Della donna aracnide di Luigi Musolino

Poggia su solide basi il nuovo romanzo pubblicato da Luigi Musolino per la vitalissima Zona 42.
La storia dei due fratelli Martina e Filippo si svolge nella cittadina immaginaria di Idrasca, che i lettori di Musolino conoscono bene, rappresentazione densa di misteri della Bassa piemontese, già teatro dei racconti della raccolta Bialere. Storie da Idrasca.
Lo scrittore, dunque, sta lavorando alla costruzione di un Piemonte immaginario, una geografia dell’orrore, che, se non può non farci pensare al New England di Lovecraft e al Maine di King, ci riporta a tutta una serie di tradizioni tipiche del territorio piemontese. Un immaginario “nostro”, un orrore non di importazione, che piuttosto ci fa tornare all’Emilia terrificante di Pupi Avati o al Friuli di Oltre il guado, film mai abbastanza consigliato di Lorenzo Bianchini.
Un Piemonte sperduto, dove attorno a Idrasca sembra che non ci sia nulla, solo nebbia, solo paura.
Un Piemonte non urbanizzato, lontano dalla Torino de la Donna della domenica di Fruttero&Lucentini e dal Lessico famigliare, città di adozione narrata dalla Ginzburg.
Se poi di lessico famigliare si deve parlare, quello qui narrato attraverso la ragnatela dei ricordi da Martina, ormai cresciuta e persa in un viaggio senza fine, è tragico, di violenza, urla e botte.
Nei due genitori che si odiano e si rinfacciano i reciproci fallimenti leggiamo quello che ogni giorno ci riporta la triste cronaca in chiave immaginifica.
In questo contesto così ben rappresentato, arriva il carrozzone di un circo che propone un mostruoso freak.
Si tratta di una “donna aracnide”, ben lontana dalla Donna ragno della commedia di Puig e del relativo film con William Hurt diretto da Babenco.
No, Serafina – nome che mi ha richiamato la Gelsomina de La Strada di Fellini– è una vera e propria donna aracnide e si nutre di desideri.
Il circo di mostruosità ha una lunga tradizione, soprattutto nel cinema .
Freaks di Browning, Elephant Man di Lynch, lo stesso già citato film di Fellini. In fondo che cos’è Il terribile Zampanò, se non un mostro.
Non possiamo dimenticare, poi, che a Derry, l’orrore arriva con il clown di un circo.
Quanto ai ragni, poi, diciamo che se c’è un animale legato al mostruoso e alla maledizione, dalla povera Aracne ai ragni giganti di Harry Potter, passando per Shelob, mostruosa rappresentazione della paura del femminile disegnata da Tolkien, il ragno batte il lupo quattro a zero.
Musolino, quindi, inserisce la propria abilità di narratore in un immaginario riconoscibile, figlio di una lunga tradizione e introduce, come sempre nei romanzi davvero belli, l’elemento nuovo, l’imprevisto: l’elemento umano.
Sì, perché Della donna aracnide – complemento di argomento o di specificazione?- è un romanzo dove l’aracnofobia e il mostruoso costruiscono la ragnatela dei ricordi.
La tragica vicenda dei ragazzini Martina, Filippo, Luca, Marica e Luigi è raccontata attraverso ricordi appiccicosi, malvagi, senza speranza.
Il bellissimo romanzo di Musolino ci racconta che forse alla fine esiste solo il ricordo. Tutto ciò che avviene dopo l’essere stati bambini non è che illusione e che di ciascuno di noi, con la morte, potrebbe restare il corpo di un bambino.
Il girovagare drogato di una ragazza che non riesce a sfuggire alla ragnatela di un vissuto è il vero orrore di questa storia.
Un orrore senza uscita, di un romanzo che è un vero e proprio “gira pagine”, così ben scritto che costringe il lettore ad andare avanti fino alla fine, come la sua protagonista.

L’AUTORE
Nato nel 1982 in provincia di Torino, dove vive e lavora, Luigi Musolino è autore di diverse raccolte di racconti di weird fiction, horror e gotico rurale.
Il suo romanzo Eredità di carne è stato pubblicato da Acheron Books nel 2019 mentre la raccolta Un buio diverso. Voci dai Necromilieus è uscita per Edizioni Hypnos.
Le sue storie sono state tradotte e pubblicate negli Stati Uniti, in Irlanda, Ungheria, Russia, Spagna e Sudafrica.
Nel 2022 Valancourt Books ha pubblicato una selezione delle sue storie nella raccolta A different darkness and other abominations, finalista al World Fantasy Awards.
È il curatore di Caronte, collana dedicata alla letteratura del perturbante di Zona 42 con cui nel 2021 ha pubblicato la novella Pupille.

Della Donna Aracnide
Autore: Luigi musolino
Editore: Zona 42
Collana: 42 nodi
pag. 192, brossurato con copertina a quattro ante
Codice ISBN: 979-12-80868-60-2
Prezzo: Edizione cartacea 13,90 €; ebook 6,99 €

Della donna aracnide di Luigi Musolino

Luigi Musolino

Tutti i diritti riservati per immagini e testi agli aventi diritto ⓒ.




Siamo qui per farci del male di Paula D. Ashe

[…]La
pelle cadente era percorsa da cicatrici di ogni tipo.

Alcune
lisce, altre in rilievo. Alcune lunghe, altre corte.

Alcune
infossate, altre nodose. Alcune larghe, altre sotti-

li.
Alcune recenti, cerchiate da fiammanti aureole rosse,

altre
sbiadite in una morbida traslucenza. L’uomo rise.

[…]

Siamo
qui per farci male

di Paula
D. Ashe

è una delle ultime uscite di Zona 42 che ha fatto molto parlare di
se. Volume vincitore del premio Shirley
Jackson Award – 
Volume
finalista al
Bram Stoker Award,
è
stato tradotto da
Claudio Kulesko 
e
inserito nella collana
Caronte,
curata
da
Luigi Musolino.

Un’opera
sinistra, capace di scavare nelle pieghe più oscure dell’animo
umano, dove il dolore diventa un’esperienza centrale e catartica.
La narrazione è volutamente disturbante, costruita per evocare
immagini forti e suscitare emozioni contrastanti nel lettore, come
disgusto, paura e compassione. L’autrice riesce a creare atmosfere
cupe, dove il confine tra la realtà e l’incubo si dissolve,
lasciando spazio a un’angoscia pervasiva. Il titolo della raccolta,
già di per sé emblematico, richiama l’idea di un mondo in cui il
dolore non è solo un risultato, ma un fine, una verità universale a
cui nessuno può sottrarsi.

I
racconti all’interno sono cosi elencati:

Elementi
del vuoto

La
casa delle carcasse

Le
infernali crudeltà del paradiso

I
miracoli della tomba

Esilio
in extremis

Jacqueline
ride per ultima

Perché
sei rimasta a guardare

Litania
d’aghi
(Il
racconto che ho preferito)

Madre
di tutti i mostri

La
testimone

L’ho
sentita cantare

Telefirma
da un cadavere futuro

Postfazione

Uno
degli elementi distintivi del lavoro di Ashe
è l’abilità di rappresentare il corpo come un luogo di
trasformazione e sofferenza. I racconti contengono descrizioni
minuziose di mutilazioni, deformazioni e processi di decadimento
fisico che riflettono, in modo metaforico, le fratture psicologiche
dei personaggi – che potenzialmente, possiamo incontrare ogni
giorno uscendo semplicemente di casa – richiamando uno dei suoi
scrittori preferiti, Clive
Barker
.

Questo
tipo di orrore non è gratuito, ma funzionale a una riflessione su
temi più ampi come l’alienazione, il trauma e l’identità.

Dal
punto di vista stilistico, Ashe
utilizza un linguaggio evocativo e a tratti poetico, che contrasta
con la brutalità delle situazioni descritte. Questa tensione tra
forma e contenuto amplifica l’impatto delle storie – non un orrore
un
tanto al chilo
,
quanto un colpo d’ascia in volto condito da un linguaggio aulico e
ricercato. La sua capacità di creare un mondo che appare al tempo
stesso familiare e alieno, dominato da regole crudeli, è
sorprendente in quanto amalgamato da una sensibilità moderna.

A
volte, i testi, molto carichi di descrizioni e atmosfere
claustrofobiche, segnate da un ritmo eccessivamente veloce, forse
avrebbero guadagnato in impatto se fossero stati leggermente
alleggeriti.

La
violenza in ambito familiare, la concezione che chi viene toccato dal
male diventerà malvagio a sua volta, un tuffo nell’abisso senza
speranza: questi sono tratti fondamentali di queste opere. Un altro
elemento ricorrente è proprio l’impossibilità assoluta di un lieto
fine.

Quest’opera
non fa sconti al lettore: esige attenzione, resistenza e una certa
predisposizione al confronto con la sofferenza. Un’opera che sfida i
limiti del genere, portando l’esperienza della lettura verso
territori estremi e disturbanti, ma anche profondamente stimolanti.

Nonostante
qualche incursione nel sovrannaturale, la crudeltà più profonda è
quella insita nell’essere umano, come altri autori hanno già narrato
e come sicuramente faranno altri in futuro. Perché,
fondamentalmente, è così.

Concludo
citando un frammento della postfazione dell’autrice: […]So bene
che certe persone leggono le mie storie perché amano lo shock e il
brivido della trasgressione. (Siete anche liberi di odiare il mio
lavoro, o semplicemente di pagare per i miei libri e non leggerli.
Non sono schizzinosa). Ma ci sono altri che leggono le mie opere per
trovare conforto. Per capire. Per ottenere un bizzarro, amaro senso
di tregua. […]

E
voi, perché leggete Horror?

L’AUTRICE

Autrice
americana di narrativa oscura, Paula
D. Ashe
 ha
vinto con Siamo
qui per farci male
 lo
Shirley Jackson Award ed è risultata finalista al Bram Stoker Award.
È stata redattrice associata per Vastarien:
A Literary Journal
,
una rivista letteraria ispirata all’opera di Thomas
Ligotti
.
Vive
nel Midwest con la sua famiglia.

Siamo
qui per farci male

Autore:
Paula D. Ashe

Editore:
Zona 42

Collana:
Caronte

Pagine:
240

ASIN:

B0CW2D5V1F

ISNB:
979-1280868619

Costo: 8,49 € ebook e 16,90 € cartaceo

Siamo qui per farci del male di Paula D. Ashe

Paula D. Ashe

Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi agli aventi diritto.




Dalla Provincia al Terrore: Un Viaggio tra Folklore e Horror con Luigi Musolino

Partendo dalle tue radici in provincia di Torino, come il tuo ambiente di provenienza ha influenzato l’approccio alla scrittura nel genere dell’horror e del weird?

Il mio territorio di provenienza, insieme alla fortuna di essere nato in una famiglia in cui si bazzicava il genere attraverso libri e film, è stato di fondamentale importanza per la mia scrittura. Sono cresciuto in un paesino della Bassa piemontese spesso avvolto dalla nebbia, circondato da campagne a perdita d’occhio punteggiate da antichi casali diroccati e pioppeti. Quand’ero bambino, nelle sere d’inverno ci si ritrovava spesso nella grande casa dei nonni materni dove si sprecavano i racconti dedicati ad avvenimenti inconsueti, che spesso gravitavano intorno alle streghe del folclore popolare, le masche. L’atmosfera di questi luoghi in qualche modo lugubri, isolati, sfuggiti, le suggestioni delle strane storie raccontate dalle zie in quella cucina invasa dai fumi del tabacco e del vino, hanno senza dubbio influenzato il mio immaginario; i miei primi esperimenti letterari erano già ambientati nelle aree che frequentavo da ragazzino, e col passare degli anni ho plasmato un Piemonte alternativo fatto di suggestioni folcloristiche e orrorifiche, che è quasi sempre il mondo in cui si muovono i miei personaggi.

Soprattutto nella tua prima produzione emergeva una predilezione per il folklore italiano nei tuoi racconti. Quali sono gli elementi del folclore che trovi più affascinanti e che ritornano spesso nelle tue storie? Per scrivere i due volumi Oscure regioni hai svolto un lavoro di documentazione approfondito?

Mi affascina il modo in cui le credenze popolari riescono a sopravvivere nonostante il trascorrere del tempo e la morte degli uomini, mi intriga la capacità che hanno di trasformarsi e filtrare nella modernità adattandosi a essa, con la loro carica inquietante, affascinante, mistica, quasi fossero entità dotate di vita propria.

Queste antiche storie sono come virus che mutano per continuare a vivere, che si tramandano per generazioni, che resistono a dispetto di tutto e hanno persino invaso i nuovi mezzi di comunicazioni trasformandosi in creepy-pasta, leggende urbane, video virali che infestano i social.

Quando ho iniziato a scrivere Oscure Regioni mi stuzzicava l’idea di contribuire a questa mutazione e trasmissione utilizzando le storie del folclore regionale come base per costruire dei racconti horror. Partendo dal Piemonte ho percorso tutto lo Stivale, esplorando e documentandomi, e spero di essere riuscito almeno in parte nel mio intento, che era scrivere delle buone storie del terrore ambientate ai giorni nostri riesumando miti folcloristici particolari, poco conosciuti.

Hai avuto l’opportunità di tradurre opere di autori noti nel genere dell’horror, come Brian Keene e Lisa Mannetti. Ma in passato avevi anche tradotto Carl Jacobi per la Dagon Press. Si tratta di un’esperienza che ti ha stimolato e ti ha fatto crescere?

Indubbiamente. Prima che a scrivere ho cominciato a tradurre, per puro diletto. Da ragazzino, dopo aver letto buona parte dell’horror che passava in Italia, cominciai a leggere in inglese per ampliare i miei orizzonti, per scoprire autori che da noi non erano ancora arrivati, e com’è ovvio mi si spalancò un universo di suggestioni. Leggevo queste storie incredibili e mi dicevo: “Ma perché nessuno le traduce in italiano?” Mi pareva quasi un delitto, e così mi mettevo lì, nella mia cameretta, a tradurre i racconti che più mi colpivano, pensando che magari un giorno sarei riuscito a piazzarli, a far conoscere nel nostro paese un autore secondo me meritevole e poco o mai esplorato dalle CE nostrane. Esattamente quello che è successo con Jacobi, di cui avevo tradotto alcune storie, poi inviate al mitico Pietro Guarriello della Dagon Press per un parere, insieme al quale nacque l’idea di due volumi dedicati all’autore di Minneapolis (ormai introvabili).

Non sono un autore “tecnico”, nel senso che non ho mai frequentato corsi di scrittura e i tecnicismi narrativi mi interessano (e li conosco) fino a un certo punto, penso la mia scrittura si basi più sull’istinto, la passione e la conoscenza del genere in cui mi muovo, ma probabilmente i lavori di traduzione svolti in passato mi hanno permesso di immergermi nei testi di autori stimati e amati, assorbendo più o meno consciamente certe finezze ritmiche, strutturali e tecniche per costruire, spero, delle storie dell’orrore originali e funzionanti.

Il tuo romanzo Eredità di Carne è stato pubblicato nel 2019. Qual è stata la tua fonte principale di ispirazione per questa storia? Hai trovato difficoltà a passare dalla forma del racconto a quella del romanzo? In futuro leggeremo ancora un tuo romanzo?

L’idea di scrivere un romanzo ambientato nelle “mie” valli mi frullava in testa da tempo, perché adoro la montagna e penso sia un ambiente fertile per narrazioni horror e fantastiche. Borghi abbandonati, rovine di fortificazioni militari, graffiti, incisioni rupestri, coppelle votive, luoghi con nomi bizzarri e suggestivi (Lago Nero, Lago della Sibilla, Colle Arcano, Sentiero delle Streghe…), foreste sterminate, grotte, antiche leggende… Cosa chiedere di più?

In particolare desideravo scrivere qualcosa situato in una delle vallate piemontesi che frequento maggiormente, la Val Chisone. Questa zona ospita un antico sanatorio dove sin dagli inizi del ‘900 venivano trattati i malati di tubercolosi, una struttura che è stata in piena attività per decenni per poi essere convertita in colonia estiva, e infine abbandonata.

È un edificio affascinante e imponente, che per collocazione e dimensioni può ricordare l’Overlook Hotel di kinghiana memoria, il setting ideale per una storia dell’orrore. E pur trovandosi in una zona incantevole, che si affaccia su creste innevate e vette che spiccano oltre i 3000 mt, il sanatorio Pracatinat è stato un luogo di sofferenza e malattia, e nei dintorni si sono combattute alcune sanguinose battaglie della guerra dei nove anni.

Aggiungiamo a questa ambientazione il folclore locale legato alle masche (ancora loro!), una scalcagnata osteria di paese, gli orrori delle guerre, due balordi di mezza età che non hanno nulla da perdere, una tormenta di neve, il tarlo che mi rodeva da tempo di imbastire una storia il cui motore principale fosse una fame atavica e inesauribile… ed ecco, tutti questi elementi si sono mescolati per dar vita al mio primo romanzo.

Non ho trovato particolare difficoltà nel passaggio dal racconto alla forma lunga, la storia di Famenera necessitava di più ampio respiro rispetto a quelle scritte in precedenza. Certo un romanzo richiede maggior tempo e dedizione di un racconto, ma la storia era già piuttosto vivida e delineata nella mia testa, e metterla su carta è stato un viaggio piacevole.

E sì, presto potrete leggere un mio nuovo romanzo breve.

La tua novella Pupille è stata pubblicata nel 2020. Puoi parlarci dei temi e delle atmosfere che hai cercato di esplorare in questa opera? Personalmente ho amato questo racconto che ho trovato molto inquietante e che mi sembra un punto di svolta nella tua narrativa.

Pupille ha cominciato a prendere forma durante il lockdown, e in buona sostanza narra di un’epidemia “raccolta” che colpisce la piccola comunità di Idrasca, con effetti nefasti (o forse no) sui bambini, e di conseguenza sugli adulti.

Un essere millenario che si è rifugiato nella scuola elementare del paese, l’Uomo di Polvere, è il personaggio che scatena questa infestazione che permette ai più piccoli di lanciare uno sguardo verso il futuro, verso il crollo della civiltà e la fine dell’essere umano.

Pupille è una fiaba oscura che si ispira prepotentemente al pifferaio di Hamelin, una novella che ruota intorno a una domanda tanto semplice quanto, a mio avviso, terrificante: “Che mondo stiamo lasciando alle generazioni future?”

Penso tu abbia ragione quando dici che Pupille costituisce una svolta nella mia narrativa. Ho dedicato molta attenzione allo stile cercando di dare al testo un afflato favolesco, sospeso, e i temi legati all’orrore rurale in questa novella sono soltanto accennati, o comunque utilizzati per una visione meno locale e più ampia dell’orrore: Pupille racconta di quel regno spaventoso fatto di ipotesi e interrogativi che è il futuro, per quanto mi riguarda uno dei temi portanti della narrativa horror, una delle sue impalcature più solide.

Il tuo libro più recente, Un buio diverso – Voci dai Necromilieus, sembra affrontare tematiche profonde e oscure e si nota anche una maggiore cura allo stile letterario. Cosa puoi dirci riguardo alle tue ispirazioni per questo lavoro e cosa intendi per “Necromilieus”? Ho trovato il connubio con le illustrazione di David Fragale molto evocativo ed efficace.

I racconti di Un buio diverso sono stati scritti nell’arco di un paio d’anni e tutti ruotano intorno a un Vuoto, a un’Assenza. A una zona priva di luce, peculiare, ma in cui ognuno di noi potrebbe cadere facendo un falso passo o per puro caso. In questa raccolta l’orrore e il buio vengono generati da mancanze, sparizioni, lutti. Da scelte sbagliate. O dalle imperscrutabili macchinazioni del caos.

In Come cani, il racconto che apre la raccolta, è l’assenza d’amore a generare una vicenda di follia e degenerazione; nel testo che dà il titolo al volume la scomparsa di una bambina spalanca un abisso senza fondo in un palazzo di periferia, un’anomalia che è al contempo maledizione e consolazione per i protagonisti; ne La foresta, i bivi è il deterioramento di una relazione di coppia a dare il là a una vicenda ambientata in Romania, un incubo di foreste labirintiche e scelte errate; ne L’ultima scatola, racconto scelto da Ellen Datlow per la pubblicazione nel quindicesimo volume The Best Horror of the Year, la tragica morte di una trapezista innesca una macabra e impossibile ricerca da parte del marito contorsionista.

L’altro filo conduttore che lega le storie è appunto il concetto di Necromilieus, particolari zone “ai confini della realtà” in cui il manifestarsi di eventi inconsueti e terribili, a causa di particolari condizioni storiche e spazio-temporali, sarebbe più probabile, teoria elaborata dallo scrittore torinese Enrico Bedolis nel suo bizzarro saggio “Scienza dei Necromilieus”.

Per quanto riguarda David Fragale, ci siamo conosciuti grazie ad alcune bellissime illustrazioni che aveva pubblicato sulla sua pagina FB dedicate a Eredità di Carne e a Bialere – Storie da Idrasca, il mio primo libro. Dopo questo primo contatto è nato un fitto scambio di messaggi sulla comune passione per l’horror e il fantastico, e poi l’idea di collaborare per le illustrazioni interne e la copertina del Buio, come ci piace chiamarlo. Ha fatto un lavoro incredibile, cogliendo alla perfezione lo spirito cupo delle mie storie, e credo che anche la copertina sia perfetta, che spinga a chiedersi: “Cosa si nasconde dietro quel Velo?”

Spero di poter tornare a lavorare con lui molto presto.

La tua raccolta A different darkness and other abominations è stata pubblicata negli Stati Uniti, con una nomination ai World Fantasy Awards. Come è stata l’accoglienza di questo volume negli Stati Uniti?

La pubblicazione negli Stati Uniti è stata un’esperienza positiva sotto ogni punto di vista; durante la fase di preparazione del volume ho potuto toccare con mano la professionalità della Valancourt Books, la loro cura dedicata alla traduzione, all’editing, alla creazione della copertina, alla promozione. Con James Jenkins, che ha curato e tradotto il volume, si è instaurata una bellissima collaborazione basata sulla comune passione per il fantastico, e durante i mesi precedenti la pubblicazione c’è stato un continuo scambio di feedback, suggerimenti, idee, abbiamo selezionato insieme i racconti, abbiamo coinvolto Brian Evenson che ci ha dato la sua disponibilità a leggere le mie storie e scrivere un’introduzione al volume, e penso che, lavorando in questo modo, il libro ne abbia giovato sotto ogni aspetto…

Quando A Different Darkness è finalmente uscito, i riscontri sono stati positivi, ma certo non mi aspettavo raggiungesse la finale del World Fantasy Awards o che Ellen Datlow selezionasse un mio racconto per il suo ciclo di antologie The Best Horror of the Year.

Nel tuo percorso di scrittore, quali sono state le sfide più significative che hai affrontato e come le hai superate?

Penso che la sfida più importante per ogni scrittore sia quella di riuscire a trovare la propria voce. Capire cosa si vuole raccontare e come raccontarlo. Resiste ancora quest’idea romantica dello scrittore come di qualcuno infuso di talento che si siede al tavolo per sfornare racconti e romanzi con facilità. Ovviamente non è così, ci può essere una componente di attitudine e talento, certo, ma prima di raggiungere qualche risultato apprezzabile ci vogliono anni di tentativi, fatica, sacrifici, pratica, costanza, esercizio. Ed è un processo che non termina mai, sempre in divenire… E poi ci vuole tempo. E il tempo spesso manca, sfugge, si curva, e per chi scrive penso sia di fondamentale importanza riuscire a ritagliarsi una bolla sicura in cui poter perseguire questa passione.

La collana Caronte di Zona 42, da te curata, si propone di esplorare il lato più oscuro della narrativa fantastica, accompagnando i lettori in un viaggio nell’ignoto attraverso i grandi titoli dell’horror contemporaneo. Quali altri titoli (oltre a Il pescatore di John Langan e al più recente Siamo qui per farci male di Paula D. Ashe) possiamo aspettarci in futuro?

Quando Giorgio Raffaelli di Zona42 mi ha proposto di diventare curatore di una nuova collana horror – proposta che ho accolto con entusiasmo – abbiamo discusso sull’impronta da dare a Caronte, giungendo alla conclusione di non metterci troppi paletti, di esplorare le innumerevoli declinazioni della narrativa del Perturbante contemporanea ponendo l’attenzione sulla qualità stilistica e l’originalità dei testi, su voci potenti, autoriali, possibilmente uniche.

Vogliamo storie che siano attuali, che esplorino la realtà che ci circonda da un punto di vista inconsueto, che raccontino i tempi terribili che stiamo vivendo, che parlino dell’animo umano ma anche del mondo in cui gli esseri umani si muovono, un mondo punteggiato di abissi, contraddizioni, traumi.

Penso che l’horror, che spesso viene tacciato di frivolezza e superficialità, sia in realtà il genere principe sia per esplorare zone di noi che non vogliamo esplorare sia per sondare il contemporaneo, ed è spesso cartina di tornasole dei mutamenti della società, delle sue perversioni, delle paure che portano con sé i grandi cambiamenti.

Siamo partiti col botto con Il pescatore di Langan, romanzo che è già un classico e che molti lettori di fantastico attendevano nel nostro paese. Penso sia un libro straordinario, che utilizza l’orrore cosmico e topoi lovecraftiani per raccontarci una storia molto intima di perdita ed elaborazione del lutto, un romanzo con una struttura atipica che alla sua uscita nel 2016 ha ricevuto numerosi riconoscimenti e vinto premi importanti.

Come seconda uscita abbiamo selezionato Siamo qui per farci male di Paula D. Ashe, autrice che al suo debutto con questa raccolta ha creato un piccolo terremoto nella community horror e vinto lo Shirley Jackson Award. Un volume completamente diverso da quello di Langan, in quanto scava nelle ferite personali di personaggi al limite e nel torbido della società americana trascinandoci in un vortice di dolore senza soluzione, in regioni di degrado urbano in cui si muovono serial-killer, donne vittime di violenza, sette che predicano vangeli di afflizione, bizzarre creature che possono ricordare i Cenobiti barkeriani, il tutto sorretto da uno stile unico e poetico, in cui traspare tutto l’orrore della Ashe, ma anche la sua compassione, per la tragica condizione umana.

La Ashe è autrice queer di colore, proveniente dal Midwest, e dalle sue storie penso emergano anche gli orrori del razzismo e del bigottismo negli States, le difficoltà che affliggono i quartieri poveri e le minoranze. Nei suoi racconti la sofferenza genera sofferenza, e chi è stato vittima del male lo eserciterà a sua volta, in un ciclo incubico che forse può essere spezzato soltanto dalla presa di coscienza che tutti noi siamo immersi in questa agonia, che siamo tutti sulla stessa barca.

Per il futuro di Caronte potete aspettarvi varietà, testi inconsueti, autori da noi poco conosciuti ma che meritano attenzione, e anche qualche nome grosso che non è ancora giunto in Italia. Sempre con un occhio di riguardo per la qualità dei testi e la cura delle traduzioni, com’è tipico di Zona42 – ma in Italia non è così scontato, specie quando parliamo di piccola-media editoria e narrativa di genere.

L’ultima uscita prevista per il 2024 sarà Qui, Altrove, romanzo del canadese Matthieu Simard, autore che non bazzica regolarmente l’horror ma che con questo testo si avventura in territori di delirio, lynchiani, raccontando di una coppia che dalla città si sposta in campagna per dare nuovo slancio a un matrimonio traballante. Non troveranno un nuovo inizio, ma un villaggio ostile e silenzioso, personaggi bizzarri che li trattano con sospetto, una strana antenna che incombe minacciosa sul paese e storie inquietanti sul vecchio proprietario della casa in cui si sono trasferiti…

Infine, come vedi l’evoluzione dell’horror e del weird, sia in Italia che a livello internazionale, e quali sono le tendenze che ti intrigano di più per il futuro della narrativa horror? Credi che il termine weird sia oggi inflazionato?

L’horror è vivo e lotta con noi, e come dicevo sopra è un genere-specchio della nostra società, delle grandi paure, dei mutamenti politici, sociali, culturali.

Oltreoceano stanno prendendo piede narrazioni che trattano di tematiche LGBTQIA+, di violenza di genere e salute mentale, di antropocene, romanzi che esplorano gli orrori del cambiamento climatico, altri che indagano gli scricchiolii del sistema capitalistico, e penso non mancherà molto prima che ci ritroveremo a leggere distopie horror che riflettono sull’avvento e l’espansione dell’Intelligenza Artificiale…

Al contempo vecchi temi vengono riutilizzati e rielaborati (pensiamo al recente revival del folk-horror o dello slasher), adattati ai giorni nostri, e sia nel cinema che in letteratura mi pare ci sia un bel fermento all’interno delle narrazioni oscure. L’horror è un genere protoplasmico che ha le sue radici nella notte dei tempi, e finché esisteremo noi esisterà l’horror con la sua carica sovversiva e indagatrice.

In Italia c’è una scena, cosa che fino a qualche anno fa non esisteva, ci sono autori ormai consolidati all’interno del genere, penso a Besana, Corigliano, Kulesko, Cucinotta, solo per citarne alcuni, ci sono case editrici serie che trattano il fantastico, così come librerie, manifestazioni e fiere… emergono i primi studi accademici dedicati alla narrativa fantastica italiana, e ci sono lettori, soprattutto lettori che si interessano all’horror, anche tra i giovanissimi, che non si limitano all’ultimo libro di King o all’ennesima ristampa di Poe e Lovecraft.

Non so dire se questo movimento continuerà a crescere, la situazione è decisamente migliorata rispetto ai giorni in cui pubblicavo i primi racconti su forum e riviste amatoriali, ormai una quindicina di anni fa… Se devo essere sincero, mi piacerebbe vedere più autori italiani emergere e far bene con costanza, ma ho come l’impressione che al momento ci si trovi un po’ in una situazione di stallo da questo punto di vista, e spero davvero sia solo un’impressione e di essere smentito.

Il termine weird è da qualche anno sulla bocca di molti, e la cosa non può che farmi piacere perché indubbiamente crea interesse intorno alla narrativa fantastica. Forse il “problema” è che weird è un termine così generico che potenzialmente può raccogliere tutto ciò che presenta elementi che esulano dal realismo, e spesso si creano incomprensioni, risulta difficile stabilire cosa sia davvero questo fantomatico weird… Mi sembra che talvolta sia poco più di un tag usato per identificare un’opera anche quando non ce n’è davvero bisogno.

Per qualcuno weird attiene esclusivamente alle narrazioni che gravitavano intorno alle riviste pulp americane (e non) degli anni venti e trenta, altri si rifanno alle definizioni di Mark Fisher, altri ancora appiccicano il termine a qualunque cosa presenti degli elementi bizzarri e inconsueti… Insomma, penso ci sia un po’ di confusione e che il termine assuma significati diversi a seconda di chi lo utilizza.

E giusto per creare ulteriore caos dirò che per me il weird è quel genere che tratta dell’incontro dell’umano con l’incomprensibile, con lo smisurato, con un’assenza o una presenza madornale, e da questo incontro si generano sensazioni di terrore ma anche di meraviglia e sublime.

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Ombre dei Vivi e dei Morti il nuovo romanzo di Lucio Besana

La Redazione GHoST segnala Ombre dei Vivi e dei Morti, di Lucio Besana.
Dopo “Storie della Serie Cremisi” (Edizioni Hypnos) e “L’Innocenza del Buio” (Sperling & Kupfer) lo scrittore e sceneggiatore Lucio Besana torna in libreria con il romanzo breve “Ombre dei Vivi e dei Morti”.
Lo sceneggiatore di The Nest e A Classic Horror Story unisce le atmosfere weird della “Serie Cremisi” e lo stile incisivo di “L’Innocenza del Buio” per narrare una saga familiare con potenti influenze folk horror.
Pubblicato nella collana 42 Nodi di Zona 42, e curato eccezionalmente dal finalista al World Fantasy Award Luigi Musolino, il romanzo è disponibile in libreria e su tutte le piattaforme.

LA TRAMA
Per gli abitanti della Valle non è insolito che la gente sparisca nel nulla, o che gli operai nelle gallerie incontrino morti violente e inspiegabili. Sono le Ombre. Tutti, in Valle, sanno che dopo la costruzione degli impianti idroelettrici sono diventate ostili.
Per quattro generazioni, i membri di una famiglia le incontrano nei lavori di scavo della diga, nel buio delle condotte forzate, tra le rovine delle centrali e le nebbie di villaggi abbandonati, con conseguenze prodigiose e nefaste sulle loro vite.
Tra saga familiare e fiaba oscura, tra folk horror e malinconia, tra weird e storia industriale, un viaggio controcorrente verso tutto ciò che è andato perso, verso una casa che non è più la nostra.

L’AUTORE
Lucio Besana è uno scrittore, traduttore e sceneggiatore che lavora nel campo del weird e dell’horror.
Ha pubblicato le Storie della Serie Cremisi (Edizioni Hypnos), seguite dal romanzo L’innocenza del Buio (Sperling & Kupfer). Per il cinema ha sceneggiato i film The Nest (2019) e A Classic Horror Story (Netflix, 2021).
Insegna sceneggiatura alla Scuola Holden, alla Scuola Civica di Cinema “Luchino Visconti”, alla Scuola del Fumetto e all’Accademia di animazione e game design e-artsup di Strasburgo.




Animali Fantastici e Come Salvarli di Autori Vari

Quattro zampe buono, due zampe cattivo. (George Orwell – La Fattoria degli Animali)

Antologia di racconti fantastici edita da Dunwich Edizioni i cui proventi andranno in beneficenza alla Lega Nazionale per la Difesa del Cane – Sezione di Salerno. Il titolo è Animali Fantastici e Come Salvarli e vede la partecipazione di venti autori già noti per la Dunwich più uno special guest, Antonio Lanzetta. Trattasi di un’antologia illustrata, in quanto ogni racconto ha la sua illustrazione di copertina.

Questa antologia è dedicata agli animali – a quelli che ci stanno accanto tutti i giorni, a quelli che hanno lasciato un vuoto incolmabile alle loro spalle e a quelli che si tengono saggiamente a distanza dai luoghi cosiddetti civilizzati – e agli uomini e alle donne che ogni giorno lottano per il loro benessere e la loro sopravvivenza. E saranno proprio gli animali i protagonisti delle ventuno storie che compongono questo libro, storie che spaziano dal fantasy all’horror, dal noir all’urban fantasy per arrivare alla narrativa tout court.

Con i racconti di, in ordine di apparizione:
Antonio Lanzetta
Nicola Lombardi
Ornella Calcagnile
Wesley Southard
Luigi Musolino
Pietro Gandolfi
Diego Matteucci
Eleonora Della Gatta
Thom Brannan
Silvia Benedetta Piccioli
Claudio Vergnani
Filippo Santaniello
Anita Book
Giorgio Riccardi
Somer Canon
Fabio Lastrucci
Carlo Vicenzi
Uberto Ceretoli
Claudio Vastano
David Falchi
Kristopher Triana

TITOLO: Animali Fantastici e Come Salvarli
AUTORI VARI
PAGINE: 362
PREZZO: ebook € 5,99 cartaceo € 16,90
ISBN: 9791220285858
LINK D’ACQUISTO:
Amazon: https://www.amazon.it/Animali-Fantastici-Come-Salvarli-Autori-ebook/dp/B091G8ZM5S/
Kobo: https://www.kobo.com/it/it/ebook/animali-fantastici-e-come-salvarli
Homepage: http://www.dunwichedizioni.it/prodotto/animali-fantastici-e-come-salvarli/