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Ciao Meghistos, presentati ai nostri lettori! 

Innanzitutto vi ringrazio per questa opportunità.

Il mio progetto nasce da un lungo iter iniziato nella seconda metà degli ’80: immerso nella NWOBHM e seguendo con grande interesse le evoluzioni più estreme del genere decido di emularne gli eroi acquistando la mia prima modesta chitarra. Nei primi ’90, quando il death metal è al suo apice, decido di trovare una band con cui suonare: mi imbatto nei Neophyte di Andy Soresina e inizio la mia avventura tra concerti e sala prove senza però apportare contributi al livello di idee.

Contemporaneamente inizio a comporre per mio conto utilizzando a supporto un 4 tracce a cassetta.

La scarsa strumentazione e al contempo l’esigenza di non avere interferenze esterne (non volevo una band in quanto non intendevo scendere a compromessi) mi ha fatto desistere dall’intraprendere la strada della pubblicazione.

Poi, qualche anno fa ho realizzato che un home – studio oggi è alla portata di tutti.

Confortato dalla collaborazione con Andy “Bull” Panigada, mio caro amico dagli anni dell’uscita di Neurodeliri dei suoi Bulldozer, mi sono deciso e ho cercato un’etichetta a cui appoggiarmi.

Cercavo professionalità e passione; penso che Buil2kill possegga entrambe le qualità.


Parlaci di come avviene il processo compositivo di solito. 

Non seguo un unico metodo: a volte, sembrerà strano dato il genere, il pezzo nasce prima nella mia testa e poi lo provo grossolanamente con la chitarra; se lo ritengo valido procedo a svilupparlo.

In altri casi nasce dall’improvvisazione: adoro suonare ininterrottamente senza uno schema e senza una meta e quando mi imbatto in una soluzione interessante la utilizzo come base su cui sviluppare il brano.


“The Reasons” è il secondo album. Parliamo del disco, partendo dal significato del titolo! 

Parla appunto dei motivi per stringere un patto con il Male pagando un prezzo: il portone in copertina rappresenta l’ingresso ad un pantheon infernale al quale esporre i nostri desideri.

I motivi sono vari: vendetta, smania di potere, successo…


Come descriveresti lo stile musicale a chi ancora non ti conosce? 

Meghistos fa death metal e non per scelta, ma per identità, lo stile è quello dei primi ’90.

A questo stile ho accostato quelle suggestioni che diverse decadi di ascolti mi hanno fornito e quindi è possibile identificare soluzioni personali la cui realizzazione passa ad esempio attraverso l’uso di tastiere, di cori, di tempi particolari.


Con chi ti piacerebbe collaborare in studio almeno una volta? A parte Andy Bull Panigada col quale già hai collaborato. 

Indubbiamente con Trey Azagthoth, un visionario che ha dettato l’essenza di un genere.


Obiettivi che vuoi raggiungere con Meghistos? 

Penso che l’arte sia veicolo delle pulsioni dell’artista: io esprimo odio, un rancore ancestrale e totalizzante.

Ecco, vorrei che questo arrivasse nella sua genuinità: compongo principalmente per me, per avere sollievo dal Buio che ho dentro, e non faccio nulla per piacere ad altri.

In questo modo, se riuscissi a trasmettere ciò che mi muove, ne sarei estremamente gratificato perché avrei raggiunto lo scopo a cui ogni artista deve tendere.


Come vedi la scena death metal italiana nel 2024? 

È una scena estremamente viva. Non che prima non lo fosse, ma con l’avvento di strumenti in grado di mettere tutti nelle condizioni di partecipare attivamente, si assiste ad un brulicare di band più o meno valide.

Quello che conta è che tutti hanno la possibilità di esprimersi e lo ritengo una grande conquista.


Programmi immediati? 

Pubblicizzare il disco il più possibile e comporre, comporre, comporre!

Inoltre devo riprendere un progetto lasciato in sospeso: si tratta di un Ep con musiche di Andy Soresina.

Decisamente qualcosa di mai sentito: io da parte mia ho personalizzato il tutto introducendo un utilizzo dei cori particolare che intendo portarmi dietro anche con Meghistos.

Il genere come dicevo è appassionante e originale e, come tutte le cose particolari, è difficile trovare termini per descriverlo: direi un Funeral doom progressive, etichetta che mi pare comunque riduttiva.


Ultime parole a te! 

Ringrazio tutti coloro che hanno speso un po’ del loro tempo per ascoltarmi lasciando magari un segno del loro apprezzamento sui social.

Sostenete l’Underground!!!

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