Parlare con papà di Donato Altomare

La signora prese per mano il figlio e, col cuore che batteva assai, entrò nel cimitero.
Non c’era molta gente, data l’ora mattutina, eppure un intenso vociare la distolse dai dolorosi pensieri.

“Dov’è papà?”
Non guardò il figlio, camminando con lo sguardo davanti a sé si limitò a mormorare: “Ora ci arriviamo.”
Dovettero però camminare per molto. Il bambino stava per protestare quando la madre lo precedette: “Ecco, siamo arrivati.”
La tomba era molto semplice. Una lastra di marmo bianco sul terreno con inciso il nome e le date di nascita e di morte. Sopra una sorta di schermo piatto. C’era un sedile in ferro. La donna si sedette di fronte alla lastra e fece sedere anche suo figlio.
Poi posò il pollice della mano destra su un piccolo cerchio grigio laterale che spiccava sul bianco della lastra.
Pochi istanti. Poi lo schermo si illuminò.
Il viso di suo marito le stava sorridendo: “Ciao Matilde.”

“Ciao Filippo.”

“Vedo che c’è anche nostro figlio. Come va, Tommaso?”
Il ragazzo aveva le lacrime agli occhi. Si morse le labbra senza dire una parola.
Per incoraggiarlo la madre mormorò: “Su, dì a papà del bel voto in astrofisica.”
Tommaso si strofinò gli occhi col dorso ella mano e finalmente chiese: “Dove sei?”
Una domanda che si stava facendo da dieci giorni, da quando avevano seppellito il padre e avviato la procedura di dialogo. Il micro computer inserito nella lastra di marmo era programmato per dare quante più risposte possibili, e per permettere un dialogo sulla base di registrazioni precedenti.
L’immagine del padre sorrise: “Qui, davanti a te.”

“No, tu sei nella tomba.”

“E’ vero, sono nella tomba, allora perché me lo chiedi?”

“Perché io ti voglio accanto a me.”

“Sono sempre accanto a te, Tommaso. Ma dimmi, è stato difficile il compito di astrofisica?”

“Un po’, la professoressa ci ha detto che per noi ragazzi di dieci anni è una materia difficile, ma se ci concentriamo possiamo farcela.”

“Sono sicuro che te la caverai bene, poi da grande potrai viaggiare verso Marte e anche oltre.”

“Ma io…” Tacque.
La madre trattenendo a stento le lacrime e mordendosi le labbra lo spinse a continuare: “Su, papà vuole sapere come se la cava il suo tesoro.”

“Io…”

“Cosa vuoi dirgli?”

“Io… io non voglio andare su Marte. Io voglio restare qui e venire ogni giorno a parlare con te.”
La madre prese un fazzoletto e se le asciugò lacrime prepotenti, poi: “Glielo spieghi tu?” Disse rivolto all’immagine del marito.

“Sì, ci penso io,” e rivolto al figlio: “vedi, Tommaso anche durante il viaggio, anche su Marte, anche su qualsiasi satellite del sistema solare potrai parlare con me. I cellulari possono mettersi in contatto con chiunque sulla Terra. Ci faremo lunghe conversazioni.”

“Ma mamma non sarà con me.”

“Lo sai che mamma non potrà andare nello spazio. Ha superato i trent’anni e l’addestramento inizia a quindici anni. Tu potrai farlo, se lo vorrai.”

“NO.” Deciso “Non voglio farlo. Io… io voglio restare qui, vicino a te, per venire a parlare ogni giorno… vicino a te.”
Il padre sorrise: “L’hai già detto. Ma non parliamo del futuro, sarai tu a decidere. Dimmi, come va il nuovo monopattino?”
Tommaso tirò su col naso: “E’ meglio di quello che avevo, ma mi sono accorto che se lo lascio andare da solo tende a sinistra. Per fortuna i sensori stradali mi avvisano, sennò finisco fuori strada.”

“Devi farlo revisionare.”

“Ti accompagno io al rivenditore,” intervenne la madre “domani, al termine dei programmi scolastici andiamo insieme. Tanto è dietro casa.”
Il ragazzo annuì: “L’ho già portato una volta.”
Il padre scosse il capo: “Non c’è da fidarsi più di questi rivend….”
Ci fu un guizzo, come un piccolo lampo di luce, e lo schermo si spense.

“Ma cosa…?”
Un intenso vocio si era levato intorno. Non era accaduto soltanto a loro.

“Papà…”
Matilde accarezzò il capo del figlio e cercò di rassicurarlo: “Non è nulla, solo uno sbalzo di tensione. Tu sai bene di cosa si tratta.”

“Certo, colpa di vecchie fibre ottiche. Ma da quando non le sostituiscono?”
Una voce sintetica venne fuori dalla lastra di marmo. Dalla loro ma anche da quelle delle tombe vicine: “Si chiede scusa per l’interruzione dovuta a problemi tecnici. Si assicura che tra pochi minuti il contatto sarà ripristinato.”
Ancora il vociare intorno.

“Il tempo è scaduto?” Chiese il ragazzo.
La madre scosse il capo: “No, nel contratto è prevista l’interruzione non per colpa nostra. Il tempo di intervento non ci sarà addebitato.”

“Io voglio ancora parlare con…”
La voce sintetica lo interruppe: “Il contatto è stato ripristinato. Scusandoci per l’inconveniente, vi ricordiamo che sulla base dell’articolo ventisette del contratto il tempo di dialogo riprenderà a scorrere dall’istante preciso dell’interruzione. Ora potete riavviare la conversazione con i vostri cari defunti.”
Matilde sospirò e riportò il pollice sul cerchietto grigio. Un secondo e la lapida bianca si illuminò mostrando il volto sorridente di suo marito.

“Ciao Matilde.”

“Ciao Filippo.”

“Vedo che c’è anche nostro figlio. Come va, Tommaso?”
Il ragazzo restò muto. Si sarebbe dovuto abituare a quelle frasi sempre uguali all’inizio della conversazione. Per fortuna intervenne la madre a spiegare: “C’è stata una interruzione, Tommaso deve riprendersi dalla sorpresa.”

“Bene. Allora? Com’è andato il compito di astrofisica? Dimmi, avrò un figlio astronauta?”
Tommaso scosse il capo. Si alzò e mormorò: “Tu… tu non sei mio padre. IO… io voglio parlare con mio padre non con… con te.”
Tornò la voce sintetica: “Si consiglia di interrompere la conversazione e tornare la prossima settimana dopo aver informato adeguatamente l’elemento giovane e spiegato che sta parlando con una IA che simula suo padre, ma che non sta parlando con suo padre. E’ tutto definito nel contratto. Qualora il soggetto dovesse dimostrarsi non ricettivo, ci vedremo costretti a interrompere il contratto per la salvaguardia della sua sanità mentale.”

“Andiamo via… Tommaso, hai ragione… tuo padre non è qui.”

“Cos’è IA?”
La madre smise di piangere e mormorò: “La fine della umanità.”

L’AUTORE
Donato Altomare (Molfetta 1951). Ingegnere, sposato con Loredana Pietrafesa, ha tre figli. Narratore, saggista, poeta, ha pubblicato oltre trecento opere (racconti, romanzi, saggi, ecc.) in Italia con vari editori (Mondadori, Tabula Fati, Profondo Rosso, Adda, Solfanelli, Fanucci, Giunti, Fazi, Della Vigna, Delos, Perseo, Elara, Altrimedia ecc.) e all’estero (Cekia, Slovacchia, Serbia, Finlandia, Ucraina, Albania, Messico, ecc.). Ha vinto il Premio Ernesto Vegetti della Critica per il Romanzo Sinfonia per l’Imperatore, (Elara Bologna, 2010), due volte il Premio Urania di Mondadori con Mater Maxima (Mondadori, 2001) e Il dono di Svet (Mondadori, 2008), il Premio ‘Le Ali della Fantasia’ con Surgefora’, (Tabula Fati, Chieti, 2006), otto volte il Premio Italia e molti altri. Sono state tenute tesi di laurea su di lui. Dal 2013 è Presidente della World SF Italia.

Parlare con papà cover

Donato Altomare

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5 Ore di Terrore di Debora Montanari

5
ORE DI TERRORE

Un thriller oscuro che ribalta le regole del genere horror

Riuscireste
a non farvi travolgere dal terrore?

Pensate
a una morte lenta, così atroce da riuscire a devastarvi anche solo

immaginandola.
Avreste il coraggio di sopravvivere pur sapendo ciò che vi

aspetta?

Destinati
all’inferno

Ida
e Katie sono due amiche che mettono in atto un audace piano per poter

incontrare
i componenti della band heavy-metal Redsilver Shift, con l’idea di

trascorrere
la serata con loro, ma qualcun altro vuole la stessa cosa.

I
Redsilver Shift non sanno quale terrificante tempesta si scatenerà
su di loro.

Ida
non sa fino a che punto il suo desiderio di una serata da urlo
sarà esaudito.

Oscurità

Nella
maniera più stupida che si possa immaginare, Ida si metterà in
trappola.

Isolata,
disarmata, sperduta in una oscurità che le risveglia orribili
ricordi, avrà

solo
due alternative. La scelta che farà risulterà inconcepibile e…
agghiacciante.

L’AUTRICE

Debora
ha sempre voluto scrivere. La sua prima opera – un racconto fantasy –
la scrisse a 8 anni in occasione di un concorso indetto da un
programma televisivo per bambini.

A
12 anni ha iniziato il suo primo romanzo, un horror. E la sua
immaginazione ha continuato a produrre ancorandosi al genere
fantastico.

A
causa di uno spiacevole fatto accaduto all’inizio della sua
carriera, aveva abbandonato il suo amore per la scrittura in un limbo
ma, dopo dieci anni, recupera il suo sogno e trova le energie e
l’entusiasmo per un nuovo inizio. Scegliere di utilizzare il
self-publishing è una novità, ma secondo lei sono proprio i
cambiamenti che devono animare il nuovo percorso.

Sul
vecchio percorso c’è il successo dei due romanzi di
fantasy-contemporaneo della Saga
di Chrysos o la Saga dei Draghi Rock come è stata definita dai
giornalisti
 (dove
i draghi sono persone e non esseri sputafuoco): I
draghi di Chrysos

e La
luna di Chrysos
.
I
due romanzi, pubblicati
da Elara,
hanno ricevuto il Premio Italia
per
il miglior romanzo fantasy rispettivamente nel 2018 e nel 2019.

Sul
vecchio percorso ci sono anche e soprattutto i Premi
Hugo
:
Debora è stata la prima autrice italiana – e finora anche l’unica
– a essere stata invitata a tenere conferenze a Chicago, negli Stati
Uniti, all’evento internazionale che ospita i famosi Hugo Awards,
gli Oscar della letteratura fantastica. Lì,
ha avuto modo di confrontarsi con i grandi autori americani della
letteratura fantasy e horror.

https://deboramontanari.com

5 ore di terrore

Autrice: Debora Montanari

Editore: Self Publishing

Pag. 328

Prezzo: ed cartacea: 15,90 €; ebook: 5,49

5 Ore di Terrore di Deborah Montanari

Deborah Montanari

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