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Incontro con Luca Pivetti

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Incontro con Luca Pivetti

Club GHoST & Ipnotica
Pubblicato da Flavio Deri in Interviste · Venerdì 09 Mag 2025 · Tempo di lettura 10:15
Tags: Luca_PivettiLa_Notte_Prima_del_CaosGrande_TenebraWeirdHeavy_MetalLibri

Intervista esclusiva con l'autore de La Notte Prima del Caos

Una scrittura che fonde l’abisso interiore alla furia visionaria dell’Heavy Metal

Oggi su Club GHoST abbiamo il piacere di presentarvi un’intervista esclusiva con Luca Pivetti, autore italiano classe ’85, voce nostrana nel panorama horror e weird contemporaneo. Con una scrittura che fonde l’abisso interiore alla furia visionaria dell’Heavy Metal.
Pivetti si è aggiudicato il prestigioso premio “La Chiave d’Argento” per la miglior opera self-published grazie al romanzo La notte prima del Caos durante la seconda edizione del festival letterario Marginalia.

1: In primis ancora grazie per la tua disponibilità e cortesia. Parto subito con una domanda aperta: Molti già ti conoscono ma altri no. Come ti presenteresti a chi non ha mai letto nulla di tuo?
Grazie a voi per l’occasione che mi avete concesso! Cercherò di essere breve citando la mia presentazione instagram, dove mi descrivo come “Metallaro senza speranza e scrittore a tempo perso”, nel senso che la scrittura da qualche anno per me rappresenta un vero e proprio hobby, una passione che ho sempre desiderato coltivare ma che solo dal 2020 sono riuscito a mettere in pratica con una certa costanza, ovvero da quando ho lasciato il mio lavoro dipendente per dedicarmi completamente alla libera professione di psicoterapeuta. In particolare, ho iniziato a scrivere durante il covid, rilasciando nel 2021 il primo capitolo della Trilogia della “Grande Tenebra”, e da lì non ho più smesso. Da quel momento in poi, quando ho tempo libero dal lavoro e dalla famiglia, è probabile che inserisca un disco nello stereo, accenda il PC e cominci a scrivere. Attualmente spazio dall’horror al Dark Fantasy, passando per il weird, dal momento che non mi piace fossilizzarmi su un unico genere e sento il bisogno di mettermi alla prova in progetti sempre diversi.

2: Le tue opere mostrano un equilibrio raro tra la costruzione di mondi ricchissimi e un ritmo narrativo sempre sul pezzo. Come riesci a non sacrificare l’uno per l’altro? Parti da una mappa mentale dell’universo o segui l’urgenza della storia?
Credo dipenda dal genere di opera sulla quale sono al lavoro. Solitamente, quando si tratta di fantasy o derivati (pensiamo quindi a “Cronache della Grande Tenebra” o “Eskalt Saga”) tendo a progettare in misura maggiore, cercando di trovare una quadra riguardo luoghi, personaggi, struttura dei capitoli, eventuale sistema magico e via discorrendo ben prima di iniziare a scrivere. Si tratta di uno scheletro, niente di più, ma aiuta parecchio in fase di stesura. Quando invece mi butto sull’horror o sul weird la scrittura diventa decisamente più viscerale, e quindi l’urgenza della storia prende il sopravvento. In effetti, se penso a opere come “La Notte Prima del Caos”, “Triade” o “Mattatoio Angelico”, gran parte delle intuizioni migliori sono arrivate in fase di stesura, talvolta andando a rivoluzionare completamente l’idea originaria. Il ritmo narrativo, tuttavia, deve essere sempre salvaguardato, per cui su quel frangente, almeno pongo sempre molta attenzione in fase di scrittura, domandandomi spesso “Questa cosa serve ai fini della narrazione?”, “Ha senso dilungarmi tanto?”, “Posso evitarlo questo passaggio o ne aggiungo altri due?”. Ultimamente ho letto almeno due libri che, a mio parere, potevano durare tranquillamente un centinaio di pagine in meno, e seppur questo appesantimento del ritmo non li abbia resi dei polpettoni indigesti, sono convinto che a volte “Dire di meno” sia la soluzione più giusta.

3: Il metal è centrale nella tua estetica. Quali band ti ispirano di più nella scrittura? Come si traduce l’energia del metal nel linguaggio narrativo?
In fase di stesura, la musica è sempre presente come sottofondo. Mi aiuta per settare il mood giusto, a calarmi nell’intreccio, a visualizzare determinati paesaggi. Certo che la scelta della band o del determinato disco diventa per me cruciale in base all’opera sulla quale sono al lavoro in un dato momento. Per “Il Gregge” mi sono fatto aiutare da un certo tipo di black metal atmosferico come quello dei Faidra Darkend o Rotting Christ, mentre per “Mattatoio Angelico” mi sono spostato maggiormente sul brutal death di band come Antropofagus, Hour of Penance, Diesentomb e Sickening per i passaggi più violenti, per poi saltare a gruppi come Beyond Mortal Dreams o Immolation per evocare i momenti più malsani e blasfemi. Per “Priests of Pazuzu vs the End of the World”, invece ho spaziato fra i sottogeneri, proprio come l’opera spazia dal cosmic horror al pulp al dark fantasy, quindi in fase di stesura ho alternato senza problemi death metal, epic e black metal decidendo di capitolo in capitolo. Va comunque detto che l’heavy metal mi ha sempre accompagnato, non solo fornendomi l’ispirazione iniziale (l’idea alla base de “La Notte Prima del Caos” parte proprio da una band black metal della quale non dico il nome altrimenti sarebbe uno spoiler), ma anche a livello di attitudine nello scrivere. Diciamo che scrivo come gestirei una band, se la avessi: nessun compromesso dalla prima parola fino all’ultima, nessuna concessione a mode e trend del momento, nessuna autocensura. Motivo per il quale, qualsiasi cosa abbia sempre fatto al di fuori di quello che è il mio lavoro principale, l’ho sempre fatta in completa autonomia e libertà, senza dover rendere conto a nessuno.

4: Ci sono autori che, ieri come oggi, continuano a risuonare dentro di te come una scintilla originaria? Chi sono quelle voci che, leggendole, ti hanno fatto dire: “Ecco, è questo che voglio fare con la scrittura”?
Lovecraft è stato il mio primo amore ed è tutt’ora una delle mie maggiori influenze. Oltre a lui, in ambito horror, il primo Clive Barker, sia a livello stilistico che di contenuti, rimane una fortissima ispirazione (penso in particolare ai “Libri di Sangue”, a “Prigionieri dell’Inferno”, “Cabal” e “Imagica”). Tendo comunque a essere una spugna e a cercare di assorbire il più possibile quanto di buono riesco a incontrare in ogni autore nel quale mi imbatto. Così su due piedi, per esempio, a livello stilistico credo mi abbia influenzato anche Anders Fager con la sua trilogia Lovecraftiana nella Svezia odierna. Tutte quelle ripetizioni, quei periodi brevi, spezzati e gelidi hanno avuto una grandissima presa su di me.

5: In Italia l’horror e il weird restano spesso confinati a un pubblico di nicchia. Secondo te perché faticano a imporsi nel mainstream? Pensi che questi generi possano avere anche una valenza critica o sociale, oltre che intrattenitiva?
Faticano a imporsi nel mainstream perché non tutti hanno voglia di entrare in contatto con certe cose, e non lo dico in maniera per forza negativa, o per snobismo. È un diritto del lettore, chiaramente, volersi svagare senza avere a che fare con determinate vicende o personaggi che li possano turbare. Dal canto mio, io sono davvero sul lato opposto. Io voglio essere turbato, scosso, maltrattato anche. Se il libro mi porta a rivedere, anche solo per pochi istanti, il mio sistema di credenze e valori, ha colto nel segno. Se mi ha scosso a livello viscerale, è un libro che è valso i miei soldi e il mio tempo. Ma bisogna aver voglia di farlo, e farlo anche con una certa consapevolezza. Chiaro che determinati generi chiedano al lettore uno sforzo in più. Non parlo di uno sforzo cognitivo, ma proprio di pazienza e di fiducia nei confronti dello scrittore. Alla fine si tratta di un tacito accordo fra autore e lettore: come in tutti i casi eh, ma credo che nell’horror, e forse ancor più nel weird, i caratteri della clausola siano scritti molto più in piccolo e i punti da analizzare con attenzione siano di più. Per quanto riguarda la seconda domanda, cercherò di rispondere in maniera più schematica possibile perché potremmo parlarne per settimane intere. Credo che Weird e Horror non debbano di default avere una valenza critica e sociale, ma credo altrettanto fermamente che le opere migliori (o per lo meno quelle che preferisco) le contengano e anche in grandi quantità. L’horror ha da sempre una carica eversiva notevole: pensiamo senza andare troppo indietro ai registi della Nuova Hollywood come Carpenter, Cronenberg, Romero e Craven. Tutti autori che nell’horror inserivano la loro visione politica e una forte critica sociale, sfornando capolavori su capolavori ancora oggi inarrivabili. Per cui sì, mi piace divertirmi e svagarmi, ma il senso di fastidio e il turbamento di cui parlavo prima arrivano solo se alle secchiate di sangue e ai “Booo” improvvisi ci aggiungi altro.

6: Intuisco che, essere psicoterapeuta ti mette ogni giorno a contatto con la complessità dell’animo umano. Quanto di questa esperienza filtra nella tua scrittura?
Moltissimo, e credo che sia inevitabile. Sicuramente lo si nota maggiormente in alcune opere, penso per esempio a “Il Gregge”, che affronta il tema della solitudine e l’elaborazione del lutto, a “Triade”, che parla di dipendenze, traumi e famiglie disfunzionali, fino ad arrivare a “La Notte Prima del Caos”, che considero a tutti gli effetti un horror psicologico e il lavoro in cui la mia professione principale è di importanza basilare, partendo dalla costruzione delle psicologie dei personaggi, passando per l’attenzione per i processi più o meno consapevoli di pensiero fino ad arrivare alla gestione del dolore e del trauma. Si tratta indubbiamente del lavoro più denso che ho prodotto fino a ora e che tocca tematiche quali famiglie disfunzionali, rapporti tossici, disturbi del comportamento alimentare e depressione. Indubbiamente avere a che fare giornalmente con il dolore, le fragilità e le paure altrui mi porta in maniera naturale a scrivere di quello, filtrandolo con quello che è il mio orientamento lavorativo.

7: Possiamo strapparti uno spoiler? Cosa bolle nel tuo calderone creativo in questo momento? C’è un nuovo incubo in arrivo o stai esplorando territori narrativi inaspettati?
Al momento sono al lavoro sul secondo capitolo dei “Priests of Pazuzu”, che sarà sensibilmente diverso dal primo. Si tratterà si un omaggio a un certo tipo di horror anni ’70 (“Non Aprite quella Porta”, “Quel Motel Vicino alla Palude”), senza sacrificare un certo tipo di cosmic horror. Sarà un bel bagno di sangue. Dopo quello, sarà la volta di “Eskalt Saga 2” e un piccolo progetto horror al quale tengo molto, e che andrà a mischiare la mia professione di psicoterapeuta con quella che è una mia paura personale, quindi ci sarà molto di “mio” anche a questo giro.

8: Considerando che finora ti sei distinto come autore prolifico in ambito individuale, hai in programma di prendere parte a progetti collettivi o antologie in futuro?
Non nell’immediato. In realtà in questo 2025, al di là dei lavori che ho rilasciato, trovare dei miei racconti nel sesto numero della rivista “Curioso” e nel quinto numero di “Racconti dal Profondo: Tutti i Nomi del Diavolo”, per cui direi che in qualche modo mi sono mosso anche in quella direzione. Al momento non ho altre collaborazioni in ballo, ma mai dire mai: se il progetto mi intriga sono più che disponibile a mettermi in gioco.

Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato!
Stay Metal & Weird em All.

Luca Pivetti.
Luca Pivetti.

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