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Versipellis - vol. 1

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Versipellis - vol. 1

Club GHoST & Ipnotica

Un punto d’incontro tra appassionati e studiosi del fantastico

Il Weird trattato come un linguaggio che attraversa epoche e culture

Il primo numero di Versipellis, sin dall’editoriale, fa capire la volontà di costruire un progetto che non sia un semplice contenitore di racconti o articoli, ma un punto d’incontro tra appassionati e studiosi del fantastico. Il Weird non viene trattato come un genere chiuso, bensì come un linguaggio che attraversa epoche e culture, un codice che si manifesta in forme diverse, dalla letteratura classica ai fumetti contemporanei.

Algernon Blackwood e Vernon Lee
Uno degli aspetti più pregevoli della rivista è il recupero di testi inediti in italiano, come il racconto “Entrance and Exit” di Algernon Blackwood. Pubblicato originariamente nel 1909, il testo viene presentato nella traduzione annotata da Michols Magnolia. Blackwood è uno degli autori più influenti del soprannaturale e del Weird, noto per la sua capacità di evocare il mistero attraverso la natura. Il racconto scelto è un esempio perfetto di questo stile: un’opera che gioca con l’idea di confine tra il reale e l’invisibile, lasciando il lettore con un senso di spaesamento e fascinazione. Altro recupero importante è il focus su Vernon Lee a cura di Elena Sofia Frati, figura complessa e poliedrica, la cui scrittura mescola estetismo, filosofia e un’inquietante attenzione al sovrannaturale. Vernon Lee, autrice oggi poco ricordata, rimane una figura chiave di un weird psichico, percettivo, quasi medianico. Frati non si limita a recuperare una figura dimenticata: ne propone una lettura originale, legata al concetto di panismo e alla percezione dell’invisibile attraverso luoghi “caricati” emotivamente e spiritualmente. Il perturbante nasce qui dal troppo-sentire, non dal troppo-vedere: la foresta, la città antica, la stanza chiusa diventano luoghi medianici.

Lovecraft e la Teosofia: un’ispirazione inconsapevole?
Tra le molteplici influenze che hanno contribuito a forgiare l’immaginario di H.P. Lovecraft, il legame con l’occultismo rappresenta uno degli aspetti più controversi e spesso fraintesi. Ateo convinto, materialista e razionalista fino al midollo, Lovecraft ha sempre manifestato un netto scetticismo verso qualsiasi forma di spiritualità. Eppure, la sua opera è pervasa da un senso del sacro e del proibito, da miti e cosmogonie che riecheggiano tradizioni esoteriche molto più antiche. Come ha detto il politologo Giorgio Galli Lovecraft attingeva più o meno consapevolmente a un sapere esoterico di culture antiche e dimenticate. E lo stesso Giuseppe Lippi ha sottolineato il rapporto dell’opera di Lovecraft con il sacro tirando in ballo addirittura Rudolf Otto. Il saggio contenuto in Versipellis “Qualche considerazione su Weird e Teosofia” di Mariano C. D’Anza indaga con precisione il rapporto tra Lovecraft e la Teosofia, una dottrina che mescolava occultismo occidentale e filosofie orientali, fondata da Helena Petrovna Blavatsky nel XIX secolo. A prima vista, la Teosofia sembrerebbe lontanissima dalla visione fredda e spietata dell’universo lovecraftiano. Mentre Blavatsky predicava una storia dell’umanità segnata da cicli di illuminazione e conoscenza occulta, Lovecraft vedeva l’uomo come una creatura insignificante in balia di forze cosmiche aliene. Tuttavia si evidenzia qui come alcuni concetti teosofici si siano infiltrati, in maniera indiretta e quasi paradossale, nel suo universo narrativo. Una delle influenze più sottili arriva dalla Golden Dawn, società segreta britannica che combinava cabala, alchimia e tradizioni magiche orientali. Lovecraft, pur non avendo mai fatto parte di questo circolo esoterico, era a conoscenza delle sue teorie e le usò per dare verosimiglianza ai miti della sua narrativa. Un chiaro esempio di questo si trova nei Grandi Antichi, esseri preumani di potere incommensurabile, che richiamano in parte le gerarchie cosmiche della Teosofia, con le loro “razze” di esseri superiori che influenzano il destino umano. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che Lovecraft abbia tratto ispirazione dai testi di Blavatsky per delineare il ciclo di Cthulhu, specie per quanto riguarda l’idea di conoscenze proibite e perdute. In realtà, il saggio chiarisce che Lovecraft non ha mai letto direttamente Blavatsky, ma ha assorbito questi concetti attraverso il filtro di altri autori, come Abraham Merritt e i suoi romanzi di avventura esotica. L’interesse del Solitario di Providence per l’esotismo e per le antiche civiltà è sempre stato più letterario che filosofico, un modo per evocare il senso di vertigine e di insignificanza dell’uomo di fronte all’ignoto. Ciò che emerge con chiarezza dall’analisi è che Lovecraft non era un occultista, né un seguace della Teosofia, ma un raffinato costruttore di mondi che attingeva a ogni fonte utile per rendere il suo universo più credibile e spaventoso. Il fascino del proibito, il mito delle civiltà perdute, il linguaggio oscuro dei grimori e la simbologia delle società segrete: tutti questi elementi, pur avendo origini esoteriche, in Lovecraft vengono trasformati in una visione del mondo radicalmente materialista e priva di qualsiasi speranza di salvezza. Il saggio di Weird Versipellis offre dunque un’interpretazione illuminante del rapporto tra Lovecraft e l’occulto, sfatando il mito di un autore coinvolto in pratiche esoteriche e mettendo in luce il suo vero talento: quello di aver saputo manipolare i miti dell’umanità per creare qualcosa di totalmente nuovo.

L’investigatore dell’occulto: un omaggio alla tradizione
Tra gli elementi originali della rivista spicca il racconto ispirato alla tradizione dell’investigatore dell’occulto, figura che affonda le sue radici nei racconti di autori come William Hope Hodgson (Carnacki, the Ghost-Finder) e lo stesso Blackwood (John Silence). Il personaggio di Brett Yosemite Marblestone creato dalla penna di Alessandro D’Anza è un chiaro tributo a questa tradizione, un detective che fonde razionalità e sensibilità paranormale per risolvere enigmi soprannaturali. Il racconto è un omaggio al genere ma non si limita a imitarne i codici: il tono è fresco, l’ambientazione ben costruita e l’equilibrio tra tensione e introspezione è curato con attenzione. Lungi dall’essere un semplice esercizio di stile, è una dimostrazione di come il Weird possa ancora reinventarsi senza perdere il suo fascino ancestrale.

Il fumetto Versipellis: tra licantropia e folklore italiano
Se la parte saggistica e narrativa mostra un’anima più letteraria, il primo numero di Versipellis sorprende con una proposta visiva intrigante: il fumetto horror Versipellis di Alessandro D’Anza, ambientato nella Toscana del XVI secolo. Il titolo stesso, che in latino significa “colui che cambia pelle”, suggerisce subito il tema portante della storia: la licantropia. La figura del lupo mannaro è qui trattata con un’attenzione al folklore italiano, spesso trascurato in favore della tradizione anglosassone. Il fumetto mescola elementi storici e fantastici con un tratto evocativo, riportando alla luce una delle creature più archetipiche della paura collettiva.

Versipellis – vol. 1: rivista di miscellanea a tema fantastico e Weird
a cura di Alessandro e Mariano D’Anza, Elena Sofia Frati e Michols Magnolia.
Editore: ‎Independently published
Pagine: 133
ISBN: ‎979-8310610927
Dimensioni: 21.59 x 0.76 x 27.94 cm
Prezzo: 13,04 €

La copertina della rivista.

Fonti di questo articolo:
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