La collina dei sogni di Arthur MachenLa collina dei sogni di Arthur Machen è l’opera più controversa di questo scrittore. L’autore impiegò molti anni per trovare un editore e, una volta pubblicato, il romanzo ebbe una fredda accoglienza.
Come confessò Machen a Morchard Bishop: “Pensate davvero possa associare The Hill of Dreams ad un ricordo piacevole o ad un periodo particolarmente fervido ed entusiasta? Vorrei fosse così. In verità mi costò le pene dell’inferno, dall’autunno del ’95 alla primavera del ’97: una fatica estenuante e interminabile, difficoltà spaventose, settimane di disperazione, e, quando, infine riuscii a pubblicarlo, ben dieci anni dopo, mi attirò il sarcasmo delle canaglie e l’insolenza degli sciocchi.”
Solo dopo molto tempo dalla pubblicazione l’opera fu riconosciuta come uno dei suoi capolavori e da alcuni critici come un capolavoro tout court della letteratura.
Scritto da Arthur Machen per allontanarsi dalla sua produzione precedente, più tendente all’horror, La collina dei sogni, ambientato nel 1800, è un’opera parzialmente autobiografica che ha come protagonista Lucian Taylor, figlio del pastore anglicano di Caermaen, paesino di campagna del Galles e antico avamposto dell’impero romano.
Lucian è un sognatore che, fin dalla prima adolescenza, vive in una relazione panica con la natura che lo circonda.
Suo padre è giudicato un eccentrico per le sue idee estremiste e il carattere che tende al sarcasmo, oltreché per la sua povertà che lo induce a ritirare Lucian dalla scuola nonostante i più che discreti risultati di questi, che ottiene buoni voti e premi.
Lucian stesso è giudicato un originale in quanto ama libri di narrativa e saggistica passati di moda, oltre a testi che trattano di occultismo e scrittori giudicati decadenti dai suoi insegnanti e compagni di scuola.
Autodidatta, ambisce a diventare scrittore. Non sopporta l’ipocrisia e il perbenismo dei suoi concittadini e preferisce alla loro compagnia la solitudine della lettura e delle lunghe passeggiate nei boschi che circondano la sua casa. Vero punto di forza della prima parte del romanzo, interamente ambientata nella campagna gallese, sono la vivida descrizione degli ambienti naturali in cui Lucian si muove come un giovane fauno o come un abitante del piccolo popolo, i leggendari esseri fatati.
Lucian si perde diverse volte nella campagna. Si perde per ritrovarsi. Magari alla luce di un tramonto che illumina la scena come se una fornace si fosse aperta nel cielo.
La sua solitudine e il suo rifiuto della “realtà” sono un percorso iniziatico magico e “occulto” da autodidatta che lo inducono a fantasticare sugli antichi romani che avevano dominato la Britannia e sulle loro divinità in modo così vivido da renderli quasi reali.
Anche quando si innamora di Annie, una ragazza del vicinato, Lucian vive il proprio innamoramento come un atto magico-religioso.
“L’aveva adorata come una divinità pagana. Il suo corpo era diventato la religione di Lucian”.
In seguito l’antica Siluria (così si chiamava l’avamposto dell’impero romano) diventa agli occhi di Lucian reale come una città veramente esistente, con le sue case e i suoi abitanti, in cui il ragazzo trova rifugio da una realtà che non comprende e che non lo comprende.
Il distacco dalla “realtà” è corrisposto dalla gente “perbene” del paesino del Galles che gli riserva sufficienza e non gli risparmia il suo moralismo. Il fatto che il protagonista voglia fare lo scrittore invece di un lavoro “vero” è ampiamente stigmatizzato.
Il suo distacco dalla “realtà” porta Lucian a non fare niente quando un suo romanzo, inviato a un editore, viene plagiato da uno scrittore dotato di maggiore mestiere.
Versò metà del libro, Lucian approda a Londra, dopo averlo lungamente desiderato, conservando il proprio desiderio, ancora più volitivo, di diventare uno scrittore.
Ma mentre i suoi parenti gli consigliano di trovarsi un lavoro oppure di produrre romanzi che seguano l’andazzo letterario “utilitaristico” (opere edificanti e/o di intrattenimento) del tempo, Lucian insegue il proprio ideale letterario di arte per amor dell’arte, nonostante viva nella miseria.
Egli cerca, con le parole, di creare uno stile e un’atmosfera che creino, in modo arcano, mondi spiritualmente superiori alla realtà che lo circonda. Per esempio ammira Edgar Allan Poe, ma vorrebbe andare anche oltre l’autore americano.
“Lucian aveva capito che il segreto della vera letteratura risiedeva proprio nelle capacità evocative ed allusive dell’artista. Non si trattava neanche di un semplice problema di stile, ma di una sapienza assimilabile alla magia teurgica, per cui lo scrittore o il poeta evocavano da e con le parole un mondo di sensazioni e percezioni al di là dello stesso linguaggio.”
Però Lucian, nonostante il suo sfibrante impegno, non riesce a realizzare le opere che ha in mente. Il suo desiderio di diventare uno scrittore, secondo il proprio ideale, è costantemente frustrato. Al punto che spesso si chiede se non abbia ragione chi gli consiglia di scrivere opere socialmente accettabili.
Londra, inizialmente, viene descritta da Lucian/Machen come una metropoli squallida: sporca, rumorosa e maleodorante. Successivamente all’incontro poco piacevole e misterioso con una donna (anche qui come con Annie è una donna che arcanamente disvela la realtà) la metropoli diventa una città infernale ed è descritta come se fosse l’antica Babilonia.
Ma la vita del giovane protagonista continua tra miseria e privazioni, nonostante riesca infine a pubblicare un libro che però viene stroncato dalla critica paludata, fino all’inaspettato finale.
Anche se alcuni critici lo giudicano decadente, come Mario Praz che lo considera “il romanzo più decadente della letteratura inglese”, Machen scrive un romanzo godibilissimo con uno stile vivido e potente, che inoltre ci informa sul senso della vita e della letteratura secondo il grande scrittore gallese.

Arthur MachenL’AUTORE
Arthur Machen, all’anagrafe Arthur Llewelyn Jones, nasce a Caerlon in Galles nel 1863. È famoso soprattutto per i suoi racconti e romanzi fantastici.
Machen viene da una lunga stirpe di sacerdoti. Suo padre è il vicario della parrocchia di LLanddewy Facc e il giovane Arthur trascorre gran parte della sua infanzia nell’ambiente della canonica, dove dimostra un amore precoce per i libri.
Di famiglia non così abbiente da garantirgli gli studi all’università di Oxford, completata la scuola dell’obbligo, comincia a lavorare come giornalista.
A Londra scrive il suo primo romanzo, L’anatomia del tabacco, e si dedica al lavoro di traduttore. Sposa Amy Hogg, una giovane artista londinese.
Nel 1891 realizza la sua opera più famosa, Il grande dio Pan.
Machen scrive anche una vasta quantità di racconti, giudicati però sconvenienti per il puritano clima dell’epoca: scandalizzano e terrorizzano i lettori. Arthur Machen trascorre una decina d’anni in miseria, barcamenandosi a Londra come meglio può come giornalista. La moglie Amy muore prematuramente.
Successivamente Machen si risposa e si dedica alla recitazione, aggregandosi a una compagnia shakesperiana. Si unisce all’ordine ermetico della Golden dawn, un ordine magico attivo in Gran Bretagna dedito all’occultismo e allo spiritismo.
Il periodo di povertà termina grazie al riaccendersi dell’interesse negli Stati Uniti per le sue opere. Gli anni 20 rappresentano gli anni del suo grande successo. I suoi racconti vengono inseriti in numerose raccolte americane e la cerchia delle sue conoscenze si amplia. Ciononostante, nel Regno Unito, Arthur Machen rimane lo stesso autore sconveniente di sempre. Esauritosi l’effimero eco mediatico, Machen si ritrova nuovamente in miseria nella sua Londra e decide di concludere gli ultimi anni della sua vita ad Amersham. La solidarietà di alcuni letterati del tempo gli fa ottenere un sussidio. Muore a 84 anni, nel 1947.

Questa recensione si basa sull’edizione del 1988 di Reverdito Editore con traduzione di Claudio De Nardi e una sua postfazione. Il libro ormai è reperibile solo su ebay e sui mercatini.
Ma nel 2017 sono uscite due nuove edizioni: una della casa editrice Il Palindromo (sempre con traduzione di Claudio De Nardi) e una per la casa editrice Theoria (traduzione di Romina Bicicchi).

a cura di Luca Bonatesta
(lucabonatesta71@gmail.com)

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