Le visioni di Laura 4 - Gli scacchi della vita

Le visioni di Laura 4 - Gli scacchi della vitaDistesa in questo letto d’ospedale ascolto le parole di Vittorio e ricordo. Lui è seduto accanto e mi fa compagnia con la sua voce. Sta leggendo lentamente le pagine di un romanzo horror, uno di quelli che ho trovato in una libreria a metà prezzo dove vanno a finire le opere degli scrittori italiani che nessuno vuole pubblicare. Questo libro però è un vero capolavoro, altro che Codice Da Vinci. Vittorio è un ottimo lettore, la storia che racconta allevia il dolore che tormenta le mie ossa. Meno male che c’è lui a tenermi compagnia.
Quel maledetto camion. Chissà come ho fatto a non vederlo. La confusione per strada. Il caldo e la gente che si accalca per le vie strette e tortuose della mia città di provincia. I turisti che da un po’ di tempo non ci fanno respirare. Io che non ne posso più dei pensieri che tormentano la mia vita quando tocco un oggetto appartenuto a mia sorella o mio padre. Vedo i loro volti, sento le sofferenze del passato, comprendo i momenti di angoscia. Non è per niente facile convivere con questo potere che ho avuto in sorte. Sarà stato tutto un insieme di cose, fatto sta che adesso sono qui. Un ospedale, un letto in una stanza bianca che si affaccia sul mare e il panorama che si apre dall’ampia finestra centrale come unica consolazione. È bella la clinica di Porto Fabbrica. A volte penso che avrebbero dovuto farci un albergo, perché da queste finestre e dagli ampi balconi si scopre un tratto di mare frastagliato da isole e scogliere. E io sono qui. Immobile su di un letto, ad ascoltare Vittorio che mi legge questo romanzo dell’orrore. Passeremo i primi giorni d’estate in ospedale invece che al mare. Pensare che stavamo per chiudere il cantiere e avevamo deciso di fare le vacanze insieme, magari in compagnia di letture rilassanti da spiaggia. Ho un sacco di libri da terminare. Volumi che compro durante l’anno e che non leggo. Restano fermi in attesa dell’estate, quando le giornate si fanno più lunghe e ci sono meno impegni. Per colpa di un incidente tocca a Vittorio leggere le pagine del libro.
Gli scacchi della vita, s’intitola. Una storia misteriosa.
Parole che seguono il corso di altre parole. Entrano nella mia mente. Vedo le scene in modo distinto. Questo scrittore che non conosco è bravo a descrivere le cose che inventa. Un’atmosfera di terrore e mistero mi porta in un mondo fantastico. Adesso però Vittorio si è fermato. Non sento più la sua voce accompagnare il mio riposo. Le parole svaniscono sino a diventare un rumore indistinto.
Vittorio mi guarda e grida.
“Dottore! Dottore! Aiutatemi!”
È preoccupato.
“Cosa succede? ” domando.
Non può sentirmi. Mi accorgo che non può sentirmi.
Vittorio continua a gridare fino a quando non arriva un gruppo di medici. Sono in tanti e insieme a loro ci sono anche delle infermiere. Tutti attorno a me. Tutti che si agitano. Uno mi prende il polso. L’altro mi attacca una flebo. Mi massaggiano il cuore.
“Io sto bene” dico con decisione, ma nessuno mi sente.
Vittorio si getta su di me. Mi abbraccia. Piange.
“Io sto bene, amore mio” insisto.
“È morta. Non c’è più niente da fare” conclude il medico più anziano. Vittorio è distrutto. Lo sento sopra di me. Il libro è caduto per terra.
“Io sono viva” protesto.
Ma nessuno mi sente.
“Tu sei morta” risponde una voce dietro di me.
Cambia la scena in un istante. Mi pare di sognare. Vedo un anziano e distinto signore seduto a un tavolo in un grande giardino. Ha una lunga barba bianca e sta accanto a una pianta altissima, credo che sia una quercia. Davanti a lui c’è una grande scacchiera.
“Dove sono? E tu chi sei?” chiedo.
“Quante domande… cosa ti fa pensare di avere diritto a tante risposte?”
Allora sono morta davvero, penso. Magari mi trovi in una specie di Paradiso e sto giocando a scacchi con un angelo.
“Perché dovrebbe essere proprio un Paradiso? Perché non un Inferno? O tutti e due insieme?” continua lo strano individuo, senza alzare gli occhi dalla scacchiera.
“Leggi anche nei pensieri. Tu sai se sono morta per davvero?” chiedo.
“Purtroppo sì, anche perché sono io il responsabile della tua morte. La mia scacchiera si è rovesciata e qualcosa è andato storto”.
“Stai scherzando, vero?” grido mentre tento di afferrarlo.
Vorrei tirargli il collo a quello stupido essere. Tragicomica parodia di un giocatore di scacchi. Ma lui scompare e si materializza di nuovo un poco più in là.
“Non puoi prendermi. Sono secoli che vivo in questa dimensione e conosco troppi trucchi”.
“Dimmi cosa mi hai fatto!” insisto.
“Questa è la scacchiera della vita e tu sei passata nel momento sbagliato”.
“E tu chi saresti? Dio? Il diavolo?”
“Probabilmente nessuno dei due, o forse entrambi. Chissà…”.
Lo sto odiando con tutto il cuore questo tipo assurdo che mi sta davanti. Penso a Vittorio, al mio passato, al libro che stava leggendo. Assaporo il ricordo delle sue parole, mentre rivedo il letto bianco dell’ospedale. In questo posto i miei poteri non servono a niente. E quel maledetto camion. Tutto per una scacchiera rovesciata. Tutto per un destino assurdo pilotato da un giocatore infernale.
“Facciamo una partita” mi dice.
Io sono brava con gli scacchi, ma qui le regole le fa lui e di sicuro il tavolo è truccato. Il maledetto legge nei miei pensieri…
“Niente di tutto questo. Il gioco sarà leale e onesto. Durante la partita potrai farmi tre domande per cercare di indovinare chi sono, ma solo dopo aver mangiato un pezzo. Se scoprirai il mio nome avrai di nuovo la tua vita. Se non ce la farai resterai qui per sempre”.
“Non ho molto da perdere. Accetto” dico.
“Però dobbiamo mettere qualche regola a questo gioco. Ogni volta che sarò io a farti una domanda tu rivivrai parte della tua vita. Sei d’accordo?”
“Non ho altra scelta”.
Cominciamo questa assurda partita.
Mi siedo davanti allo strano individuo, proprio accanto alla quercia. Mangio un pedone. Prima domanda.
“Sei Dio o il diavolo?” chiedo.
“Credi che si possano separare? Sono un poco dell’uno e un poco dell’altro” risponde.
Adesso tocca a lui domandare.
“Ricordi il giorno che è morta tua sorella?”
Ricordo sì. Certo che ricordo. Ero una ragazzina che pensava solo a divertirsi. Io e Marina eravamo una bella copia. Due belle ragazze che facevano innamorare i maschi del quartiere. Un giorno c’è stato un pazzo che ha messo gli occhi su di noi e per me non è più stata la stessa vita. Rimpiango sempre di non aver potuto salvarla e il mio maledetto potere non è servito a molto, solo a far condannare il carnefice. Avrei potuto vigilare. Avrei dovuto capire…
Continuiamo a giocare e tocca a me mangiare un pezzo.
Un cavallo. Non sta barando.
“Dove siamo? È il Paradiso o l’Inferno?” chiedo.
“Perché sei così drastica? Il bene e il male non si possono separare con un colpo netto. Forse siamo soltanto dove tu vuoi. In ogni momento. Secondo i tuoi pensieri”.
Non lo comprendo, ma adesso è il suo turno.
Continua con le domande che mi fanno star male.
Ormai lo so che per me non è bello ricordare.
“Ricordi quando hai perduto tuo padre?”
Certo che lo ricordo, maledetto bastardo. E tu mi riporti alla memoria i momenti peggiori del passato. Mio padre è fuggito via dalla mia vita senza che potessi confidare niente, senza poter confessare il mio potere che mi portava dolore e sogni atroci. Una tempesta di sensazioni si affaccia alla mente e rivedo tutto quello che da anni cerco di cancellare. So che non è possibile, ma questo essere ignobile me lo getta in faccia senza starci tanto a pensare.
La partita mi fa soffrire più del dovuto, pure se sto vincendo.
Sono i ricordi che mi sconfiggono.
Sono le immagini che vengono dal passato a farmi star male.
Elimino la regina dalla sua scacchiera. Sta perdendo.
Ho pronta una nuova domanda.
“Qual è la tua vera natura?”
“Sono ciò che vuoi vedere. Un bambino piccolo, una donna bellissima, un uomo invecchiato dalla lunga barba bianca, un giovane che sta crescendo. Non ho un solo aspetto. Sono come tu mi vuoi”.
Adesso tocca a lui. Temo quello che potrà dire.
“Ricordi la morte di Marco?” chiede.
Una nuova fitta al cuore. Marco era il mio ragazzo ma io non lo amavo. Per me era soltanto un uomo con cui uscire quando avevo voglia di fare l’amore. Ricordo con angoscia il giorno che lui è morto per salvarmi dalle mani di un pazzo omicida. Un colpo di pistola me l’ha strappato dalle mani lasciandomi ancora più sola. Il ricordo del suo ultimo bacio mi reca più dolore di un colpo di pugnale. Comprendo una volta di più quanto faccia male ricordare il passato ed è questa la cosa più atroce. Non si possono cambiare i ricordi più tristi. Restano come pietre lanciate nel mare e affiorano per rammentare gli errori.
“Mi stai facendo ricordare cose che fanno soffrire” dico.
“La posta in gioco è alta. La tua vita non vale un po’ di dolore?”
“Però hai perso la partita” dico.
“Pensi che abbia davvero tentato di vincere? Non si vince e non si perde mai completamente. Ti ho già detto che sei troppo drastica…”
“Cosa vuoi dire?”
“Dico solo quello che vuoi sapere, ma anche ciò che stai pensando. Adesso però se rivuoi la tua vita devi indovinare chi sono”.
Penso a tutto quello che mi ha detto. Ricordo le sue parole. Credo di sapere chi sei, caro il mio giocatore di scacchi che perdendo mi hai trascinato nei ricordi più amari. Credo proprio di saperlo. Sei qualcosa che non si può afferrare. Sei il rimpianto delle cose perdute.
“Non sei Dio e non sei il diavolo. Vivi in un luogo che non è né il Paradiso, né l’Inferno e hai l’aspetto di ciò che sto pensando. In realtà non esisti. Sei solo un’immagine del tempo perduto e dei sogni malati. Un triste fantasma che smuove i ricordi”.
“Finalmente hai capito. Adesso puoi tornare al tuo mondo. Il tuo uomo ti attende”.

Il mio letto d’ospedale. Intorno a me solo pareti bianche. Un crocefisso. La vetrata si apre davanti al consueto paesaggio di isole e scogliere. Navi che passano e gabbiani che volano. Non speravo di rivedere tutto questo. Accanto a me Vittorio. Pare tranquillo. Sta leggendo le ultime frasi del libro, come se niente fosse accaduto.
“Ti è piaciuto?” domanda.
Non comprendo. Cosa dovrebbe essermi piaciuto? Non ho sentito niente. Ero morta e sono tornata in vita. Questa è l’unica cosa che ricordo. Invece lui è sereno come se niente fosse accaduto.
“Sono viva” dico.
Vittorio mi guarda e sorride.
“Certo che sì. Il camion ti ha rotto qualche costola e hai una tibia spezzata. Tutto qui.”
Ho sognato. Vittorio leggeva e io sono entrata in quella maledetta storia da protagonista. Mi sono perduta nei vicoli della fantasia di un modesto scrittore italiano di racconti horror. Non ho giocato nessuna partita. Non ho conosciuto nessun strano individuo che voleva decidere sul mio destino. Ho solo ricordato un passato che non riesco a dimenticare.
“Ti è piaciuto il libro?” insiste Vittorio.
“Affascinante. La trovata degli scacchi è stupenda. Una partita che decide la vita” rispondo.
Vittorio si avvicina e accarezza la mia fronte.
“Adesso riposa, ne hai bisogno”.
Subito dopo si alza e va a chiudere le imposte elettriche dell’ampia finestra. La camera si fa oscura e non riesco a distinguere più niente. Sento solo i passi di Vittorio che esce e socchiude la porta. Intorno a me solo silenzio e pensieri. Chiudo gli occhi e rivedo Marina. Quanto ho sofferto dopo la sua morte. Accanto a lei il sorriso di mio padre che mi consola. Pure lui ho perduto e adesso sono sempre più sola. Gli occhi si stanno abituando all’oscurità. Devo dormire. Riposare e non pensare più a quel brutto sogno. Ho il corpo indolenzito e fa un caldo opprimente, alleviato da un ventilatore a pale applicato al soffitto. Mi giro sul fianco destro e sopporto i dolori delle costole rotte. Ho la mano intorpidita e non riesco a muoverla. La sento chiusa a forma di pugno. Non me ne rendevo conto perché aveva perso la sensibilità. Mi accorgo soltanto adesso che stringe qualcosa nel palmo. Una piccola regina nera intagliata nel legno.

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Gordiano LupiL’AUTORE
Gordiano Lupi ( 1960) – tre volte presentato al Premio Strega – ha dedicato alla sua città: Lettere da Lontano, Piombino tra storia e leggenda, Cattive storie di provincia, Piombino leggendaria, Piombino a tavola, Alla ricerca della Piombino perduta, Calcio e acciaio – Dimenticare Piombino, Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano, Piombino con gusto, Sogni e altiforni – Piombino Trani senza ritorno (con Cristina de Vita) oltre a un sacco di racconti e articoli di cui non è facile conservare traccia. Molti racconti piombinesi sono sul blog TUTTOPIOMBINO edito ogni domenica dal quotidiano telematico QUI NEWS VALDICORNIA. Si occupa di cultura cubana, traduce ispanici, scrive di cinema e pubblica monografie su registi e attori italiani. Sito Internet: ww.infol.it/lupi. E – mail: lupi@infol.it. Blog di cinema: La Cineteca di Caino(http://cinetecadicaino.blogspot.it/). Blog di cultura cubana e letteratura: Ser Cultos para ser libres (http://gordianol.blogspot.it/)

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