Gravion di Masami Obari
Pubblicato da Marco Molendi in Anime · Sabato 05 Apr 2025 · 3:30
Tags: Gravion, Kazumitsu_Akamatsu, Masami_Obari, Masami_Obari, Mecha, Animazione, Serie_tv, Recensioni
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Anime invecchiato malissimo
Un'accozzaglia poco orchestrata di cliché narrativi del genere mecha
Gravion
(2002/2004)
Autore:
Kazumitsu Akamatsu, Masami Obari
Regia:
Masami Obari
Character
design:
Junichi Takaoka, Makoto uno, Masami Obari
Musiche:
Hikaru Nanase
Studio:
Gonzo
Questo
anime è del 2002/2004 (Due stagioni, una di 13 e una di 12 episodi),
non nuovo, ma me lo sarei immaginato anche più vecchio. Lo sono
andato a ricercare perché l’autore è Masami
Obari
che è conosciuto come “Il dio del mecha”, ovvero che come li
disegna lui non ce n’è. Non sapevo cosa aspettarmi da una serie
robotica, non avevo aspettative altissime anche se è il mio genere
preferito. Facevo bene.
Eiji
cerca la sorella scomparsa e le sue tracce lo portano a cercarla
nella villa/castello/fortezza del miliardario Klein Sandman. Mentre è
lì che indaga scopre all’interno un apparato di altissima
tecnologia, ma non ha tempo di indagare meglio che gli alieni
attaccano. Questi mostri meccanici, noti come Zeravire, possono
essere affrontati e sconfitti solo da una serie di veicoli nascosti
nel castello di Sandman i quali, uniti, compongono Gravion, un
super-robot ad energia gravitonica. Eiji rimarrà ovviamente nel
castello conoscendo i molti personaggi che vi dimorano e prendendo
parte alla lunga battaglia contro gli invasori.
La
sceneggiatura della prima stagione e della seconda è a opera di
persone diverse. C’è un lavoro a otto mani per la prima stagione
che genera quello che, nel gergo tecnico, viene definito come un
casino.
La trama è abbozzata, confusionaria, non spiega praticamente niente.
Gli stessi Zeravire non sembrano avere alcun senso. Nella seconda
stagione gli sceneggiatori diventano due (e uno è Obari stesso) e si
cerca di risistemare un poco una narrazione confusa riportandola su
binari più canonici.
C’è
da dire che comunque la trama di Gravion è un’accozzaglia poco
orchestrata di cliché narrativi del genere mecha e “mettiamoci
questa cosa perché fa figo”.
Penso che l’idea di fondo sia stata proprio inserirci “figate”
generiche in ogni dove e tipiche del genere, fino alla nausea. A ma
piacciono gli anime di robot quindi ne riconosco i topos classici, ma
anche l’abuso.
Gravion
è prima di tutto un robottone enorme che si monta e poi si compone
con altre cose e poi altre ancora. Ci può piacere. Tutti questi
pezzi montati, però, poi finiscono in un ammasso di luci colorate e
duelli quasi statici che non sono bellissimi da vedere.
Certo,
il robot è massiccio e epico, ma basta?
Allo
stesso modo il fan-service è esagerato. Tette, tette, TETTE.
Il castello è popolato da tipo una trentina d ragazze che girano
vestite da maid, senza un vero perché. Una buona percentuale di
queste sono bambine, tanto per rendere il tutto più viscido.
Sempre
per mantenere il tono, le musiche sono pompate ed epiche e la sigla è
dei Jam
Project che
fanno da sempre le colonne sonore dei robot più tamarri. Questo non
è un difetto, anche se non è la loro canzone migliore.
Poi,
in ordine sparso: i cattivi sono cattivissimi e il loro perché è
fumoso, tutto è un mistero, il pianeta stesso dei cattivi deve
essere menato, tirare l’acqua del cesso si fa urlando cose e
mettendosi in pose plastiche.
Insomma... Gravion è un anime invecchiato malissimo.
A vederlo avrei quasi detto che è frutto degli anni novanta o pure
precedenti. Ho visto molti prodotti in quegli anni e precedenti ed
erano migliori.
Alla
fine cosa si salva davvero di questo robot sconclusionato se non il
robot stesso? Poco. Obari disegna molto bene.
Non
le persone, quei nasi sono da galera.
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