Fabio Calabrese è senza dubbio il Lovecraft italiano. Gli appassionati del Solitario di Providence e del fantastico ricorderanno il suo nome per via della leggendaria fanzine Il Re in Giallo, da lui diretta negli anni ‘70 assieme al compianto Giuseppe Lippi. Di lui forse si parla troppo poco (forse anche per le sue idee politiche) eppure è uno scrittore di razza. Nel corso degli anni lo scrittore di Trieste ha lavorato nell’ombra con molta costanza e impegno pubblicando una serie di antologie di racconti che riprendono i temi e le ambientazioni “lovecraftiane” in maniera direi classica e molto devota al canone come possiamo leggere nelle antologie Nel tempio di Bokrug e altre storie lovecraftiane (2008), Sulle orme di Alhazred: racconti lovecraftiani (2014) e Progenie degli abissi: omaggio a H.P. Lovecraft (2014). Tuttavia Calabrese ha fatto questa operazione con gusto dimostrando di saper scrivere dei racconti piacevoli e mai banalmente calligrafici. Da non sottovalutare poi anche la sua produzione saggistica: ha codificato “la teoria del quarto genere” a cui appartiene il ciclo dei “Miti di Cthulhu”, un genere autonomo distinto dall’horror, dal fantasy e dalla fantascienza. Il suo articolo La narrativa del mistero cosmico è, a mio avviso, uno dei migliori contributi mai pubblicati per capire le radici e l’evoluzione del corpus narrativo di H.P. Lovecraft. Calabrese non a caso è stato inserito anche nelle recenti enciclopedie della Odoya dedicate all’horror e al fantastico italiano. Ora Dagon Press pubblica una nuova antologia intitolata Il segno di Yog Shotot. Si tratta di una raccolta che alterna storie che si inseriscono a pieno titolo nel canone dei Miti di Cthulhu (la geografia è proprio quella dello pseudo Massachussets di HPL con le città di Arkham e Dunwich) ad altre che, pur non citando direttamente l’universo impazzito di Lovecraft, ne fanno comunque parte e sono anche più originali. Del primo filone fanno parte Il segno di Yog Shotot, un racconto molto potente ed evocativo che rilegge L’orrore di Dunwich, Pembroke Manor (dove si spiega in che follia senza nome finisce chi legge il Necronomicon), Hypnos’Thanatos e Il suo nome. In entrambi questi ultimi due racconti i due incauti protagonisti si intrufolano nella biblioteca della Miskatonic University per rubare tomi proibiti come il Necronomicon, Il libro di Eibon, Il libro del verme, I culti innominabili e I Manoscritti Pnakotici con conseguenze nefaste. Il trono di Llogra è invece un fantasy corrusco che potrebbe ricordare Clark Ashton Smith mentre Ospite temporaneo è un racconto di fantascienza in cui assistiamo alla proliferazione di un parassita venuto dal cosmo. La storia, pur non citando Lovecraft, coglie l’essenza dell’evoluzione della narrativa di HPL che si stava dirigendo verso una sorta di fantascienza nera. In La preda viene evocata la figura del Wendigo (protagonista anche di un classico racconto di Algernon Blackwood). Buoni in ogni caso anche i restanti racconti fra cui segnalo Il misterioso dottor Weinberg (in cui gli orrori lovecraftiani si materializzano sul lettino dello psicanalista) e Figlia dell’oceano dove possiamo fare un giro ad Innsmouth. A questo punto sarebbe interessante poter leggere in futuro un romanzo, vista la sua buona vena, magari con un’ambientazione italiana.
Disponibile sul sito della Dagon Press (http://studilovecraftiani.blogspot.com/) o su Amazon (https://www.amazon.it/dp/B08JF8B7XZ).
Il Segno di Yog Shotot
Autore: Fabio Calabrese
Editore Dagon Press
Prezzo di copertina: € 15,50
a cura di Cesare Buttaboni
(caesar1471@gmail.com)