Tigers are not afraid di Issa Lopez

Esistono le fiabe per bambini e le fiabe con i bambini. Questa pellicola è un esempio di racconto in cui i protagonisti sono un gruppo di ragazzini che devono vedersela con cose più grandi di loro e gli adulti non sono di nessun aiuto… anzi sono i loro nemici, spietati assassini che gli danno la caccia in un’atmosfera di violenza crescente, in cui bisogna lottare per sopravvivere.

Trama: Estrella è una ragazzina di 10 anni che vive in un quartiere in cui le lotte fra bande sono all’ordine del giorno e non risparmia nessuno. Un giorno torna a casa da scuola e non trova più la madre. Dopo il primo smarrimento, decide di unirsi a un gruppo di orfani, guidato da un ragazzino di nome Shine, che cercano di sfuggire dai Guascas, una banda locale che rivuole il cellulare che gli è stato rubato. Estrella, perseguitata dal fantasma della madre e dalle voci dei morti che vogliono giustizia, cercherà di farsi accettare dai suoi nuovi compagni per trovare delle risposte.

Il film comincia con la maestra che assegna a Estrella e ai suoi compagni un compito: scrivere una favola con personaggi e elementi caratteristici, come principi, vampiri e desideri. Estrella sceglie la tigre, simbolo ricorrente in tutta la pellicola, che fugge dalla gabbia e sbrana chiunque, identificata come animale regale e coraggioso, che non si arrende mai. Ed è così che Shine vorrebbe apparire agli occhi dei suoi “sottoposti”: un ragazzino che non ha paura di niente e soprattutto che non ha bisogno di nessuno, specialmente di affetto e compagnia. In realtà si vede benissimo quanto dietro si nasconda l’animo di qualcuno che è dovuto crescere troppo in fretta, consumato dal dolore e dalla rabbia, con una cicatrice sulla guancia sinistra, simbolo di quanto sia segnato a vita da tutto ciò. I membri della sua banda hanno vissuto un orrore inimmaginabile ed è straziante il momento in cui ne parlano, sottolineando la perdita dell’innocenza in una maniera schietta e diretta, senza quasi emozioni al riguardo. In realtà per quanto vogliano dimostrare di essere forti, dentro sono ancora dei bambini: ci sono dei momenti in cui cercano di comportarsi come tali, giocando, ballando e scoprendo cose nuove. Ed è lì che si vede il divario fra cosa erano e cosa sono costretti ad essere ora. Li potremmo accomunare alla banda dei perdenti di “It”: cercano di fare fronte comune e darsi coraggio, con la sola differenza che questi bambini sono soli, costretti a vivere per strada e a difendersi non dai bulli della scuola, ma da uomini che uccidono per mantenere il controllo del territorio, per sentirsi potenti e continuare a fare i loro comodi. Altra differenza è il ruolo della parte soprannaturale. Il fantasma della madre di Estrella,nonostante lei ne sia spaventata quando lo spirito le parla e cerca di consolarla con le sue mani adunche e raccapriccianti, vuole metterla in guardia sugli uomini cattivi che la stanno cercando, ma la incita a farli fuori. Praticamente Estrella diventa a sua insaputa l’angelo vendicatore dei morti, assetati di vendetta e che spingono lei e i suoi amici verso il confronto faccia a faccia con questi gangster, fregandosene apertamente del pericolo che corrono. La storia comunque è incentrata sul rapporto fra i bambini, sulla voglia di fidarsi l’uno dell’altro, soprattutto perché la vita di ognuno è in mano all’altro: sono soli e devono guardarsi le spalle a vicenda. Perciò la minima bugia crea scompiglio nel gruppo e un senso di smarrimento in ciascuno di loro. E poi c’è il rapporto fra Estrella e Shine, che non è una storia d’amore ma c’è sicuramente una predestinazione: loro sono nati per essere compagni, con un’affinità profonda che li lega e grazie alla quale lui si lascia un po’ andare, togliendo un po’ di sfiducia nei confronti dell’essere umano. La parte soprannaturale è sicuramente relegata in secondo piano, nonostante sia il motore della vicenda, senza il quale tutto sicuramente sarebbe andato in maniera diversa. È un po’ l’effetto di “La spina del diavolo” di Guillermo Del Toro, di cui questa pellicola sembra un omaggio, strutturato in maniera molto simile, vista la presenza di bambini e fantasmi assetati di vendetta (e sicuramente la parte fiabesca ci riporta un po’ alla mente “Il labirinto del fauno” sempre di Del Toro, con i suoi colori e i suoi ambienti surreali e degradati).
Le metafore presenti sono favolose e alcuni particolari illustrano a pieno l’intento della regista di rende reale la condizione di questi bambini, che nonostante tutto sognano di essere re e principesse in un mondo in cui riescono a stento a sopravvivere: notevole per me l’immagine di un pupazzo a forma di elefante le cui braccia sono state strappate e sostituite con quelle di una bambola. Oppure il giocattolo a forma di tigre che Morro, il più piccolo del gruppo, non lascia mai e che piano piano si riempie, fino a diventare “reale” per salvare loro la vita. O i murales di Shine, rappresentanti il felino, che si animano perché la tigre non riesce a stare in gabbia.
Un film che mi ha emozionato e piacevolmente stupito, che considero un piccolo capolavoro e che vi consiglio, soprattutto se amate le atmosfere un po’ fiabesche alla Del Toro.

Tigers are not afraid
Regia di Issa López
Messico, 2017
Con Paola Lara, Hanssel Casillas, Rodrigo Cortes.
Genere: horror.

Voto: ****

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