Il mio inferno di Luca Bonatesta

Il mio InfernoÈ giorno fatto.
I vostri occhi sono disturbati dalla luce, la maggior parte di voi si sta risvegliando adesso. Siete dentro un pullman. Seduti su di un morbido rivestimento di stoffa a motivi floreali azzurro e verde, le teste reclinate sui poggiatesta integrati in vinile blu oceano. Sopra i tavolinetti ci sono riviste e quotidiani e, negli spazi porta bibite, bottigliette d’acqua ormai sgassata e lattine vuote.
Il sole si alza lentamente ma inesorabilmente nel cielo color candeggina.
È estate. State viaggiando su una strada di campagna.
In fondo c’è un paesino in collina, ma ancora non lo vedete.
Una voce, che sembra venire dal conducente dietro il vetro, annuncia: “Buongiorno, signori, ben svegliati! Avete riposato bene? Come promesso, alle prime luci del mattino, ci stiamo avvicinando all’ingresso dell’Inferno.”

Ai lati della superstrada la sterpaglia brucia e diventa cenere, si innalzano grandi fuochi e il fumo si diffonde come nebbia. Ancora non vedete il paese.
La voce del conducente prosegue: “Notate gli alti falò che avvertono il visitatore dell’approssimarsi all’entrata.”
Il pullman grigio – i raggi del sole creano riverberi sulla superficie lucida del tetto – scivola nell’aria come un balenottero nell’acqua.
“Non badate agli sguardi ostili” dice il conducente. “L’Inferno non è un bel posto e la gente non è molto socievole. Ma voi, signori, non abbiate paura: viaggiate con la nostra agenzia!”
L’autocorriera si è avvicinata all’ingresso del paese, che adesso entra nel vostro campo visivo anche se è ancora distante.

Dentro l’Inferno le case sembrano costruite una sull’altra: rovinate, erose dal tempo. L’intonaco cade, le strutture sono fatiscenti. I marciapiedi rovinati. Il manto stradale è a pezzi. Circolano poche auto, perlopiù modelli molto vecchi. Gli abitanti sono soprattutto anziani, pochissimi i giovani, qualche donna, ancora meno i bambini.

Una ragazza è ferma al centro della strada. Vi dà le spalle. Sembra sui trent’anni. Fisico snello. Capelli castani non molto lunghi. È vestita con un tailleur leggero rosso.
“Ed ecco qui la nostra guida! Potete scendere, signori!”
Il pullman si ferma e resta con il motore acceso.
“Ciao, Angela! Allora li affido a te!” dice quasi urlando il conducente e poi aggiunge: “Arrivederci signori, ci vediamo tra 12.980 caratteri”
Angela si volta verso di voi, vi regala un sorriso veloce e uno sguardo nostalgico. La sua bellezza vi fa venire in mente qualcosa di fragile, capace di spezzarsi da un momento all’altro.
“Prego, signori, io sono Angela” esordisce la ragazza “e vi accompagnerò nella vostra visita all’Inferno.”
“Perché esitate? Non avete nulla da temere. Il vostro viaggio ha una durata di tempo già concordata.”

Siete nel cuore dell’Inferno. Angela cammina con andatura lenta ma decisa, conosce molto bene queste strade. Lo scenario cambia pur rimanendo sempre lo stesso. Uomini e donne dai volti tristi – la pelle è scavata dalle rughe – si affacciano alle finestre o sulla soglia delle porte. Vi osservano incuriositi.

“Come potete vedere” inizia Angela “l’Inferno è un posto molto piccolo: poche case dalle pareti rovinate e conservate dal tempo, come le guance sfregiate di una vergine violentata e segregata dal suo stupratore.”
Vi addentrate maggiormente nel paese.

Angela indica e parla: “Alla vostra destra e alla vostra sinistra potete osservare le insegne e le vetrine dei pochi negozi. Vi appaiono come ombre colorate agli angoli degli occhi, è vero? Presto assumono le tonalità sfumate dei sogni dimenticati.”

State attraversando una piazzetta affollata: pure qui ci sono soprattutto anziani, ma anche ragazzini con motorini, biciclette o a piedi. Qualche bar. Sullo sfondo, quasi fuori del paese vedete una piccola stazione ferroviaria con un paio di binari.
“Guardate la stazione” dice Angela. “Pochi binari di ferro e ruggine, circondati da erba sporca e secca, arsa dal sole. A intervalli regolari scorrono i treni come miraggi. Quasi mai si fermano.”
I vostri occhi compiono una ravvicinata sulla stazione. Vecchia, polverosa e sporca. Sotto l’ombra di un portico scassato, un uomo con la divisa del personale delle FS, con le mani in tasca, guarda verso di voi. Accanto all’uomo una panchina con un quotidiano stropicciato.
“L’aspetto fisico del controllore” interviene Angela “è paradigmatico di quello di quasi l’intera popolazione: pelle scura, raggrinzita, che ricopre ossa artritiche. Il tutto sostiene una divisa lisa per i troppi lavaggi”
“Fate attenzione ai suoi occhi velati e mobili, che guardano il mondo come se lo conoscessero a menadito, come se lo avessero visitato in lungo e in largo millenni or sono.”

Siete tornati nella piazzetta. State sostando davanti a un bar. Mentre Angela si avvicina all’entrata, un uomo, che sta finendo di aprire il locale, si volta verso di voi. Dentro, attraverso la vetrina, vedete la cassiera, una donna grassoccia di mezza età, che va al suo posto di lavoro, vicino al registratore di cassa circondato da caramelle, snack e cioccolatini.
Angela dice: “Entriamo in questo locale tipico.”
Angela si rivolge all’uomo che alzava la serranda e che ora sta dietro il bancone: “Ciao, Piero!”
“Oh, Angela, ciao…” risponde Piero. “senti, non mi hai dato ancora una risposta per…”
Piero si interrompe: vi ha visto.
Piero: “Oh…vedo che sei in compagnia…Buongiorno!”
Anche la cassiera vi sta guardando.
Angela saluta pure lei: “Ciao, Albina.”
Albina: “Ciao, Angela! Oh! E chi sono questi bei signori?”
Angela: “Turisti. Allora, signori, caffè per tutti?”
Piero inizia ad armeggiare con la macchina del caffè.”
“Oh, Angela” fa Piero “senti che mi è successo l’altra sera: stavo a pancia all’aria sul prato…”
Angela beve il caffè.
“…e mi metto a guardare le stelle. E mentre le guardo, mi viene in mente il motivo per cui ogni tanto ne muore una di loro…”
L’interno del locale è come se fosse visto in soggettiva dall’obiettivo grandangolare dei vostri occhi. Angela esce dal bar, avanzando verso di voi. In secondo piano la cassiera ripone i soldi negli scompartimenti appositi, dividendo le monete dai soldi di carta. Sul fondo, da dietro il bancone, Piero si sporge in avanti e continua a parlare.
“Allora, siccome mi sembravano così vicine, gli ho chiesto se era giusto quello che io pensavo. E loro mi hanno risposto, tutte in coro: sì, sì, è proprio così che succede!”
Angela si avvicina a una fermata dei pullman, dove aspettano già un paio di persone.
“Continuiamo la nostra visita, signori, ma devo pregarvi di non farvi vedere d’ora in poi. Oh, no! Niente ma, prego. Conoscete il regolamento, no? La vostra presenza non deve essere notata.”
Davanti al cartello con i percorsi delle corriere sostano due o tre persone. Lo scenario è lo stesso che avete visto finora: le case, i negozi, i passanti e qualche auto. Gente affacciata ai davanzali e, attraverso le finestre aperte, televisori accesi. Tappeti alle ringhiere dei balconi. Anziani seduti sulla soglia della porta di casa, alcuni di loro seminascosti dalle tapparelle.
“In questo posto così particolare potete riposarvi qualche minuto, ammirare il paesaggio e intanto ascoltare qualche conversazione tipica degli indigeni” enuncia Angela.
“una nuova ricetta sul giornale di…non è stato facile, ma ho dovuto ricordarglielo…e quanto hai pagato quel… una volta queste cose…eravamo sotto quasi di diecimila euro…com’è bravo…assomiglia a…”
“…gliel’ho detto: finché in casa si cono io…a volte quei riflessi strani negli occhi di mia figlia…ma perché mi sembra che tutto sia…è così strano, adesso…non guardarmi in quel modo…non sopporto quando mi guardano così…”

Arriva il pullman e voi ci entrate insieme ad Angela.
“Ah! Signori, devo ancora ricordarvi il regolamento. Vi ho invitato ad ascoltare i discorsi della popolazione indigena, non a leggerne i pensieri! Sì lo so che da altre parti è consentito ma con la nostra agenzia no!”
Dentro la corriera siete tutti seduti in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Angela è avanti accanto al conducente. Un uomo, seduto agli ultimi posti fa: “Ma ne è sicura, signorina?”
“Certo che sono sicura! Vivo qui e faccio questo lavoro da cinque anni ormai…”
Un’ala di tristezza sorvola lo sguardo di Angela.
“Esattamente da quando sono morta.”
Angela guarda in giù, in strada, attraverso il finestrino del pullman. Il suo profilo risalta sul vetro come una figura di carta ritagliata. Alcuni uomini, giovani e di mezza età, fermi sul marciapiedi la osservano, parlano, ridono e ammiccano tra loro.

Angela si alza. La corriera inizia a rallentare. È la vostra fermata.
“Alla vostra destra” dice Angela, “potete guardare i guardiani dell’Inferno. Alcuni di loro si limitano a osservare e controllare”

Immagini del passato, direttamente dalla memoria di Angela alle vostre menti:
dall’alto vedete Angela e suo marito che fanno l’amore. Il marito è ripreso in modo da non vederne il volto, ma sembra molto eccitato. Angela, sotto di lui, è fredda e indifferente.
“Altri invece hanno ufficialmente il compito di infliggere i mille supplizi della carne e dello spirito.”
Interno della cucina di Angela. Suo marito, seduto al tavolo, legge il giornale mentre beve il caffè. Indossa una divisa di carabiniere. Il quotidiano gli nasconde il volto. Dietro di lui, Angela, in piedi, sta lavando delle stoviglie. Indossa una vestaglia.
“Ma ancora non fidatevi delle apparenze: guardiani e dannati sono confusi tra loro, incapaci di distinguere i propri ruoli. Io stessa. Forse sono una vittima. Forse una carnefice.”
Fari abbaglianti rivelano il volto urlante di Anna, mentre perde il controllo della guida di un’auto.
“Se sono malvagia?”
“Non saprei.”
“Certamente lo sono stata”
Luce bianca.
“Per questo mi hanno condannato a vivere qui.”

Ripreso dal basso, un primo piano del volto di Angela, con gli occhi rivolti al cielo e addosso una maschera di sangue. La bocca spalancata. È senza dubbio morta.
Un uomo accasciato al posto di guida di un camion, dietro il parabrezza infranto.
“All’Inferno”

Rose. Tante rose. Rosse, bianche e gialle. Crisantemi,
“Adesso potete assistere a un rito molto praticato da queste parti: la visita ai propri corpi rimasti sulla Terra, dall’altra parte.”
Angela si avvicina al fioraio vicino all’ingresso del cimitero locale.
“Abbiamo bisogno di fiori: a noi abitanti dell’Inferno sono sempre piaciuti molto”
Angela parla con il fioraio, un uomo basso e grassoccio, con una camicia bianca e aloni di sudore sotto le ascelle.
“Mi dia delle rose rosse, per favore.”
Un uomo con la divisa di custode sta aprendo i cancelli del cimitero. Oltre le inferriate, osservate le file di cipressi e le edificazioni funerarie. E le strade vuote.

Le sbarre nere. Angela, ripresa di schiena, avanza lungo il viale centrale del cimitero.
“Venite, signori” invita Angela. “Attraversiamo i cancelli della memoria e del dolore”
I vostri occhi esercitano una carrellata dal basso su un colombario.
“Questi sono i visi di uomini e donne condannati e redenti: i loro sguardi pieni di gioia e amore del martirio o attoniti per lo stupore della morte”
“Oh…eccomi qui. Questa sono io.”
Un ritratto di Angela sorridente dentro una cornice ovale. Davanti alle foto, delle rose rosse quasi morte. Istante raggelato di gioia. Nessun dolore, amarezza o delusione. Eterno sorriso di donna in felice esilio tra le correnti del tempo.

Angela esce dalla tomba, scendendo una scala con gradini di marmo.

Angela attraversa la strada centrale del cimitero. Altri visitatori entrano nelle proprie tombe o si guardano intorno in cerca di qualcosa o vanno per la loro strada.
Una voce richiama l’attenzione della giovane donna.
“Angela?”
Mentre lei si volta verso l’origine del suono, il suo nome viene pronunciato ulteriormente.
Angela dapprincipio non riconosce la figura lontana da cui proviene il richiamo. Poi i capelli tagliati corti, le sinuosità femminili, le labbra dipinte con un velo leggero di rossetto e i grandi occhi castani compongono la forma di un essere umano di sua conoscenza che non vede da molto tempo.
“Ciao, Angela! Come stai?”
Angela sorride lievemente. Di fronte a lei c’è una donna dai capelli bruni e il fisico prosperoso, fasciato di stoffa scura, sui trent’anni, sorride apertamente. Accanto a lei c’è un uomo di quarant’anni circa, con baffi, giacca e cravatta.
“Ciao, Rita…” parla infine Angela.
“Come stai?” chiede di nuovo Rita. “Ti trovo proprio bene! Non ci vediamo da dopo…l’incidente.”
“Sì…è vero…”
“Come mai sei qui?” interroga Angela.
“Siamo venuti per ritirare un documento al municipio” spiega Rita. “E allora visto che c’eravamo…qui c’è la tomba di un suo zio. Tu hai conosciuto Franco, mio marito vero?”
“Sì, ci hai presentati il giorno del funerale” conferma Franco.
La brezza comincia ad alzarsi, scrolla i rami dei cipressi, si infila nelle fessure dei cancelletti davanti alle porte delle tombe, percorre le stradine e i viali sollevando polvere, mozziconi di sigaretta e foglie essiccate marrone e gialle, circonda le tre figure al centro della via alberata e accarezza gli abiti e la pelle.
Angela dice: “È stato bello rivederti, Rita, ma ora devo scappare: ho un impegno.”
“Certo. Anche noi dobbiamo sbrigarci se vogliamo trovare il municipio ancora aperto.”
“Spero di rivederti presto” saluta Angela
“Anch’io. Sentiamoci ogni tanto!” risponde Rita
“Ciao, Rita” conclude Angela. Franco si unisce ai saluti.

Ora siete nella zona immediatamente fuori il cimitero. Le comparse eseguono il rito della visita ai defunti, la maggior parte senza provare emozioni di sorta.
Nel piazzale antistante l’ingresso qualche auto entra, qualcun’altra esce. C’è chi chiude a chiave la propria utilitaria dopo averla parcheggiata. I cancelli del cimitero sono ancora aperti: coppie, persone sole e famiglie con bambini entrano ed escono. Al centro, in fondo al cancello vedete un negozietto di fiori. Rita e Franco vanno al piazzale adibito a parcheggio. Angela invece si avvicina alla fermata del pullman.
Rita dice a Franco: “Povera Anna!… chi l’avrebbe detto che sarebbe tornata a vivere al paese a pochi mesi dalla laurea.
“Dopo quel maledetto incidente non è più lei. Sembra che abbia sposato anche il marito della sorella!”
Le comparse che stavano chiudendo le auto, ora si dirigono al cancello; lo stesso lo fa chi ha appena comprato dei fiori. Chi esce dal cimitero va verso le auto o verso la fermata della corriera.
Rita e Franco avanzano verso l’obiettivo della cinepresa. Angela si avvicina alla fermata del pullman.
Franco chiede a sua moglie: “Vuoi dire che ha sposato il vedovo di sua sorella gemella, quella che è morta nell’incidente?”
“Sì.” Dice Rita. “E pensa che guidava lei, Angela…ma il matrimonio è solo una voce che ho sentito. Non ho osato chiederglielo. Hai visto? Sembrava volesse sfuggirci!”
Le figure che si avvicinano al cancello, si apprestano ora ad attraversarlo. Altre auto entrano ed escono dal piazzale. Nuovi arrivati entrano in scena, dirigendosi all’ingresso del cimitero non senza prima aver comprato dei fiori.
Franco e Rita escono dall’inquadratura.
Anna si avvicina ulteriormente alla fermata del pullman.
Da lontano vedete arrivare una corriera. Non è un normale bus urbano o extraurbano. È lo stesso pullman con cui siete entrati in questa storia.
Angela si volta verso di voi. Vi regala un altro dei suoi sorrisi tristi.
“No, signori, non mi sono dimenticata di voi. Continuiamo la nostra visita. Vedrete che l’Inferno finirà per piacervi.”
“Almeno quanto piace a me”

Luca Bonatesta
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L’AUTORE
Luca Bonatesta è nato a Brindisi il 26-01-1972.
Ha collaborato tredici anni con una agenzia giornalistica brindisina.
Per le edizioni Hypnos, nel gennaio 2016, è uscito un suo ebook, L’angelo e il vampiro, che raccoglie quattro racconti. Il racconto L’angelo e il vampiro è stato anche incluso nell’antologia Strane Visioni per le Edizioni Hypnos.
È stato finalista in diversi premi letterari, tra cui il Lovecraft e l’Hypnos, prima edizione del 2013, nel quale si è classificato al secondo posto.
Suoi racconti sono usciti su siti internet e pubblicazioni cartacee, come la rivista autoprodotta Next, con lo pseudonimo Darren Frei, e l’antologia Super Nova Express per Ferrara edizioni.
Attualmente collabora con il Club Ghost (www.clubghost.it/portale). Per contatti: lucabonatesta47@gmail.com