La scomparsa dell’Erebus è uno straordinario romanzo di Dan Simmons, rieditato The Terror in occasione dell’uscita nel 2018 della omonima serie tv.
Straordinario perché mescola la rigorosa documentazione storica che ha comportato un lavoro fuori del comune, con la fantastica ricostruzione, profonda umanamente e perfettamente verosimile, della famosa spedizione del 1845, dell’ammiraglio inglese Franklin, nell’America dell’estremo nord artico, alla ricerca del mitico passaggio a Nord Ovest, tra l’Atlantico e il Pacifico. L’ammiraglio Franklin comandava due navi, l’Erebus e il Terror che mai tornarono dalla loro missione e solo secoli dopo, ostinati ricercatori trovarono i resti della tragedia sovvenuta tra fame, gelo, cannibalismo e orrore.
Persi nell’artico i due equipaggi perirono miseramente.
Su questa mitica storia che ha dato vita a spedizioni di salvataggio, esplorazioni, indagini, libri, canzoni, ballate e trenta anni fa un libro splendido, come La ricerca della lentezza di Sten Nadolny, Simmons innesta un elemento fantastico: una bestia primordiale, sciamanica, un signore delle mosche che questa volta regna sui ghiacci che rappresenta l’incomprensibilità della natura, per chi vuole violarne il mistero solo con gli strumenti scientifici.
Questo è il grande fallimento che Simmons mette in scena, il positivismo che vuole che tutto sia spiegabile, scientificamente provabile che cozza con l’irriducibilità a ragione del mistero della vita. In finale coerente e denso di significato, solo chi accetterà l’incomprensibile, un legame più profondo col terribile mondo dei ghiacci e i suoi segreti sopravviverà.
Già il libro è di qualità letteraria notevole, una vera prova d’autore.
Amazon Prime ha tratto dal romanzo la serie The Terror ideata dall’americano David Kajganich che è una delle migliori, tra le diseguali proposte della casa di produzione di Jeff Bezos.
Pur essendo finanziata e ideata, negli USA, intelligentemente la serie è prodotta da Ridley Scott, inglese e padre della fantascienza cinematografica degli anni ’80, che ormai dà il meglio, più che come regista, nella produzione di serie tv, come nella splendida The Good Wife, un capolavoro di linguaggio, stile e capacità di tradurre l’oggi in racconto.
Stile, messinscena e recitazione di The Terror sono squisitamente britannici.
Niente montaggi frenetici e tic da Actor’s Studio. Le immagini di qualità cinematografica, uniscono la notte artica, con l’abbagliante lucentezza dei ghiacci e agli angusti e fumosi spazi claustrofobici di navi dell’ottocento.
Un ottimo lavoro visivo nella disposizione dei volumi, degli spazi, delle luci, delle tante ombre e del tanto orrore.
Tutti gli attori sono inglesi, quindi credibilità e asciuttezza, grande presenza e la scrittura i dialoghi hanno il fiorito turgore della lingua di Shakespeare e l’opera è di qualità superiore. L’elemento fantastico serve agli show runner per mostrare, come al di fuori del contesto della società, appena sotto la maschera della civiltà, gli uomini costretti a lottare per la sopravvivenza, sono bestie feroci che si divorano e uccidono l’un l’altro, più feroci della bestia vera, primitiva, ancestrale feroce che li aspetta tra le i cumuli di giaccio.
Inutilmente la mente malefica che contribuisce con la sua insensata crudeltà egoistica, alla rovina della spedizione, tenterà la comunione con la Bestia. Alla natura e alla sua forza primordiale, ci si arrende con cuore puro, non per trasformarla in uno strumento di dominio.
La salvezza sarà solo per chi riuscirà a conservare, un difficile rapporto con lo spirito pubblico, la responsabilità verso l’altro la pietà e ad accettare il nuovo, che per quanto atroce, regala almeno una possibilità a chi di umili origini è un paria nella società classista e perbene della regina Vittoria.
Tutti straordinari gli attori, ma non si possono non citare Ciaran Hinds, Jared Harris, Tobias Menzies, Paul Ready, Adam Nagaitis, Nive Nilsen e la meravigliosa Greta Scacchi sogno di tanti adolescenti di trenta fa, oggi una triste Lady Frankilin.
Come ogni serie tv The Terror tende ad una narrazione corale, con diverse storie parallele, ma senza perdere l’unità d’azione in inutili episodi riempitivi e soprattutto si articola su una sola stagione, con un enorme sospiro di sollievo, di chi stenta a seguire serie ormai defunte da anche sedici stagioni.
a cura di Gianni Solazzo
(gianni.solazzo@gmail.com)