Michele Anelli – “Una canzone nasce da un’idea”

Un mix tra cantautorato folk e alternative rock nel nuovo lavoro di Michele Anelli per la Delta Promotion dal titolo Sotto il cielo di Memphis. Noi lo abbiamo intervistato dopo aver recensito il suo disco…

Come nasce l’idea di creare un sound a metà tra la canzone d’autore contemporanea ed il rock degli anni ’70?

Per questo album sono stato influenzato dai dischi di Michael Kiwanuka e da band come Black Pumas, Durand Jones & The Indications e i sempre presenti Wilco. La miscela finale che caratterizza Sotto il cielo di Memphis nasce un po’ da questa combinazione. In fase di missaggio, Taketo Gohara, come parametro sonoro, ha utilizzato Sound & Color degli Alabama Shakes. Ogni album assorbe gli umori e i suoni degli ascolti che si hanno durante la fase di composizione e registrazione. Il groove delle canzoni, di matrice soul, si è perfettamente integrato con la scrittura folk dei brani. Era un obiettivo e ho raggiunto le mie aspettative.

Nella composizione dei brani, per te, conta maggiormente mettere in risalto le parole del testo o la ricerca musicale?

Una canzone nasce da un’idea. Non ho una regola precisa, se prima debba arrivare il testo o la musica. Quando penso a quale tipo di lavoro vorrei pubblicare, comincio a farmi un’idea musicale in base agli appunti di frasi con cui riempio interi quaderni. Negli anni ho affinato le parole e nell’ultimo album ho cercato volutamente una certa identità musicale. Certe cose le impari strada facendo. In passato, probabilmente, anche inconsciamente, ho composto dando priorità alle parole. Oggi mi pare di aver trovato il giusto equilibrio. Diversamente dall’inglese, la nostra lingua non è sempre semplice da cantare senza scadere nella banalità.

Quali sono gli artisti che hanno influenzato il tuo percorso artistico?

Penso che i Clash di London calling, lo Springsteen di Darkness on the edge of town e Nebraska, i Wilco di Yankee Hotel Foxtrot, il Tom Petty di Damn the torpedoes e Wildflowers, gli EELS di Daises of Galaxy, i dischi di Otis Redding o un brano come Papa was a rolling stone dei Temptations abbiano tutti, in qualche modo, alimentato la mia passione musicale. Adoro ogni album degli Hoodoo Gurus, così come mi piacciono i dischi dei Mott The Hopple e di Ian Hunter, i Beatles e i Rolling Stones. Un elenco infinito, dentro cui trovare i Fleshtones e uno come Kiwanuka, non lo trovo così strano. Come ascolti italiani i miei riferimenti sono i primi dischi di Finardi, Camerini e Bennato. Tutto Rino Gaetano e una parte di Bertoli. Il Battiato di Patriots o L’era del cinghiale bianco. Ho migliaia di dischi e rischierei di non fermarmi qui!

I brani sono stati costruiti con la band, oppure c’era già un arrangiamento scritto?

I brani nascono sotto forma di demo con chitarra e voce. Una volta che ho definito il brano lo sottopongo ai musicisti che, in quel momento, stanno collaborando con me. Non ho mai proposto nulla di già completamente definito, perderei la ricchezza musicale che ogni musicista potrebbe darmi. Quando arrangio le canzoni con gli altri, espongo delle linee guida cercando di far emergere le potenzialità espressive di ogni singolo musicista. A volte mi piace stimolarli a osare, a uscire dalla propria comfort zone, e i risultati arrivano.

Quali progetti ci sono per il futuro?

Per dirla alla Clashthe future is unwritten”. Per carattere, vivo il presente cercando, ogni giorno, quale potrebbe essere la strada migliore da percorrere. Sotto il cielo di Memphis è appena stato pubblicato e per un po’ di tempo, l’unico obiettivo che mi sento di perseguire, è quello di suonarlo il più possibile. Grazie per l’attenzione, Mick