Overlord (2015/2023)
Regia: Naoyuki ito
Musiche: Shuji Katayama
Studio di produzione: MADhouse
Edito in italia: Yamato Video

Questa serie anime non è nuova, ma ha avuto un grande successo che l’ha portata ad avere (ad oggi) 4 stagioni e un film al cinema. È un isekai fantasy con un’idea particolare, visto dal lato “sbagliato” della solita barricata. Negli anni avevo provato a vederlo altre due volte e non mi aveva mai coinvolto, la terza è stata la buona.

Momonga è il capo di una gilda di giocatori sul server di un videogame immersivo di nome Yggdrasyl. Come in altre serie famose, la gente è connessa al gioco e se ne ritrova immersa come se fosse lì fisicamente. Yggdrasyl però è passato di moda e i server chiuderanno il giorno stesso in cui Momonga se ne stà seduto lì, nella base della sua gilda, ad aspettare la fine di tutto. È un momento nostalgico per lui che fa una vita da impiegato e ha passato giocando, con gli amici online, molte ore di puro svago dall’altrimenti mortale monotonia. Non fosse che gli altri hanno abbandonato il gioco da tempo, proprio perché lo stesso ormai è vecchio o per dinamiche tipiche di queste situazioni (lavoro, famiglia, altri interessi). Quando il gioco chiude Momonga potrebbe essere l’unico giocatore ancora on-line. Senz’altro è l’unico della sua gilda e oltretutto rimane chiuso nel gioco. Non c’è un perché, ma lui scopre di non poter più uscire e di essere diventato a tutti gli effetti Momonga, lo stregone non morto più potente del server e ora unico signore di un’armata di mostri invincibile. A quel punto non gli rimane che “giocare” la sua parte e vivere in quel mondo.

Sarò più lungo del solito e farò qualche spoiler minore, ma vi dico subito che sono relativi perché la storia non è così consistente e poco più ampia di così. Momonga (che poi cambierà nome un paio di volte, per vari motivi) fa attivamente qualcosa per uscire dal gioco nella misura in cui cerca altri giocatori, provando a rendere il nome della sua gilda famoso in questa nuova terra dove si ritrova. Questo perché non è più su Yggdrasyl, ma su un mondo fantasy diverso, senza che lui o altri ne sappiano il motivo. Convinto che altre persone ricorderanno il nome di un gruppo così forte e magari lo contatteranno, ipotizza che magari sappiano come uscire o qualsiasi altra cosa utile. Fine. Non vive praticamente alcun dilemma morale o tormento e non si impegna neanche più di tanto. Per il resto, organizza piani che sembrano essere complicati, ma sono effettivamente molto diretti con finalità mediocri, ma risultati sicuri.
Questo perché Momonga era uno di quei giocatori detti “endagame”. Ovvero che nel videogioco sono al livello massimo, hanno gli oggetti più potenti e qualsiasi cosa si desideri, in gran quantità. Si ritrova ora a convivere con una schiera di png (personaggi non giocanti, in teoria mossi dal computer) diventati “persone vere”, (almeno tanto quanto lui, l’unica idea davvero interessante potrebbe essere che Momonga stesso sia una imitazione, ma è un parto della mia mente e basta) e potenti quasi quanto lui. Sembra che niente in tutto il creato possa far loro più di un graffio. Viene ipotizzato che qualcosa ci sia, ma è tanto per dire. L’armata di Momonga farà quello che gli pare tutto il tempo, vincendo inevitabilmente ogni scontro.
Si sarà capito che i problemi di Overlord sono una radicata pochezza narrativa, un discreto quantitativo di incoerenza e un ammasso di esagerazione continua. Tutto l’andamento si sviluppa con ‘escamotage’ vari. Questi servono per fare interagire uno scheletro malvagio con la forza di un dio con i passanti comuni, per poi inventare storie che mal si reggono e si contraddicono fra di loro al fine di dare una scusa al fatto che non abbia sterminato tutti subito. Lo stesso protagonista vive spesso due identità, quella di facciata dove, appunto, fa l’Overlord per non fare brutta figura con i png e quella del giocatore, che si palesa nei pensieri (doppiati con una voce diversa per distinguerli meglio) molto più insicuri e in difficoltà. Questa dissonanza è l’unica parvenza di umanità che il protagonista mostra. Lo giustifica anche dicendo che da quando è uno scheletro non sente più le emozioni, salvo poi andare nel panico, vergognarsi et similia. Inoltre, siccome è il protagonista, incontrerà molti personaggi secondari che sarebbero solo sue vittime e deve sperticarsi in discorsi assurdi (e spesso incoerenti) per risparmiare loro la vita e/o reclutarli nel suo infinito, e già onnipotente, esercito.
La cosa particolare è che loro, gli innocenti (o meno) che Momonga incontra sono il motivo per il quale guardare la serie. A differenza degli insopportabili (praticamente privi di personalità, esageratamente potenti, malvagi de due lire che si sparano pose da signori delle tenebre) seguaci dell’eroe (tutti, fino alle cameriere, sono così), gli altri personaggi sono spesso interessanti. Hanno obiettivi, affrontano numerose difficoltà, hanno storie personali, tutto questo che verrà annullato o con lo sterminio o con la sottomissione, da parte del protagonista. Ne è indicativo l’inizio della seconda stagione che è tutto dedicato al popolo degli uomini lucertola per, se non erro, tre o quattro puntate. Sono episodi acuti, interessanti, divertenti, ricchi di personaggi dei quali vorresti sapere di più che… purtroppo finiscono nella macina dell’overlord e per il resto della storia rimarranno solo come inutili macchiette di sottofondo.
L’idea del “videogioco fatto realtà” non è nuova ed è figlia di Sword Art Online, ma è usata da molti isekai, non è certo un problema. Lo diventa quando nel cercare di parodizzarla si manifestano lunghi discorsi da giocatore o soprattutto un utilizzo assolutamente non epico della magia. “Forza minore”, “Forza maggiore”, “Forza maxata” sono parole poco coinvolgenti, che hanno senso solo in un videogame e io spero che volessero essere una parodia e non trasferire epicità. Certe volte i personaggi passano lunghi secondi a elencare poco ispirati nomi di magie come questi. Il risultato sono lucette colorate.
Oltre a questo, l’umorismo è dato dai siparietti “amorosi”. Questo perché in diverse si prendono una cotta per lo scheletro protagonista e una sola di loro ha un senso (perché lui ne ha modificato il codice di proposito). Il risultato sono scenette imbarazzanti e cringe oltre ai soliti battibecchi fra competitrici. Sono situazioni normali negli anime, ma qui hanno così poco senso visti i soggetti di cui si parla.
La parti di combattimento sono spesso mediocri. Lo sono perché la disparità di potere è tale che si concludono con un colpo o due. Questo stesso è spesso un incantesimo la cui manifestazione fisica è solo un qualche lampo colorato. Esistono eccezioni, sì, ma sono appunto tali. I combattimenti decenti sono quelli tra personaggi secondari, come dicevo sopra. Momonga, anche quando non fa il mago, ma usa le spade, è invincibile.
La qualità grafica in generale non è male e c’è molta varietà nei disegni. Per quanto il protagonista sia pacchianissimo, capisco che sia una parodia di certi videogame e ci sta. A parte la pochezza nelle animazioni di combattimenti, il peggio avviene con le grandi battaglie e le scene con molti personaggi. È ovvio che produrle sia più oneroso, ma soprattutto nella terza stagione, c’è un massiccio uso del 3D renderizzato male e che si armonizza pochissimo coi personaggi principali con un risultato che oscilla tra il “mediocre” e il “perché lo sto guardando?”. A livello audio, invece, i risultati sono oltre l’eccellenza. La colonna sonora è accattivante. Inoltre su quattro stagioni di sigle degli OxT e Myth&Roid (per un totale di 8 canzoni fra opening ed ending) soltanto una è “media”, non “brutta”, e perché è di Mayu Maeshima al posto di M&R. Le altre sono eccellenti al punto che mi sono messo ad ascoltarle anche fuori dalla visione della serie.
La serie è doppiata in italiano, completamente, ed è doppiata da un cast in stato di grazia. Composto da alcune delle voci più famose che abbiamo mai sentito nel corso della nostra infanzia come Merluzzo, Magnaghi, Cherubelli, Iacono, Pacotto, Ubaldi. Vale quasi la pena guardare la serie solo per sentire queste persona e imparare come si doppia sul serio.
Che dire? Overlord non si merita il successo che ha avuto. Se vuole essere una parodia è assolutamente poco comica e se invece fa sul serio è imbarazzante sul piano narrativo. È sgarbato farlo, ma dello stesso genere, con topos simili, ma con l’evidente intento parodistico, suggerirei Eminence in the Shadow che è molto migliore. Certo, Overlord può intrattenere in alcune scene, ad alcuni può piacere che i protagonisti siano “i cattivi” (anche se spesso si arrampicano sugli specchi per fare cose da buoni) ad altri che siano onnipotenti e privi di una vera sfida, ma per tutti gli altri risulterà abbastanza infantile.

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Di Marco Molendi

Toscano per passione, giocatore per genetica. Se c'è un ambito del fantastico ce lo si può trovare in mezzo, probabilmente con delle patatine in mano mentre sta facendo casino. Scrive da dilettante, legge da professionista ed è pure un bell'omino, ma ha anche dei difetti.

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