Al bar di Luca Bonatesta

Al bar di Luca BonatestaAll’interno dell’Orchidea Nera era in corso una conversazione tra due baristi: un uomo e una donna che stavano lavorando dietro il bancone.
Lui indossava un’impeccabile camicia bianca con le maniche arrotolate sulle braccia tatuate. Due serpenti verdi guizzavano insieme ai muscoli mentre preparava caffè, espressini freddi e puliva bicchieri e tazzine. Lei era vestita interamente di nero: black jeans e maglietta a maniche corte.
“Scusa, ma sei stronzo” disse Lara mentre asciugava i bicchieri.
“No, è che mi dà proprio fastidio” rispose Giovanni.
Adesso l’uomo aveva lasciato le tazzine ormai ripulite a dovere e stava preparando dei cocktail per l’aperitivo di alcuni clienti. Due quarti di gin, succo di pompelmo, lime, pepe nero.
“Non fa male a nessuno” insistette Lara.
“Ma non lo trovi inquietante con quel vestito nero tutto rovinato? È pure fuori stagione. Siamo in primavera inoltrata, quasi estate. Tra poco inizierà il caldo.”
“Sarà l’ultimo abito che gli è rimasto e mette sempre quello.”
Giovanni preparò un vassoio con mini rustici, polpettine, crocchette, patatine, tartine al pomodoro, olive, noccioline e i due bicchieri di cocktail rosa e disse: “Vado a portare questi.”

L’uomo di cui stavano parlando era un quarantenne che dimostrava più dei suoi anni, coi capelli lunghi e unti, e che ordinava tutte le sere solo un bicchiere d’acqua e sedeva nel cortile del bar, in disparte dagli altri, in apparenza per godersi il concerto della band che si esibiva ogni sera con classici della musica italiana.
Numerose rughe gli solcavano il viso, i capelli erano interamente grigi, la pelle pallida sotto la grigia barba incolta. Contrastavano con l’aspetto generale così decadente gli occhi ardenti: l’unico tocco di giovinezza.
La sua permanenza al bar durava, in genere, circa un’ora.
Quando Giovanni lo vedeva arrivare, già gli si torceva lo stomaco e il lavoro iniziava a pesargli. Più passava il tempo della permanenza del barbone (tale era o lo sembrava), più aumentavano la stanchezza e l’irritabilità.
Lara non l’avrebbe mai ammesso, ma anche lei trovava la presenza dell’uomo fonte di irascibilità. È una coincidenza, si diceva, ma pure a lei, in alcuni momenti, le veniva di rispondere come si deve a certi avventori, che pensavano che lei stesse lì a fare la serva a loro.
La clientela era numerosa. A un tavolo sedeva una coppia giovane sui vent’anni. Entrambi in jeans, lei con una maglietta bianca, lui in camicia nera a righe azzurre. Erano una bella bionda e un bel giovane dai capelli scuri.
“Cosa c’hai amo’?” chiese lei.
“…niente… è il caldo umido: mi dà stanchezza… se penso poi alla tesi, mi vengono certi nervi…”
A un altro tavolo c’era una coppia di anziani. Entrambi sulla ottantina, ma ben vestiti: lei con un abito di cotone verde, lui con un completo grigio leggero.
“Luigi, non ti senti bene?” chiese la donna.
“No, non è niente: solo un senso di costrizione allo sterno” rispose l’uomo toccandosi dove aveva male.
Lara, Giovanni e gli altri baristi continuavano a fare la spola dall’interno del bar al cortile e si muovevano velocemente tra i tavolini servendo aperitivi, gelati, frullati, succhi di frutta e alcolici. Lʼaria tiepida sembrava diventata calda e umida e opprimeva ugualmente clienti e baristi.
Questo cambiamento era coinciso con lʼarrivo dello strano “barbone”.

L’uomo in nero intingeva le dita nell’acqua e faceva i cerchi sul bordo del bicchiere, producendo un suono basso e stridulo. Era da quando si era seduto che continuava questa operazione. Il suo aspetto sembrava migliorato adesso, ma forse era un effetto della luce dei faretti, che nel frattempo erano stati accesi.
Quando si era seduto, sembrava reduce da una guerra. Ora invece le rughe apparivano meno profonde e i capelli e la barba leggermente più scuri. Anche la sua pelle era meno pallida.
L’uomo si alzò e, con passo lento ma sicuro, abbandonò il cortile del bar.
Il bicchiere dʼacqua era rimasto, come al solito, sul tavolino, ancora pieno.
“Finalmente se ne è andato” disse Giovanni a Lara mentre tornava dietro il bancone con un vassoio vuoto. Lara stava lavando i bicchieri e non rispose. Non voleva ammetterlo, ma era contenta anche lei che non ci fosse più quel tipo.
La serata andò avanti con le note musicali della band, che accompagnavano le consumazioni di cocktail, gelati e aperitivi.
L’uomo in nero, invece, aveva avuto il suo cibo in un altro modo.
Per unʼora si era nutrito delle energie di baristi e avventori.
Il barbone, in realtà, era un vampiro psichico.

Luca BonatestaL’AUTORE
Luca Bonatesta è nato a Brindisi il 26-01-1972.
Ha collaborato tredici anni con una agenzia giornalistica brindisina.
Per le edizioni Hypnos, nel gennaio 2016, è uscito un suo ebook, L’angelo e il vampiro, che raccoglie quattro racconti.
È stato finalista in diversi premi letterari, tra cui il Lovecraft e l’Hypnos, prima edizione del 2013, nel quale si è classificato al secondo posto.
Suoi racconti sono usciti su siti internet e pubblicazioni cartacee, come la rivista amatoriale Next, con lo pseudonimo Darren Frei, e l’antologia Super Nova Express per Ferrara edizioni.
Attualmente collabora con il Club Ghost per cui, oltre a coordinarne le attività, si occupa di varie mansioni, compresi l’editing dei testi e la correzione di bozze. La sua email è lucabonatesta71@gmail.com

 

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