanca un abisso senza fondo in un palazzo di periferia, un’anomalia che è al contempo maledizione e consolazione per i protagonisti; ne La foresta, i bivi è il deterioramento di una relazione di coppia a dare il là a una vicenda ambientata in Romania, un incubo di foreste labirintiche e scelte errate; ne L’ultima scatola, racconto scelto da Ellen Datlow per la pubblicazione nel quindicesimo volume The Best Horror of the Year, la tragica morte di una trapezista innesca una macabra e impossibile ricerca da parte del marito contorsionista.

L’altro filo conduttore che lega le storie è appunto il concetto di Necromilieus, particolari zone “ai confini della realtà” in cui il manifestarsi di eventi inconsueti e terribili, a causa di particolari condizioni storiche e spazio-temporali, sarebbe più probabile, teoria elaborata dallo scrittore torinese Enrico Bedolis nel suo bizzarro saggio “Scienza dei Necromilieus”.

Per quanto riguarda David Fragale, ci siamo conosciuti grazie ad alcune bellissime illustrazioni che aveva pubblicato sulla sua pagina FB dedicate a Eredità di Carne e a Bialere – Storie da Idrasca, il mio primo libro. Dopo questo primo contatto è nato un fitto scambio di messaggi sulla comune passione per l’horror e il fantastico, e poi l’idea di collaborare per le illustrazioni interne e la copertina del Buio, come ci piace chiamarlo. Ha fatto un lavoro incredibile, cogliendo alla perfezione lo spirito cupo delle mie storie, e credo che anche la copertina sia perfetta, che spinga a chiedersi: “Cosa si nasconde dietro quel Velo?”

Spero di poter tornare a lavorare con lui molto presto.

La tua raccolta A different darkness and other abominations è stata pubblicata negli Stati Uniti, con una nomination ai World Fantasy Awards. Come è stata l’accoglienza di questo volume negli Stati Uniti?

La pubblicazione negli Stati Uniti è stata un’esperienza positiva sotto ogni punto di vista; durante la fase di preparazione del volume ho potuto toccare con mano la professionalità della Valancourt Books, la loro cura dedicata alla traduzione, all’editing, alla creazione della copertina, alla promozione. Con James Jenkins, che ha curato e tradotto il volume, si è instaurata una bellissima collaborazione basata sulla comune passione per il fantastico, e durante i mesi precedenti la pubblicazione c’è stato un continuo scambio di feedback, suggerimenti, idee, abbiamo selezionato insieme i racconti, abbiamo coinvolto Brian Evenson che ci ha dato la sua disponibilità a leggere le mie storie e scrivere un’introduzione al volume, e penso che, lavorando in questo modo, il libro ne abbia giovato sotto ogni aspetto…

Quando A Different Darkness è finalmente uscito, i riscontri sono stati positivi, ma certo non mi aspettavo raggiungesse la finale del World Fantasy Awards o che Ellen Datlow selezionasse un mio racconto per il suo ciclo di antologie The Best Horror of the Year.

Nel tuo percorso di scrittore, quali sono state le sfide più significative che hai affrontato e come le hai superate?

Penso che la sfida più importante per ogni scrittore sia quella di riuscire a trovare la propria voce. Capire cosa si vuole raccontare e come raccontarlo. Resiste ancora quest’idea romantica dello scrittore come di qualcuno infuso di talento che si siede al tavolo per sfornare racconti e romanzi con facilità. Ovviamente non è così, ci può essere una componente di attitudine e talento, certo, ma prima di raggiungere qualche risultato apprezzabile ci vogliono anni di tentativi, fatica, sacrifici, pratica, costanza, esercizio. Ed è un processo che non termina mai, sempre in divenire… E poi ci vuole tempo. E il tempo spesso manca, sfugge, si curva, e per chi scrive penso sia di fondamentale importanza riuscire a ritagliarsi una bolla sicura in cui poter perseguire questa passione.

La collana Caronte di Zona 42, da te curata, si propone di esplorare il lato più oscuro della narrativa fantastica, accompagnando i lettori in un viaggio nell’ignoto attraverso i grandi titoli dell’horror contemporaneo. Quali altri titoli (oltre a Il pescatore di John Langan e al più recente Siamo qui per farci male di Paula D. Ashe) possiamo aspettarci in futuro?

Quando Giorgio Raffaelli di Zona42 mi ha proposto di diventare curatore di una nuova collana horror – proposta che ho accolto con entusiasmo – abbiamo discusso sull’impronta da dare a Caronte, giungendo alla conclusione di non metterci troppi paletti, di esplorare le innumerevoli declinazioni della narrativa del Perturbante contemporanea ponendo l’attenzione sulla qualità stilistica e l’originalità dei testi, su voci potenti, autoriali, possibilmente uniche.

Vogliamo storie che siano attuali, che esplorino la realtà che ci circonda da un punto di vista inconsueto, che raccontino i tempi terribili che stiamo vivendo, che parlino dell’animo umano ma anche del mondo in cui gli esseri umani si muovono, un mondo punteggiato di abissi, contraddizioni, traumi.

Penso che l’horror, che spesso viene tacciato di frivolezza e superficialità, sia in realtà il genere principe sia per esplorare zone di noi che non vogliamo esplorare sia per sondare il contemporaneo, ed è spesso cartina di tornasole dei mutamenti della società, delle sue perversioni, delle paure che portano con sé i grandi cambiamenti.

Siamo partiti col botto con Il pescatore di Langan, romanzo che è già un classico e che molti lettori di fantastico attendevano nel nostro paese. Penso sia un libro straordinario, che utilizza l’orrore cosmico e topoi lovecraftiani per raccontarci una storia molto intima di perdita ed elaborazione del lutto, un romanzo con una struttura atipica che alla sua uscita nel 2016 ha ricevuto numerosi riconoscimenti e vinto premi importanti.

Come seconda uscita abbiamo selezionato Siamo qui per farci male di Paula D. Ashe, autrice che al suo debutto con questa raccolta ha creato un piccolo terremoto nella community horror e vinto lo Shirley Jackson Award. Un volume completamente diverso da quello di Langan, in quanto scava nelle ferite personali di personaggi al limite e nel torbido della società americana trascinandoci in un vortice di dolore senza soluzione, in regioni di degrado urbano in cui si muovono serial-killer, donne vittime di violenza, sette che predicano vangeli di afflizione, bizzarre creature che possono ricordare i Cenobiti barkeriani, il tutto sorretto da uno stile unico e poetico, in cui traspare tutto l’orrore della Ashe, ma anche la sua compassione, per la tragica condizione umana.

La Ashe è autrice queer di colore, proveniente dal Midwest, e dalle sue storie penso emergano anche gli orrori del razzismo e del bigottismo negli States, le difficoltà che affliggono i quartieri poveri e le minoranze. Nei suoi racconti la sofferenza genera sofferenza, e chi è stato vittima del male lo eserciterà a sua volta, in un ciclo incubico che forse può essere spezzato soltanto dalla presa di coscienza che tutti noi siamo immersi in questa agonia, che siamo tutti sulla stessa barca.

Per il futuro di Caronte potete aspettarvi varietà, testi inconsueti, autori da noi poco conosciuti ma che meritano attenzione, e anche qualche nome grosso che non è ancora giunto in Italia. Sempre con un occhio di riguardo per la qualità dei testi e la cura delle traduzioni, com’è tipico di Zona42 – ma in Italia non è così scontato, specie quando parliamo di piccola-media editoria e narrativa di genere.

L’ultima uscita prevista per il 2024 sarà Qui, Altrove, romanzo del canadese Matthieu Simard, autore che non bazzica regolarmente l’horror ma che con questo testo si avventura in territori di delirio, lynchiani, raccontando di una coppia che dalla città si sposta in campagna per dare nuovo slancio a un matrimonio traballante. Non troveranno un nuovo inizio, ma un villaggio ostile e silenzioso, personaggi bizzarri che li trattano con sospetto, una strana antenna che incombe minacciosa sul paese e storie inquietanti sul vecchio proprietario della casa in cui si sono trasferiti…

Infine, come vedi l’evoluzione dell’horror e del weird, sia in Italia che a livello internazionale, e quali sono le tendenze che ti intrigano di più per il futuro della narrativa horror? Credi che il termine weird sia oggi inflazionato?

L’horror è vivo e lotta con noi, e come dicevo sopra è un genere-specchio della nostra società, delle grandi paure, dei mutamenti politici, sociali, culturali.

Oltreoceano stanno prendendo piede narrazioni che trattano di tematiche LGBTQIA+, di violenza di genere e salute mentale, di antropocene, romanzi che esplorano gli orrori del cambiamento climatico, altri che indagano gli scricchiolii del sistema capitalistico, e penso non mancherà molto prima che ci ritroveremo a leggere distopie horror che riflettono sull’avvento e l’espansione dell’Intelligenza Artificiale…

Al contempo vecchi temi vengono riutilizzati e rielaborati (pensiamo al recente revival del folk-horror o dello slasher), adattati ai giorni nostri, e sia nel cinema che in letteratura mi pare ci sia un bel fermento all’interno delle narrazioni oscure. L’horror è un genere protoplasmico che ha le sue radici nella notte dei tempi, e finché esisteremo noi esisterà l’horror con la sua carica sovversiva e indagatrice.

In Italia c’è una scena, cosa che fino a qualche anno fa non esisteva, ci sono autori ormai consolidati all’interno del genere, penso a Besana, Corigliano, Kulesko, Cucinotta, solo per citarne alcuni, ci sono case editrici serie che trattano il fantastico, così come librerie, manifestazioni e fiere… emergono i primi studi accademici dedicati alla narrativa fantastica italiana, e ci sono lettori, soprattutto lettori che si interessano all’horror, anche tra i giovanissimi, che non si limitano all’ultimo libro di King o all’ennesima ristampa di Poe e Lovecraft.

Non so dire se questo movimento continuerà a crescere, la situazione è decisamente migliorata rispetto ai giorni in cui pubblicavo i primi racconti su forum e riviste amatoriali, ormai una quindicina di anni fa… Se devo essere sincero, mi piacerebbe vedere più autori italiani emergere e far bene con costanza, ma ho come l’impressione che al momento ci si trovi un po’ in una situazione di stallo da questo punto di vista, e spero davvero sia solo un’impressione e di essere smentito.

Il termine weird è da qualche anno sulla bocca di molti, e la cosa non può che farmi piacere perché indubbiamente crea interesse intorno alla narrativa fantastica. Forse il “problema” è che weird è un termine così generico che potenzialmente può raccogliere tutto ciò che presenta elementi che esulano dal realismo, e spesso si creano incomprensioni, risulta difficile stabilire cosa sia davvero questo fantomatico weird… Mi sembra che talvolta sia poco più di un tag usato per identificare un’opera anche quando non ce n’è davvero bisogno.

Per qualcuno weird attiene esclusivamente alle narrazioni che gravitavano intorno alle riviste pulp americane (e non) degli anni venti e trenta, altri si rifanno alle definizioni di Mark Fisher, altri ancora appiccicano il termine a qualunque cosa presenti degli elementi bizzarri e inconsueti… Insomma, penso ci sia un po’ di confusione e che il termine assuma significati diversi a seconda di chi lo utilizza.

E giusto per creare ulteriore caos dirò che per me il weird è quel genere che tratta dell’incontro dell’umano con l’incomprensibile, con lo smisurato, con un’assenza o una presenza madornale, e da questo incontro si generano sensazioni di terrore ma anche di meraviglia e sublime.

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Speak No Evil di Christian Tafdrup

Speak
No Evil (2022)
di Christian Tafdrup

Regia:
Christian Tafdrup. Soggetto e Sceneggiatura: Christian Tafdrup, Mads
Tafdrup. Fotografia: Erik Molberg Hansen. Montaggio: Nicolaj
Monberg. Musiche: Sune “Køter” Kølster. Produttori:
Jacob Jarek, Simone Banchini, Johnny Anderson, Simone Lund-Jensen.
Produttore Esecutivo: Dotte Milsted. Case
di Produzione: Profile Pictures, Oak Motion Pictures. Distribuzione
(Italia): Midnight Factory, Prime Video. Titolo
Originale: Goesterne. Lingua: Inglese, Danese, Olandese. Paesi di
Produzione: Danimarca, Paesi Bassi. Anno: 2022. Genere: Horror.
Interpreti: Morten Burian (Bjørn),
Sidsel Siem Koch (Louise), Fedja van Huêt (Patrick), Karina Smulders
(Karin), Liva Forsberg (Agnes), Marius Damslev (Abel), Hichem Yacoubi
(Muhajid).

Una produzione horror targata Danimarca e Paesi Bassi, un film scritto e diretto da un attore danese alla prima esperienza importante dietro la macchina da presa – Christian Tafdrup -, misconosciuto alle nostre latitudini. In Italia Speak No Evil viene venduto come thriller, ma è un horror claustrofobico, cinema del terrore più che dell’orrore perché tutto è possibile, non c’è niente di soprannaturale, ma il clima angosciante che pervade la pellicola e il finale cupo, nerissimo, senza redenzione, lo rende ascrivibile a quel tipo di cinematografia. Non c’è alcun dubbio che il film riesce nello scopo prefissato di essere disturbante, di produrre angoscia nello spettatore, quel che non è capace di fare, invece, è realizzare il progetto del regista, che avrebbe voluto mixare dramma, thriller e problematiche sociali. Tutto resta sempre molto in superficie, la sceneggiatura è piena zeppa di buchi, molte soluzioni sono poco condivisibili, altre proprio telefonate, la cosa migliore è il finale, ma nel mezzo ci sono molte incongruenze. La storia vede una famiglia danese attirata in una trappola infernale da una coppia olandese, dopo che si erano conosciuti (non certo per caso) durante un soggiorno italiano, nella zona di Volterra, tra le colline pisane. Non racconto altro per non guastare la sorpresa allo spettatore che volesse apprezzare le cose buone di un film (atmosfera, suspense, terrore viscerale) che in Italia ha circolato poco e adesso è reperibile su Rai Play. Noi lo abbiamo visto su Rai 4, il canale digitale Rai dedicato a horror, fantastico e thriller. Colonna sonora fastidiosa, quasi inutile; fotografia italiana sin troppo luminosa (ma per un danese l’Italia è il paese del sole) mentre la parte horror ambientata nei boschi olandesi è fin troppo cupa; montaggio abbastanza compassato nella prima parte per diventare sincopato nello stupendo finale. Speak No Evil piacerà agli amanti dell’orrore possibile, a chi segue le storie dei serial killer più efferati, soprattutto a chi non sta troppo a guardare ai dialoghi scritti (o tradotti) abbastanza male, a una sceneggiatura debole e a una recitazione approssimativa. Costato tre milioni di euro, girato tra Olanda, Italia e Danimarca, ne ha incassati due di meno. Non stiamo parlando di un successo. Ha destato interesse nei festival di genere: Gothenburg (2021) e Sundance (2022). Visto quel che passa il convento in tema di cinema dell’orrore, apprezziamo almeno il tentativo di realizzare un prodotto originale e insolito. Da vedere, prendendo il buono che offre.

Speak No Evil locandina

Speak No Evil frame 1

Speak No Evil frame 2

Speak No Evil frame 3

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Crepuscolaria di Eleonora Della Gatta

Crepuscolaria,
di
Eleonora
Della Gatta
,
è
un’antologia di quattordici storie
nere

pubblicata da Scheletri
Ebook

di Alessandro
Balestra

(che firma anche le quattordici vignette poste alla fine di ogni
racconto)

Non
si tratta, però, di una novità assoluta: questa raccolta nasceva
con il titolo Fuori
è buio
,
edita dalla defunta Dunwich
Edizioni.

Questa
casa editrice ha prodotto numerosi lavori di grande qualità, e
questa antologia ne è un’ulteriore testimonianza. Plaudo
alla Scheletri per averla recuperata.

Rieditare
un’opera già pubblicata richiede una certa dose di sicurezza, ma
tralasceremo le considerazioni finali per il momento.

L’opera
inizia con una prefazione dell’autrice, Eleonora
della Gatta
,
che ci spiega della storia di questa antologia, di come sia stata
modernizzata rispetto all’opera originale.

Inoltre,
cito: Manca
la cultura della brevità che peraltro è molto apprezzata all’estero
da numerosi lettori che pare non si irritino per una storia “monca”

Adesso passiamo ai racconti:

Marco
e Wanda,
apre
l’antologia con la storia di un bambino apparentemente innocuo e
perfetto in casa, che cela un lato oscuro. L’autrice, attraverso
l’arte di coinvolgere il lettore, ci immerge nella psicologia di
Marco, facendoci riflettere sulla complessità umana e sulla sottile
linea che separa l’apparenza dalla realtà. La storia ci ricorda, con
una punta di ironia, il vecchio detto “era una brava persona,
salutava sempre”, invitandoci a non giudicare le persone solo
dalle apparenze. Non si sa mai a chi possiamo pestare i piedi, no?

La
Sacára
: ci
trasporta nel cuore del Salento, dove un atto di gentilezza si
trasforma in un incubo. Emilio, mosso da compassione, si ritrova
invischiato in una vicenda inquietante che lo porta a confrontarsi
con le antiche credenze locali e con una presenza soprannaturale. Il
racconto, ben ancorato al folklore salentino, offre un finale
coerente e sorprendente che lascia il lettore con un senso di
disagio.

Giardinaggio:
è, a mio avviso, uno dei racconti più riusciti dell’antologia (sul
podio dei numeri tre). La storia della signora Anna, una pensionata
solitaria e appassionata di giardinaggio, si trasforma in un
crescendo di tensione quando un’entità misteriosa inizia a
tormentarla. L’atmosfera cupa e claustrofobica, unita alla follia
crescente della protagonista, crea un’esperienza di lettura intensa e
inquietante. Il racconto esplora in modo magistrale il tema della
solitudine e i suoi effetti sulla psiche umana, sfumando il confine
tra realtà e immaginazione.

Anima
Nera:
Un bambino
affetto da cefalea a grappolo, che per un ragazzino
può essere orribile, scopre un modo per alleviare le sue pene:
mietendo il dolore degli altri, allevia il proprio. Questa scoperta
lo porta a un percorso di introspezione e empatia (anche se deviata)
in cui il confine tra sofferenza e sollievo si fa sempre più labile.

Maschera
di Carnevale:
La
storia della signora Marcella, abile sarta, si tinge di tinte
macabre. Ogni anno, crea un costume perfetto che tutti bramano,
selezionando con cura chi la indosserà. Quest’anno, però, qualcosa
va storto. L’odore di marcio si percepisce già a metà racconto con
un leggero retrogusto di favola in stile Fratelli
Grimm
, aggiungo
però che il finale mi ha sorpreso in positivo. 

Il
Veterinario
:
Un veterinario, inizialmente appassionato del suo lavoro, si ritrova
a confrontarsi con una realtà sconvolgente: gli animali sotto le sue
cure non sono ciò che sembrano.

Respiri
di pietra:
Un
gruppo di ragazzi, alla ricerca di brividi nei luoghi misteriosi
della Puglia, si ritrova al Castel del Monte, dove un gioco
inquietante li trascina in un’avventura al limite tra realtà e
immaginazione. Le atmosfere suggestive del castello e le antiche
leggende locali creano un’atmosfera perfetta per un racconto horror
che mescola storia e mistero.

Una
buona lettura:

Carla, una bibliotecaria ormai anziana, vede i suoi tranquilli giorni
turbati da sogni inquietanti che la portano a confrontarsi con le
profondità del suo animo. Questo racconto, con la sua atmosfera cupa
e malinconica, esplora il tema della vecchiaia e della paura della
morte, offrendo un ritratto psicologico profondo e inquietante.
(Anche questo sale sul podio dei miei tre preferiti)

I
riflessi dell’anima:

Una giovane pallavolista, schiacciata dalle aspettative della madre,
scopre un segreto oscuro nascosto dietro allo specchio. Questo
racconto, con il suo finale amaro e psicologicamente devastante,
esplora i temi della gelosia, della rivalità e dell’ossessione,
lasciando nel lettore un senso di profondo malessere. Ci
sono
molte vibes stile Bloody
Mary
(il miglior
finale dell’Antologia)

L’impermeabile
blu:
Matteo era un
bambino dalla fervida immaginazione. Creava mondi interi, popolati da
eroi e avventurieri, e li viveva attraverso i suoi giochi in
solitaria. Un giorno, però, una delle sue fantasie prese vita,
trascinandolo in un incubo ad occhi aperti mostrando al ragazzo che
alle volte la fantasia ha dei retroscena terribili.

Is
Cogas:
Nata
in Sardegna, la piccola protagonista viene portata a Milano dal padre
dopo il divorzio. Qui, si sentiva a casa, circondata dalla frenesia
della città. Ma quando la madre si ammalò, dovette fare ritorno al
suo paese d’origine. In quella terra, dove aveva sempre provato un
senso di estraneità, iniziò a percepire una presenza oscura, legata
alle antiche leggende di is
cogas
, le streghe
della sua terra natia.

Clausura:
In cerca di
tranquillità e meditazione, una giovane suora si ritirò nel
convento di clausura. L’atmosfera era cupa e opprimente, e la priora,
con il suo sguardo severo e la sua ossessione per la non
produttività, incuteva timore nelle altre suore. Ben presto, la
novizia iniziò a sospettare che nel convento si celasse un oscuro
segreto, e che la priora stesse nascondendo qualcosa di terribile.
Questo racconto
era partito molto bene, con ottimi presupposti, peccato per la
conclusione troppo rapida.

L’Acquirente:
un semplice affare diventa una serata orripilante, un racconto
estremamente breve con una citazione (voluta o meno) di
un episodio di Buffy
l’ammazzavampiri
,
ma no, non ci sono i vampiri.

La
cena del venerdì:

è un racconto che cattura il lettore fin dalle prime pagine,
immergendolo in un Urban
Horror Sovrannaturale

con un’atmosfera natalizia decisamente anomala. Ambientato nel
territorio lombardo, passando da casette sperdute nei monti a le
ville della Milano bene, il racconto segue le vicende di Giada, una
giovane donna invitata a una cena con un gruppo di donne dell’alta
società. Quello che sembrava un semplice ritrovo appunto del
venerdì
si
trasforma ben presto in un incubo, dove le conversazioni piene di
pettegolezzi e invidie presto diventeranno ben altro. L’autrice, con
una scrittura elegante e tagliente, riesce a creare un’atmosfera
misteriosa e in costante crescendo, dove il soprannaturale si insinua
nella quotidianità. Questo racconto è un esempio perfetto di come
l’horror possa nascondersi dietro una facciata di normalità, e di
come le relazioni umane possano scatenare in noi il peggio. È
il
racconto che ho preferito e lo pongo sul primo posto del podio.

In
conclusione, posso affermare che questa antologia va ben oltre le
lodi. L’autrice dimostra una scrittura poliedrica, capace di spaziare
dall’horror psicologico allo splatter, fino a toccare le corde
dell’horror soprannaturale più classico, il tutto con maestria. La
sua abilità nel passare da un genere all’altro è davvero
ammirevole.

Lunga
vita alle raccolte di racconti brevi. 

L’AUTRICE:

Eleonora
Della Gatta,
nata a Roma nel 1980, conclude i suoi studi umanistici laureandosi in
Letterature Europee Moderne alla Sapienza. Scrittrice, editor,
traduttrice, blogger… ama le parole e vive sommersa da libri e
animali.
Collabora con diversi editori e agenzie letterarie come
consulente letterario ed editor. Dal 2012 cura la pagina Facebook
Aristogatta, che conta più di 100.000 follower. Cinefila e cinofila,
perfezionista, volitiva, indipendente e testarda, lavora sodo per
ottenere gli scopi che si prefigge.
Ha pubblicato tre romanzi,
una raccolta di racconti, un saggio e tre novelle: Le
Guardiane della Nebbia – il Risveglio
 (Edizioni
il Ciliegio), Le
Guardiane della Nebbia – il Pooka
 (Edizioni
il Ciliegio), Il
Palazzo dei Segreti
 (Edizioni
il Ciliegio), Fuori
è buio
 (Dunwich
Edizioni), The
Shining di Stanley Kubrick, un’analisi del film
 (PubMe
editore, collana Little Black Dress), Cancellato per
la raccolta Cthulhu
Apocalypse
 (Dunwich
edizioni), La
cena del venerdì
 per
la raccolta La
bottega degli incanti
 (Dunwich
edizioni), Quattro
passi
 indietro
per la raccolta Animali
fantastici e come salvarli
 (Dunwich
Edizioni in collaborazione con Lega Nazionale per la Difesa del Cane,
sezione Salerno). Con “Scheletri Ebook” ha
pubblicato CrepuscolariaSe
fosse stata neve
Max
Schreck, l’attore vampiro
 e Dagon,
nuova traduzione del racconto di H.P.
Lovecraft
.

Crepuscolaria

Autore:
Eleonora della Gatta

Editore:
Scheletri Ebook

Pagine:
226

ASIN:

B0D9M8DRQ2

Costo: 2,99 € Ebook; 9.90 € cartaceo

Crepuscolaria di Eleonora Della Gatta

Crepuscolaria illustrazione 1

Crepuscolaria illustrazione 2

Eleonora Della Gatta

Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi.




Thanksgiving di Eli Roth

Thanksgiving
(USA, 2023)

Regia
e produzione: Eli Roth

Soggetto:
Eli Roth, Jeff Rendell

Sceneggiatura:
Jeff Rendell

Fotografia:
Milan Chadima

Musiche:
Brandon Roberts

Montaggio:
Michele Conroy, Michel Aller

Cast:
Patrick Dempsey, Rick Hoffmann, Gina Gershon, Milo Manheim

Produzione:
Spyglass Media Group, Dragonfly Entertenaiment,Electromagnetic
Production

Distribuzione:
Eagle Pictures

È il giorno della festa del ringraziamento negli USA e a Plymouth, come in tutte le città americane, le famiglie si stanno per riunire intorno alle loro tavole imbandite con l’immancabile tacchino ripieno. Ma è anche la notte del Black Friday al Right Mart, e i dipendenti del centro commerciale a fatica riescono a contenere la folla che attende con impazienza che si aprano le porte… ma quando uno di loro vede un gruppo di ragazzi entrare da una porta sul retro per mettere le mani sui prodotti scontati, la folla butta giù le transenne, sfondando le porte e creando una catena di incidenti mortali senza curarsene, avventandosi sui prodotti in saldo. A un anno esatto da quella tragedia, il proprietario del centro commerciale vuole ritentare di nuovo l’apertura la sera del Ringraziamento, ma a quanto pare a qualcuno la cosa non va giù. Un uomo misterioso armato di ascia e con la maschera del religioso britannico John Carver sta seminando cadaveri in giro per la città. Che abbia a che fare con gli incidenti di un anno fa? E le vittime sono anche loro legate a quella tragedia?

Nato
come fake trailer per il film Grindhouse del 2007, Eli Roth
(regista che non ha bisogno di presentazioni) nel 2023 ne realizza il
film completo. Da buon nostalgico del cinema di una volta, dopo aver
riportato sul grande schermo il sottogenere cannibal nel 2013
con The Green Inferno, questa volta lo fa con lo slasher
in stile Halloween e  Black Christmas
scegliendo però come celebrazione quella della Festa del
Ringraziamento (che si tiene il 4° giovedì di novembre). Il regista
fa immergere subito lo spettatore nell’atmosfera della festa,
introducendo gradualmente i vari personaggi che verranno coinvolti
nello svolgersi degli eventi, tra cui il classico gruppetto di
liceali stereotipati e pieni di cliché. Con un velato messaggio di
denuncia sociale volto al consumismo, Roth ci regala una scena
del supermercato in cui viene messa in evidenza la natura animale
dell’essere umano, egoista e non curante di ciò che gli accade
intorno (purché le cose a lui filino liscio) con un susseguirsi di
incidenti alla Final Destination che fungeranno da espediente
per gli omicidi che avranno luogo ad un anno da quel fattaccio.
Quindi individuare l’assassino, per fortuna, non sarà facile in
quanto chiunque è sospettato nonché difficile sarà fare
collegamenti con ognuna delle persone morte durante “la notte degli
sconti”. Ma nonostante i vari sospettati comincino a cadere (o
scomparire senza lasciare traccia) uno ad uno, continua comunque ad
essere difficile individuare il colpevole, e questo è frutto di una
sceneggiatura solida ed ambiziosa nonostante a tratti presenti
momenti prevedibili ma tipici degli slasher. Gli effetti speciali
molto artigianali rendono abbastanza credibili gli omicidi, eseguiti
tra l’altro con molta originalità e brutalità dall’assassino il
quale esteticamente non presenta nulla di particolare, se non quella
di un abbigliamento molto legato alla tradizione della cittadina di
Plymouth (giusto per mantenere intatto il tema della festa). Il cast
svolge bene il compito assegnatogli, quanto basta per dare il più
possibile credibilità agli eventi, specialmente i giovani ragazzi
interpretati da attori con poca esperienza. Tra gli attori con più
esperienza si segnala Patrick Dempsey (ricordato negli horror
Il Gelato Che Uccide, Scream 3), Gina
Gershon
(con un vasto curriculum non horror) e Rick Hoffman
(vecchia conoscenza di Roth in Hostel). Finale
movimentato che accompagnerà lo spettatore allo scioccante epilogo.

Eli Roth ha fatto centro anche questa volta, regalandoci un prodotto di grande intrattenimento, con tanta violenza gratuita della quale non se ne ha mai abbastanza. Il ringraziamento qui non è solo una questione di festività, ma è volto a Quentin Tarantino che in quel lontano 2005 preparò la rampa di lancio a Roth… col risultato che di lui non possiamo farne più a meno. Buona visione, quindi!

Thanksgiving di Eli Roth locandina

Thanksgiving di Eli Roth frame 1

Thanksgiving di Eli Roth frame 2

Thanksgiving di Eli Roth frame 3

Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi.




Black Bits di Alessio Liguori

Black
Bits (Italia, Polonia, 2023)

Regia:
Alessio Liguori

Sceneggiatura:
Daniele Cosci, Carlo Andrea Maucci, Fabio Sieni

Fotografia:
Luca Santagostino

Montaggio:
Luigi Mearelli

Musiche:
Szymon Sutor

Cast:
Yvonne Mai, Jordan Alexandra, Sebastian Fabjansky, Amelia Clay,
Leonardo Ferrantini.

Distibuzione:
Minerva Pictures

Dora
e Beth sono due ladre che riescono a mettere a segno un grande ma
pericoloso colpo, ovvero derubare una società attiva nel dark web
conosciuta come Black Bits. Nello specifico riescono a rubare due
neurochip di ultima generazione la cui funzione è quella di emulare
il comportamento del cervello umano. Una volta messo a segno questo
colpo dal valore inestimabile, le due donne si nascondono in una safe
house nel bosco (una sorta di cottage tecnologico) in attesa di poter
rivendere i neurochip a dei compratori. Ma scopriranno ben presto di
non essere sole… un uomo misterioso si aggira in quel bosco, e Dora
e Beth si troveranno a guardarsi le spalle.

Di
produzione italo-polacca, del 2023, diretto da Alessio Liguori
(In the Trap, Shortcut, The Boat) è un ambizioso
fanta-thriller con un buon mix di elementi action, horror
e survival. Creando una storia completamente da zero, il
regista, pur ambientando la storia in un futuro distopico, tratta
comunque un tema attuale, come quello del pericoloso dark web, un
mondo virtuale nel quale si nasconde ogni tipo di insidia e che ogni
giorno attira sempre più persone nella propria “morsa del ragno”,
così come quello del neurochip (tutt’altro che finzione) che
scaturisce il susseguirsi degli eventi. Le protagoniste
(rappresentate da una coppia alla Bonnie e Clyde ma al femminile e
lgbt) si presentano allo spettatore come delle “Rambo” in
gonnella,  per nulla spaventate da ciò che hanno appena
commesso ed eccitate nel vivere in maniera spericolata. Ma il loro
legame lavorativo e sentimentale verrà messo a dura prova dalla
presenza del misterioso uomo le cui intenzioni non sono ben note, se
non quello di destabilizzare la loro sfera amorosa e lavorativa,
facendo precipitare le due donne in una situazione in cui realtà e
finzione si confondono tra loro. Per metà film lo spettatore
assapora la parte thriller ricca di suspence per poi
vedere quel verdeggiante bosco trasformarsi in un campo di battaglia
dove proiettili sparati a raffica romperanno il silenzio della
natura. A rendere il tutto più credibile ci pensa il cast
rappresentato dall’attrice tedesca Yvonne Mai (nel ruolo di
Beth), l’attrice inglese Jordan Alexandra (nel ruolo di Dora)
e l’attore polacco Sebastian Fabijanski (nel ruolo dell’uomo
misterioso), tutti quanti ben calati nel ruolo e integrati nella
solida sceneggiatura che, oltre a sparatorie e suspence,
prevede anche qualche enigma. Le inquadrature danno al film un
impatto in stile videogame. Valore aggiunto danno al film i flashback
riguardanti il passato di Dora e Beth ma soprattutto una serie di
twist nella trama talmente spiazzanti da cambiare
continuamente le carte in tavola fino ad arrivare al finale a
sorpresa.

In
conclusione, con questo mix di generi tipici dei film americani il
regista riesce a dare un impatto Europeo a questo prodotto valido e
di grande intrattenimento, dimostrando maestria anche in un genere
non completamente horror come i suoi precedenti lavori. Quindi non
resta che mettervi comodi e godervi lo spettacolo.

Black Bits locandina

Black Bits frame 1

Black Bits frame 2

Black Bits frame 3

Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi.