Le visioni di Laura 12 – Un varco nella nebbia di Gordiano Lupi

Le visioni di Laura 12 - Un varco nella nebbia di Gordiano LupiMi piace il cielo di Porto Fabbrica, un cielo strano, mai dello stesso colore. Il rosso della ferriera, l’azzurro intenso delle giornate di maestrale, il bianco naturale delle nubi frammisto ai vapori della cokeria. Maestrale, scirocco, libeccio e ponente che si alternano a brevi soffi di grecale e tramontana, freddi spiragli che ricordano montagne lontane. I miei pensieri di primo mattino sono sensazioni notturne che volano in compagnia di striduli gabbiani, tra vecchie scogliere e tamerici riarse dal sole. Porto Fabbrica è il mio solito approdo, dove libero tristi pensieri, ripenso a sogni lontani e soprattutto cerco di dimenticare Marina e lo sguardo di mio padre. Ma so che è impossibile. Nel cielo del mattino rivedo gli occhi verdi di mia sorella confusi con il colore del mare e dei rami delle palme che si piegano sotto il vento di ponente. Marina appare davanti a me, lentamente, senza tradire emozioni, come una stella cadente nella calda notte d’agosto, come una parola di vita scritta con la matita scura. Avrei voglia di chiedere perdono per tutti gli errori che ho commesso, di comprendere il passato e poterlo cambiare, ma so bene che non posso farci niente. Non mi resta che annegare il presente negli occhi di Vittorio e far finta di non ricordare, piangere lacrime nascoste nella sera, tra colori che si perdono negli odori della notte che sorge e i residui ferrosi dell’acciaieria. Mi trovo spesso sola a camminare sulla spiaggia, in un golfo silenzioso che nasconde i sentimenti, catturata da un tormento che vorrei lanciare tra le onde del mare in burrasca. Sempre più spesso circondata dalla mia solitudine, affacciata sul mare, guardo un traghetto in canale che punta deciso sull’isola lontana, odo un cormorano gridare un canto d’amore alla luna, lascio cadere gli occhi su scogli scolpiti dalle onde. E penso che nonostante tutto riesco ancora a dire ti amo perché ho un uomo accanto che mi vuole bene. Scaccerò via il tormento del passato insieme al primo soffio di maestrale. Riuscirò ancora a volare fino al giorno in cui sentirò la voce stridula dei gabbiani e il rumore fragoroso delle onde. A Porto Fabbrica conservo tristi ricordi e un passato che non si cancella, ma soltanto davanti a questo mare trovo il coraggio per affrontare il futuro.

Non è facile vedere la nebbia a Porto Fabbrica. È un fenomeno insolito, un po’ come la neve d’inverno. Eppure questa sera mi trovo immersa in una maledetta foschia che non fa vedere niente, una nebbia umida e densa che avvolge i pensieri. I traghetti in mezzo al canale hanno sospeso la navigazione verso l’isola lontana perché non è prudente andare per mare in una notte di nebbia. Erano anni che non succedeva niente di simile. Sto tornando a casa a piedi dopo una giornata passata al cantiere insieme a Vittorio a rivedere i conti delle ultime commesse da inviare all’estero. L’ufficio non è lontano da casa e mi piace percorrere la strada del vecchio porto, osservare i pescatori sul molo che tirano su le reti e seguire il volo dei gabbiani. Questa sera però non è facile camminare dentro una fitta coltre di nebbia.
“Ti accompagno” aveva detto Vittorio.
“Non ti disturbare. Sono soltanto due passi”.
Avevo rifiutato in maniera decisa. Vittorio sa che quando voglio stare da sola non deve insistere. Il rapporto tra noi è sempre stato chiaro.
Adesso però mi dico che forse ho sbagliato a non accettare il suo invito, perché per tornare a casa devo percorrere la strada alberata del lungomare che di notte è buia e deserta. E stasera c’è pure questa nebbia insolita e maledetta, una cosa che non sono abituata a vedere. Una nebbia fitta che fa tornare alla memoria vecchie paure, sogni orribili e ricordi di morte. Affretto il passo, ma a un certo punto, in mezzo a tutto quel bianco innaturale, credo di vedere il volto di mio padre che sorride. È una visione che spesso mi accompagna quando sono triste e pensierosa, di solito il sorriso di mio padre mi rincuora e mi dà coraggio. Ma stasera non è così, perché accanto a lui compare il ghigno feroce di un uomo con le mani insanguinate e io lo riconosco subito come il folle assassino di Marina. Mia sorella è accanto al suo aguzzino e sta piangendo, la supplica di non ucciderla, dice che lei non ha fatto niente di male e farà tutto quello che vuole. Quella scena l’ho vista milioni di volte nelle mie visioni e so che non può cambiare. Il mio destino è quello di soffrire sulle mie carni il dolore di mia sorella. Il coltello del killer affonda più volte nelle viscere, esce fuori insanguinato e si abbatte ancora sul suo corpo inerme. Marina sta morendo ancora una volta dentro le mie paure, nei timori di una ragazza sconvolta in mezzo a una coltre di nebbia. Adesso la vedo distesa sul tavolo dell’obitorio subito dopo il massacro e un nuovo incubo atroce accompagna rapidi passi sull’asfalto. Voci di morti che piangono, suppliche di donne in lacrime, gemiti di dolore, immagini dure di morti torturati e scannati. So che la strada è deserta, intuisco il profumo serale delle tamerici e l’odore del salmastro che proviene dalla spiaggia. Tutto intorno solo un silenzio spettrale. In una notte come questa gli abitanti di Porto Fabbrica sono tutti al caldo delle loro case Mi faccio coraggio. Devo superare il viale alberato lungo il vecchio porto e la salita che conduce alla scogliera, poi sono arrivata a casa. Una volta chiusa la porta scompariranno le orribili visioni di una notte di nebbia. All’improvviso una voce mi fa trasalire.
“Perché non ascolti i nostri lamenti?”
Accanto a me non c’è nessuno. Solo nebbia.
“Eppure ci conosci bene…” dice un’altra voce.
“E non hai fatto niente per noi…” aggiunge una terza.
“Chi siete? Non sono scherzi da fare!” grido.
Penso che sono soltanto ragazzi che vogliono prendersi gioco di me. Affretto il passo verso la salita che conduce alla scogliera. La mia casa mi attende come un sicuro rifugio. Ho paura. Negli ultimi tempi a Porto Fabbrica sono accaduti fatti orribili e ci sono state ragazze violentate nella zona del porto.
“Lasciatemi stare. Non vi conosco…” dico.
Confesso che ho paura. La nebbia fa solo intuire presenze vicine. Voci indistinte che mormorano lamenti incomprensibili, grida di paura soffocate e lugubri richiami. Vedo corpi scannati, torturati, viscere dilaniate, ventri squartati, immagini di donne violentate e uccise da mani assassine. Una serie di flashbackes improvvisi mi riportano sul luogo di vecchi delitti. Rivedo la cadente Villa Arcon e il killer che massacrava giovani ragazze, il suo volto aperto in un perfido sorriso mentre affonda il coltello nelle carni di una vittima. E quella donna mi getta in faccia tutto il suo dolore nel momento della morte.
“Non hai fatto niente per me…” sospira.
La visione scompare e accanto a lei vedo un uomo che stringe tra le mani una mannaia e la fa cadere più volte sul corpo di una donna. Riconosco nelle immagini sfocate le stanze del supermercato dove accaddero orribili fatti di sangue. Il volto della donna disegna una smorfia di dolore, poi lei mi grida parole sconnesse.
“Lui mi ha ucciso e tu non c’eri…”
Ho sempre più paura. Mi sento circondata da visioni di morte. Immagini di donne massacrate che vogliono essere ascoltate e chiedono perché non le ho salvate. E io lo so che avrei potuto, ma non ce l’ho fatta, sono arrivata troppo tardi.
“Non è colpa mia” sussurro.
Una nuova immagine di morte si presenta davanti. Vedo Lucia Volpi, la folle attrice che voleva imitare la contessa Bathory, immersa nel sangue delle sue giovani allieve. Un gruppo di ragazze dissanguate, pallide in volto, con gli occhi spenti si avvicina, sento i loro occhi minacciosi mentre un lamento sale alto nel cielo.
“Noi siamo morte e tu non hai fatto niente…”
In mezzo alla nebbia di una sera d’inverno mi inseguono i fantasmi del passato. Visioni di morte che fanno solo soffrire.
“Non è vero… Ho rischiato di morire per salvarvi…”
La nebbia densa mi avvolge e non riesco a respirare. Il freddo tagliente di questa notte d’inverno profuma solo di salmastro e tamerici. Intorno a me orrende visioni di ragazza trucidate che mi accusano. Affretto il passo verso casa per sfuggire a quel tormento. La paura si trasforma in sgomento quando sento dolori lancinanti nelle mie carni, tremendi colpi di frusta che si abbattono sul corpo. Non comprendo cosa sta succedendo. Un lamento di morti che viene dal passato mi perseguita, ma non faccio in tempo a raccogliere frasi indistinte che cado a terra per il dolore insopportabile. Sento la lama di un coltello penetrare le mie viscere e affondare verso il cuore, vedo il mio sangue scorrere sul selciato e macchiare di rosso la strada. Alle mie spalle le voci di ragazze morte diventano più chiare e sono parole di accusa che percuotono la mente. Una voce si materializza nella notte. Davanti a me appare un volto di donna dagli occhi tristi, scavati nelle orbite, pupille bianche, senza espressione, il resto del corpo è quasi decomposto, ma si nota ancora il ventre squartato da colpi di coltello. Riconosco Marina, triste come sempre, ed è lei che mi tende la mano.
“Vieni, tu non hai colpa…” sussurra.
Ma non ce la faccio a seguirla. Mi sento mancare…

Una mano conosciuta mi aiuta ad alzarmi.
“Laura, cosa ti è successo?”
È Vittorio che mi ha seguito, forse non si sentiva sicuro a lasciarmi rientrare a casa da sola in questa notte di nebbia.
“Non lo so, Vittorio. Stavo camminando e sono svenuta”.
Sì, forse si è trattato soltanto di un malore improvviso. Tutto il resto è stato un incubo, un sogno orribile in una notte sommersa da una coltre di nebbia. Rientro a casa sotto braccio a Vittorio e ripenso alle lugubri visioni di morte che mi tormentavano. Mi dico che forse hanno ragione loro: il mio potere non serve se non riesco a salvare chi si trova in pericolo e se il male continua a colpire.
Un soffio di vento porta con sé brevi parole.
Le catturo come un ricordo del passato da tenere stretto al cuore.
“Io so che non è vero, Laura…” mi dice Marina.
Mi volto e la vedo. È proprio lei che vola nel cielo della notte e si fa strada lungo un varco imprevisto nella coltre di nebbia. Vittorio non può vederla e poi non capirebbe. Mi stringo forte a lui e continuo la mia strada. Sono proprio contenta che non mi abbia lasciata rincasare da sola e questa notte credo che faremo l’amore. Devo dimenticare gli incubi del passato che mi hanno assalita sul lungomare di Porto Fabbrica in una spirale di nebbia.

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Gordiano LupiL’AUTORE
Gordiano Lupi ( 1960) – tre volte presentato al Premio Strega – ha dedicato alla sua città: Lettere da Lontano, Piombino tra storia e leggenda, Cattive storie di provincia, Piombino leggendaria, Piombino a tavola, Alla ricerca della Piombino perduta, Calcio e acciaio – Dimenticare Piombino, Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano, Piombino con gusto, Sogni e altiforni – Piombino Trani senza ritorno (con Cristina de Vita) oltre a un sacco di racconti e articoli di cui non è facile conservare traccia. Molti racconti piombinesi sono sul blog TUTTOPIOMBINO edito ogni domenica dal quotidiano telematico QUI NEWS VALDICORNIA. Si occupa di cultura cubana, traduce ispanici, scrive di cinema e pubblica monografie su registi e attori italiani. Sito Internet: ww.infol.it/lupi. E – mail: lupi@infol.it. Blog di cinema: La Cineteca di Caino (http://cinetecadicaino.blogspot.it/). Blog di cultura cubana e letteratura: Ser Cultos para ser libres (http://gordianol.blogspot.it/)