Nomade Digitale è il nuovo album di Gianluca Testa, regista e attore romano.

Il disco è un pieno di pop, indie e cantautorato, mescolati al punto giusto in un sound molto leggero, così come suggerisce la prima traccia Zu, sviluppata intorno a un giro di chitarra acustica, con un classico accompagnamento del basso e della batteria.

Sfuma poi in Antifragile, brano costruito sullo stesso concetto, anch’esso dai tratti leggeri, nel quale non ci si spinge oltre, rimanendo su poche note, vestendosi di molta semplicità.

Licenza di bambino inizia ricordando il Rino Gaetano di “Berta filava”, cosa che sicuramente non è presente nella voce, che si discosta da questo, intonando un canto nel proprio stile, dunque dando un cambio di rotta al brano. Un bridge ne interrompe il ritmo, portandoci al ritornello, nel quale interessanti appaiono gli innesti di fiati, arrivando poi ad un solo di sax nel finale.

Ciò continua in Cronopio nella quale gli arrangiamenti si arricchiscono di nuovi strumenti. Percussioni accompagnano l’andamento del brano, mentre un clarinetto fraseggia tra le righe, rispondendo al cantato della voce.

Mondo buffo riprende il filone dell’inizio, virando leggermente verso l’indie rock, con l’innesto di chitarre elettriche ed un organo soffuso, appena percettibile nel ritornello. Appare interessante questo approccio.

Melancolia è un brano che viaggia tra musica popolare, a tratti pop, con la presenza di archi che ne vestono l’essenza. Appare delicato, con un pizzico giusto di ironia. Nel ritornello la voce mostra nuove aperture, rivelando colori nuovi al suo interno. E forse l’aggiunta di nuovi strumenti negli arrangiamenti diventa qualcosa che appare interessante, tanto che in Day after notiamo l’utilizzo di un sitar, in un clima decisamente più danzante.

Riflessologia plantare riporta alla mente il pop/indie più classico, con un ritornello più esplosivo. Tornano a farsi presenti gli arrangiamenti di fiati in Nomade digitale con un rullante che porta un tempo di marcetta, fino ad arrivare al ritornello alla ‘70’s.

Giappone è un esempio di cantautorato puro, dalle atmosfere pacate e fanciullesche, nel quale voce, chitarre e synth pad viaggiano all’unisono.

Appare la vena più indie in Fortunadrago, aperta da un riff di piano, con tratti alla De Gregori. Il brano, forse, più emozionale del disco, che viaggia su dolci melodie.

L’album si chiude con Piedimonte un brano nel quale l’artista si cimenta con il latin e la bossa, seppur nel ritornello esplode la vena pop.

Sperimentazione interessante di fusione tra generi diversi, che convivono bene negli equilibri del brano, lasciando finire tutto in maniera molto spensierata e leggera. Un lavoro che rivela a tratti la personalità artistica di questo cantautore, tra diverse sfumature di generi e culture, tenute insieme dalla volontà di fare pop, musica, dunque, che vuol rimanere leggera, senza eccessi.

Vi lasciamo, dunque, all’ascolto di Nomade digitale.

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genere:


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