Fame. Una terribile eredità di Gordiano Lupi

Mi
da’ un dolore atroce ricordare quella maledetta guerra.

Però
è cominciato tutto là
“.

Così inizia il romanzo del livornese Gordiano Lupi.
Nonostante la cover sia oggettivamente horror, possiamo annoverare il suo manoscritto come opera di narrativa… nera.
Non avevo mai letto nulla di questo autore, nonostante il nominativo in ambito cinematografico sia alquanto conosciuto.
Riconosco che mi ha stupito e mi ha avvolto tra le sue nere spirali, attraendomi a sé soprattutto per il suo modo di scrivere crudo, reale, efficace.
Si notano in modo evidente la formazione tradizionale e l’elevata base culturale, tanto che a tratti ci si imbatte sia in espressioni lessicali di genere classico, sia nella letteratura moderna bukovskiana, così come, soprattutto nei grotteschi dialoghi, non sfugge la nota sardonica del pluripremiato regista statunitense Tarantino che, notoriamente, ama lo stesso cinema di genere italiano di cui Lupi è profondo conoscitore e studioso.
L’anima cinematografica risulta sempre assai costante, tale da vedersi riprodurre tra le righe l’immagine sul grande schermo.
La storia è semplice e articolata su un doppio binario, rappresentato da una doppia trattazione verbale, effettuata nella prima parte con tempi all’imperfetto, e nella seconda parte al presente indicativo.
Nella prima fase affiora l’esperienza di vita realmente vissuta dall’autore stesso tra le terre Angolane di Cuba.
Le descrizioni risultano impavide e veritiere.
I personaggi sono descritti in modo molto attento e sofisticato, ma soprattutto presentano aspetti crudi e tenaci, seppur sempre calati nelle loro dimensioni terrene.
Quanta sofferenza viene a delinearsi nell’animo del protagonista!
Nella seconda parte questi, che fino ad allora era assurto a ruolo di vittima, diviene volutamente carnefice.
Carnefice della peggiore specie, ovvero avido, ingordo e desideroso di soddisfare estremamente i propri bisogni terreni.
Il maschilismo, il razzismo, l’omofobia, la povertà empatica, delineano estremamente la figura del randagio interprete principale e del suo modo egoistico di godersi e vivere la vita.
Quanta rabbia alla fine della trattazione!
In ultimo il colpo di scena.
Mancava solo questo episodio, e attraverso questa nota, credo che l’autore abbia dato un senso e una firma specifica al racconto.
Sono davvero colpito che tale autore non abbia ancora ricevuto illustri premi letterari, oltre al Premio alla Carriera nell’ambito del Premio Internazionale di Arte Letteraria Omaggio a Pasolini, ricevuto il 17 maggio 2024, in quanto, a mio modo di vedere, Lupi riesce a far immergere il lettore in un’atmosfera in cui puoi sentire gli odori e i sapori descritti.
Una su tutte.
In una scena, che non rivelerò manco sotto tortura cinese, la narrazione fa rivivere al lettore un’esperienza di vita che forse alcuni di noi hanno già vissuto, ma con un’ottica talmente particolare da lasciarvi esterrefatti.
No spoiler, no party!
Grazie, Gordiano.
Gran bel libro!
Leggerò certamente qualcos’altro di tuo…

L’AUTORE

Gordiano
Lupi (Piombino, 1960) è scrittore, traduttore di autori cubani ed
editore con Il Foglio Edizioni. Scrive opere di narrativa e saggi sul
cinema italiano.

Tra le sue opere di narrativa segnaliamo  Calcio e acciaio – Dimenticare Piombino (Acar, 2014), Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano (Historica, 2016), Sogni e altiforni – Piombino Trani senza ritorno (con Cristina De vita – Acar, 2018), presentato al Premio Strega, Fame. Una terribile eredità (Perdisa, 2009 – Il Foglio, 2015 e 2024), Giallo Piombino (Il Foglio, 2023).

Tra
le opere numerose di saggistica segnaliamo: Il
cittadino si ribella: il cinema di Enzo G. Castellari -in
collaborazione con Fabio Zanello (Profondo Rosso, 2006), Filmare la
morte – Il cinema horror e thriller di Lucio Fulci (Il Foglio
2006), Sexy made in Italy – le regine del cinema erotico degli anni
Settanta (Profondo Rosso, 2007), Fellini – A cinema greatmaster
(Mediane, 2008),
Storia
del cinema Horror Italiano vol. 1, 2, 3, 4 (Il foglio 2011, 2012,
2013), Il cinema di Gloria Guida (Il Foglio, 2015), Tutto Avati (con
Michele Bergantin, Il Foglio 2018).

Nel
2024 ha ricevuto il premio alla carriera nell’ambito del Premio
Internazionale di Arte
Letteraria Omaggio a Pasolini

Fame.
Una terribile eredità

Autore:
Gordiano Lupi

Editore:
Edizioni Il Foglio

Pag.
130

Prezzo: 4,75 €

Fame di Gordiano Lupi

Gordiano Lupi

Tutti i diritti riservati ⓒ per immagini e testi.




Torna in libreria Fame. Una terribile eredità di Gordiano Lupi

Di
nuovo disponibile! E solo a euro 4,75. Prima edizione PERDISA
(esaurita). Il romanzo che era piaciuto a Luigi Bernardi. 

Creando
un affascinante connubio di horror e reportage, Gordiano Lupi torna a
Cuba per raccontare una parabola che afferra allo stomaco, una storia
cupa sull’ossessione del male. Il punto di partenza è l’Angola,
dove i soldati cubani sono costretti a vivere un tormento assurdo e
privo di logica, nel cuore di un’Africa selvaggia, tra mangiatori
di scimmie, ritualità macabre e violenza efferata. A vivere l’incubo
è un cittadino comune, con una moglie incinta che lo attende
all’Avana e, come sorte, un percorso senza ritorno nella follia.
Asciutto, teso e lucido, il romanzo procede con ritmo inflessibile
per concentrarsi sul ritorno a casa del reduce, dove la
spersonalizzazione operata dalla guerra e dalle crudeltà di un
regime segneranno le ultime tappe del suo destino. Rimasto vedovo,
l’uomo si ciberà di innocenza, paradossalmente senza smettere la
propria sensibilità, l’amore per il figlio, né il senso di colpa.
Così la storia si fa emblematica, disegnando scenari in cui il
macabro s’allea con la realtà, la pena con la follia, l’amore
con la morte

Fame.
Una terribile eredità

Autore:
Gordiano Lupi

Editore:
Edizioni Il Foglio

Pag.
130

Prezzo: 4, 75

Fame. Una terribile eredità di Gordiano Lupi




Nella coda del caimano 6° e ultimo episodio di Gordiano Lupi

1 maggio 1999

Di nuovo un giorno di festa. Uno dei giorni più importanti dell’anno.
Non c’è stata scuola oggi e ho dormito fino a tardi. Non c’è stata neppure la gita sul fiume perché da tempo non ne facciamo.
Ho incontrato Javier a casa di Pepin per parlare di ciò che dobbiamo fare. Eravamo soltanto noi due. Pepin era fuori con il traghetto e la moglie aveva portato i bambini a fare il bagno sulla riva del fiume.
Javier ha detto che non dobbiamo aver fretta e che arriveremo a capo del mistero solo seguendo le indicazioni dello spirito guida.
Io l’ho ascoltato distrattamente. Avevo tanti ricordi che affollavano la mente e avevo anche una voglia incredibile che tutto questo finisse.
Troppe cose sono cambiate in un anno.
Non c’è più Karin e Dio solo sa quanto mi manca. È vero che Anabel mi sta vicino ma con Karin era diverso e quando certe sensazioni te le senti dentro è difficile tenerle a bada. È anche difficile spiegarle. Adesso so che avevo trovato l’amore e non lo sapevo. Avevo troppe cose in testa per accorgermene e forse ero troppo bambino.
E adesso è tardi. È tardi per rimpiangere. Serve solo a provocare nuovo dolore. Anabel comprende e soffre. Attende qualcosa di più ed è proprio quello che non posso darle.
Ho detto al babalao che durante la notte avevo fatto un sogno terribile.
“C’era un indio dalle braccia muscolose che usciva dall’acqua brandendo un machete. Non sono riuscito a vedere il suo volto, ma il resto del corpo era composto solo da ossa. Uno scheletro che veniva fuori da un vortice del fiume e mi assaliva. Io fuggivo per la foresta e lui mi inseguiva. Sentivo dietro me una risata terribile. È stato allora che mi sono svegliato”.
“Può essere più d’un sogno” ha detto Javier “può essere un avvertimento”.
“Ero sudato e sconvolto. Avevo una paura terribile, come se tutto fosse accaduto davvero”.
“E chi può dire che non sia successo?”
“Io so che non mi sono mai mosso dal letto”.
“Le cose possono accadere in tanti modi”.
“Nel sogno c’era anche Anabel e ricordo di averla perduta nel bosco. Mi voltavo a cercarla durante la fuga e non la trovavo più”.
“Sono avvertimenti, Mainer. Lo spirito di Tabonao è inquieto. Sa che stiamo organizzando qualcosa per cacciarlo dal fiume. E si ribella”.
Abbiamo continuato a parlare. Javier raccomandava prudenza e spiegava quello che sarebbe servito per il rito. Mi ha dato indicazioni precise e ha detto che dobbiamo vederci tra qualche giorno per verificare se potevamo procedere. Ha detto anche che la mamma e Anabel potranno essere utili.
“Anche Francisca poteva dare una mano ma non vuole saperne” ha concluso Javier.
Chissà che non abbia ragione lei, ho pensato.
Chissà che non ci stiamo mettendo in qualcosa troppo più grande di noi.

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Nella coda del caimano 5° episodio di Gordiano Lupi

22 marzo 1999

Anche a scuola hanno parlato dell’omicida del fiume.
Il professore di spagnolo ha dissertato a lungo sulla personalità deviata del killer e ha fatto qualche riferimento a figure letterarie. Ci ha detto che molti autori contemporanei descrivono bene questi tipi criminali. Narrativa noir, ha detto che si chiama. È stata una lezione fuori dall’ordinario e soprattutto non in sintonia con i programmi governativi. Ci ha parlato di Chavarria, un uruguayano che vive a Cuba e anche di Gutierrez che non è facile riuscire a leggere perché il regime ha proibito i suoi romanzi. Circolano copie del Re dell’Avana e della Trilogia sporca che qualcuno fa arrivare dalla Spagna ma è bene non farsi trovare dalla polizia con quei libri tra le mani. Gutierrez è narratore di vita quotidiana e parla d’una Cuba vera e del periodo speciale, ma c’è sempre una vena noir nella penna. Sono rimasto affascinato da questa lezione fuori dagli schemi e ho pensato che piacerebbe anche a me scrivere romanzi, un giorno o l’altro, e magari pubblicare qualcosa che parlasse proprio della mia terra. Anche se fossi lontano, come vorrebbe mio padre, potrei scrivere di lei e sentirla sempre vicina.
Per adesso mi accontento di raccontare la mia vita a questo quaderno rilegato in pelle nera che raccoglie le mia confidenze e mi fa sentire quasi come un vero scrittore.
Ho composto anche poesie quando stavo con Karin ma non erano belle. E le ho strappate tutte. Neppure gliele ho fatte leggere.
Adesso un po’ me ne pento. Chissà, forse a lei sarebbero anche piaciute.
E poi le avevo scritte per lei.
Il ricordo di Karin riaffiora e non riesco a scacciarlo.
Ho rivisto spesso Anabel dopo quella notte e abbiamo fatto l’amore sulla riva del fiume, anche se non è stato come con Karin. Non poteva esserlo. Lei era unica, insostituibile. Portare un’altra in quello che è stato il nostro rifugio mi ha fatto sentire ancor più traditore.
Traditore d’un ricordo. Perché Anabel è solo sesso con quei fianchi larghi e il sedere sodo e perfetto che freme tra le mie mani.
È un sorriso che si spegne quando ricordo Karin.
Non so se riuscirò a dimenticarla e non serve a niente pensare che lei mi ha cancellato dalla sua vita per vendere il suo corpo sul Malecón e aspettare l’occasione di scappare lontano.
Ieri Anabel mi ha guardato sorridendo dopo aver fatto l’amore e mi ha detto mentre mi carezzava i capelli bagnati di sudore:
“Stai pensando ancora a lei, vero?”
“No. Ma che dici?” ho risposto poco convinto.
“Lo so che è così. Non devi mentire con me. Io sono qui che ti aspetto. La dimenticherai, te la farò dimenticare. Adesso è troppo presto”.
È troppo buona Anabel. Troppo.
E forse non merito di essere compreso.
Lei mi dà tutto in cambio di niente.
E io corro dietro a ricordi che non torneranno.

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Nella coda del caimano 4° episodio di Gordiano Lupi

13 dicembre 1998

Oggi mi sono scoperto a pensare a Karin.
Non è facile dimenticarla.
Mi chiedevo come se la starà passando all’Avana, in una città così piena di pericoli e insidie. Lei, una bella orientale che ha passato l’infanzia in riva a un fiume, adesso trascorre le notti su d’un lungomare in compagnia di puttane. È stata la mia ragazza un tempo, ma devo dimenticarla. Non c’è altro da fare.
Mi ero spinto sul fiume a farmi tormentare dai pensieri, al solito posto. Scappo sempre là dopo la scuola, da un po’ di tempo a questa parte. Eludo la sorveglianza della polizia e sgattaiolo tra la vegetazione per andare a tuffarmi un poco più avanti, vicino all’attracco del traghetto di stato. Poi mi fermo sotto la roccia, dove mi piace stare seduto in attesa di andare a bagnarmi. E penso. Penso ai giorni che c’era Karin e a tutte le volte che abbiamo fatto l’amore su quell’erba bagnata. Penso alle nostre promesse non mantenute e alle insicurezze d’un tempo. E mi accorgo quanto mi manca e vorrei che ancora una volta le sue labbra potessero sfiorare le mie. Mi capita sempre più spesso di stare da solo a spiare le correnti del fiume e a cercare sorrisi nascosti e ricordi lontani. Purtroppo l’unico sorriso che mi fa compagnia è quello che non vorrei e viene dal fondo limaccioso del fiume, sotto la rupe a strapiombo tra le rocce e le basse mangrovie. E me lo porto dentro scolpito nel cuore sino a quando non faccio ritorno a casa.

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Nella coda del caimano 3° episodio di Gordiano Lupi

30 agosto 1998

Questa brutta storia continua a seminare morti e io sono sempre presente quando accade qualcosa. Sembrano avvertimenti sinistri, come se qualcuno volesse dirmi di fare molta attenzione.
Ieri abbiamo preso un camion diretto a Baracoa, uno dei tanti che portano pesce o caffè alle industrie di stato. È bella la strada che porta alla città. Senza avvisare, dopo foreste di palme e banani, si aprono spiagge a ridosso di alte montagne. Mio padre mi ha mostrato la piantagione di caffè dove ha lavorato a lungo qualche anno fa e le spiagge dove veniva a tuffarsi quando era un ragazzo.
È venuta anche la mamma questa volta, è la più esperta di santeria e può spiegare cose per noi misteriose.
Karin non l’ho voluta. Non sono spettacoli per ragazzine.
Sgozzano galli e scorre sangue su quella specie di casseruola metallica che chiamano prenda. Sarebbe svenuta solo a vederla. Se poi adesso ripenso a quello che è successo mi dico che ho preso la decisione migliore. Anche se lei si è infuriata e ha detto che devo smettere di trattarla come una bambina perché ha già quattordici anni e da tempo è diventata donna. Quando ci vedremo e le racconterò tutto mi ringrazierà. Non è stato un bello spettacolo. No, non lo è stato davvero.
La strada che porta alla città si avventura tra foreste tropicali e case di legno, un panorama inconsueto per me che vivo sulla sponda d’un fiume. Osservo contadini che allevano maiali e bambini correre scalzi per strada. Alcuni di loro giocano con carrettini di legno artigianali che lanciano da una piccola salita per provare l’ebbrezza della velocità.
Passano poche auto e non c’è nessun pericolo.
Ho guardato a lungo quelle scene di vita e ho rincorso con gli occhi bambini che giocavano a nascondersi e contadini impegnati a lavorare i campi. Ho salutato improvvisati venditori di caffè e cioccolata. E ho pensato che se un giorno riuscirò a scappare da qui e a cambiar vita questa resterà sempre la mia gente. E questa terra sarà sempre la mia terra. E la porterò nel mio cuore, ovunque vada.
Siamo arrivati a Baracoa dopo un’ora di viaggio.
La città è affascinante e io non l’avevo mai vista prima di allora.
Mia madre ha detto che sono nato là, nell’ospedale sopra la collina, quello vicino al grande albergo, ma ho sempre vissuto a Yumurí e non c’è stata mai occasione di tornare a Baracoa.
Ho attraversato a piedi un lungomare proteso verso l’oceano che si faceva largo tra case cadenti e strade di terra e sassi. Il vento di mare percuoteva facciate di antichi palazzi e piante secolari stendevano rami nel cielo a indicare la strada ai passanti. Il sole bruciava il selciato e la polvere si sollevava dietro i nostri passi, un caldo intenso non faceva respirare. Ho visto ragazzini camminare svelti a torso nudo sul muretto tra la strada e il mare. Qualcuno si tuffava, altri giocavano con una palla di stracci rimediata chissà dove. Odore di riso e fagioli veniva dalle case con le porte aperte. Era ora di pranzo.
Abbiamo cercato la casa di Roberto.

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