Le visioni di Laura 9 – La scala dei ricordi di Gordiano Lupi

Le visioni di Laura 9 - La scala dei ricordi di Gordiano LupiAffacciata al mio balcone che si specchia nel mare getto gli occhi verso l’infinito e cerco un po’ di pace tra le onde in tempesta. In questa giornata di fine inverno i miei occhi rincorrono il vento che riesce a placare i ricordi. La voce del mare che frange le scogliere mi tranquillizza ed è in quel momento che rivedo il sorriso di mio padre come in un vecchio film in bianco e nero.
“Devi essere forte, bambina mia” dice.
Io lo guardo e non riesco a parlare. Lacrime di pietra mi scavano il volto come una maledizione. Poco lontano c’è Marina distesa sopra una lastra di marmo. È un’immagine che viene dal passato ma fa ancora male. Mi rivedo davanti a quel corpo immobile mentre comprendo chi l’ha uccisa, ma non ho la forza di parlare. Mi rendo conto per la prima volta del mio potere. Vedo il volto dell’assassino sfigurato da una smorfia di follia mentre la sta massacrando. Grido in quella stanza vuota. Grido che non doveva capitare proprio a lei, povera Marina. Il volto di mio padre appare e scompare davanti ai miei occhi che seguono il volo degli ultimi gabbiani.
“Marina ci guarda da lontano” dice.
Lo so, caro papà. Marina continua a vivere nei sogni che tormentano le mie notti in un letto disfatto. Mi ha lasciato questo potere di sentire le sofferenze dei morti, di comprenderne il dolore e le emozioni. Credo che l’abbia fatto per tenermi legata al suo destino, per farmi capire che il mio posto è per sempre accanto a lei. Forse è per questo che non trovo la forza di legarmi a un uomo e non riesco a vivere una vita normale. Vittorio mi vuole bene ma non riesco a promettere a nessuno il mio futuro. Neppure a lui che fa tanto per me. E questa sera per fortuna c’è questo vento di mare che sconvolge i ricordi e placa il mio dolore di fronte alle onde che tormentano le scogliere.

Vittorio dice sempre che dobbiamo fare una vacanza insieme e allora organizza un viaggio in Calabria e mi comunica la sua decisione a cose fatte. Impossibile rifiutare.
“E il cantiere?” domando.
“Per due settimane può andare avanti senza di me. Ho lasciato tutte le consegne agli impiegati”.
Vittorio sa che amo il mare e poi non sono mai stata in Calabria.
“Abbiamo un cliente calabrese. Non fa che dirmi quanto sono belle le spiagge, le scogliere e la vegetazione della Calabria”.
“Non è una cattiva idea. Un po’ di riposo ci farà bene”
Amo le scogliere di Porto Fabbrica, ma ci sono momenti che sento il bisogno di cambiare orizzonte, anche se il bello di partire è sapere che alla fine di tutto c’è sempre un ritorno.
Il nostro viaggio in direzione della Calabria lo facciamo in auto. Vittorio è un ottimo autista, con la sua Station Wagon non fatica a guidare per ore e per recuperare basta solo una sosta per mangiare qualcosa. L’autostrada ci fa percorrere molti chilometri in poco tempo, ma il momento peggiore del viaggio arriva alla sera, quando una pioggia incessante ci accompagna verso strade strette e tortuose, tra scogliere affacciate sul mare e onde che salgono per parapetti malfermi. Arriviamo nei pressi di Paola, mentre il vento accompagna furioso la corsa dell’auto e la pioggia batte violenta sul parabrezza. Il temporale è così forte da non far vedere quasi niente fuori dal finestrino. Dobbiamo cercare un albergo dove passare la notte e non è una cosa facile. Sono io che a un certo punto scorgo un cartello fuori da una casa con la scritta “Affittacamere”.
“Vittorio, fermiamoci qui. La serata è talmente brutta…” dico.
“Non è un gran posto. Ma forse hai ragione tu…” risponde.
L’albergo è davvero scadente. Una facciata screpolata, un balcone pericolante affacciato sul mare e un portone dissestato sono le prime cose che ci colpiscono. Non troviamo di meglio e ci fermiamo. La casa è costruita quasi a picco sopra una scogliera e mi accorgo che il salmastro se la sta divorando lentamente. Penso distrattamente che i padroni potrebbero anche sistemarla, perché la vista si apre davanti a uno scenario magnifico. Suoniamo alla porta. Ci apre una vecchia che indossa una vestaglia che fa intravedere una camicia da notte.
“Entrate, pure. Fuori c’è una vera tempesta” dice.
La donna ci fa strada per un salone centrale arredato in stile anni cinquanta, pure questo molto trascurato, in sintonia con il resto della casa. Mi colpiscono soprattutto un divano verde, due poltrone laterali dello stesso colore e un tavolino da fumo. Alle pareti quadri di nature morte, vecchi ritratti fuori moda e paesaggi marini. Devono essere anni che nessuno pensa a rinnovare quella casa, sia dentro che fuori. La padrona chiede i documenti e ci registra in un librone che a me pare grande e polveroso. Non è difficile scegliere la camera perché siamo i soli clienti di quel singolare albergo sul mare, ma lei pensa a lungo a quale stanza assegnarci. Alla fine ci accompagna in una matrimoniale al piano terreno, come se fosse l’unico posto libero.
“Buona notte” dice con voce flebile.
Ho appena il tempo di vederla imboccare la scala centrale che porta al piano superiore. Intravedo i suoi capelli bianchi e la vestaglia sparire rapidamente, poi la luce si spenge ed entriamo in camera. Come mi aspettavo anche qui tutto è molto essenziale e ha un sapore di cose passate. Il letto con una coperta marrone, i comò laterali provvisti di gambe sottili, una specchiera sopra una cassapanca in legno, due tappetini polverosi con disegni finto stile orientale…Tutto fa respirare un’aria antica, come se per la padrona il tempo si fosse fermato a quarant’anni prima. Lo dico a Vittorio, ma lui non dà molta importanza alle mie sensazioni. Mi accarezza i capelli e mormora: “Sei sempre a caccia di misteri. Siamo qui per risposare…”
“Hai ragione” rispondo.
Vittorio si avvicina al mio volto e mi bacia le labbra. Rispondo a quel bacio e mi lascio accarezzare. Le sue mani sollevano la gonna e si spingono a esplorare le mie gambe che fremono mentre attendono di sentire il contatto con il suo corpo. Facciamo l’amore, come da tempo non capitava, come fossimo una cosa sola, stretti in un abbraccio infinito. Alla fine mi addormento e mi perdo nel solito sogno dove incontro Marina con gli occhi spenti dell’ultimo giorno in cui l’ho vista distesa su un tavolo di marmo. Mi viene sempre a trovare durante la notte e si fa carezzare dal suono delle mie parole, come se avesse bisogno di conforto. Forse è vero che la morte violenta lascia uno spirito inquieto che cerca la pace nell’affetto di chi resta.
Nel bel mezzo della notte mi sveglia una musica che proviene dal piano superiore. Vittorio non sente niente e continua a dormire. Buon per lui che ha il sonno duro. È una canzone d’altri tempi. Caminito, un tango argentino che piaceva tanto a mio padre. Ed è una voce di ragazza che lo canta. Mi alzo ed esco dalla camera. Sulla destra vedo la scala che la sera prima aveva percorso la vecchia. Alzo gli occhi e al piano superiore incontro lo sguardo di una bella ragazza, molto giovane, capelli neri e carnagione scura. Indossa un vestito da sera elegante, ma fuori moda. La gonna ampia e sostenuta da stecche, come quelle che si usavano nei balli della buona società negli anni cinquanta.
Sarà la nipote… penso, ancora assonnata.
Però che strano cantare a quest’ora della notte e poi così conciata…
Decido di chiamarla.
“Chi sei?” domando.
Lei non risponde, ma sorride. Elegante nel portamento come una dama d’altri tempi. Mi incuriosisce, anche perché la sua voce porta messaggi lontani, parole confuse e ricordi del passato. Purtroppo non riesco a intercettare altro. Il mio potere non serve a niente se non ci sono anime di morti che vagano per le stanze. Salgo rapidamente le scale. Voglio parlare con lei, sapere chi è, cosa fa in quella casa, perché canta di notte invece di dormire come fanno tutti. Quando arrivo al piano superiore mi sento molto affaticata. Eppure ho percorso solo una rampa di scale. La ragazza è davanti a me. Adesso non canta più e sorride. Mi indica lo specchio accanto a noi. Seguo il suo indice proteso e avvolto in bianchi guanti da sera. Lo specchio. Mai uno specchio mi aveva fatto inorridire tanto. Sono io quella riflessa nello specchio. Una Laura Sarti invecchiata di quarant’anni. Comincio a balbettare e a sudare freddo. Voglio fuggire, scendere quella scala e scappare via lontano, ma non posso. Sono immobile sulle gambe, stanca, distrutta. Lei sorride di nuovo e sussurra strane parole.
“Vieni, questa storia non ti appartiene. Tu puoi uscirne quando vuoi”. Mi prende per mano e mi aiuta a scendere la scala.
Passo dopo passo sento le forze che rientrano nel mio corpo. Sto meglio e le gambe non sono più pesanti. La paura mi abbandona e un nuovo vigore affluisce nel sangue. Lei stringe la mia mano, rassicurante. Alla fine della scala sono ancora sconvolta. Ho sempre gli occhi chiusi mentre abbraccio la strana compagna d’una notte incredibile. Non comprendo niente di quello che può essere accaduto.
“Cosa è successo?” domando.
Lei mi guarda con meraviglia. Si libera dal mio abbraccio e dice:
“Cara la mia sonnambula, ha proprio fatto un brutto sogno. Venga con me che la riporto a letto”.
È la vecchia. La padrona di casa. Com’è possibile se pochi minuti prima era accanto a una ragazza giovane e bella?
“Ma lo specchio…la ragazza…la scala…” balbetto.
“Vada a dormire che domani deve riprendere il viaggio” dice, con dolcezza quasi materna, aprendo la porta della camera.
Sì, probabilmente è vero. Ho sognato tutto. Uno dei soliti incubi che tormentano le mie notti. Questa volta non sono stati mio padre e mia sorella a svegliarmi dal sonno, ma un fantasma del passato, una ragazza che cantava un vecchio tango argentino. È l’unica spiegazione possibile. La vecchia sorride e mi fa entrare in camera dove Vittorio dorme ancora, ignaro di tutto. Sto per tornare sotto le coperte, quando, improvvisa come una pioggia di aprile che sconvolge il silenzio, sento ancora quella musica argentina provenire dalla scala. Esco di corsa e faccio in tempo a vederla. Sta salendo gli ultimi gradini e i capelli bianchi mutano colore. La vestaglia diventa un abito da sera. I guanti calzano le sue mani delicate. E canta. Sì, canta…
Caminito, compañero de mi vida…
Una musica da tango d’altri tempi si diffonde nell’aria.
Lo specchio laterale riflette un volto di ragazza dagli occhi tristi.
E io non sto sognando. Ne sono più che sicura.
Torno a letto. Non mi resta altro da fare. Vittorio non ha sentito niente e non è il caso di svegliarlo. Quello che ho visto resterà una faccenda tra me e la padrona di un vecchio albergo costruito sulle scogliere di questa città di mare.

La vacanza in Calabria è finita. Siamo stati bene, io e Vittorio. Quindici giorni volati tra le spiagge e le scogliere, per i boschi del Pollino, a violare i silenzi d’una natura incontaminata. Ho ripensato spesso a quella notte nell’albergo di Paola e alla ragazza che cantava il tango argentino. Ci torno con la memoria anche oggi che sono sola nella mia casa di Porto Fabbrica e osservo la solita scogliera battuta dai venti. Quando cala la notte sono ancora prigioniera di quel sogno. Salgo e scendo la scala dei miei ricordi e c’è sempre lei al piano superiore. La vedo nelle notti di tempesta della mia casa di mare. La cerco nelle sere di solitudine sul mio panorama di scogliere. A volte mi appare con il volto sorridente di Marina, come al tempo che eravamo felici e potevamo stare insieme. Mi dice con gli occhi che non può farci niente, ma che adesso sono costretta a viverla quella storia. Perché è parte della mia vita. Per sempre.

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Gordiano LupiL’AUTORE
Gordiano Lupi ( 1960) – tre volte presentato al Premio Strega – ha dedicato alla sua città: Lettere da Lontano, Piombino tra storia e leggenda, Cattive storie di provincia, Piombino leggendaria, Piombino a tavola, Alla ricerca della Piombino perduta, Calcio e acciaio – Dimenticare Piombino, Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano, Piombino con gusto, Sogni e altiforni – Piombino Trani senza ritorno (con Cristina de Vita) oltre a un sacco di racconti e articoli di cui non è facile conservare traccia. Molti racconti piombinesi sono sul blog TUTTOPIOMBINO edito ogni domenica dal quotidiano telematico QUI NEWS VALDICORNIA. Si occupa di cultura cubana, traduce ispanici, scrive di cinema e pubblica monografie su registi e attori italiani. Sito Internet: ww.infol.it/lupi. E – mail: lupi@infol.it. Blog di cinema: La Cineteca di Caino (http://cinetecadicaino.blogspot.it/). Blog di cultura cubana e letteratura: Ser Cultos para ser libres (http://gordianol.blogspot.it/)