Buick 8 di Stephen King

Buick 8 di Stephen KingOpera tribolata che vede la luce nel marzo del 2002, pur essendo stata concepita tre anni prima. Stephen King la immagina dapprima quale racconto, ne stende la trama, prendendo spunto da un banale episodio occorsogli in Pennsylvania. Decide così di utilizzare questo episodio, una scivolata sul retro di una stazione di benzina che per poco non gli costava la caduta in un torrente, per aprire il romanzo, portando in scena una misteriosa Buick Roadmaster condotta da un altrettanto misterioso individuo che scompare nel nulla e che ricorda un po’ il personaggio della pellicola Demoni di Lamberto Bava che distribuisce, a inizio film, i volantini promozionali. Un emissario del male…? Un profeta dell’altrove…? Nulla è dato sapere.
La poca conoscenza della Pennsylvania nonché degli usi e consuetudini della polizia locale costringono King a raccogliere notizie, al fine di essere più verosimile possibile. Oltre a questa problematica nel 1999, anno in cui matura l’idea di realizzare la storia, King resta coinvolto nello spaventoso incidente che lo porta a un passo dalla morte. Ironia della sorte, lo scrittore del Maine trova nella propria esperienza personale circostanze e particolari che collimano con quelle che aveva scritto per Buick 8, opera costellata di incidenti stradali. Ripresosi dalla convalescenza, forse disturbato dalla tematica, accantona il progetto, salvo poi ritornarvi due anni dopo.
Buick 8, che vede la luce a pochi mesi di distanza dal capolavoro Il Miglio Verde, è un romanzo figlio di un periodo di scarsa illuminazione creativa del suo autore, sempre estremamente prolifico. È un romanzo nostalgico, orientato al passato e costruito per effetto di una serie di flashback. Rappresenta l’ineluttabile avanzata della vecchiaia (“quando parliamo delle vite umane c’è un cappio all’estremità di ogni catena”), ma anche una meditazione sull’indecifrabilità degli eventi della vita e su come sia impossibile trovarvi un significato coerente. In Buick 8, infatti, il paranormale non ha alcuna spiegazione ed è proprio questo che, in chiave sofistica (ovvero non a misura di uomo), King cerca di ribadire. Si manifesta e basta, con alcune costanti (abbassamento della temperatura climatica, ronzii elettrici che prendono a diffondersi e abbaglianti giochi di luce) che hanno come catalizzatore un oggetto che solo apparentemente ha le vesti di un automobile. La Buick, vera e propria finestra sull’altrove, è un essere vivo (si auto-ripara, si rigenera, scaccia la polvere dalla propria scocca, apre la bauliera, emette ronzii), una sorta di aspiratore che cattura vittime e le vomita in un’altra dimensione facendo altrettanto con le creature che popolano l’altro mondo. King non inventa niente, butta un occhio su Lovecraft e sul suo celebre From Beyond (1934). Dal racconto del Solitario infatti viene ripresa l’idea di una macchina che riesce a congiungere la dimensione umana con quella dell’altrove, determinando il passaggio di creature ostili e dotate di caratteristiche mortali per la razza umana. Difficile comprendere se siano esseri extraterrestri o provenienti da una quarta dimensione. A differenza di Lovecraft, King sfuma il mistero e, soprattutto, non fa della Buick il centro della narrazione. Il vero interesse del narrato, non è una novità con King, sono le relazioni umane e la vita della squadra D. Funzionale alla causa è la scelta di dipanare la storia in un arco temporale di quasi trent’anni e di renderla stanziale in quanto interamente ambientata all’interno della stazione di polizia dove l’auto, una volta rinvenuta, viene celata in un capannone e studiata di nascosto dai poliziotti. Conseguenza di ciò è una certa frammentarietà, caratteristica ovvia per romanzo che vive di episodi (le esplosioni di luce che, ciclicamente, si manifestano dalla Buick e che rilasciano esseri alieni, talvolta vegetali talaltra animali, che perdono presto la loro vitalità per le difficoltà di adattarsi alla nuova atmosfera) rievocati con l’artificio del flashback. Ecco allora che la Buick svela le proprie sembianze di strumento attraverso il quale ricordare colleghi deceduti, episodi che hanno fatto la storia del reparto, ma anche evidenziare il rapporto di lavoro che caratterizza la vita degli uomini della squadra D in un’ottica costantemente rivolta al passato. Un rapporto fatto di fratellanza, di aiuto reciproco e, in modo particolare, di complicità. Un coacervo di sentimenti e di relazioni che vengono rafforzati dall’imponderabile variabile del paranormale che, di punto in bianco, emerge dal nulla e così come lo ha fatto si appresta a collassare. La storia non ha un vero e proprio epilogo, lo suggerisce, ma resta aperta a un eventuale sequel che non ci sarà.
Amato da alcuni, Buick 8 è considerato tra le opere meno riuscite del maestro del Maine, pur essendo dotata del riconoscibilissimo crisma del suo autore. Le caratterizzazioni dei personaggi sono curatissime e allo stesso modo la loro spinta emotiva. Spicca in modo marcato l’ossessione di alcuni personaggi, tra cui il figlio di un poliziotto deceduto che si trova a ripercorrere le vie battute dal padre, un uomo divorato dall’interno da un disturbo compulsivo che lo porta a vivere in funzione della Buick.
Il ritmo è lento, vivacizzato dalla comparsa degli strani esseri “partoriti” dall’auto (esseri volatili, pesci, vegetali, scarafaggi, persino umanoidi) e da una rapida visione che il protagonista riesce a gettare sull’altrove, salvandosi all’ultimo dalla caduta nell’altro mondo. Uno squarcio al di là dell’ideale “velo” il cui spiare non anticipo per non fare spoiler. Il fantastico di King si svela quale riflessione su quale sia il senso della vita, se davvero ve ne sia uno, e quale occasione per rievocare il ricordo degli amici del tempo che fu in un ipotetico film che è la vita di tutti i giorni e che si può immortalare solo con foto e video, proprio come i poliziotti della squadra D fanno con la Buick, in vista di una vecchiaia sempre più imminente, preludio di quel destino che accomuna ogni essere vivente (Buick compresa): la morte.

Stephen KingL’AUTORE
Stephen Edwin King, il re della letteratura horror, l’uomo che ha venduto tonnellate di libri in tutto il mondo, è nato il 21 settembre 1947 a Scarborough, nel Maine. A sette anni scrive il suo primo racconto e scopre il terrore nel 1957, a dieci anni, durante la visione del film “La terra contro i dischi volanti”, che lo traumatizza.
Due anni dopo scopre nella soffitta della zia i libri del padre, appassionato di Edgar Allan Poe, Lovecraft e Matheson. Trova anche racconti della rivista Weird Tales, di Frank Belknap Long e di Zelia Bishop. Scopre così che il padre non era soltanto un girovago e un marinaio (come raccontato in famiglia) che si era ridotto a vendere elettrodomestici porta a porta, ma anche un aspirante scrittore, affascinato dalla fantascienza e dall’horror. Nel 1962 inizia a frequentare la Lisbon High School, a Lisbon Falls, nei pressi di Durham. Esordisce con alcuni racconti e con il romanzo La lunga marcia. Seguono successi come Shining, La zona morta, It e numerosi altri. Pur dichiarando ogni tanto di voler smettere di scrivere continua a deliziare i suoi fan con i suoi orrori.

Buick 8
Autore Stephen King
Editore: Sperling & Kupfer
Pag. 480
Codice EAN: 9788860613417
Prezzo di copertina 10,98
a cura di Matteo Mancini
(goldenmancho@libero.it)

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