Colin Wilson

Colin WilsonColin Wilson (1931-2013), filosofo, scrittore e saggista, è da considerarsi uno di quei “mostri sacri” della letteratura mondiale che, per qualche motivo, non ha avuto una grande fortuna in Italia nonostante negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sia una sorta di istituzione. Dopo diversi anni di totale assenza di pubblicazioni, due attente case editrici come Atlantide prima e Carbonio poi, hanno avuto il merito di riscoprire questo sottovalutato (almeno nel nostro paese) autore britannico. Ripubblicando i primi, il saggio filosofico L’outsider, mentre la giovane casa editrice milanese ha puntato sulla riscoperta dei suoi lavori di narrativa, con due romanzi per certi versi legati a quella celebre opera prima dello scrittore inglese: La gabbia di vetro e Riti notturni. In questo articolo analizzeremo le tre opere rigorosamente in ordine di pubblicazione.

L'outsiderL’Outsider (1956. Atlantide edizioni, 2016)
Colin Wilson esce dall’anonimato e raggiunge la notorietà poco più che ventenne, nel 1956, con il saggio filosofico The Outsider, in cui teorizza l’alienazione sociale dell’intellettuale: tanto più emarginato, tanto più contro le regole imposte dalla gabbia della società cosiddetta civile, tanto più significativo il messaggio scaturito dalla sua mente inquieta e ribelle. Il testo, visto il periodo storico e per i contenuti, fece scalpore ed ebbe grande rilevanza in patria, donando a Wilson una fama esagerata e la definizione da parte della critica di “Giovane arrabbiato”. In Italia fu pubblicato due anni dopo dall’editore Lerici con l’improbabile titolo di Lo straniero, poichè il termine outsider all’epoca non era in uso nel nostro paese e quindi difficilmente traducibile. Titolo che edizioni Atlantide a quasi sessant’anni di distanza ripropone nell’intestazione originaria con una nuova e meritevole traduzione di Thomas Fazi.
L’aspetto centrale dell’opera sono, le “biografie esistenziali” di diverse celebrità in ambito artistico e letterario. L’autore esamina numerosi esempi di artisti, scrittori, e filosofi quali Sartre, Camus, Hemingway, Hesse, Dostoevski, Van Gogh, Nietzsche e molti altri, che l’autore traccia, esplorando la psiche di invidui che “vedono troppo e troppo lontano”. Queste figure, identificate come “Outsider”, avevano una spiccata sensibilità che li rendeva consapevoli del reale significato dell’esistenza, trasformando le proprie vite in una sorta di avventura mistica, la presa di coscienza dell’essere “malati” in una società che ignora di esserlo e per questo considerati alla stregua di visionari, incompresi dalla gente ordinaria e molto spesso rigettati.
Colin Wilson sostiene che, fondamentalmente, l’outsider sia una sorta di reietto indifferente a tutto, poiché consapevole che tutto ciò che lo circonda è irreale. Uno che semplicemente osserva volontariamente dall’esterno il mondo. L’outsider da irrequieto e inquieto pensatore, tende a esprimersi in termini esistenzialisti, perché ha capito che l’unica distinzione che conta è quella tra l’essere e il nulla. Egli è perennemente alla ricerca della propria identità. Wilson fondamentalmente sostiene, nella sua visione “neoesistenzialista”, che il compito principale dell’individuo sia ritrovare la consapevolezza di se stessi, ascendendo a un livello superiore di coscienza.
In definitiva lo scrittore britannico con il suo saggio filosofico-esistenziale, scritto con uno stile accessibile a tutti, ma senza rinunciare comunque alla vena poetica, con il pretesto di parlare degli altri, in realtà parla soprattutto di se stesso. Un’ottima riscoperta per un’opera che per troppo tempo era rimasta confinata (ingiustamente) nell’oblio editoriale.

La gabbia di vetroLa gabbia di vetro (The glass cage, 1966. Carbonio editore, 2018)
La gabbia di vetro, pubblicato originariamente nel lontano 1966, e finora ancora inedito nel nostro paese, tratteggia alcuni di quelli che diventeranno negli anni seguenti dei cliché del genere: la sessualità deviata, il legame tra letteratura/arte e omicidi, la caccia al serial killer lungo scenari che esulano dalle normali indagini di polizia. Anni Sessanta, siamo in piena epoca della cosidetta “Swinging London”, fenomeno culturale dedito all’edonismo sfrenato. Damon Reade è un trentenne studioso di letteratura, e nella fattispecie del poeta Blake, che ha deciso di vivere nel Lake District, una regione montuosa nel nord-ovest dell’Inghilterra, in un cottage completamente isolato sulle colline, senza elettricità nè acqua corrente. Insomma una vita quasi primitiva, da novello Thoreau.
L’uomo ha volutamente pochi contatti con il mondo esterno, persone che conosce da anni e con cui condivide le sue passioni, come il libraio Urien Lewis e la giovane nipote Sarah, ragazza ancora minorenne infatuata di lui fin da bambina. Un giorno la tranquilla solitudine di Damon viene infranta dall’arrivo dell’agente Lund, venuto sin dalla città per parlare con lui degli omicidi del Tamigi. Lund gli narra delle efferatezze di un terribile assassino seriale che opera a Londra da più di un anno: nove omicidi con i corpi orrendamente smembrati. La polizia brancola nel buio, spiazzata dal fatto che l’enigmatico serial killer ha scritto come “firma” su alcuni luoghi del delitto dei versi di William Blake. Essendo quindi l’assassino un estimatore di Blake, sicuramente deve essere un uomo di una certa sensibilità d’animo e raffinatezza, almeno secondo la visione del mondo che ha il protagonista. Questi, dopo varie ricerche, a un certo punto sospetta chi sia il serial killer, fa la sua conoscenza, e gira con lui per locali nelle notti londinesi, per studiarne il soggetto. Ne La gabbia di vetro Damon Reade è una sorta di “investigatore esistenziale”, le cui principali preoccupazioni sono lo scopo e il significato dell’esistenza umana. La ricerca di Reade, non è prettamente criminologica, non essendo un esperto detective del resto, ma esistenziale. Non si può derubricare questo romanzo semplicemente come thriller o giallo poliziesco, sebbene esistano elementi di suspense, la tensione non risiede nell’azione, ma nell’elaborazione di convincenti idee filosofiche contro le aspettative quotidiane, contro la realtà del consenso. Metaforicamente, si potrebbe affermare che il titolo dell’opera, “la gabbia di vetro” sia una sorta di metafora sulla limitazione della realizzazione del potenziale umano. In conclusione, mi preme sottolineare, a scanso di equivoci, che questo romanzo non è indirizzato a coloro che sono in cerca del puro thriller carico di tensione in stile “Il silenzio degli innocenti”. È vero che le vittime vengono brutalizzate dall’assassino, ma l’autore le descrive intenzionalmente in modo velato, dando maggior risalto alle riflessioni. La gabbia di vetro è una detective-story un pò fuori dagli schemi, con stimolanti enigmi filosofici, un romanzo colto e affascinante. Un plauso alla Carbonio per averlo reso fruibile, dopo più di cinquant’anni, nella traduzione italiana di Nicola Manuppelli.

riti notturniRiti notturni (Ritual in the dark, 1960. Carbonio editore, 2019)
Pubblicato inizialmente dall’editore Lerici nel 1960, Riti notturni fuori catalogo da decenni è stato ottimamente riproposto dalla Carbonio in edizione ritradotta dall’ottimo Nicola Manuppelli, nell’ambito della Gerard Sorme’s Trilogy, di cui questo è il primo capitolo, e che si completerà con gli altri due Man without a shadow (1963) e The god of the labyrinth (1970), di prossima pubblicazione dallo stesso editore.
In questo romanzo, scritto quasi parallelamente con il suo celebre saggio The Outsider, troviamo tutta l’espressione del credo filosofico esistenzialista dello scrittore britannico, oltre che alle tematiche a lui care quali l’arte in ogni sua forma, la religione e la sessualità.
Non è sicuramente un thriller o un giallo classico ricco di suspense e colpi di scena riguardo l’identità dell’assassino. È però una storia per certi versi visionaria, dove le normali regole etiche e sociali vengono messe in forte discussione e viene lasciato al libero arbitrio la comprensione e l’accettazione degli eventi.
Il protagonista è Gerard Sorme, un giovane e annoiato aspirante romanziere, alla perenne ricerca di un senso esistenziale della sua vita. Egli non ha un lavoro e vive grazie a una piccola rendita nella Londra di fine anni cinquanta. La monotonia della sua vita cambierà dal momento in cui farà conoscenza di un ricco omosessuale di nome Austin Nunne, con il quale troverà un feeling intellettuale pressochè immediato. Nella capitale nel frattempo si verificano dei brutali delitti nella zona di Whitechapel dove settant’anni prima il famigerato Jack “The Ripper” mieteva le sue vittime, turbando le notti dei londinesi. Gerard coglie quasi subito l’irrequietezza sessuale del suo nuovo amico, evidentemente amante di una vita piena di eccessi, e farà così conoscenza delle persone che ruotano attorno a Nunne; dall’affascinate zia Gertrude dedita alle sacre scritture, al pittore burbero e folle Oliver, ossessionato da una ragazzina di dodici anni, fino alla spregiudicata aspirante attrice Caroline, con il quale scatterà una simpatia immediata.
Il romanzo di Wilson non strizza l’occhio al lettore dal facile intrattenimento, ma è un’opera che richiede una lettura più cerebrale e immersiva. La narrazione è densa e ricca di citazioni colte sia letterarie che filosofiche, infatti il punto forte della storia non sono tanto i fatti che si svolgono sullo sfondo, ma i dialoghi, quasi sempre ricchi e intensi, che ne fanno una lettura catartica, dove lo scrittore inglese sembra quasi ostentare tutta la sua sterminata cultura.
Riti notturni seppur non essendo collegato a La gabbia di vetro, ha comunque dei punti di contatto. Partendo in primis dalla figura del protagonista; entrambi sono degli “outsider”, intellettuali e dallo stile di vita solitario: una sorta di pensatori esistenziali. In secondo luogo l’ambientazione; Colin Wilson tratteggia un affresco veritiero e per certi versi inquietante della “Swinging London”, densa di fermenti culturali e trasgressiva. Per concludere l’intenso e bizzarro rapporto di amicizia che lega entrambi i protagonisti dei romanzi ai loro antagonisti dalla personalità depravata.
In defnitiva possiamo dire che Colin Wilson utilizza l’espediente della “crime-story” come veicolo per trasmettere le sue idee sulla coscienza e l’esistenza, tutti concetti della sua filosofia neoesistenzialista. Da Riti notturni in poi, gran parte delle sue opere di narrativa, passando dal thriller all’horror fino alla sci-fi, saranno sempre caratterizzate da un affascinante sottotesto filosofico. Il marchio di fabbrica di un vero Outsider della letteratura del ventesimo secolo.

L’Outsider, trad. Thomas Fazi, Atlantide Edizioni, 2016, pp. 400, euro 35.00
La gabbia di vetro, trad. Nicola Manuppelli, Carbonio Editore, 2018, pp. 265, euro 17,50
Riti notturni, trad. Nicola Manuppelli, Carbonio Editore, 2019, pp. 445, euro 18,00

Colin Wilson (1931-2013), intellettuale poliedrico, narratore, saggista, studioso di esoterismo e dell’occulto, anticipatore di stili letterari e creatore di una sua personale filosofia esistenziale.
Di famiglia proletaria, fu un giovane operaio squattrinato nella Londra degli anni Cinquanta. Vorace lettore fin da bambino e imperterrito oratore a Hyde Park Corner, a dargli la fama a soli ventiquattro anni fu il suo primo audace saggio, L’outsider, scritto nella sala lettura del British Museum, che esordì la stessa settimana del maggio 1956 insieme a Ricorda con rabbia di John Osborne. Annoverato tra i “Giovani arrabbiati”, Wilson fu consacrato come uno dei massimi scrittori anti-establishment della letteratura inglese. In seguito, mentre la sua fama veniva ingiustamente oscurata, mise al mondo sette figli e una bibliografia sterminata di titoli che spaziano tra letteratura, psicologia, archeologia, magia e occultismo, Sci-Fi, paranormale, biografie di uomini eccezionali. È stato uno scrittore molto prolifico. Autorità assoluta nel campo della criminologia, considera se stesso un filosofo dedito alla ricerca del significato dell’esistenza.

a cura di Max Ruzzante
(Eric_draven76@hotmail.com)

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Di Massimiliano Ruzzante

Proofreader, recensore e grande appassionato di letteratura weird/horror.

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