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Joe lavorava da poco più di sei mesi per una società di recupero crediti e in breve tempo era diventato il migliore. Convinceva gli insolventi a saldare il debito con tatto, decisione, cordialità e sottolineando quanto fosse necessario evitare guai più seri: il tribunale giudiziario, eccetera. Poiché non si vantava mai dei suoi successi, era ammirato dai colleghi. Uno in particolare non si stancava di elogiarlo. Dashiell, il veterano del gruppo, lo additava agli altri come un esempio da seguire. Lo fece anche quel venerdì pomeriggio, quando dopo essere passato in ufficio per il rendiconto settimanale, incontrò Dashiell e altri colleghi fuori dal bar dove erano soliti ritrovarsi per fare quattro chiacchiere. “Ecco, guardate il nostro Joe. Mai una parola fuori posto, e mai che sia tornato da un insolvente senza l’assegno in mano.”

Aldo, il meno sollecito a sottolineare le qualità di Joe, fece notare che forse si trattava anche di fortuna. Joe annuì con un mezzo sorriso. Non si sarebbe mai sognato di smentirlo, ci pensò Hammett a farlo. L’altro insistette: “Vorrei vedere Joe alle prese con l’insolvente da cui sono passato ieri. È la terza volta e non c’è verso di convincerlo”. In breve Aldo sostenne che nemmeno Joe sarebbe riuscito a convincere mister Brown. Joe prese la pratica. “Va bene, proverò a fare un giro in città.” Tra loro scherzando avevano preso l’abitudine di definire in questo modo la visita a un insolvente.

Non chiese con che tipo d’uomo avrebbe avuto a che fare. In quei mesi ne aveva trovati di ogni genere, compresi quelli prepotenti se non minacciosi. Hammett esagerava quando sosteneva che fosse sempre riuscito a risolvere la pratica. Ma nel complesso non poteva lamentarsi.

Tornò a casa scoprendo che Sara non c’era. Negli ultimi tempi finiva sempre tardi, continuava a fare gli straordinari per guadagnare di più. Tutto perché un giorno Joe era uscito con una frase infelice dopo che Sara aveva detto che forse era arrivato il momento di mettere al mondo un bambino.

“Non credo che ci si possa permettere un figlio,” era stata la sua risposta.

Sara aveva creduto che la ritenesse responsabile della loro precaria situazione economica e lui non era più riuscito a convincerla del contrario. Finiva sempre così. Sul lavoro aveva dimostrato d’essere capace di persuadere le persone, ma quando entrava in gioco il coinvolgimento emotivo Joe falliva miseramente. Quella sera a cena ad esempio cercò un altro modo per far capire a Sara che addossava a se stesso ogni colpa, se di colpa si poteva parlare.

“Andrò da un insolvente che non vuol sentir ragione. Secondo il collega che mi ha passato la pratica, è un osso duro.”  

Sara annuì. “Domani è sabato.”

“Uno straordinario ogni tanto tocca anche a me. Tu ne fai già abbastanza.”

Sara si voltò dall’altra parte, senza guardare nulla di preciso. “Il sabato e la domenica sono gli unici giorni in cui possiamo stare insieme,” disse.

“Non ci metterò molto. Andrò via presto e tornerò presto.”

Il giorno seguente infatti Joe si alzò di buon’ora, prese la pratica e controllò l’indirizzo. Non era lontano.

In venti minuti di automobile raggiunse la palazzina signorile nei pressi dello stadio. Suonò il citofono e si presentò.

“Salga. Secondo piano.”

“Sono contento che non sia venuto il suo collega,” lo accolse  Brown introducendolo nell’appartamento. Gli offrì un caffé e spiegò che fino a quel momento si era rifiutato di pagare soprattutto per l’atteggiamento di Aldo. “Si è comportato in modo sgradevole. Insistente e sgradevole. Tipico di chi è soddisfatto di se stesso, del mondo che lo circonda e di come vanno le cose.”

Joe rimase perplesso dinanzi alle parole di Brown. Ma quando l’uomo aggiunse che aveva sempre saldato i debiti del figlio e che uno dei motivi per cui finora non aveva ancora pagato era stato proprio il modo di fare di Aldo, Joe capì che Brown aveva finalmente intenzione di firmare i documenti e procedere al saldo. Quando stava per andarsene, Joe non poté fare a meno di ripensare a una frase che gli era rimasta particolarmente impressa. Brown aveva detto che il suo collega era uno dei motivi. Quindi ce ne era stato un’altro? Brown lo fissò per qualche istante, accigliato, come se lo stesse studiando. Infine la sua espressione si rilassò.

“Il fatto che mi abbia posto questa domanda dimostra che forse potrei …”

Improvvisamente si voltò, guardandosi intorno, e stette in silenzio: sembrava in ascolto. Poi riprese a parlare, ma era come se parlasse a se stesso. “No, non è il momento. Mi scusi, ma devo salutarla”.

Il lunedì, quando si incontrarono in ufficio, Aldo non fece una piega nel sentire che Joe era riuscito laddove lui aveva fallito. Si limitò a dire che Brown si era sempre trincerato dietro la morte della moglie, dietro al fatto che il figlio non si era fatto vedere nemmeno al funerale e che quindi non voleva aver più niente a che fare con tutto ciò che lo riguardava.

Joe si strinse nella spalle. “Non mi ha parlato della moglie.”

“Non faceva che ripeterlo. Secondo me era una scusa. Si era messo in testa di non pagare e basta.”

Joe non diede peso alle parole del collega. Tuttavia col trascorrere delle ore una domanda cominciò a farsi largo nei suoi pensieri: perché Brown non gli aveva parlato della moglie? Mentre la domanda si faceva sempre più pressante, non poté fare a meno di chiedersi per quale motivo ne fosse così ossessionato.

Lo era al punto che un giorno deviò dal percorso che lo stava conducendo da un insolvente, per raggiungere l’abitazione di Brown e appostarsi a una decina di metri di distanza. Tornò altre volte e l’ultima decise di suonare il citofono, con la scusa che i documenti erano andati smarriti. Non rispose nessuno e quando salì e suonò il campanello, un signore con il cane che stava rientrando in quel momento e che abitava nell’appartamento accanto gli spiegò che Brown era partito una settimana prima senza dire nulla.

“Di solito mi avvertiva.” Poi chiese a Joe chi fosse e lui lì per lì si inventò che era un amico del figlio, mandato a chiedere notizie del padre.

“Non ha il coraggio di venire personalmente,” commentò il vicino scuotendo la testa. “Quel ragazzo è … Bah, in fin dei conti non mi riguarda.”
“Davvero non le ha detto dove andava?”
L’uomo non parve sorprendersi per quella domanda. Doveva conoscere abbastanza bene il figlio di Brown e il suo modo di comportarsi. Ma forse pensò che, dopotutto, era pur sempre il figlio. Rispose che non lo sapeva ma che qualche mese prima Brown gli aveva detto di aver comprato una casa in montagna per portarci la moglie, casa nella quale poi probabilmente non erano mai riusciti a soggiornare.  

“Non sa in quale posto esattamente? Il mio amico è davvero triste e dispiaciuto,” aggiunse. “Vorrebbe riappacificarsi col padre una volta per tutte.”

“Non ricordo. Chiedo a mia moglie, che ha una memoria migliore della mia.” Tornò dopo qualche istante con il nome della località, ma lo rivelò a Joe solo dopo essersi assicurato che le intenzioni del figlio di Brown erano buone, e che non voleva soltanto chiedere soldi come al solito.

Una volta a casa, Joe disse a Sara che meritavano una vacanza e che aveva pensato di trascorrere il fine settimana in montagna, in una località che gli aveva consigliato un collega. Si trattava di un borgo situato a più di mille metri, con un solo albergo che in quel periodo dell’anno non era preso d’assalto dai turisti: riuscirono perciò senza fatica a trovare una stanza. Il sabato mattina lo trascorsero passeggiando a lungo, vedendo molte case, e Joe si chiese quale potesse essere quella di Brown. Poi, mentre la moglie faceva acquisti nell’unica drogheria del paese, Joe si avvicinò a un terzetto di anziani che stavano conversando vicino a una fontana, e chiese se potevano dargli un’informazione. Sapevano se qualcuno si era trasferito nei paraggi negli ultimi mesi?

I tre si guardarono, e parvero poco propensi a rispondere a una domanda così vaga. Joe dovette spiegare che lavorava per una società di recupero crediti e che stava cercando un certo Brown, che sembrava avesse acquistato una casa da quelle parti. Mentre parlava teneva d’occhio la drogheria: non voleva essere sorpreso da Sara, e doverle spiegare la vera ragione che l’aveva spinto a fare quella vacanza.

Finalmente uno dei tre si decise a dirgli che una casa in effetti era stata venduta, ma era fuori dal paese, più su, e lui non aveva mai visto chi era venuto ad abitarla. Joe si fece spiegare come arrivarci.

La domenica mattina Sara si svegliò con un forte mal di testa.  È l’altitudine, disse, mi fa sempre questo scherzo. Decise perciò di rimanere in camera per un paio d’ore. Joe scese a chiedere se avevano un analgesico e glielo portò, poi uscì, prese l’automobile e andò in cerca della casa di Brown.

A un certo punto dovette lasciare l’automobile e proseguire a piedi. L’istinto lo guidò in uno sentiero tra gli alberi, stretto e umido. Giunse davanti a un’abitazione alquanto isolata che un cancello e un giardino non molto curato separavano ulteriormente dal resto del mondo. Joe si fermò a guardare, cercando di scorgere un segno di vita ma l’unica finestra visibile aveva gli scuri chiusi. A un certo punto sentì un rumore di foglie e una voce giungere alle sue spalle. “Chi è lei? Cosa vuole?”

Si voltò e vide Brown fermo a pochi passi da lui, appoggiato a un lungo bastone. Preso alla sprovvista, Joe rimase per qualche istante senza parole.

“Sono … Si ricorda. Sono venuto a casa sua per le rate del televisore.”

Brown prese gli occhiali. “Certo. Il signor …”
“Joe Gores.”

“Gores. Ricordo. Come mai si trova da queste parti?”

“Io e mia moglie ci siamo presi due giorni di vacanza.”

Brown annuì e aprì il cancello. “Vuole entrare?”

“Solo qualche minuto. Mia moglie mi aspetta. Oggi non si sente tanto bene.”

Brown preparò il caffè e mentre lo sorseggiava, quasi a bruciapelo, gli chiese: “Perché è venuto?”

Joe, imbarazzato, non sapeva cosa rispondere. D’altronde, quella domanda se l’era posta anche lui. Aggiungendovi il fatto che aveva trovato con molta facilità l’abitazione, sembrava che i suoi passi fossero stati guidati.

Poi, quasi come se  desse a se stesso una spiegazione, disse: “Quando il mio collega ha detto che lei gli aveva parlato più volte della morte di sua moglie, non ho potuto fare a meno di chiedermi perché a me non ne aveva parlato. Le sembrerà assurdo, ma questa domanda ha cominciato ad assillarmi.”

“Quando è morta Leonora, ero distrutto. In quel periodo il suo collega venne a a casa mia, come dicevo, mostrando ben poca sensibilità, e cercai solo di liberarmene. Poi ho cominciato a sognare Leonora, e sentivo la sua voce che mi diceva presto ci rivedremo. Pensavo di essere sul punto di impazzire, infine ho capito che sarebbe tornata. Per questo a lei non ne ho parlato. Ormai avevo capito che mia moglie non era morta.”
Joe rimase paralizzato nell’udire quelle parole. Fissò Brown senza notare alcun segno d’alterazione.

“Perché quell’espressione? Lei non sembra il genere di persona che crede solo a ciò che vede, e che ciò che vede sia il migliore dei mondi possibili.”

“Mi sta dicendo che sua moglie è morta e poi è risorta.”

Brown scrollò la testa. “Non esattamente. Risorta? Non è l’espressione giusta. In realtà è morta solo la sua parte terrestre.”

Dal cassetto di una scrivania prese due foto. “Le fece Leonora, circa un anno fa. Secondo lei cosa sono queste luci?”

Si guardarono per alcuni istanti. “Non saprei.”

“La stessa risposta la diedi a Leonora quando me le mostrò. Eppure, disse lei, dentro di te sai bene cosa sono.”

Joe distolse lo sguardo e si alzò. “Ora devo andare,” mormorò, senza riuscire a nascondere l’agitazione.  

Brown sollevò la mano, e Joe restò in piedi, indeciso, ma non si mosse.

“Leonora mi spiegò che era entrata in contatto con una forma di vita proveniente da un pianeta molto distante dalla Terra. Naturalmente ero scettico, come lei in questo momento. Mi raccontò dei sogni che faceva, sempre più ripetitivi: ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva uomini e donne che si sollevavano da terra, come se saltassero ma al rallentatore, e ascendevano lentamente verso il cielo.” Sospirò, poi riprese, sorridendo. “La sua morte non è stata una vera morte. Rapida, indolore. È ascesa davvero al cielo, ma non nel senso che intendiamo comunemente. La forma aliena con cui comunicava le ha donato una nuova vita, priva di desideri inutili, di una volontà fuorviante e di affanni che nulla hanno a che vedere con l’essenza umana. E aveva ragione: in fondo ho sempre saputo cosa fossero quelle luci.”

Joe si avvicinò alla porta, Brown lo seguì. “Leonora ha raggiunto l’esistenza a cui molte persone anelano e viene a trovarmi ogni giorno. Presto, molto presto mi unirò a lei.”

Trascorse quasi un mese dalla visita a Brown, e in tutto quel tempo Joe non smise di pensare a ciò che gli aveva detto. L’affievolirsi del ricordo tuttavia lo stava convincendo che si era trattato soltanto delle farneticazioni di una mente devastata dal dolore.

Un sabato però, lui e Sara stavano passeggiando per la città dopo aver fatto colazione. La moglie poco prima si era quasi commossa nel rispondere a un bambino che la salutava dal passeggino, poi gli raccontò lo strano sogno che aveva fatto quella notte: vedeva delle persone staccarsi dal suolo e volare lentamente verso l’alto, dritte, come se una gigantesca mano invisibile le afferrasse per la testa e le tirasse su, portandole via con sé.

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